La «Metastasi» in quel ramo del lago di Como

 

 

 

Di Lionello Mancini

 

di Lionello Mancini

Le bizzarrie secessioniste dei trattoristi corazzati, emerse la scorsa settimana da Casale di Scodosia (Padova), immediatamente seguite dal nuovo arresto dell’ex sottosegretario all’Economia, il casertano Nicola Cosentino, per gravi reati e metodi mafiosi, hanno fatto passare in secondo piano una storia apparentemente minore di corruzione e ‘ndrangheta ambientata nel Lecchese.

Invece, gli arresti eseguiti dalla GdF sul ramo orientale del Lario devono far suonare una lacerante sirena d’allarme, perché dei Coco Trovato – tremenda stirpe calabrese, fulcro della retata del 2 aprile – in queste sponde leghiste della prima ora, si sente parlare da oltre 25 anni.
L’operazione “Metastasi” diretta dalla Dda milanese ha portato in carcere Mario Trovato, rampollo pregiudicato del potente clan ‘ndranghetista, il sindaco del piccolo Comune di Valmadrera (Lecco), un consigliere comunale lecchese ex Pd, tre imprenditori, un immobiliarista, un commerciante, un artigiano. Solite storie: il sindaco avrebbe incassato un tangentone, manovrato appalti, allungato licenze e chiuso più di un occhio per favorire il clan fortemente incistato nell’area.

Ebbene, “Metastasi” è anche il titolo del libro scritto nel 2010 da Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli, incentrato sulle rivelazioni di un collaboratore di giustizia, amico d’infanzia di Franco Coco Trovato, fratello di Mario. Nomi stranoti, come stranota era la ruggente Ferrari con cui girava il capo clan, non disinteressato alle competizioni politiche dei primi anni 90 che videro il locale trionfo della Lega Nord. Nel libro lo stesso ex ministro della Giustizia, Roberto Castelli, si era ritrovato accostato a Trovato e proprio nell’imminenza del voto. Sempre nel 2010 (16 novembre), Roberto Saviano recitava nella trasmissione “Vieni via con me” il monologo incentrato sulle infiltrazioni ‘ndranghetiste al nord, irosamente rampognato dall’allora ministro dell’Interno leghista Maroni, che impose alla stessa trasmissione (23 novembre) il proprio monologo difensivo. Maroni trattò Saviano da furbetto visionario e peggio, negando una plateale evidenza: e cioè che proprio in quei decenni di tonitruante amministrazione leghista, impegnata a inseguire islamici, clandestini e prostitute, la mafia calabrese faceva affari d’oro. Il quotidiano “la Padania”, del resto, accomunava in quegli stessi giorni nei titoli di prima pagina l’allarme mafia all’allarme Rom. Difficile dire se ci credessero davvero o fingessero di credere che i due pericoli fossero paragonabili. Nel luglio dello stesso anno, infine, nella tornata elettorale in cui Zambetti diventava assessore regionale aiutato dai voti della ‘ndrangheta, il leghista più votato fu Angelo Ciocca, fotografato a Pavia con Pino Neri, un pezzo da novanta calabrese.
Nel 2014, a Lecco, siamo di nuovo a raccontare la storia di un sindaco – sempre in prima fila nelle iniziative sociali e per la legalità – che probabilmente si difenderà come tutti i lombardi, i liguri, i piemontesi implicati in inchieste analoghe: «Come potevo sapere? I mafiosi non hanno mica coppola e lupara». Abbastanza vero, ormai. Ma, a Lecco, i Coco Trovato non hanno mai dismesso la coppola, eppure…

 

Il Sole 24 Ore 7.4.2014

 

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