Augusta punta sulla trasparenza in banchina

di Lionello Mancini


È un porto prevalentemente industriale che aspira a diventare anche commerciale e strategico per la Sicilia est; non ha le dimensioni di Genova o Napoli e dovrà affrontare modernizzazione e bonifiche ambientali. Però il porto di Augusta si presenta oggi come una realtà dinamica e trasparente, pronta a gestire un pacchetto di investimenti da quasi 170 milioni. Di questi tempi, un bel tesoretto (in parte fondi Ue, ma 45 li mette l’Autorità portuale) da far fruttare al massimo per innescare attività economiche e generare posti di lavoro: nemmeno un euro può essere disperso per oliare burocrazie o peggio. Come fare?
Il presidente del porto di Augusta, Aldo Garozzo, ha un’idea precisa sul valore di asset quali trasparenza e legalità: un’idea oggi codificata nel protocollo (www.portoaugusta.it) firmato due mesi fa con il prefetto di Siracusa, Armando Gradone. Il protocollo contiene impegni che la stessa Autorità considera imprescindibili per se stessa e per chiunque si affaccerà in banchina. Potenziato e adattato alle particolari esigenze del porto, il patto siglato il 13 settembre recepisce le più recenti disposizioni di legge.
«La nostra è una scelta d’iniziativa, come ente pubblico non economico, non avevamo nessun obbligo» precisa Garozzo, pur convinto che solo un ambiente improntato alla legalità impedisce a un investimento di degradarsi a elargizione per i soggetti più ammanicati oppure prepotenti.
Lette con la massima attenzione le nove cartelle del Protocollo, che elenca in dettaglio i vari livelli di regolarità da certificare per accedere agli appalti, gli operatori dovranno riempire il decimo foglio, la dichiarazione che li impegna «a denunciare immediatamente alle forze di Polizia, dandone contestuale comunicazione alla Stazione appaltante, ogni tentativo di estorsione, intimidazione o condizionamento di natura criminale in qualunque forma esso si manifesti nei confronti dell’imprenditore, degli eventuali componenti la compagine sociale o dei loro familiari (richiesta di tangenti, pressioni per indirizzare l’assunzione di personale o l’affidamento di lavorazioni, forniture, servizi o simili a determinate imprese) danneggiamenti, furti di beni personali o in cantiere eccetera». Fine della dichiarazione, data, timbro, firma. A chi bara, l’appalto viene revocato.
Idee precise. Perciò, anche se a marzo il Consiglio comunale di Augusta non fosse stato sciolto per infiltrazioni mafiose e voto di scambio, le scelte del porto sarebbero state le stesse. Perché – dice Garozzo – «trasparenza e prevenzione sono tutto: si lavora di più e meglio. Le imprese sanno che abbiamo regole stringenti e si adeguano».
Sì, perché quando nella cultura imprenditoriale l’adesione ai criteri di massima legalità non rappresenta una semplice facciata, ma costituisce le fondamenta dell’attività economica, il deterioramento socio-politico circostante non diventa un alibi per fare di meno e peggio, ma è, al contrario, una molla per distinguersi dalla deriva generale.

Sole 24 Ore  25.11.2013

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