LUCIA BORSELLINO depone al “Borsellino Quater” (AUDIO)
⇒ Quarto processo per la strage via D’Amelio, i fratelli Borsellino in aula: “Chi doveva non ha cercato la verità” La figlia Lucia: “Indignata dai non ricordo degli uomini di Stato, mio padre ucciso due volte”. Manfredi: “Mio padre non parlava delle persone che non stimava, non ebbe rapporti con la squadra mobile e i suoi vertici in quegli anni” –“Se fosse vero quanto emerso finora su eventuali manipolazioni da parte di uomini dello Stato vorrebbe dire che mio padre è stato ucciso due volte. Ciò che mi indigna sono i tanti non ricordo portati qui, in aula, da appartenenti allo Stato”. Lo ha detto Lucia Borsellino, figlia del giudice ucciso dalla mafia nel ’92, deponendo davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta nel quarto processo per la strage di via D’Amelio. La figlia del magistrato è tornata sul banco dei testi – aveva già deposto – per rispondere sulle confidenze ricevute dall’ex fidanzato Bartolo Iuppa, poliziotto della Scientifica di Palermo, sulla gestione del falso pentito Vincenzo Scarantino da parte dell’allora capo del pool investigativo Falcone-Borsellino Arnaldo La Barbera. Lucia Borsellino ha ricordato che l’ex fidanzato si lamentava per il modo in cui La Barbera trattava i colleghi e ha aggiunto che sia Iuppa che Gioacchino Genchi, ex poliziotto ed ex consulente informatico, consideravano Scarantino come un personaggio dal basso spessore criminale. Dopo Lucia, ex assessore alla Salute del governo Crocetta e ora dirigente Agenas a Roma, è stata la volta del fratello Manfredi, commissario di polizia a Cefalù: “Non dovevo essere io a dover cercare la verità sulla morte di mio padre. C’erano altre persone demandate a farlo, ma non lo hanno fatto o lo hanno fatto malamente. Mio padre ci ha sempre detto che qualora fosse accaduto ciò che purtroppo poi è successo, non dovevamo occuparci di nulla e proseguire la nostra vita”, ha detto ai giudici di Caltanissetta che lo hanno ascoltato come testimone. Manfredi Borsellino, pur non entrando nel merito dei rapporti che intercorrevano fra suo padre e l’allora dirigente della squadra mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, ha detto che “le persone di cui non parlava erano quelle che lui disistimava. Il peggiore giudizio che mio padre poteva formulare nei confronti di una persona che non gli garbava era quello di ignorarla. Non mi risulta abbia mai avviato rapporti professionali, in quell’anno trascorso a Palermo come procuratore aggiunto, con la Barbera e probabilmente neanche con la squadra mobile”. Il figlio del giudice Borsellino ha anche spiegato di non sapere nulla sui rapporti che intercorrevano fra La Barbera e i suoi uomini ma dopo essere entrato in polizia ha appreso che alcuni dei poliziotti che facevano parte del pool che indagava sulle stragi del ’92, avevano lasciato il gruppo perché in disaccordo con il capo della Mobile. Il processo sulla strage di via d’Amelio riprenderà il 20 settembre con la requisitoria dei pubblici ministeri che proseguirà fino al 23 settembre. La parola poi, dal 17 al 20 ottobre passerà alle parti civili e infine dal 7 al 10 novembre al collegio difensivo. LA REPUBBLICA