19 giugno 2019 VINCENZO SCARANTINO depone al “Processo Depistaggio”

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“NEL 1992 VENDEVO SIGARETTE DI CONTRABBANDO” “Nel 1992 le mie attività criminali consistevano nel fatto che avevo una bancarella di sigarette e vendevo sigarette di contrabbando. Non era mia abitudine spacciare eroina. Qualche volta è successo ma non era la mia attività. Io di ricettazione di auto non mi sono mai occupato. I miei fratelli lavoravano con le sigarette, rubavano, ma non so se hanno lavorato con la droga. Forse qualche ‘passaggino’ lo facevano”. Così stamattina Vincenzo Scarantino, nel corso della sua deposizione nell’udienza del processo sul depistaggio della strage di via D’Amelio che si celebra a Caltanissetta e che vede sul banco degli imputati tre poliziotti, Mario BoFabrizio Mattei e Michele Ribaudo, ex appartenenti del gruppo Falcone-Borsellino, che indagò sull’attentato in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta. Sono accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra. I tre avrebbero “manipolato” il falso collaboratore di giustizia per indurlo a dichiarare ai magistrati una falsa verità sulla strage di via d’Amelio dando così vita al depistaggio delle indagini. “Non mi sono mai occupato di furti e ricettazione di auto”, ha sottolineato più volte Scarantino rispondendo ai legali della difesa. Oggi, infatti, la parola spetta ai legali dei tre imputati, gli avvocati Giuseppe Seminara e Giuseppe Panepinto. Scarantino si è invece avvalso della facoltà di non rispondere “per ogni domanda che riguarda i magistrati”, a seguito della domanda dell’avvocato Seminara sui magistrati Carmelo Petralia e Anna Maria Palma, indagati a Messina in merito alle dichiarazioni rese da Scarantino nel processo Borsellino quater: i due ex pm sono indagati per il depistaggio dell’inchiesta sulla strage di Via D’Amelio. Scarantino si è avvalso della facoltà di non rispondere anche in relazione all’incontro avuto con Petralia dopo un litigio con il poliziotto Mario Bo. Sui presunti depistaggi, invece, Scarantino ha affermato: “Io ero un collaboratore non un pentito. Il pentito si pente delle cose. Loro attraverso me volevano che nascessero altri pentiti. Per me è stato insopportabile soggiacere a queste torture. Mi convinsi a collaborare con gli inquirenti a causa del terrorismo psicologico che subivo in carcere a Pianosa”Intanto, sono in corso a Roma, alla presenza dei consulenti delle parti, gli accertamenti tecnici irripetibili disposti dalla Procura di Messina su alcune cassette con le intercettazioni delle conversazioni di Scarantino nel periodo in cui era sotto protezione.  L’avviso con l’accertamento da compiersi è stato notificato nei giorni scorsi dai pm di Messina che indagano sul depistaggio dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio a carico dei magistrati Carmelo Petralia, attualmente aggiunto a Catania e Annamaria Palma, in carica a Palermo come avvocato generale. Palma e Petralia erano nel pool dei pm nisseni che svolsero le indagini sull’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino e alla scorta. L’OPINIONE DELLA SICILIA