Mafia-appalti: l’ex pm Natoli indagato per favoreggiamento. Era parte del Pool di Falcone e Borsellino ma avrebbe insabbiato indagini su imprenditori (tra questi Raoul Gardini)

 

L’ex pm del pool antimafia di Palermo Gioacchino Natoli è indagato dalla Procura di Caltanissetta per i reati di favoreggiamento alla mafia e calunnia e ha ricevuto un invito a comparire per essere interrogato. La vicenda riguarda un filone dell’inchiesta mafia-appalti, svolta nel capoluogo siciliano agli inizi degli Anni ’90, secondo alcuni il vero movente della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino. A Natoli i pm contestano di aver insabbiato l’indagine avviata dalla Procura di Massa Carrara e confluita nel procedimento mafia-appalti per favorire esponenti mafiosi come l’imprenditore palermitano Antonino Bonura. Secondo quanto si apprende Natoli, che lavorava a stretto contatto con Falcone e Borsellino, i due giudici uccisi nel 1992, non avrebbe tenuto nella dovuta considerazione il fascicolo aperto dai pm di Massa Carrara e poi confluito nell’indagine madre di Palermo sui rapporti fra i clan e il mondo della politica per l’aggiudicazione degli appalti pubblici.
Natoli, secondo la Procura di Caltannissetta, avrebbe agito in concorso con l’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, e con l’allora capitano della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Nell’invito a comparire Giammanco viene definito dai pm nisseni l’«istigatore». Secondo l’accusa l’ex pm avrebbe aiutato i mafiosi Antonino e salvatore Buscemi (imprenditori mafiosi vicini a Totò Riina poi divenuti soci del gruppo Ferruzzi di Raul Gardini) e Francesco Bonura, l’imprenditore e politico Ernesto Di Fresco e gli imprenditori Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del Gruppo Ferruzzi) a eludere le indagini. In particolare al magistrato viene contestato di aver svolto, nell’ambito del procedimento 3589/1991 aperto a Palermo dopo l’invio delle carte da Massa Carrara su presunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane, una «indagine apparente», «richiedendo, tra l’altro, l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai 40 giorni per la quasi totalità dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione, per assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indagini» e di aver disposto, «d’intesa con l’ufficiale della Guardia di Finanza Screpanti che provvedeva in tal senso, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la “messa a disposizione” di Di Fresco in favore di Bonura, nonché una concreta ipotesi di “aggiustamento”, mediante interessamento del Di Fresco stesso, del processo pendente innanzi alla Corte d’Assise di Appello di Palermo, sempre a carico di Bonura per un duplice omicidio».  CORRIERE DELLA SERA 4.7.2024

 

3.7.2024 MAFIA e APPALTI: ex pm Natoli indagato per favoreggiamento