DA AUDIZIONE TRIZZINO

  1. Ti30 aprile 2025 Ecco cosa dice esattamente l’anonimo: «Se volete scoprire gli imbrogli degli appalti a Catania interrogate Lipera che è arrestato a Palermo. Come mai la ditta di Udine ha preso i lavori e ha fatto costruzioni in tutta la provincia? Controllate Mascali e Villafranca.
    Chiedete informazioni al giudice Lima – Felice Lima di cui dovremmo parlare – che ha fatto arrestati, ma è ancora troppo poco». Su questo voglio dire che il dottor Felice Lima ha dichiarato nel 1996, davanti al Consiglio superiore della magistratura, nell’ambito di un procedimento disciplinare, che il suo capo Alicata era d’accordo con lui nel considerare che questo anonimo provenisse dall’imputato Susinni, in quanto si era sempre rifiutato di parlare e aveva rinfacciato a Felice Lima, nell’ambito dei procedimenti per cui era sotto processo addirittura, che avevano preso il pesce piccolo e che stavano trascurando altre importanti piste d’indagine.
    Per cui, Felice Lima di fronte all’arrivo di questo anonimo parla con il dottor Alicata e convergono entrambi nel considerare un possibile autore dell’anonimo lo stesso Susinni.
    Teniamo presente questa campagna di delegittimazione quale sembrerebbe emergere dalla lettura degli atti nei confronti di De Donno, perché in quel momento i ROS sono probabilmente il nemico e quindi c’è un problema legato ai ROS in Procura. I ROS si sono lamentati del fatto che al rapporto non è stata data la giusta valorizzazione.
    Lo pensava anche Giovanni Falcone e ve lo dimostrerò, lo pensava anche Paolo Borsellino e ve lo dimostrerò.
    Quindi tra la Procura di Palermo e i vertici del ROS i rapporti diventano sempre più tesi e la questione diventa ancora più potente quando da uno scambio di lettere tra il generale Subranni e il dottor Giammanco, al di là del burocratese e al di là delle formule, in realtà emerge il dispiacere del generale Subranni che lamenta l’eccessiva discovery del deposito degli atti al tribunale del riesame – e io vi dimostrerò un esempio di discovery eccessiva.
    Per me è una possibile ricostruzione che è nulla di fronte all’iniziativa di Giammanco di inviare il plico al Ministero e forse, qui non sono sicuro, lo dichiara forse il dottor Pignatone, addirittura alla Presidenza della Repubblica e alla Presidenza del Consiglio, quasi a delegare all’autorità politica la risoluzione delle potenzialità investigative connesse a un atto di rilevanza penale, a una notizia di reato.
    Non si è mai sentito dire che un rapporto che costituisce notizia di reato venga spedito alle autorità politiche. Questo per dire a chi oggi, giornalisti autorevoli, mi dicono che il rapporto era una pista di nulla.
    Allora, se era una indagine come le altre, non vedo perché il dottor Giammanco, violando la legge, manda il rapporto a Falcone e al ministro Martelli.
    In realtà, anche lì, c’è una lettera con cui Martelli duramente rispedisce al mittente l’iniziativa di Giammanco, e Falcone, con la Ferraro che materialmente redige l’altra lettera istituzionale, chiede al CSM di procedere nei confronti di Giammanco per la grave irregolarità che aveva compiuto, ma ovviamente, siccome non c’erano i giudici Falcone e Borsellino di mezzo, che sono stati costretti, anche per delle interviste fondamentalmente a un giornale, a doversi giustificare, lì il discorso cambia.
    Su questo poi mi attarderò un poco perché sono i passaggi fondamentali, perché altrimenti non si capisce perché il dottor Borsellino si lamenta.
    È importante riuscire a dimostrare l’enorme divaricazione, a nostro giudizio, tra le potenzialità investigative del dossier e i risultati concreti in termini procedurali.
    Vi basti solo un dato, per il momento. Borsellino sulla base di un appalto relativo al porto turistico di Pantelleria nel maggio del 1991, arresta 17 persone – un appalto! – tra cui il sindaco di Pantelleria Petrillo, che troveremo anche nel rapporto, con riferimento a tre gare importanti di Pantelleria. Da quel rapporto gigantesco di quasi mille pagine alla fine ci sono stati sette arrestati e nient’altro.
    Lì c’è disegnato il mondo, non è solo la SIRAP, perché c’è il Consorzio Cempes, 400 pagine sui lavori legati al collettore emissario est, i lavori per la circonvallazione,Pag. 18i lavori dello stadio di Palermo e di via Lanza di Scalea, una roba indescrivibile.
    Non è solo la SIRAP, che è una delle stazioni appaltanti, una, ma lì le stazioni appaltanti sono tante.
    Questo poi lo vedrete perché di tutte queste cose io vi lascerò documentazione, voi avrete alla fine della mia relazione una sessantina di allegati e facendo riferimento a questa ipotesi ricostruttiva in cui cerco di fornirvi degli assistinterpretativi – che come tali vanno presi, non sono verità – potete in qualche modo orientarvi.
    Non l’ho detto l’altra volta, presidente, ma io ho cominciato a dedicarmi a questo lavoro nel 2015, questo è un punto fondamentale, perché fino al 2015, per motivi anche intuibili, la famiglia si è tenuta lontana da queste carte per un motivo molto semplice. Noi non viviamo più, l’elaborazione del lutto è impossibile, a questo punto noi siamo costretti.
    Oggi è la festa dei nonni, quel nonno che Paolo Borsellino non poté mai essere, quindi è una questione proprio di dignità e di impegno.
    Le nuove generazioni della famiglia, anziché in qualche modo cercare di vivere la propria vita, sono costrette a impegnarsi in questa ricerca della verità, che non è semplice.
    Non è semplice, perché anch’io faccio fatica a esprimere emotivamente il tutto, ma nello stesso tempo mi sono imposto un certo rigore metodologico perché è sugli atti che voglio essere contrastato, sul campo degli atti, sul campo delle dichiarazioni, sul campo delle interpretazioni e, soprattutto, dando per scontato che siamo in una democrazia costituzionale che ci dice che le sentenze definitive in questo Paese hanno un valore, salvo l’istituto della revisione, e noi ne sappiamo qualcosa, perché il processo uno e il processo bis sono stati totalmente abbattuti sulla scorta delle emergenze e del grandissimo lavoro fatto dalla procura del dottor Lari e di tutti i magistrati che vi si sono avvicendati, un lavoro sfiancante e terribile per cui sono dovuti ripartire dalle fondamenta.
    Il 25 giugno per Paolo Borsellino è una giornata altrettanto importante perché, dopo l’incontro alla caserma Carini di cui vi ho parlato, abbiamo il suo testamento spirituale a Casa Professa.
    Casa Professa è il testamento spirituale di un uomo. Lì sostanzialmente firma la sua condanna a morte.
    Nel momento in cui dice: «Io sono testimone, io so cose che devo riferire all’autorità giudiziaria», da quel momento convergono numerose dichiarazioni di collaboratori di giustizia che dicono Paolo Borsellino in quel modo si sovraespose.
    Molto importante è una dichiarazione che farà poi Siino nel 1997 quando racconterà che si trovava a Termini Imerese per un processo e stava con Montalto Salvatore.
    Tenete a mente questo boss, Montalto Salvatore, il quale riferisce a Siino: «Cu ciu purtava a Borsellino di parrari di queste cose?».
    Sapete perché la figura di Salvatore Montalto, secondo la nostra opinione, è fondamentale? Perché Salvatore Montalto è direttamente ricollegabile alla famiglia di Passo di Rigano di Salvatore Buscemi.
    Noi siamo arrivati alla conclusione che i soggetti esterni, magari ce ne sono altri, io non lo voglio escludere, che chiesero a Riina l’esecuzione accelerata della morte di Borsellino fanno parte di quel mondo della famiglia dell’Uditore-Passo di Rigano da cui provengono Salvatore Buscemi, Nino Buscemi, poi c’è Lipari Giuseppe, tutti quei soggetti che nell’archiviazione del 13 luglio come vi ricordavo vengono sostanzialmente liquidati con tre parole tre, quando nel rapporto vi è una descrizione compiuta, finanche genealogica, di tutte le interconnessioni della famiglia Buscemi.
    I carabinieri del ROS arrivano alla conclusione che Vito Buscemi, quello che verrà arrestato il 17 febbraio 1992 in seconda battuta, è il «Buscemino» perché in realtà il «Buscemone» erano Nino Buscemi e Salvatore Buscemi.
    Facendo riferimento a telefonate nel rapporto con Salvatore Buscemi di cui si parla con estremo rispetto, vedremo che Salvatore Buscemi nel momento in  cui muore Borsellino è stato condannato definitivamente per associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti, quindi non era uno stinco di santo, e nel rapporto viene inserito che Vito Buscemi di fatto è un prestanome di tutta la famiglia Buscemi di Passo di Rigano e che con MontaltoSalvatore avevano ordito il tradimento a carico di Inzerillo Salvatore.
    Abbiamo Montalto che era il traditore di Inzerillo che si allea con Riina per far fuori Inzerillo e in cambio Salvatore Buscemi e Bonura ricevono per questo tradimento la titolarità del mandamento di Passo di Rigano, Buscemi Salvatore, e la titolarità del mandamento dell’Uditore, il Bonura, e ci viene a dire: «Cu ciu purtava a Borsellino di parrari di queste cose?». È come se si venisse a creare, secondo la mia e la nostra ipotesi, una liaison tra il mondo del Buscemi e la necessità di un’accelerazione.
    Questo per dirvi come è complicato.
    Mi dovete scusare se mi attardo un poco, ma vorrei facilitare in questo modo il lavoro della Commissione, perché altrimenti credo che ci vorrebbero almeno due legislature solo per leggere la messe di atti che ho letto, considerati i vostri numerosi impegni come legislatore.
    Voi non vi occupate solo di questo, voi siete il legislatore, quindi vi dovete occupare di cose di maggiore attualità, la crisi economica, la manovra finanziaria.
    Io vi voglio sostanzialmente agevolare in questa ricostruzione non portando, ripeto, nient’altro che elementi di fatto.
    A Casa Professa il giudice insiste sul fatto che Giovanni Falcone viene ucciso fondamentalmente in un’ottica preventiva perché molti hanno paura che possa tornare a fare nuovamente il magistrato, lo dice a chiare lettere, questa testimonianza la potete sentire su YouTube.
    Dice una cosa importantissima, tende a dire che le annotazioni del diario di Falcone sono autentiche e qui ora dobbiamo aprire un capitolo fondamentale,su cui, secondo me, in questi 31 anni, non si è insistito abbastanza e, nei limiti in cui è possibile impetrare una richiesta in questa sede, io domando alla Commissione e al suo presidente di chiedere all’autorità giudiziaria competente, con tutte le formule di segretezza del caso, le annotazioni, che probabilmente sono a Caltanissetta.
    Io vi dimostrerò che anziché essere 14, come ha sostenuto la Milella e come è emerso in seno alla commissione del CSM, le annotazioni di Falcone sono 39, questo è un punto fondamentale. (2023 – dall’Audizione  Commissione Parlamentare Antimafia Avv. Fabio Trizzino)