Un’amica avvertì il magistrato due giorni prima. La donna sta in piedi sull’altare. La luce che trapassa le vetrate laterali della chiesa di Santa Luisa di Marillac si riverbera sui capelli chiari. Non è ferma, la sua voce.
Le parole stentano ad uscire, nel silenzio che avvolge il funerale di Paolo Borsellino. «Tu che puoi – supplica, invocando il Signore parla a questi uomini che seminano sangue».
L’emozione la costringe alla pausa, ma è solo un attimo. Poi un monito. «E voi, uomini che date la morte, sappiate che Dio esiste. Esiste». Scoppia in un pianto dirotto e ammutolisce.
Chi è quella madre che ha voluto parlare, offrendo conforto alla famiglia del giudice trucidato?
Pochi la conoscono, il suo intervento inaspettato accende curiosità rimaste inappagate. Eppure c’è una storia dietro la sua presenza in chiesa.
Una storia umana, persino impregnata di quel tanto di misterioso che accende fantasie popolari.
Era un’amica del giudice Borsellino, la donna. A lui, due giorni prima della strage si era rivolta, trasmettendogli una inquietante intuizione che le era stata riferita da un medium.
Un sensitivo che aveva «visto» l’agguato, «esattamente com’è avvenuto, dopo 48 ore»
«Ho un gran senso di impotenza, ora. Perché non sono riuscita a salvarlo?». Non vuole che si sappia il suo nome: «Non ho bisogno di pubblicità, e poi la gente sorriderebbe di questa storia incredibile».
Ma il racconto, non lo nega.
«Si, è vero Ho parlato con Borsellino il venerdì pomeriggio. L’ho chiamato al telefono, lui non c’era. Ho detto alla moglie che avevo una gran fretta di parlare col giudice.
Le ho lasciato il numero e dopo qualche minuto mi ha chiamato lui». Cos’ha detto a Borsellino? «Quello che mi aveva riferito per telefono un medium con cui sono in contatto da diverso tempo.
E’ uno che vuole rimanere nell’ombra. Non vive neppure in Sicilia. Mi ha chiamato. il 15 luglio. Come al solito gli ho chiesto cose che riguardano la mia famiglia: dopo la morte di mio padre sono rimasta molto scossa e colpita per non averlo potuto vedere mentre moriva. E invece lui mi la parlato di un agguato, di un attentato che sarebbe stato contro “un procuratore e sentinelle”. Poi ha aggiunge cose che mi restavano incomprensibili . Alla fine di un lungo dialogo che mi ha lasciato sconvolta, avevo appunti. Il racconto della donna è teso: «Credo di aver sentito anche qualcosa che riguardava Agrigento.
Non so, non ricordo, ero troppo agitata per capire bene». Quando si interrompe la comunicazione col medium, lei rimane con l’angoscia e con mille dubbi sul da farsi. Chi avvertire? «Ho pensato ad un amico poliziotto che sta a Caltanissctta, un vecchio amico che prima era alla squadra mobile di Palermo. L’ho chiamato, non c’era. Allora mi sono decisa a chiamare Paolo Borsellino».
Perché proprio lui? «E’ una storia lunga. Risale al 1985, quando la scorta di Borsellino investì i ragazzi del Liceo Meli, in via Libertà. Noi mamme ci mobilitammo e cominciò una lunga polemica con la questura e coi giudici.
Era novembre, facevamo esposti su esposti, non ce l’avevamo coi magistrati, chiedevamo solo che il modo di fare delle scorte avesse una qualche regolamentazione.
C’era attrito fra i giudici e noi. Ma Paolo Borsellino non mostrò mai arroganza: capiva le nostre paure, cercò sempre il contatto con noi. Alla fine, con la sua umanità, ci ridusse alla ragione. Divenimmo anche amici».
La donna, dunque, trasmette l’allarme al giudice.
Gli comunica la sua apprensione, ma non svela la fonte. Non al magistrato. Lo farà il giorno di sabato, quando nella sua casa di villeggiatura, a Scopello, riceve la visita di un funzionario della squadra mobile di Palermo, inviato da Borsellino.
Il poliziotto ascolta il racconto e quando la donna fa riferimento al medium, comprensibilmente sorride scettico. Ciò non gli impedisce di fare una relazione di servizio.
L’incredulità è d’obbligo, in questi casi. Ma una segnalazione ad Agrigento, per scrupolo, perché non farla?
Il «messaggio» lascia intendere che quella città potrebbe («sere interessata all’attentato. E allora non appare superfluo uno stato d’allerta, anche generico, tanto per tenere ben orientate lo «antenne».
La donna dice adesso: «Mi sono sentita sollevata, dopo aver parlato con la polizia.
Liberata dall’angoscia il mondo mi è caduto addosso l’indomani sera, la domenica, quando i telegiornali hanno cominciato a trasmettere le edizioni straordinarie Potevo salvare il giudice Borsellino? Il medium mi ha richiamato. Dice che forse c’era qualcuno che voleva che Borsellino non morisse Ci ha dato un segnale, la frase “visita ai parenti”. Ma non l’abbiamo capito».