Una banconota da 200 euro passata ai raggi UV – Nils Thies
Il progetto per la creazione dell’euro digitale va avanti. La Banca centrale europea ha concluso la fase di studio dell’idea di una versione digitale della moneta unica e il consiglio generale ha deciso di proseguire con la fase preparatoria, che inizierà il primo novembre e durerà almeno due anni. La Commissione europea aveva già dato il suo via libera con
Durante questa fase si stabiliranno le regole del funzionamento dell’euro digitale, si selezioneranno le aziende che potrebbero sviluppare l’infrastruttura di pagamento e la piattaforma, si procederà con i primi test concreti. Al termine della fase preparatoria, la Bce deciderà se proseguire con l’implementazione del progetto su cui sta lavorando da circa tre anni – con il coordinamento di Fabio Panetta, prossimo governatore della Banca d’Italia – e che potrebbe concretizzarsi entro la fine del decennio.
«Il progetto prevede l’euro digitale come una forma digitale di contante che potrebbe essere utilizzata per tutti i pagamenti digitali in tutta l’area dell’euro. Sarebbe ampiamente accessibile, gratuito per l’uso di base e disponibile sia online che offline – ha spiegato la Bce annunciando l’avvio della nuova fase -. Offrirebbe il massimo livello di privacy e consentirebbe agli utenti di regolare i pagamenti istantaneamente in moneta della banca centrale. Potrebbe essere utilizzato da persona a persona, nel punto vendita, nel commercio elettronico e nelle transazioni governative. Nessuno strumento di pagamento digitale offre tutte queste funzionalità. L’euro digitale colmerebbe questa lacuna».
La rivoluzione: denaro digitale senza intermediari
L’innovazione dell’euro digitale è allo stesso tempo rivoluzionaria e poco intuitiva, perché va a toccare l’essenza del denaro, un prodotto che usiamo molto e che però conosciamo poco. Per questo è difficile raccapezzarsi su questo progetto.
Tutti abbiamo già qualcosa che assomiglia molto a degli euro digitali. Quando pensiamo ai “nostri” soldi ci accorgiamo subito che abbiamo denaro in due forme diverse. Abbiamo degli euro di carta e di metallo nei nostri portafogli (qualcuno potrebbe averne anche fatto una scorta “di sicurezza” messa al sicuro in qualche cassaforte). Quelli sono i nostri euro “fisici”.
Poi abbiamo gli euro “digitali”: quelli sul nostro conto in banca, per esempio, che sono “solo” un numero, un’informazione digitale che conosciamo noi e la banca. Questi sono, o almeno sembrano, soldi digitali: quando facciamo un acquisto con il bancomat o la carta di credito sono questi soldi digitali ad essere trasferiti dal nostro conto bancario a quello del negoziante. A meno di non volere seguire l’esempio di Paperon de’ Paperoni – che ha costruito un enorme deposito per tenere la sua immensa ricchezza monetaria sotto il suo diretto controllo fisico – noi persone “normali” preferiamo in genere tenere più denaro in forma digitale che in forma fisica, se non altro per motivi di praticità. Disponiamo comunque del bancomat, lo strumento che ha il potere di “trasformare” soldi digitali in banconote fisiche.
I soldi che abbiamo sul conto in banca però non sono una moneta digitale. Non lo sono perché, a differenza delle banconote, quei soldi non esistono se non attraverso la banca. Il denaro sul conto corrente è infatti il debito che la banca ha nei nostri confronti, mentre le banconote che abbiamo in tasca sono il debito che ha con noi la Banca centrale europea. Ed è questa la caratteristica che dovranno avere, se mai nasceranno, gli euro digitali che prepara l’Europa: pur non avendo una forma fisica, saranno denaro che non prevede intermediazioni tra il cittadino che lo possiede e l’autorità monetaria che lo ha messo in circolazione.
L’obiettivo della Bce con l’euro digitale
Sembrano tecnicismi e invece è una svolta che apre a scenari da rivoluzione copernicana della moneta e del sistema finanziario. Una delle soluzioni presentate dalla Bce nel suo studio preparatorio sugli euro digitali pubblicato nell’ottobre del 2020 è quella in cui ogni cittadino della zona euro ha il suo conto presso la Bce, così come oggi ce l’hanno le banche commerciali.
Perché – in un’epoca in cui le banche non remunerano con generosità i conti correnti – una persona dovrebbe preferire lasciare i suoi soldi all’istituto di credito invece di trasferirli direttamente sul suo conto presso la Bce? Pensiamo a uno scenario di trasferimento in massa di quel denaro dai conti bancari a questi nuovi conti di euro digitali: per le banche italiane, che oggi sono forti di circa 1.780 miliardi di euro di depositi di famiglie e imprese, questo travaso sarebbe letale. E infatti la Bce, che ha ben chiaro il problema (ovviamente non esclusivo delle banche italiane) metterà un limite all’ammontare di euro digitali che ognuno potrebbe avere, pur prevedendo automatismi di trasferimento di denaro per permettere pagamenti in euro digitali di qualsiasi entità.
L’obiettivo della banca centrale è quello di mettere a disposizione della popolazione uno strumento nuovo adatto ai tempi che verranno. I pagamenti digitali stanno crescendo e continueranno a crescere nei prossimi anni, presto potrebbero superare quelli in denaro “fisico”. La Bce vuole favorire la concorrenza nel mondo dei pagamenti elettronici, storicamente dominato da compagnie americane (Visa e Mastercard) e ora a rischio di essere fagocitato dalle società tecnologiche, anch’esse americane, come Paypal e Amazon.
L’altro rischio da arginare è la diffusione di monete digitali private, come Apple Cash, o i bitcoin che in varia forma sono andati di moda in questi anni. Se la Banca centrale perde il controllo della moneta in circolazione, si aprono rischi sistemici spaventosi per la stabilità del sistema finanziario.
I tempi per l’introduzione dell’euro digitale
Teoricamente l’esistenza di un canale disintermediato tra la Bce e i cittadini consentirebbe poi a Francoforte di fare funzionare in maniera più fluida la cosiddetta “trasmissione monetaria”, cioè riuscirebbe a fare arrivare direttamente le sue scelte di politica monetaria alla popolazione senza dovere aspettare che siano le banche ad adeguare le loro condizioni di credito alle sue decisioni. La Bce potrebbe così alzare i tassi di remunerazione su tutti i conti di euro digitali dei cittadini o anche deliberare un tasso negativo per spingere le persone a spendere il denaro. Ma è solo teoria: la Commissione ha precisato che i conti in euro digitali non saranno remunerati.
Costruire l’euro digitale è però molto difficile. I nodi tecnici da sciogliere sono numerosi. Quello dei “conti presso la Bce” è solo uno dei problemi.
C’è quello dei dispositivi a cui fare gestire questo denaro fatto di bit: potrebbero essere gli smartphone a funzionare come borsellini, oppure potrebbero essere introdotte carte di pagamento “firmate” Bce.
L’euro digitale dovrebbe potere essere speso anche offline, senza passare da Internet, e anche in questo caso bisognerebbe vedere come renderlo possibile.
C’è poi la questione dell’anonimato: il denaro fisico non ha scritto sopra il nome del proprietario, quello elettronico sì e c’è quindi da decidere se gli euro digitali debbano o non debbano essere anonimi. E queste sono solo le questioni più evidenti.
Servirà del tempo per valutare tutti gli aspetti problematici che emergono. Insomma, non avremo a disposizione presto questi euro digitali. Secondo le stime della Commissione europea l’eventuale debutto dell’euro digitale non arriverà prima del 2028.