12 dicembre 1969, Milano scossa da un’esplosione: la Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana salta per aria. Il tragico bilancio è di 17 morti e 87 feriti. È l’inizio di una lunga trama di indagini, depistaggi e altri fatti “inquietanti”: è la strategia della tensione. Ed è l’inizio, anche, di un lungo dolore di cui Milano non si libererà mai. Ecco perché, anno dopo anno, a teatro questa data non viene mai ignorata.
Non la scorda Linguaggicreativi che, all’interno del proprio palinsesto di “Romeo e Giulietta: un amore di periferia” incluso in “Milano è viva. Natale 2022”, nelle date festaiole del ponte di Sant’Ambrogio colloca la propria produzione “Piazza Fontana. Una storia d’amore” (via Villoresi 26, dal 7 al 9 dicembre, 15 euro, comprensivo di aperitivo pre-spettacolo, linguaggicreativi.it): la passione proibita di due giovani innamorati si intreccia con le vicende di quei giorni, il clima sociale, culturale, politico prima della deflagrazione, descritto con la partecipazione e collaborazione di esponenti della cultura milanese, dal cantautore Eugenio Finardi allo scrittore-giornalista Piero Colaprico.
Né se ne scorda quell’altro spazio militante che è il Teatro della Cooperativa: qui la data prescelta è proprio quella dell’attentato, il 12 dicembre: quando va in scena “Il rumore del silenzio” (via Hermada 8, 12-18 dicembre, 18 euro, teatrodellacooperativa.it): Renato Sarti e Laura Curino ricostruiscono il ritratto di quella che era Milano allora, il clima politico e quanto avvenne dopo l’esplosione (le false accuse contro gli anarchici, i “colpevoli” Pinelli e Valpreda, le destre e i servizi deviati, le indagini monche), le complesse vicende processuali che seguirono nei decenni seguenti, ma soprattutto si soffermano sulla tragedia delle vittime e delle loro famiglie, Curino soprattutto dando voce alla tragedia di Licia Pinelli, moglie di colui che venne poi riconosciuto come la diciottesima vittima dell’attentato.
Non è la memoria di Piazza Fontana, ma è teatro convintamente civile e di rimembranza anche “Paolo Borsellino. Essendo stato”, che Ruggero Cappuccio ormai da 15 porta in scena (questa progettata da Mimmo Paladino) e con cui arriva in questi giorni al Teatro dell’Elfo (corso Buenos Aires 33, 9-18 dicembre,16,50/34 euro, elfo.org). Nel testo Cappuccio si concentra sull’ultimo secondo di vita, il 19 luglio 1992, di Paolo Borsellino: dilatato in un intenso monologo, tra la vita e la morte, il magistrato rivede la propria vita e le battaglie, l’amicizia con Falcone e la presente solitudine.
Come è memoria civile l’intero progetto “Don Milani è per tutti” presentato dalla Compagnia Teatri Reagenti per “Milano è viva”: lunedì 12 (al Cineteatro Maria Regina Pacis, al Gallaratese) e martedì 13 (alla Casa della Carità, al quartiere Adriano) e infine il 16 (Villa Scheibler, Quarto Oggiaro) va in scena il tassello “La parola fa eguali” (prenotazioni: associazione.apis@gmail.com oppure tel. 340-1696843), monologo di Eva Martucci dedicato alla vita e al pensiero di Don Milani raccontati a partire da scritti e lettere autografe da la madre, la perpetua, un’allieva bambina.E per finire, è profondamente intriso di valori civici anche il progetto “CantiereMemoria” (via Confalonieri 14, ingresso libero fino a esaurimento posti, facebook.com/cantierememoria oppure solocanto.com), che fino all’8 gennaio e sempre all’interno del variegato palinsesto di “Milano è viva” La Casa della Memoria incentra sul tema della guerra (da segnarsi fin d’ora in agenda “È bello vivere liberi” di Marta Cuscunà il 21 e “Guerra e pace in astrologia” a cura dell’astrologo Stefano Vighi il 27).
Ma questa domenica la memoria è ancora per quel 12 dicembre 1969: per il concerto “Quando la città brucia” il duo pianistico Antonella Moretti e Mauro Ravelli esegue musiche di Bach, Schubert e Brahms dedicato alle vittime della strage.
LA STMPA 6.12.2022
Proprio su via D’Amelio, o meglio sull’ultimo secondo di vita di Paolo Borsellino il 19 luglio del 1992, si concentra il testo di Cappuccio che dilata questo singolare residuo di tempo in un intenso monologo. Il giudice disteso sull’asfalto dubita di essere già morto e dubita di essere ancora vivo.
In questa dimensione di lucidità entrano i sogni, l’infanzia, la giovinezza, l’amore di Borsellino per la sua Sicilia aspra e luminosa, per la sua famiglia e per chi ha cercato di proteggerlo e sta morendo con lui. Ma c’è anche l’amico Giovanni Falcone, dall’adolescenza fino all’ultimo abbraccio nel giorno di Capaci. E c’è la denuncia della solitudine in cui i due magistrati sono stati lasciati, perché esiste una parte deviata dello Stato che vuole controllare la piaga rappresentata dalla mafia, ma non guarirla: di quell’infezione ha infatti bisogno, anche per mettere a morte le parti sane del suo corpo che desidera siano messe a morte.
La nascita del testo fu accompagnata dall’entusiasmo di Agnese Borsellino, che nel 2004 dichiarò pubblicamente come nelle parole di Cappuccio si concretizzasse la resurrezione spirituale di suo marito. Essendo Stato diventa così una messinscena che da quasi vent’anni attraversa i più prestigiosi teatri italiani.
Presentazione alla Feltrinelli di Milano con Fiammetta Borsellino – Le immagini
RAI STORIA
- Paolo Borsellino, essendo Stato
- Paolo Borsellino, essendo Stato 2
- Paolo Borsellino, essendo Stato 3
- Paolo Borsellino, essendo Stato 4
Paolo Borsellino. Essendo stato
- Ruggero Cappuccio
- Illustratore: M. Paladino, L. Pasqualino
- Editore: Feltrinelli
- Collana: Varia
- Anno edizione: 2019
“Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare quello che non ci piace, per poterlo cambiare” – Paolo Borsellino In Paolo Borsellino Essendo Stato, Ruggero Cappuccio si concentra sull’ultimo secondo di vita del magistrato palermitano. In questo infuocato residuo di tempo, Borsellino dubita di essere ancora vivo e suppone di essere già morto. Rivive così la sua esistenza dall’angolazione del trapasso raggiungendo una lancinante lucidità: l’amore per la sua terra, per la moglie, la madre, i figli, insieme alla lotta contro la mafia e lo Stato deviato sono sottoposti a un luminoso processo interiore che libera parole di straordinaria energia umana e civile. La nascita del testo fu accompagnata dall’entusiasmo di Agnese Borsellino, che nel 2004 dichiarò pubblicamente come nelle parole di Cappuccio si concretizzasse la resurrezione spirituale di suo marito. Essendo Stato diventa così una messinscena che da quindici anni attraversa i più prestigiosi teatri italiani. La scrittura di Cappuccio viene richiesta da gruppi di magistrati di Milano, Trieste, Salerno e recitata in numerose letture pubbliche. Nel 2016 Essendo Stato è andato in onda su Rai Uno e Rai Storia in forma di docu-film per l’interpretazione e la regia dello stesso Cappuccio. Il testo è arricchito dalla deposizione che Borsellino fornì dinanzi al Consiglio superiore della magistratura il 31 luglio 1988. In quell’occasione il giudice era stato convocato con la minaccia di provvedimenti disciplinari per le dichiarazioni pubbliche da lui rilasciate in relazione all’inefficacia dell’azione di contrasto che lo Stato avrebbe dovuto svolgere contro la mafia. Secretata per ventiquattro anni, l’autorizzazione a rendere pubblica l’audizione viene finalmente concessa su richiesta di Cappuccio: gli italiani potranno così leggere le parole che Borsellino pronunciò in un’atmosfera tesissima, parlando per quattro ore della solitudine del suo lavoro, dell’immobilismo e dell’ostruzionismo che lo accerchiarono. Con i disegni di Mimmo Paladino e le fotografie di Lia Pasqualino.
Convocato dal Consiglio Superiore della Magistratura, in seguito al rilascio di interviste in cui riportava l’inadeguatezza dei mezzi di contrasto dello Stato contro la Mafia, il 31 luglio del 1988 il giudice denunciaal CSM la preoccupante immobilità del pool antimafia di Palermo, la mancata volontà di affrontare il persistente problema della criminalità mafiosa. Complessi scenari, di sfondo alle indagini, rivelano infiltrazioni profonde della mafia nel tessuto sociale e occulte relazioni tra Stato e criminalità organizzata; ma emerge con forza anche lo spirito di sacrificio di chi porta avanti le proprie denunce nel nome della legalità. Giovanni Falcone verrà ucciso, quattro anni dopo, il 23 maggio 1992 nell’attentato di Capaci. Paolo Borsellino 57 giorni dopo di lui, in via D’Amelio, a Palermo; qui si concentra il testo di Cappuccio, che proietta in questo intenso residuo di tempo i pensieri di Paolo Borsellino nei suoi ultimi attimi di vita, ritrovando le parole dell’infanzia, della giovinezza, dell’amore per la Sicilia, della famiglia, di chi ha cercato di proteggerlo e dell’amico Giovanni Falcone.