Come i pm Ilda Boccassini e Roberto Sajeva, nelle testimonianze rese in dibattimento durante il Borsellino quater, ricostruiscono la genesi dei colloqui investigativi con Scarantino (sia successivi alla sua decisione di collaborare che precedenti).
P.M. Dott. LARI – Questi colloqui investigativi …nascono da un’iniziativa del gruppo Falcone – Borsellino, nel senso che sono loro che li richiedono, o nascono da un input dei Pubblici Ministeri che chiedono che vengano fatti?
TESTE I. BOCCASSINI Scarantino …da Pianosa …faceva arrivare dei messaggi tramite gli agenti penitenziari, di voler parlare, di non voler parlare, di dire cose, etc. Tinebra decise, ovviamente sempre discutendo… con il dottor La Barbera, rispetto a questi colloqui… tant’è che quando, a giugno, poi si decise, si andò a Pianosa ad interrogare Scarantino… Ricordo un viaggio allucinante in elicottero da Roma a Pianosa in piena notte con il collega Petralia, se non mi sbaglio, e il dottor La Barbera. (…)
P.M. Dott. LUCIANI – (…) Dalla documentazione che abbiamo acquisito risulta che questi colloqui investigativi furono autorizzati da lei, quindi se ricorda questa circostanza e che cosa le venne prospettata come esigenza in relazione a questi colloqui investigativi tenuti a Pianosa.
TESTE I. BOCCASSINI – … Allora, la gestione, lo ripeto, del processo in quel momento, dell’attività investigativa, era di altri Pubblici Ministeri, non mia.
P.M. Dott. LUCIANI – … Siccome documentalmente risulta che, appunto, questi colloqui investigativi furono autorizzati dalla Procura di Caltanissetta, nella sua persona, era per capire che esigenza le venne rappresentata nel momento in cui si dovettero autorizzare questi colloqui investigativi.
TESTE I. BOCCASSINI – Ma fu rappresentata… fu rappresentata al Procuratore Tinebra, dopodiché, ovviamente, io firmai, se è così non mi ricordo questi colloqui investigativi.
P.M. Dott. LUCIANI – Ma lei seppe qual era l’esigenza che motivava questa richiesta di colloqui investigativi rappresentata dal dottore Tinebra?
TESTE I. BOCCASSINI – No, non mi… non mi ricordo, cioè erano questioni che forse non stava bene anche, non… non mi ricordo, non mi ricordo sinceramente. Però Tinebra teneva molto… diciamo che aveva preso molto a cuore la situazione di Scarantino.
***
P.M. Dott. LUCIANI – … Le volevo chiedere se lei o comunque i magistrati della Procura di Caltanissetta in quel periodo ebbero contezza del fatto che vi fossero stati dei colloqui investigativi con lo Scarantino prima della sua decisione formale di collaborare… se voi aveste contezza di colloqui investigativi effettuati da appartenenti al gruppo Falcone – Borsellino prima di quella data… e se vi fu partecipato l’esito di questi colloqui investigativi. …Ce ne sono stati quattro prima… tre prima della formale collaborazione dello Scarantino, il 20.12.93 ad opera del dottor Bo, il 22.12.93 ad opera del dottor La Barbera e il 2 febbraio del ’94 ad opera sempre del dottor La Barbera, e poi c’è un colloquio investigativo lo stesso giorno in cui Scarantino decide di collaborare, cioè il 24 giugno del 1994. Fermandoci a questo: aveste contezza voi di questi colloqui investigativi, dei motivi per i quali si facevano questi colloqui investigativi? E se vi venne partecipato poi informalmente l’esito da parte di chi li fece.
TESTE SAJEVA R. – Poco fa ho fatto riferimento ad una manifestazione di disponibilità che proveniva dal carcere di Pianosa dello Scarantino e che determinò, appunto, lo spostamento a Pianosa dei colleghi Boccassini e Petralia per procedere ad un esame. Onestamente non ricordo dopo tutto questo tempo quale sia stato il mezzo attraverso cui questa disponibilità venne acquisita, se fu una sua dichiarazione, se fu per il tramite del gruppo investigativo che venne rese nota, non lo ricordo…
P.M. Dott. LUCIANI – …Successivamente a questi interrogatori …aveste contezza del fatto che dal 4 luglio del ’94 sino al 13 luglio del ’94, anche qua è documentale, risultano espletati dieci colloqui investigativi con lo Scarantino, consecutivamente per nove giorni, cioè dal 4 luglio al 13 luglio del ’94? Se aveste contezza delle ragioni per le quali si fecero questi colloqui investigativi e se vi fu partecipato l’esito o…
TESTE SAJEVA R. – Non lo ricordo.
Resta una certezza: nell’indagine sulla strage di via D’Amelio ci fu un uso spesso disinvolto e non limpido dello strumento dei colloqui investigativi da parte di La Barbera e degli uomini del gruppo “Falcone-Borsellino”. Un uso destinato – come è stato detto in Commissione con metafora efficace – a “vestire il pupo”.
Questa la ricostruzione del procuratore Grasso in Commissione:
GRASSO. Dalla ricostruzione che si è fatta Scarantino viene arrestato il 24 settembre 1992. Pochi giorni prima avevano acquisito le dichiarazioni di Luciano Valenti e di Candurra Salvatore, secondo le quali avevano rubato la macchina su commissione di Scarantino ed era stata consegnata la macchina a Scarantino. […] Poi Scarantino viene trasferito nel carcere di Busto Arsizio e nella cella accanto gli mettono Andriotta. Lì nasce la costruzione specifica del depistaggio (con) una dichiarazione di Andriotta che riferisce delle cose come dette dal vicino di cella Scarantino. …Se si esaminano tutti i colloqui investigativi in carcere di Arnaldo La Barbera e di alcuni funzionari, si può ricostruire che ogni volta che Andriotta dichiara qualche cosa, c’è nello stesso giorno o nel giorno precedente un colloquio investigativo… perché il depistaggio viene compiuto attraverso elementi veri che la squadra investigativa Falcone e Borsellino ha da fonti che non rivelerà mai.
IL GRUPPO “FALCONE-BORSELLINO”
Le recenti ricostruzioni processuali ci consegnano oggi un dato: fu il gip di Caltanissetta, in data 16 luglio 1994, ad affidare Vincenzo Scarantino alle “cure” del gruppo investigativo “Falcone-Borsellino”. Una scelta che estromise, di fatto e per un lungo periodo, il personale del servizio centrale di protezione da qualsiasi contatto diretto con Scarantino.
Ecco cosa ha dichiarato in Commissione il dottor Petralia:
FAVA, Presidente della Commissione. … La prima domanda è la ragione per cui Scarantino era stato affidato, nella sostanza, al Gruppo “Falcone-Borsellino” e non al personale del Servizio Centrale di Protezione. Da quello che c’è stato spiegato, il Servizio Centrale di Protezione si occupava di vigilare l’esterno dell’edificio, di accompagnare a scuola i figli, la moglie, ecc., ma all’interno della casa non avevano accesso. Gli unici che avevano accesso all’interno della casa erano funzionari e sottoufficiali del gruppo “Falcone-Borsellino”, che è una cosa abbastanza insolita.
PETRALIA, magistrato. Insolita perché era personale che si occupava anche degli aspetti investigativi e, quindi, alla luce non solo di quello che poi si è potuto sapere, ma anche secondo una buona prassi, non sarebbe stato, forse, opportuno. Anche se debbo dire che… siamo, non dico all’inizio del fenomeno del pentitismo, ma siamo in una fase ancora in cui tutte le Procure si muovevano in maniera un po’ artigianale. Ora è chiaro che queste … non voglio dissociarmi, nel senso che io avrei potuto benissimo dire “guardate io qua non ci voglio stare più perché si fa questa cosa”. Non l’ho autorizzata io, però ne ho preso atto e comunque io interagivo regolarmente con il dottor Bo, con gli altri … con il resto del personale.
FAVA, presidente della Commissione. Era il Procuratore della Repubblica in questo caso ad autorizzare?
PETRALIA, magistrato. Erano decisioni dell’Ufficio… cioè chi poteva realmente opporsi era ovviamente il capo. È chiaro che anche i sostituti o l’aggiunto potevano dire “a noi questa cosa non va”. La gestione dei pentiti in genere era, ed è tuttora, fonte di problemi e criticità. Quella di Scarantino lo era moltiplicato per mille.
Questo il ricordo degli altri pm in servizio a Caltanissetta, così com’è stato acquisito dalla loro testimonianza nel corso del Borsellino Quater.
Ilde Boccassini:
AVV. SCOZZOLA – … Premesso che Scarantino …nel mese di luglio è stato portato in località protetta a Jesolo …sapeva che della sua protezione se ne occupava il gruppo Falcone – Borsellino?
TESTE BOCCASSINI I. – No, non lo sapevo.
AVV. SCOZZOLA – Non lo sapeva. Neppure, diciamo, i suoi colleghi le hanno mai detto questo?
TESTE BOCCASSINI I. – Ma lei mi parla di agosto, che io ero in ferie; settembre è stato un mese piuttosto…
AVV. SCOZZOLA – Io le parlo di luglio, agosto e settembre. Agosto è in ferie, va bene.
TESTE BOCCASSINI I. – No, non… non ho memoria né… no, assolutamente non sapevo dove è stato portato, ma che ci fossero anche uomini di La Barbera, io non ho questo ricordo, però non… è possibile, però non… non glielo so dire, sinceramente non ho memoria su questo.
Antonino Di Matteo:
AVV. SCOZZOLA – … lei è venuto a conoscenza con quali modalità Scarantino Vincenzo fosse stato tutelato quando si trovava agli arresti domiciliari? …mi riferisco alla continua ed assidua presenza, per quanto ci ha detto qualcuno, del gruppo Falcone – Borsellino…
TESTE A. DI MATTEO – Sì, certamente, non per conoscenza diretta, ma per quello che… che vivevo e sentivo dagli altri colleghi e dalla stessa forza di Polizia di cui parlerò. Io so che dopo l’ammissione, mi pare, al regime degli arresti extracarcerari, così come avveniva in quel periodo anche per altri collaboratori, il collaboratore di giustizia era, in qualche modo, tutelato e protetto dalla… dalla stessa forza di Polizia che si occupava delle indagini e quindi, in quel caso, dalla Polizia di Stato. Questo, Presidente, lo ricorderà, non era un caso, diciamo, anomalo rispetto al panorama dell’epoca; io ricordo di avere interrogato decine di volte, per esempio, il collaboratore di giustizia -, tanto per rimanere a collaboratori di giustizia che parlavano, non parlavano della strage – Salvatore Cancemi, che era ristretto in regime detentivo, addirittura all’interno della Caserma del ROS dei Carabinieri, tutti gli interrogatori di Cancemi avvenivano e non potevano che avvenire attraverso, diciamo, un contatto con il ROS dei Carabinieri. Quindi io sapevo che… anche la Polizia di Stato e anche funzionari ed agenti della Questura di Palermo e del gruppo investigativo Falcone – Borsellino per un periodo si alternarono nella località protetta dove stava Scarantino, in funzione, per quello che mi risultava, diciamo, di protezione e tutela della sua sicurezza…
AVV. SCOZZOLA – Quindi, praticamente, devo dedurre, da quello che lei mi ha detto, eventualmente mi corregga, che l’ufficio della Procura non sapeva le modalità di protezione e che, conseguentemente, non le aveva mai autorizzate?
TESTE A. DI MATTEO – … Io dico che la Procura della Repubblica, almeno nella mia persona, non solo non sapeva le modalità attuative ed operative, ma guai se le avesse sapute; nell’ordinamento, allora ed ora, la protezione e la tutela del collaboratore di giustizia è una funzione e una mansione che è propria di altri organismi. All’epoca non c’era ancora, diciamo, la norma che stabiliva la competenza esclusiva degli operatori del Servizio Centrale di Protezione, e quindi si verificavano anche queste situazioni in cui la forza di Polizia che faceva le indagini partecipava alla protezione. Io dico che la Procura della Repubblica non solo non sapeva, ma non doveva sapere…
23 Novembre 2020
da ASSOCIAZIONE CAPONNETTO