14 settembre 2022 Comunicato di
Sara Manisera
Independent Journalist, Author & Director
“Ho visto le mafie entrare nel Comune”: l’Amministrazione di Abbiategrasso denuncia la giornalista
La Giunta di Abbiategrasso ha deciso di agire legalmente contro la giornalista Sara Manisera “per aver leso reputazione della Città”.
L’accusa della giornalista freelance
“Ad Abbiategrasso, in provincia di Milano, ho visto le mafie entrare nel Comune, negli appalti pubblici, e soprattutto dentro il cemento perché alle mafie una cosa che piace tanto è il cemento, i centri commerciali, costruire, costruire e costruire” ha dichiarato Manisera in occasione del “Premio Nazionale Diego Tajani”, presso la sala polivalente Falcone e Borsellino di Cutro, con il patrocinio dei Comuni di Cutro, Vietri sul Mare e Reggio Emilia, ed è stata mandata in onda in diretta Facebook dalla Associazione Centro Studi e Ricerche Diego Tajani l’8 giugno 2022.
“Denunciata per aver leso la reputazione della città”
La Giunta Comunale di Abbiategrasso, riunitasi il giorno 1 settembre alla presenza del sindaco Cesare Nai e degli assessori Albetti, Baietta, Bertani, Bonomi, Lovati, Petrali e Poggi, ha deliberato di dare mandato al primo cittadino a sporgere denuncia-querela nei confronti della giornalista abbiatense Sara Manisera la quale “in assenza di qualsiasi elemento di verità a sostegno e senza alcuna giustificazione, ha leso gravemente la reputazione della Città di Abbiategrasso, dell’Amministrazione Comunale e degli Uffici Comunali, affermando che questi siano controllati dalle mafie e che gestiscano gli appalti in accordo con queste. Un fatto aggravato dalla circostanza di aver proferito tali affermazioni in diretta Facebook e diffondendo copia del medesimo a terze persone, affinché lo pubblicassero o accettando il fatto che altri lo pubblicassero”, questo in sintesi il verbale della seduta di Giunta.
Abbiategrasso: Pd e 5 Stelle contro la querela a Sara Manisera
Delibera della giunta Nai per querelare una giornalista
Silenzio alla stampa!
ABBIATEGRASSO L’imminenza delle elezioni porta un po’ dovunque la destra a mostrare i muscoli e togliere la maschera di affidabilità che la comunicazione ufficiale tenta di costruirle attorno.
Sono ormai numerose le uscite scomposte di esponenti dei partiti che sostengono Meloni e Salvini, incapaci di governare la propria voglia di resa dei conti. Perfino la sonnacchiosa giunta di Abbiategrasso se ne è uscita con una decisione che francamente lascia basiti. La giunta Nai, al gran completo, ha deliberato nella propria seduta del 1 settembre la delega al Sindaco per querelare Sara Manisera, nota giornalista free lance, che in un intervento dell’8 giugno alla presenza del Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, nel comune calabrese di Cutro, ha parlato della propria convinzione che ad Abbiategrasso ci siano infiltrazioni mafiose, ricordando peraltro la nota preferenza delle organizzazioni criminali per gli investimenti sul cemento e sui centri commerciali. L’intervento è stato ripreso da qualche presente e pubblicato sui social. Sara Manisera è una giornalista giovane ma molto esperta e coraggiosa, impegnata da anni a combattere contro lo sfruttamento dell’immigrazione, della prostituzione e del lavoro nero e sottopagato. La giunta Nai, con ritardo sospetto e con chiara attenzione ai tempi elettorali, invece di invitare la Manisera a presentarsi alla Magistratura per presentare eventuali prove in suo possesso, ha ritenuto opportuno sfoderare l’artiglieria pesante per tutelare il proprio onore, puntando ad una querela a spese dei cittadini. Purtroppo questa brillantezza non si è vista qualche mese fa quando è stata respinta la richiesta congiunta delle opposizioni di nominare ad Abbiategrasso una commissione antimafia, particolarmente preziosa per tutelare un territorio palesemente molto ambito dalle mafie, come dimostrato da numerose indagini delle forze dell’ordine e come stabilito da varie sentenze della Magistratura. La commissione sarebbe stata un segnale molto forte lanciato alle organizzazioni criminali, perchè avrebbe mostrato l’evidenza di un territorio attento a proteggersi e capace di tenere alta la soglia dell’attenzione: torneremo a riproporla fermamente. Condanniamo questa scelta della Giunta perché riteniamo inopportuno che un Comune quereli una giornalista.
Proponiamo, invece, un incontro pubblico nel quale si colga l’occasione per approfondire le tematiche legate alle mafie e nel quale Manisera chiarisca le proprie argomentazioni.
Partito Democratico Abbiategrasso e Cassinetta di Lugagnano
M5S Abbiatense
Solidarietà alla giornalista minacciata e preoccupazione per il comportamento della giunta di Abbiategrasso: Articolo21 si schiera contro l’azione legale vessatoria contro Sara Manisera
“Ho visto le mafie entrare ad Abbiategrasso”: e il comune querela la giornalista. Articolo 21: “Modalità intimidatoria”
ARCHIVIO
Le mani della ‘Ndrangheta sul mercato locale della droga
giugno 22, 2021
Da un punto di vista geografico, l’Ovest Milano è senza «vie di fuga»: chiuso a Nord dalla locale della ‘Ndrangheta cirotana di Legnano-Lonate Pozzolo e a Sud, verso il Pavese, dai tentacoli del casato mafioso più importante di tutti di Platì. Un territorio ormai colonizzato dai clan, come certificano le inchieste della magistratura e le periodiche relazioni della Direzione investigativa antimafia.
Fonte: Settegiorni del 09.04.2021 di Alessandro Boldrini
Inchiesta in un territorio ormai colonizzato dai clan. Da un punto di vista geografico, l’Ovest Milano è senza «vie di fuga»: chiuso a Nord dalla locale della ‘Ndrangheta cirotana di Legnano-Lonate Pozzolo e a Sud, verso il Pavese, dai tentacoli del casato mafioso più importante di tutti, i Barbaro-Papalia di Platì
Si scrive droga, ma si legge mafia. Che, nel nostro territorio, è soprattutto ‘Ndrangheta. Un territorio ormai colonizzato dai clan, come certificano le inchieste della magistratura e le periodiche relazioni della Direzione investigativa antimafia.
Tra Magentino e Abbiatense
I rampolli e le nuove leve dei platioti vivono ormai stabilmente nei paesini dell’Abbiatense. Paesi da poche migliaia di abitanti e non sotto i riflettori come Corsico o Buccinasco, che da almeno quarant’anni ospitano i loro padri, nonni e zii, nomi del «gotha» mafioso calabrese. Ad esempio Gudo Visconti è casa della famiglia Zappia e di «Micu ‘u bruttu», mai condannato per mafia ma per gli inquirenti in contatto con vecchi e nuovi boss. A Gudo c’è poi «’u sceiccu», di cui parla in alcuni verbali il collaboratore di giustizia Domenico Agresta, giovane boss di Volpiano noto come «Micu McDonald». Ma c’è anche «’u pettinaru», incensurato, ma ritenuto d’interesse investigativo per la Dda di Milano. Intestati alla sua azienda sono infatti i capannoni di Vigano, frazione di Gaggiano, dove gli investigatori trovano le serre in cui si riforniscono di marijuana gli indagati di diverse indagini sullo spaccio nel Magentino.
L’ombra delle ‘ndrine, comunque, si estende su Gaggiano già da metà anni ’70, quando in paese i carabinieri di Abbiategrasso catturano i latitanti Francesco Trimboli «Ciccio ‘u surici» e Domenico Barbaro, figlio del fu don Ciccio, capobastone del ramo dei Barbaro Castanu. Entrambi – come dimostrano le foto dell’epoca – fanno parte del clan capeggiato dal superboss « nginu» Rocco Papalia. Tra Bubbiano, Vermezzo con Zelo e Calvignasco troviamo inoltre «figure di elevato spessore criminale» appartenenti ad altri rami familiari del clan Barbaro-Papalia, come le famiglie Musitano, Perre «maistru» e Molluso: a Bubbiano vive infatti Giuseppe Molluso («era una macchina da guerra per la cocaina» dice il pentito Agresta), mentre suo zio Francesco, uscito dopo quasi trent’anni di carcere rimediati in «Nord-Sud», abita a Vermezzo con Zelo.
Tra Legnanese e Alto Milanese
Altra terra di conquista delle cosche è quella di confine tra l’hinterland milanese e quello varesino, attorno all’aeroporto di Malpensa. Qui dominano le famiglie di Cirò Marina e la locale di Legnano-Lonate Pozzolo, già colpita (e sempre risorta) – dal 2009 al 2020 – da sette operazioni e decine di arresti. A capo c’è Vincenzo Rispoli, boss di Legnano ora detenuto al 41 bis e alla sbarra a Busto Arsizio per omicidio. Suo braccio destro, fino al pentimento, era il palermitano Emanuele De Castro, già custode della «bacinella», la cassa del clan. De Castro fa poi da «garante» dando il benestare all’attività di un «cartello della droga» costituito a Lonate Pozzolo e con base in un bar gestito dal figlio Salvatore De Castro, anche lui collaboratore di giustizia, aperto dopo la scarcerazione del padre. Entrambi finiscono in manette con il blitz «Adatinc» del 2017 (14 arresti) e poi di nuovo due anni dopo in «Krimisa» (34), l’indagine che svela l’interesse delle cosche nel business dei parking attorno a Malpensa e che ne documenta la presenza nei paesi di confine come Ferno, Vanzaghello o Castano Primo, dove si sono stabiliti membri delle famiglie Murano, Malena, Filippelli, Casoppero e Cilidonio.
Nel teatro comunale il concerto del nipote del boss che chiede la “presta libertà” dei mafiosi
Forte, presidente della commissione Antimafia: “No a messaggi che inneggiano alla mafia”
Ventiquattro dicembre sera, a poche ore dal Natale. Lui è a Fisciano, in provincia di Salerno, a cantare in un locale che poi tre giorni dopo sarà chiuso dal Questore. Durante l’esibizione, come denunciato dal consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli, dal microfono rimbomba una dedica a “tutti gli ospiti dello Stato che stanno al 41bis per una presta libertà e con la speranza che possano tornare dalle loro famiglie“.
Ad augurarsi che i mafiosi costretti al carcere duro abbiano una “presta libertà” è Vincenzo Niko Pandetta, nipote di Salvatore Turi Cappello, un boss legato alla “Stidda” catanese e al momento in carcere proprio al 41 bis.
Pandetta, secondo quanto denunciato da Monica Forte, presidente della commissione regionale Antimafia, è atteso ad Abbiategrasso il prossimo 7 marzo per un concerto che dovrebbe tenersi in uno spazio di proprietà del comune. E le locandine che girano sui social, firmate da “Pub Las Vegas” e “Concerti neomelodici a Milano”, confermano che l’appuntamento è al teatro Fiera di via Ticino a partire dalle 21, dove dovrebbe esibirsi l’artista neomelodico, che alle spalle ha arresti e problemi con la giustizia.
Video | “Una presta libertà per quelli al 41 bis”
Il 7 novembre, invece, dovrebbe essere la volta di Filippo Zuccaro, in arte “Andrea Zeta”, che proprio la Forte descrive come “figlio del boss Maurizio Zuccaro arrestato nel marzo 2019 nell’ambito di una operazione antimafia” e “ritenuto uno degli esponenti della cosca Santapaola-Ercolano”.
“Non è pensabile che negli spazi pubblici siano ospitati messaggi che inneggiano alla mafia o che siano diffuse canzoni dedicate a camorristi”, il duro attacco della presidente della commissione Antimafia, che comunque sottolinea che il comune non ha mai concesso il proprio via libera alla concessione degli spazi, nonostante i concerti siano già pubblicitati.
“Gli unici messaggi che le istituzioni hanno il dovere di veicolare sono per la legalità, per i valori che ci uniscono contro le mafie e per il sostegno alle vittime – le parole della Forte -. Proprio per questo mi sono confrontata con il Sindaco di Abbiategrasso che, oltre a confermarmi che non c’è nessun via libera all’uso degli spazi, concorda sulla totale inopportunità dei due concerti in quel luogo. Eventi che inneggiano alle mafie o legati al mondo della criminalità organizzata devono sempre trovare una ferma opposizione nelle istituzioni democratiche e – ha concluso – su questo mi sento di poter dare la mia piena solidarietà a tutti i cittadini e alle associazioni che mi hanno contattata in questi giorni sulla questione, mossi da profonda indignazione e giustamente in attesa di una ferma presa di posizione”.