Paolo Giaccone (Palermo, 21 marzo 1929 – Palermo, 11 agosto 1982) medico assassinato da Cosa nostra tra i viali del Policlinico di Palermo[1] – intitolato poi a suo nome – qualche settimana prima della strage di via Isidoro Carini che avrebbe fermato l’impegno di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il padre era medico, primario di ostetricia e ginecologia all’ospedale di Palermo. Anche il nonno e il bisnonno erano stati medici: il primo medico condotto e ufficiale sanitario a Bisacquino, il secondo a Caltabellotta. Frequentò l’Istituto Gonzaga dalla prima elementare fino alla maturità classica, mostrando spiccati interessi per le materie scientifiche, ma eccellendo anche in quelle umanistiche. Ebbe numerosi e vari interessi: praticò la scherma, amava dipingere e fare specialmente caricature, soprattutto dei suoi compagni di classe (tra cui il magistrato Alfonso Giordano), scriveva anche poesie. La più grande passione fu, però, la musica, che studiò, per cinque anni, al Conservatorio Bellini di Palermo. Si interessò anche di filatelia e di ornitologia. Conseguì la maturità classica nel 1947 e si iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università degli studi di Palermo. Dal terzo anno in poi frequentò l’Istituto di Medicina legale, diretto dal famoso professore Ideale Del Carpio. Dopo sei anni, nel 1953, si laureò con il massimo dei voti e la lode, con una tesi in ematologia forense, la disciplina che tanto lo appassionò e coinvolse. Subito dopo la laurea, si recò a Parigi, dove frequentò importanti laboratori scientifici. Sposò Rosetta Prestinicola, dalla quale ebbe quattro figli: Camilla, Antonino, Amalia e Paola.[2] Docente universitario, insegnò antropologia criminale alla facoltà di giurisprudenza, e fu ordinario di Medicina legale alla facoltà di medicina dell’università di Palermo. Giaccone divideva il suo impegno tra l’istituto di medicina legale del Policlinico, che dirigeva, e le consulenze per il palazzo di giustizia. Fu anche Presidente dell’AVIS Regionale.
Aveva ricevuto l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata da uno dei killer che, nel dicembre 1981, avevano scatenato una sparatoria tra le vie di Bagheria, con quattro morti come risultato. L’impronta, che apparteneva ad un esponente della cosca di Corso dei Mille, era l’unica prova che poteva incastrare gli assassini. Il medico ricevette delle pressioni perché aggiustasse le conclusioni della perizia dattiloscopica. Giaccone rifiutò ad ogni invito e ogni minaccia e il killer fu condannato all’ergastolo.
L’11 agosto 1982, mentre si recava all’istituto di medicina legale, Giaccone fu raggiunto tra i viali alberati da due killer e ucciso con 5 colpi di una pistola Beretta 92 parabellum [3] Per le minacce a Paolo Giaccone fu poi arrestato un avvocato che al telefono lo avrebbe invitato a cambiare i risultati della perizia dattiloscopica
In seguito il pentito Vincenzo Sinagra rivelò i dettagli del delitto, incolpandone Salvatore Rotolo, che venne condannato all’ergastolo nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra. La figura di Giaccone e quella di altre vittime della mafia è stata ricordata in una puntata de Il testimone, trasmissione di Mtv condotta da Pif[4]. Gli è stato intitolato il Policlinico di Palermo, oltre che una via nello storico parco della Favorita[5][6].
Note
- ^ Paolo Giaccone, il coraggio di un medico di AMDuemila in Peppinoimpastato.com
- ^ https://centrostudipaologiaccone.blogspot.com/p/attivita.html?m=1
- ^ Vincenzo Ceruso, Uomini contro la mafia, Newton Compton, 2008
- ^ Orfani di Mafia, Ondemand.mtv. URL consultato il 15 aprile 2014.
- ^ Lo Bianco Giuseppe, Viviano Francesco La strage degli eroi. Vita e storia dei caduti nella lotta contro la mafia Arbor 1996 ISBN 888632524X
- ^ Tre storie di donne tra violenza e libertà | Palermo la Repubblica.it
Paolo Giaccone. Il medico che non si piegò alla mafia Carolina Frati – 5 agosto 2019 COSA VOSTRA
È la mattina dell’11 agosto, il calendario è quello del 1982. Tre sicari si sono appostati tra i viali alberati all’ingresso del Policlinico di Palermo, aspettando la loro vittima: il medico legale Paolo Giaccone. Succede tutto improvvisamente: il professor Giaccone viene ucciso dal fuoco incrociato di proiettili esplosi mirando alla sua testa mentre si stava recando al lavoro all’Istituto di medicina legale di cui era primario.
Il medico era tra i professionisti più esperti e ispirati nel suo campo e la sua profonda competenza nell’ambito delle tecniche della medicina legale lo aveva portato spesso a collaborare con il palazzo di giustizia siciliano come consulente.
Nei mesi precedenti al suo assassinio, infatti, tra i vari casi aveva trattato anche l’indagine sulle impronte digitali rinvenute dopo la strage di Bagheria, avvenuta il 25 dicembre 1981 su mandato dei corleonesi.
L’intenzione di questi ultimi era affermare il proprio controllo del territorio e per far questo decisero di impiegare un commando composto da tre auto per il paese che, sparando all’impazzata, avrebbe lasciato una sanguinosa scia di quattro vittime.
Grazie al suo lavoro, il medico forense era riuscito a risalire all’identità di chi aveva lasciato quelle impronte, ovvero Giuseppe Marchese, nipote di Filippo Marchese, boss mafioso a capo della famiglia di Corso dei Mille, quartiere di Palermo. L’impronta digitale analizzata dal professor Giaccone era l’unica prova schiacciante che avrebbe condotto agli autori della strage del Natale precedente e Cosa Nostra era ben decisa a compiere qualsiasi mossa pur di evitare che si arrivasse alla verità.
Paolo Giaccone inizia a ricevere pressioni e la richiesta è una, chiara e semplice: falsificare i risultati dell’esame, evitando così di svelare l’identità dell’assassino.
Il periodo in cui questa vicenda ha avuto luogo era già carico e ricco di tensione. L’inizio degli anni Ottanta era stato caratterizzato da una nuova ondata di omicidi e violenze, e non passava inosservata la connivenza tra istituzioni e criminalità: in questo clima, Paolo Giaccone prende una decisione da uomo libero, da professionista, da medico che ha pronunciato il giuramento di Ippocrate, e declina la richiesta di insabbiare il proprio lavoro nonostante le numerose minacce. Questa scelta di correttezza verso il proprio lavoro e di fedeltà alla propria etica è stato ciò che ha decretato la sua condanna a morte. In una situazione normale il professor Giaccone avrebbe semplicemente adempiuto al proprio dovere, ma quella che è una scelta ordinaria in molte circostanze, nella sua vita si è rivelata essere la scelta eroica di non farsi calpestare dalla corruzione e dalla criminalità e di rispettare i propri valori e l’importanza del proprio ruolo. La storia di Paolo insegna come le scelte di ogni singolo essere umano che decida di fare della legalità e dell’onestà le proprie regole di vita possano essere vero e indispensabile strumento per combattere il malcostume, la corruzione e anche la criminalità. Non è necessario essere in particolari posizioni di potere per combattere contro l’illegalità. Chiunque è chiamato, da normale cittadino, attraverso l’adempimento del proprio ordinario dovere, a opporsi all’illegalità in generale, soprattutto sapendo che ci sono stati uomini che da “eroi borghesi” pur di tenere fede ai propri principi di etica hanno perso non solo la loro libertà ma la loro vita. Paolo Giaccone è, senza dubbio, uno di questi. Si chiamava Paolo Giaccone ed è stato ucciso dalla mafia l’11 agosto 1982 amduemila- 11 Agosto 2019 di Roberto Greco
IO RICORDO MIO PADRE, PAOLO GIACCONE Mi ricordo ancora quel bacio che gli diedi salutandolo in via Roma, e uno strano presentimento, non so perchè. Poi con mamma siamo entrate al bar, abbiamo preso un caffè, il tempo di uscire e abbiamo visto passare una macchina della polizia. Siccome quella mattina in macchina si era parlato con papà di tutti questi omicidi, mamma mi disse: <<Guarda, ne hanno ammazzato un altro.>> Quando siamo entrati al policlinico c’era un bidello che mi conosceva da bambina, che quando sono passata si è tolto il cappello, e lì ho capito. Ho dedicato il giuramento di Ippocrate a mio padre, con tutto il mio cuore. ” La testimonianza di Camilla Giaccone, figlia di Paolo, medico legale ucciso l’undici agosto 1982, per essersi rifiutato di “aggiustare” una perizia balistica a favore dei clan. Tratto da “Io ricordo”, regia di Ruggero Gabbai,2008
a cura di Claudio Ramaccini Direttore Centro Studi Sociali contro la mafia – Progetto San Francesco