Truffa ed evasione: sequestrati oltre 13 milioni e 34 arrestati
Tra gli indagati anche l’ex sindaco di Lomazzo
Maxi operazione anti-truffa e anti-evasione tra Lombardia e Calabria: sin dalle prime ore di oggi, 8 ottobre 2019, gli uomini della polizia di Stato e della Guardia di Finanza di Como hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di trentaquattro persone, la maggior parte italiane, ritenute responsabili, a vario titolo, di reati tributari e fiscali, estorsione ed indebito utilizzo di carte di pagamento.
Maxi sequestro
Sono stati sequestrati beni per oltre 13 milioni di euro, comprese abitazioni riferibili ad un commercialista già tenutario di scritture contabili di società della cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli. Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Milano e dai Militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Como e delle Compagnie di Como e Olgiate Comasco della Guardia di Finanza, coordinate dalla Procura della Repubblica lariana, hanno consentito di fare luce su un complesso sistema fraudolento che, mediante lo sfruttamento strumentale e illecito di numerose società cooperative e il ricorso massivo allo strumento dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti, garantiva ingenti guadagni agli indagati, alcuni dei quali contigui alla criminalità organizzata calabrese.
Le società coinvolte e gli indagati
Sono oltre venti le società coinvolte in questo complesso articolato sistema di truffa ed evasione fiscale. Le società avevano sede legale nel Comasco, nel Milanese e a Gioia Tauro (in Calabria). Operavano per lo più al Nord. Tra i Comuni dove hanno sede queste società cooperative ed s.r.l. ci sono Lomazzo, Capiago Intimiano, Cantù, Lazzate, Cadorago, Milano e, appunto, Gioia Tauro. Per alcune di loro si ipotizza anche la turbativa d’asta nell’ambito del bando di gara per la concessione del ristorante e e del Lido di Villa Olmo.
Come detto gli indagati sono in tutto 34. Tra loro due spiccano due commercialisti titolari di altrettanti studi operativi a Milano e a Gioia Tauro. Si ipotizza che siano loro gli ideatori del sistema di frode utilizzato fin dal 2010.
Legato da rapporti d’affari al commercialista milanese anche l’ex sindaco di Lomazzo Marino Carugati, a sua volta indagato per reati di bancarotta per distrazione ed emissione di fatture a fronte di operazioni inesistenti.
Come agivano
Per la realizzazione del sistema fraudolento era necessario che le cooperative emettessero fatture per operazioni inesistenti nei confronti dei consorzi. Nelle fatture venivano falsamente addebitati i costi del personale. Veniva così consentito l’abbattimento dell’ingente debito IVA scaturito dalla fatturazione delle prestazioni al consorzio, nonché un risparmio dei contributi previdenziali e assistenziali che il consorzio avrebbe dovuto sostenere nel caso avesse assunto i dipendenti delle varie cooperative. Ed infatti, qualora le prestazioni fossero state rese direttamente dai consorzi, con propria forza lavoro, questi avrebbero annoverato tra le componenti negative di reddito unicamente quelle afferenti al costo del personale dipendente assunto che, notoriamente, non genera un’IVA a credito.
In tal modo le consistenti somme di denaro trasferite dai consorzi alle cooperative, a pagamento delle false fatture, venivano successivamente prelevate dagli organizzatori della frode mediante prelievi per contanti, assegni o con bonifici bancari a loro stessi a pagamento di propri compensi.
Da qui era nata la necessità, per gli ideatori del sistema di frode, M. F. e C. G. P., di creare delle società cooperative, a cui formalmente attribuire l’assunzione del personale dipendente, creando così il presupposto per una ipotetica parvenza di operatività e poter quindi emettere fatture per la fornitura di manodopera nei confronti del consorzio (anche se le fatture emesse dalle cooperative indicavano genericamente come oggetto della prestazione la dicitura “prestazione di servizi”).
I due professionisti hanno abusato dello schema societario cooperativo non perseguendo alcuna finalità mutualistica ma sfruttando la normativa di favore prevista per le cooperative soggetti al fine di effettuare operazioni commerciali con evidente scopo di lucro, a proprio vantaggio e non dei soci delle cooperative, relegati a sostanziali ruoli di meri lavoratori dipendenti.
Le indagini hanno permesso di accertare che le cooperative oggetto di indagine erano tali solo sulla carta, ma di fatto erano vere e proprie società operanti prevalentemente nel settore delle pulizie e facchinaggio, ufficialmente intestate a cittadini italiani risultati essere dei meri prestanome, ma in realtà tutte riferibili ai due professionisti.
Le pseudo-cooperative, che lavoravano in subappalto per conto dei consorzi, riferibili agli stessi professionisti, rimanevano in attività per circa due anni generando volumi d’affari piuttosto consistenti, mediamente oltre 1 milione di euro, che però venivano completamente nascosti al Fisco in quanto le cooperative non presentavano alcuna dichiarazione fiscale.
Trascorso il periodo di operatività, le cooperative venivano lasciate inattive e ne venivamo costituite di nuove che operavano nel medesimo modo, con gli stessi clienti e nelle quali venivano trasferiti i soci/dipendenti i quali, nella gran parte dei casi, non erano neanche a conoscenza di essere inquadrati come tali.
Questa apparente regolarità formale ha consentito agli indagati di far acquisire ai consorzi, di volta in volta costituiti, numerose commesse da parte di enti privati e pubblici aventi ad oggetto prestazioni di servizi quali facchinaggio e pulizia.
Tanto è stato raggiunto anche grazie ai contatti di C. P. con l’ex sindaco di Lomazzo e suo socio d’affari, a sua volta indagato di reati di bancarotta per distrazione ed emissione di fatture a fronte di operazioni inesistenti.
Quanto alla gestione delle cooperative, sistematico è stato il ricorso a “prestanomi” sui quali far ricadere le responsabilità penali e tributarie. Altrettanto sistematiche sono state la distruzione delle scritture contabili delle società utilizzate, l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per abbattere le imposte dovute, al fine di consentire ai due professionisti di occultare le loro responsabilità per i reiterati e gravi reati di bancarotta fraudolenta, frode fiscale, sottrazione fraudolenta. 8.10.2019 QUI COMO
Como, l’ombra dell’ndrangheta sul sistema delle bancarotte
Sistema ben rodato che ha coinvolto commercialisti, funzionari di banca, ex sindaci, esponenti della criminalità organizzata e molti prestanome
Como, 8 ottobre 2019 – Un sistema unico e articolato a cui facevano capo commercialisti, funzionari di banca, ex sindaci, esponenti della criminalità organizzata e una quantità di prestanome fatti arrivare dalla Romania per agevolare la movimentazione di denaro frodato per anni allo Stato italiano. Cooperative create appositamente per essere abbandonate nel giro di un paio d’anni, turbativa delle gare del Comune di Como per l’affidamento del ristorante e del Lido di Villa Olmo, ma anche la bancarotta di un locale del centro città, “Pane e tulipani”. Un’indagine articolata e complessa, meccanismi messi a punto da professionisti, nomi ricorrenti in più situazioni. Ora finiti tutti nell’ordinanza di custodia cautelare che ieri mattina ha raggiunto 34 indagati, di cui 22 finiti in carcere e 12 agli arresti domiciliari. Il lavoro di indagine è stato portato avanti congiuntamente dal 2017 dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Como, dalla Squadra Mobile di Milano, e dalle Compagnie della Guardia di Finanza di Como e Olgiate Comasco, coordinato dal sostituto procuratore di Como Pasquale Addesso.
«Una sinergia – ha detto il procuratore capo di Como, Nicola Piacente – che ha portato a risultati considerevoli, in linea con l’orientamento di questa Procura. Non ultimo il sequestro di 13 milioni di euro, arrivando così a colpire l’accumulo criminale di capitali». Le contestazioni, da un lato, ruotano attorno a Massimiliano Ficarra, 50 anni, commercialista di Gioia Tauro onnipresente nel Comasco, e all’ex funzionario di banca Cesare Pravisano, 61 anni di Lomazzo: dal 2010 avrebbero creato un sistema di frode che passava attraverso consorzi e cooperative creati e poi volutamente destinati al fallimento. Dall’altro lato compare invece l’attività del commercialista comasco Bruno De Benedetto, 52 anni, legato a Ficarra, accusato di due episodi di turbativa d’asta nelle gare per l’affido del ristorante Spiaggia e del Lido di Villa Olmo, ma anche di reati inerenti il fallimento del ristorante Pane e Tulipani.
«Dalle indagini – ha detto il sostituto procuratore Pasquale Addesso – è emersa la pervicacia criminale degli stessi soggetti, già destinatari di provvedimenti che non hanno avuto un effetto deterrente. Abbiamo indagato su dieci anni di queste condotte». In carcere sono finiti anche l’ex sindaco di Lomazzo, Marino Carugati, 77 anni, ritenuto socio d’affari di Pravisano, l’ex assessore all’Istruzione di Fino Mornasco Luciano De Lumè, 63 anni, coinvolto nel fronte delle cooperative. Domiciliari per il commercialista comasco Paolo Lanzara, 51 anni. IL GIORNO
Como, 34 arresti per turbativa d’asta bancarotta e false fatturazioni
Tra gli arrestati anche noti professionisti del capoluogo lariano
De Benedetto è accusato di turbativa d’asta, per la gara indetta dal Comune di Como per la gestione del ristorante di Villa Olmo (ma è sotto accusa pure per la vicenda del Lido di Villa Olmo e della gara per il lido Open di Villa Geno) e per la bancarotta del ristorante del centro Pane & Tulipani.
Per quest’ultimo fallimento è finito ai domiciliari anche il commercialista Paolo Lanzara, uno dei membri del collegio sindacale di Acsm-Agam, la municipalizzata che riunisce l’erogazione di utilities nelle città di Monza, Como, Lecco, Sondrio e Varese. Nel corso dell’inchiesta sono anche emersi reati in materia tributaria e fallimentare le cui modalità e tecniche sarebbero state ideate da altri due professionisti: Massimiliano Ficarra (commercialista, titolare dello studio Ma.Gi.Sa, con sede a Gioia Tauro ) e Cesare Giovanni Pravisano (Già funzionario della ex Banca popolare Commercio ed Industria di Milano). Ficarra e Pravisano utilizzando le rispettive competenze , si legge nel comunicato stampa della procura di Como, avrebbero «ideato ed attuato un sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale, ininterrottamente replicato dal 2010, attraverso la sostituzione di società dolosamente e preordinatamente destinate al fallimento (consorzi e società cooperative di lavoro) con nuovi veicoli societari costituiti con la medesima finalità».
L’articolato sistema secondo le indagini avrebbe portato all’emisione di false fatture per oltre 24.500.000 euro emissione di fatture a fronte di operazioni inesistenti. E un piccolo esercito di “cartiere”, società mascherate da cooerative come “La libellula” con sede a Lentate sul Seveso, “La Lazzatese”, “La farfalla”, “La nuvola”, “Futura”, “Consorzio Fi.Ma), tutte con sede a Lazzate. “Il faro” con sede a Senago, “4S” con sede a Lomazzo, il Consorzio Marea con sede a Cermenate. E ancora la cooperativa “Arbo” (di Capiago Intimiano); la “Appianese”, “Il Sorriso”, il “Fiordaliso”, “Biancofiore”, “La Ginestra”, tutte di Cantù.
Nel comunicato firmato dal procuratore della Repubblica di Como si descrivono anche le modalità operative degli illeciti: le cooperative di lavoro venivano costituite «quali soggetti giuridici di comodo intestati a prestanome e di fatto gestite da consorzi, nonché utilizzate come meri contenitori di forza lavoro e soggetti fiscali su cui dirottare gli oneri tributari e previdenziali, mai assolti nel decennio di attività; i consorzi rappresentavano il soggetto passivo d’imposta, dotato di un DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva ) fiscalmente in regola; presentavano le prescritte dichiarazioni fiscali e avevano alle dipendenze solo personale con funzioni amministrative regolarmente assunti; per la realizzazione del sistema fraudolento era necessario che le cooperative emettessero fatture per operazioni inesistenti nei confronti dei consorzi. Sole 24 ORE 8 ottobre 2019