Si pente il sicario di don Puglisi

 

In Cosa nostra ha percorso tutti i gradini di una veloce carriera criminale: da killer di borgata era diventato presto uno dei padrini di Brancaccio, uno dei protagonisti della strategia di morte che nel 1993 portò alle bombe di Milano, Firenze e Roma, ma anche al delitto di don Pino Puglisi. Da quattro mesi, Gaspare Spatuzza sta collaborando con i magistrati di Palermo e di Caltanissetta. E starebbe offrendo indicazioni importanti su quella pagina ancora per molti versi oscura della storia d’ Italia. Spatuzza è in cella dal 1997, le sue conoscenze sull’ universo mafioso sono datate. Ma sugli anni della sua ascesa criminale saprebbe molti particolari inediti, adesso al vaglio della magistratura.
Al procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, Spatuzza avrebbe già parlato della strage di via D’ Amelio, offrendo una versione diversa da quella fornita dal pentito Vincenzo Scarantino e finita nelle sentenze ormai definitive.
Spatuzza ha anche messo a verbale quelli che lui ritiene «riscontri» alle sue dichiarazioni, ma i magistrati sono prudenti e attendono di valutare complessivamente l’ attendibilità del boss di Brancaccio
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Tra i primi fatti di cui il capomafia ha parlato con i pm di Palermo Antonino Ingroia e Nino Di Matteo c’ è invece il delitto Puglisi, da lui commesso su ordine dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, ormai condannati in via definitiva (come Spatuzza) all’ ergastolo.

Il neo dichiarante conferma e integra i racconti degli altri pentiti: ammette le proprie responsabilità e chiarisce il contesto in cui maturò il delitto del parroco di San Gaetano, commesso il 15 settembre 1993. All’ apice della sua carriera criminale Spatuzza era diventato uno dei fedelissimi dei boss di Brancaccio. “U Tignusu”, come lo chiamavano, era inizialmente solo un rapinatore di borgata. Fu Salvatore Grigoli, il killer di don Pino, a cooptarlo nel gruppo. E non deluse. I servizi di Spatuzza li chiedeva spesso anche Leoluca Bagarella, nel ’93, dopo l’ arresto di Salvatore Riina, il corleonese più influente a Palermo. Fu così che in quegli anni Spatuzza finì per frequentare le riunioni importanti di Brancaccio in cui si decideva la prosecuzione della strategia delle bombe inaugurata da Riina. Poi, all’ improvviso, dopo Roma, Milano e Firenze, le bombe si fermarono. Il perché non è ancora chiaro. I corleonesi avrebbero avuto garanzie da alcuni ambienti politici e imprenditoriali. Qui inizia la zona più oscura per le indagini. Un lungo elenco di pentiti, molti provenienti dal clan di Brancaccio, ha offerto negli anni scorsi degli spunti, ma non sono stati sufficienti per arrivare a una verità. Spatuzza sa di certo di decine di omicidi, quelli per cui è stato condannato: da Marcello Drago a Domingo Buscetta (nipote del pentito storico di Cosa nostra) da Giuseppe e Salvatore Di Peri a Salvatore Buscemi. Era spietato Spatuzza. Dopo essere sfuggito alla cattura per ben tre, non esitò a far fuoco contro gli agenti della squadra mobile che si erano appostati all’ ospedale Cervello. Quel giorno, il killer aveva un appuntamento con un complice, ma trovò i poliziotti.