Si chiude definitivamente il processo che, dal primo grado e oggi, è durato 10 anni. Smontati definitivamente i pseudo cardini dell’impianto accusatorio. Dialogo con la mafia mai avvenuto.
Definitivamente assolti “per non aver commesso il fatto” gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno. Questa è la decisione della sesta sezione penale della Corte di Cassazione, che nell’aula Giallombardo ieri 27 aprile ha letto il dispositivo della sentenza del processo sulla presunta trattativa Stato-Mafia.
Annullata quindi, senza rinvio, la sentenza che pronunciò la Corte d’Appello di Palermo il 23 settembre 2021. Assoluzione definitiva anche per l’ex parlamentare Dell’Utri. Dichiarato la prescrizione per il boss di Cosa Nostra, Leoluca Bagarella, condannato dai giudici di Appello di Palermo a 27 anni e per il medico Antonino Cinà, ritenuto vicino a Totò Riina, a cui in secondo grado furono inflitti 12 anni di reclusione. I giudici hanno riqualificato i reati di violenza e minaccia a un corpo politico dello Stato. Con la riqualificazione, la fattispecie è andata in prescrizione.
Trattativa Stato-mafia, l’ipotesi smentita e le assoluzioni al processo
La tesi, ieri definitivamente smentita, della “trattativa Stato-mafia” riteneva che alcuni organi dello Stato avessero trattato con la criminalità organizzata siciliana per mettere fine al periodo delle stragi della mafia all’inizio degli anni Novanta, garantendo in cambio un atteggiamento più morbido nei confronti della mafia stessa e dei boss in carcere. Ma, dopo dieci anni di processi, “papelli” inesistenti ancorché falsi, interpretazioni strumentali, colpe e responsabilità distribuite nei salotti televisivi, la Cassazione ha scagionato completamente i politici e gli ufficiali dei carabinieri coinvolti, con un risultato ben diverso da quanto ipotizzato, e immaginato, dai pm che si occuparono del procedimento di primo grado.
Per anni molti alcuni giornali e membri della magistratura si sono detti certi che i tribunali avrebbero provato l’esistenza della trattativa, e che i responsabili avrebbero ricevuto pesanti condanne. La Cassazione ha invece confermato le assoluzioni del processo d’Appello decise nel 2021 per l’ex senatore Marcello Dell’Utri e gli ex carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno. Il reato di cui erano accusati gli imputati del processo sulla Trattativa Stato – Mafia era di “minaccia a un corpo politico”.
La formula dell’assoluzione
La Corte ha fatto, però, anche un ulteriore passo, cambiando la formula dell’assoluzione. Mentre in appello i carabinieri erano stati assolti perché le loro azioni “non costituivano reato”, ora sono stati completamente scagionati, avendo la Cassazione stabilito che “non hanno commesso il fatto”.
In Appello si era ritenuto vero che i carabinieri avessero dialogato con la mafia, ma che lo avessero fatto solo per ragioni investigative e senza esercitare pressioni su politici e ministri affinché cedessero alle richieste mafiose, ma la decisione della Cassazione ha invece escluso del tutto che questo dialogo sia avvenuto. In Appello la formula di “non aver commesso il fatto” era stata usata soltanto per Dell’Utri. La sentenza d’appello e la conferma della Cassazione hanno quindi contraddetto le conclusioni dell’indagine dei pubblici ministeri Nino di Matteo e Antonio Ingroia e il successivo verdetto di primo grado che arrivò nell’aprile del 2018, quando Mori, Subranni, Dell’Utri e Cinà furono condannati a dodici anni di carcere, Giuseppe De Donno a otto.
“Ora spazio alla verità storica”
Soddisfazione non solo per i Ros, il cui nome e quello l’Arma dei carabinieri sono stati infangati per anni ma cui, dopo questa sentenza, è stata restituita la dignità, ma anche della famiglia del dottor Paolo Borsellino. “Adesso è arrivato il momento di concentrarsi sul ‘nido di vipere’ di cui parlava Paolo Borsellino… Si sono persi tanti anni preziosi. Ora, finalmente, c’è spazio per la verità storica”, ha commentato l’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia del dottor Paolo Borsellino e marito di Lucia Borsellino, la figlia maggiore del giudice.
“Hanno tentato in tanti modi per spiegare l’accelerazione della strage di via D’Amelio, pur di non guardare altrove – continua Trizzino – Si sono persi tanti anni. È giunto il momento di capire perché non si volle guardare a quello che Borsellino voleva fare e alle terribili difficoltà che incontrò dentro la Procura di Palermo. C’è spazio per una verità storica e per l’accertamento di eventuali recenti depistaggi sul tema del difficile periodo di Borsellino in quella procura retta da Pietro Giammanco“.
Non ha nascosto la propria soddisfazione il comandante generale dell’Arma, Teo Luzi, che ha dichiarato “Sono contento per l’esito e perché si è finalmente arrivati al termine di una lunga vicenda giudiziaria”.
QdS 28.4.2023 ROBERTO GRECO
Processo Trattativa, famiglia Borsellino: “Ora concentrarsi sul nido di vipere…”
FABIO TRIZZINO: “Ora spazio alla verità storica”
DOSSIER Trattativa Stato-Mafia – La Cassazione demolisce le accuse