5.2.1993 ARCHIVIO 🟧 Appunti sul «pizzo» nel borsello di Riina

 

Erano le richieste fatte dal racket palermitano Appunti sul «pizzo» nel borsello di Riina. Nel borsello che aveva con sé al momento dell’arresto, Totò Riina, il boss di Cosa nostra, aveva un’immaginetta sacra, nonché alcuni foglietti di carta nei quali sono riportati appunti di «suggerimenti» sull’entità delle estorsioni cui sottoporre commercianti ed imprenditori economici palermitani.
I messaggi, che sarebbero stati inviati al boss da altri «uomini d’onore», contengono richieste di consigli, il permesso per imporre il «pizzo» ed una «raccomandazione» per ridurre il livello estortivo nei confronti di un imprenditore.
Le firme in calce ai messaggi sono in codice. Gli investigatori stanno cercando di risalire alle identità dei mittenti.
Le annotazioni rinvenute, inoltre, potrebbero fornire un nuovo spaccato della realtà del «pizzo» a Palermo, dopo la scoperta del «libro mastro» della mafia, trovato in un covo di Nino Madonia, figlio del boss Francesco, ritenuto il capo mandamento della zona settentrionale della città.
All’attenzione degli inquirenti vi sono, inoltre, alcune dichiarazioni del pentito di Caltanissetta Leonardo Messina, il quale ha affermato che Riina ha interessi in imprese edili sia di Palermo, sia di altre province della Sicilia ed ha citato, in particolare, l’azienda «Calcestruzzi Palermo spa» di Antonino Buscemi, uno dei sei imputati nel processo per mafia ed appalti in corso di celebrazione a Palermo.
Fra gli altri operatori economici alla sbarra vi è Angelo Siino, definito il «ministro degli affari pubblici» di Cosa nostra e che, secondo il racconto di un altro collaboratore della giustizia, Salvatore Drago, si sarebbe sempre vantato di avere un rapporto diretto e preferenziale con Totò Riina. [Agi)