VIA D’AMELIO: dalle Istituzioni ancora un assordante silenzio

di Claudio Ramaccini

Il prossimo 19 luglio ricorre il 26º Anniversario della strage di Via D’Amelio. Dieci processi fra primo grado (4), secondo grado (3) e Cassazione (3) non sono stati sufficienti per offrire alle vittime ed ai loro famigliari una piena e convincente verità su moventi, esecutori e mandanti.

Depistaggi, falsi pentitivittime di falsi pentiti e sparizioni (agenda rossa) hanno caratterizzato il tortuoso percorso giudiziario iniziato nel lontano 4 ottobre 1994 e non ancora ultimato.

A distanza di oltre 400 giorni dall’ultima sentenza (20 Aprile 2017) non sono ancora note le motivazioni che hanno orientato le decisioni della Corte d’Assise di Caltanisetta presieduta dal dottor Antonio Balsamo, magistrato ora fuori ruolo in quanto nominato consigliere giuridico presso la Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Organizzazioni Internazionali a Vienna (organo diplomatico accreditato presso l’Ufficio delle Nazioni Unite). Motivazioni a cui il CSM ha ancorato la possibilità di avviare un proprio eventuale intervento sulla condotta esercitata dai settori della magistratura che negli anni si sono succeduti.

Un ritardo incomprensibile, un’anomalia rilevante e non spiegata alle famiglie delle vittime nè, tantomeno, all’opinione pubblica ma che ha inevitabilmente innescato la comprensibile e dura reazione dei tre figli di Paolo Borsellino e, in particolare, di Fiammetta, terzogenita del magistrato assassinato dalla mafia:”Pur nell’ambito del profondo rispetto che nutro per le istituzioni, e pur cosciente della complessità del percorso che deve portare i giudici della corte d’assise di Caltanissetta alla stesura delle motivazioni della sentenza del Borsellino Quater, da figlia ritengo che il passaggio di più di oltre un anno per il deposito del provvedimento sia un tempo troppo lungo. Anche dal deposito di quelle motivazioni dipende un ulteriore prosieguo dell’attività giudiziaria, della procura di Caltanissetta e del silente Consiglio superiore della magistratura, per far luce su ruoli e responsabilità di coloro che hanno determinato il falso pentito Scarantino alla calunnia. A causa di questo depistaggio, sono passati infruttuosamente 25 anni.”  

Un “silenzio istituzionale”, ai vari livelli, che si protrae ormai da troppo tempo e che é in vistoso contrasto con le diffuse manifestazioni di affettuosa vicinanza alle famiglie di Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina che puntualmente si rinnovano ogni 19 Luglio in occasione delle celebrazioni commemorative.

Fiammetta, in proposito, intervenendo nei giorni scorsi a “Marina dei Libri”, ha annunciato: “Dopo 25 anni vivremo con estrema riservatezza questo giorno. Mi auguro in una forma più familiare e intima possibile. Senza negare però alle istituzioni e a chi vorrà commemorare una forma riflessione. Vogliamo risposte concrete, tangibili, veloci. Per me purtroppo il 19 luglio è un giorno di grandi proclami ma vuoto di contenuti”

“Mai come oggi” – ha inoltre affermato – “la ricerca della verità appare difficile, perché mai come oggi è connessa alla ricerca delle ragioni della disonestà di chi questa verità doveva scoprirla. Io non smetto di chiederla. Il contributo di onestà non lo devono dare solo i mafiosi ma anche le persone delle istituzioni che sanno”.

Una presa di posizione durissima ma che ben descrive una realtà ricca di contraddizioni, inerzie, colpevoli silenzi e che non  appare destinata a risolversi a breve nonostante i 26 anni già  trascorsi.

La responsabilità di magistrati e Csm 

 

Fiammetta Borsellino: 

«Indagini su strage di via D’Amelio, fatte male»

Per la figlia del magistrato, ucciso dalla mafia 25 anni fa a Palermo insieme a cinque agenti della scorta, ci sono state lacune nelle indagini su quell’eccidio

La strage di via D’Amelio è ”emblema della cattiva pratica investigativa”. Lo ha detto Fiammetta Borsellino, figlia del procuratore aggiunto di Palermo Paolo ucciso nella strage di via Mariano D’Amelio a Palermo il 19 luglio 1992, partecipando al dibattito ”Lettera aperta ai giovani di Palermo”, in corso all’orto botanico di Palermo nell’ambito di ”Una Marina di libri”. ”Non è stato preservato il luogo della strage – ha aggiunto – E’ passata una mandria di bufali. E’ stata prelevata una borsa che è passata di mano in mano e lo stesso magistrato Ayala ha dato tantissime versioni anche discordanti”.

Nei processi per la strage di via D’Amelio ci sono state «gravissime anomalie, lati oscuri, depistaggi». Su tutto questo la «ricerca della verità è un atto dovuto e non è delegabile solo ai magistrati». Fiammetta Borsellino ha anche chiamato in causa diversi magistrati che sin dalle prime battute avrebbero avallato le anomalie investigative, dal procuratore di Caltanissetta del tempo Giovanni Tinebra ai pm Anna Maria Palma, Carmelo Petralia e Nino Di Matteo. Questi magistrati «sono stati loro stessi autori di un processo caratterizzato da gravissime anomalie anche grossolane» ha detto Borsellino.

«Mai come oggi la ricerca della verità appare difficile, perchè mai come oggi è connessa alla ricerca delle ragioni della disonestà di chi questa verità doveva scoprirla. Io non smetto di chiederla. Il contributo di onestà non lo devono dare solo i mafiosi ma anche le persone delle istituzioni che sanno».

Nei 57 giorni che passarono tra la strage di Capaci e quella di via D’Amelio si mossero varie forze lungo l’asse dei rapporti tra mafia e politica. Per sostenere questa tesi Fiammetta Borsellino ha citato una frase ripetuta dal padre in quei giorni: «Mafia e politica o si fanno la guerra o si mettono d’accordo». «In quei giorni – ha detto – evidentemente si misero d’accordo mentre tutti sussurravano a mio padre che il tritolo per lui era già arrivato. Lo sapeva anche il procuratore Pietro Giammanco che però non lo avvertì. Ricordo che mio padre tornò a casa sconvolto. Nessuno ha mai sentito il bisogno di sentirlo. Così come non sono stati chiesti chiarimenti al questore Mario Jovine e al questore Arnaldo La Barbera che avevano il compito di proteggere mio padre». Ora si coglie qualche cambiamento. «Vedo – ha detto – che le Procure vogliono andare fino in fondo. C’è stato anche il processo per la trattativa, che è stato un momento importante ma arriva dopo 25 anni. Non mi piace fare il tifo da stadio ma certe persone andavano cercate molto prima».

«Il 19 luglio è un giorno di rinnovato lutto. Dopo 25 anni vivremo con estrema riservatezza questo giorno. Mi auguro in una forma più familiare e intima possibile. Senza negare però alle istituzioni e a chi vorrà commemorare una forma riflessione. Vogliamo risposte concrete, tangibili, veloci. Per me purtroppo il 19 luglio è un giorno di grandi proclami ma vuoto di contenuti».

La Sicilia 8.6.2018

 

Paolo Borsellino, il coraggio della solitudine

Ufficio Stampa e Comunicazione Centro Studi sociali contro le mafie – Progetto San Francesco – Resp. Claudio Ramaccini