Stragi di mafia, Manfredi Borsellino: “C’è chi ai vertici della polizia non ha onorato la divisa che indosso, prima e dopo gli attentati”

 

di Alex Corlazzoli| 23 Maggio 2021

“Voglio dire a quegli agenti che hanno scortato mio padre, anche a quelli sopravvissuti che oggi sono padri e nonni che io devo moltissimo a loro: devo l’uniforme che mio onoro di indossare ma che in quegli anni, spesso, non è stata onorata da alcuni alti vertici della Polizia, sia prima che dopo le stragi di mafia”. A parlare per la prima volta in tv è Manfredi Borsellino, il figlio del magistrato Paolo Borsellino ammazzato nell’attentato di via D’Amelio il 19 luglio 1992 insieme alla sua scorta: Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Agostino Catalano ed Emanuela Loi.

Vicequestore e capo del commissariato di Mondello, Borsellino a Uno mattina in famiglia su Rai1 ha spiegato di “voler dare voce a tutti i sopravvissuti di quelle stragi: mi riferisco non solo ad Antonio Vullo che è rimasto vivo in via D’Amelio ma anche ad un altro gruppo di poliziotti che volontariamente scelsero di scortare mio padre, quando a Palermo, dopo la strage di Capaci, serpeggiava all’interno della questura la paura anche solo di svolgere un servizio per mio papà, visto l’elevatissimo rischio di attentanti. Questi poliziotti, non solo si proposero di scortarlo ma per una pura casualità non si sono trovati in via D’Amelio il 19 luglio 1992”.

Se il figlio del magistrato oggi ha deciso di servire lo Stato lo ha fatto proprio grazie alla dedizione che gli uomini della polizia avevano per papà: “Devo loro la scelta, fatta 21 anni fa, di servire le istituzioni di questo Paese che ai tempi non fecero tutto quello che era nelle loro possibilità per salvare uno dei suoi figli migliori. Ho un debito di riconoscenza fortissimo verso questi poliziotti rimasti vivi”.

Non manca qualche critica proprio a chi rappresenta la Giustizia: “Dovrei limitarmi a dire che la lezione di mio padre è stata parzialmente compresa; anche i recenti fatti cronaca che hanno interessato la magistratura ci insegnano che certi esempi non sono stati recepiti. Il suo sacrificio e quello di Giovanni Falcone non è invano e i ragazzi delle scuole oggi lo dimostrano”.

Ma c’è tempo anche per qualche ricordo personale nell’intervista di Tiberio Timperi: “Mio padre era una persona semplice, non frequentava salotti. I sui amici erano normali. Era un padre molto attento, si divideva tra lavoro e educazione ai figli, trascorreva tantissimo tempo con noi. Ho vissuto con lui momenti indimenticabili, ho ripetuto lui le rime materie universitarie, ho fatto sport ho anche confidato le prime esperienze sentimentali. Nonostante abbia sacrificato la sua vita consapevole di lasciarci ha sempre anteposto la famiglia ai suoi impegni professionali”. Il ricordo più bello di suo padre? Qui Manfredi Borsellino si commuove: “E’ il suo sorriso”. FQ