Luca Palamara in audizione in Commissione parlamentare antimafia ha parlato dei rapporti intercorsi fra la trattativa Stato-mafia e le nomine. Il Consiglio superiore della magistratura non avrebbe inizialmente desecretato tutti gli atti relativi alle vicende di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino «per evitare che potessero in qualche modo essere messi in discussione gli equilibri politico istituzionali che in quel momento governavano il mondo interno della magistratura». A dirlo è stato mercoledì scorso Luca Palamara, chiamato in audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia presieduta dal pentastellato Nicola Morra.
Fra i tanti argomenti toccati dall’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, ampio spazio è stato dedicato ai rapporti intercorsi fra la trattativa Stato- mafia e le nomine, da parte del Csm, dei vertici degli uffici inquirenti del capoluogo siciliano.
La desecretazione degli atti avvenne durante la scorsa consiliatura, in occasione della ricorrenza dei venticinque anni della morte dei due magistrati. Vice presidente del Csm era Giovanni Legnini ( Pd), mentre Palamara, oltre ad essere il presidente della Commissione per gli incarichi direttivi, era il direttore dell’Ufficio studi e documentazione di Palazzo dei Marescialli.
Gli atti del fascicolo di Borsellino, in particolare, confluirono anche in un volume dal titolo “L’antimafia di Paolo Borsellino”
Nel testo, ancora oggi acquistabile tramite il portale del Csm, si raccontava il percorso professionale del magistrato, gli incarichi avuti, le valutazioni di professionalità. Fra gli atti degni di nota, anche il famoso verbale dell’audizione di Borsellino davanti alla prima Commissione del Csm nell’ottobre del 1991 nell’ambito della procedura per il trasferimento per incompatibilità ambientale dell’allora procuratore di Trapani Antonino Coci. La pubblicazione dei verbali, ha ricordato Palamara, si era fermata alla data del 23 luglio 1992, «evitando di pubblicare la seduta del 30 luglio del 1992». Palamara si riferisce alla audizione svolta dal «gruppo di lavoro per gli interventi del Csm relativi alle zone più colpite dalla criminalità organizzata». Nella seduta del 30 venne ascoltata la sorella di Falcone, Maria, e diversi colleghi dei due magistrati uccisi che avevano lavorato con loro a Palermo.
Il verbale in questione verrà, comunque, reso pubblico lo scorso anno. Fra gli atti che invece non si trovano, ci sarebbe l’audizione fatta da Falcone nella primavera del 1990 davanti alla Commissione parlamentare antimafia. In quell’occasione il magistrato aveva riferito dell’esistenza «di una centrale unica degli appalti» con valenza sull’intero territorio nazionale. IL DUBBIO 2.7.2021