Riferimenti espliciti ai nomi di spicco della ‘ndrangheta, minacce e intimidazioni, uso delle armi. Ma anche ruoli e gerarchie precise all’interno delle organizzazioni e un vero e proprio stipendio a chi è al servizio del gruppo criminale.
L’operazione della polizia di Como, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha messo in luce ancora una volta la presenza della ‘ndrangheta sul territorio comasco. Tra i trenta destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare, 25 in carcere e cinque ai domiciliari, ci sono anche persone già accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso che, come hanno spiegato gli investigatori, “forti della comune appartenenza e cultura ‘ndranghetista, non si sono fatte scrupolo ad usare violenza nei confronti delle vittime di usura che non restituivano i prestiti ricevuti”. Nell’elenco dei destinatari della misura eseguita ieri anche nomi che già comparivano tra i condannati nell’inchiesta “Infinto” come affiliati alle locali di ‘ndrangheta di Erba e di Canzo.
E dalle intercettazioni e dalle pagine della complessa ordinanza del giudice del tribunale di Milano emergono conferme e dettagli sull’organizzazione e sulle modalità di azione dei gruppi criminali smantellati dalla polizia di Stato.
I vertici dei gruppi hanno al loro servizio persone che trattano come veri e propri dipendenti. “Io do lo stipendio – dice uno degli indagati intercettato dalla polizia – C’è chi ne guadagna 1.500 e chi ne guadagna 3.000 perché mi lavora di più, c’è chi guadagna 1.000 perché mi fa qualcosa in meno. Io l’ho gestita così. E poi gli garantisco l’avvocato nel momento che sono in carcere e gli garantisco la famiglia che sta bene”.
L’organizzazione prevede il rispetto di gerarchie e ruoli precisi
E nei dialoghi tra loro, gli indagati fanno continui riferimenti ai rapporti con i boss della ‘ndrangheta. “Questa è gente che ha famiglie forti dietro – si sente in una conversazione – ma io ho famiglie ancora più forti di loro”.