Nuovo dietrofront del pentito di mafia Scarantino: “I pm non sapevano” – L’ennesimo dietrofront va in scena in aula. Ancora una volta. Vincenzo Scarantino, il falso pentito che di versioni nella sua travagliata storia giudiziaria ne ha cambiate diverse, annacqua l’atto d’accusa che, nell’ultimo processo per la strage di Via D’Amelio, aveva rivolto agli ex pm che indagarono sull’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino. Consapevole delle menzogne raccontate, li aveva descritti allora, da imputato. Ma oggi che viene ascoltato dal tribunale di Caltanissetta chiamato a giudicare tre poliziotti accusati di aver depistato l’inchiesta le sue posizioni sono decisamente sfumate. Un cambio di marcia che emerge in controesame, quando il legale di Gaetano Murana, che ha pagato le bugie di Scarantino con una ingiusta condanna all’ergastolo, ricorda al falso pentito le accuse rivolte ai pm Anna Palma, Gianni Tinebra e Carmelo Petralia, tutti e tre nel pool che indagava sulle stragi del ’92. “Dissi a Palma e Tinebra che avevo mentito e accusato innocenti”, aveva detto Scarantino allora. Parole pesanti oggi sostanzialmente ritrattate: “furono i poliziotti a dirmi che si muovevano d’accordo con la Procura”. Il legale contesta la sterzata, Scarantino, autore in passato di clamorose ritrattazioni, si dice “sereno” e va avanti. Il picciotto della Guadagna, secondo l’accusa imbeccato e manipolato per creare ad arte una falsa ricostruzione della fase esecutiva della strage punta dunque solo sugli imputati del processo: Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. “Oggi mi sento di dire che il dottore Petralia non mi ha mai suggerito niente, il dottore Di Matteo non mi ha mai suggerito niente. Il fatto che i poliziotti mi dicevano sempre di stare tranquillo, tranquillo, tranquillo – dice al tribunale – mi ha messo in testa la cosa che i magistrati erano consapevoli di ogni cosa…”. Sul depistaggio, però, è in corso, a Messina, un’inchiesta che mira ad accertare se ci sono eventuali responsabilità dei magistrati che coordinarono l’attività investigativa degli inquirenti. Nel corso del processo, tuttavia, Scarantino ha chiesto nuovamente scusa a Murana, condannato per le sue accuse, e anche ad altre persone che aveva coinvolto ingiustamente: Ho sentito il nome di Giuseppe La Mattina, volevo chiedere scusa anche a lui”, ha detto il falso pentito. (ANSA)
29 maggio 2019 SCARANTINO depone “Processo depistaggio” Nuovo dietrofront del pentito di mafia ritratta le accuse ai PM Mafia. Ex pentito Scarantino ritratta accuse a pm: “Di Matteo non mi suggerì mai niente” “Mi hanno convinto i poliziotti a parlare della strage. Io ho sbagliato una cosa sola: ho fatto vincere i poliziotti, di fare peccare la mia lingua e non ho messo la museruola…” dice a metà udienza del processo sul depistaggio sulla strage Borsellino. E incalzato dal legale assicura: “Non mi ha contattato nessuno
Indagine nei confronti magistrati partita nel 1998
“Il dottor Di Matteo non mi ha mai suggerito niente, il dottor Carmelo Petralia neppure. Mi hanno convinto i poliziotti a parlare della strage. Io ho sbagliato una cosa sola: ho fatto vincere i poliziotti, di fare peccare la mia lingua e non ho messo la museruola…”. Il colpo di scena arriva a metà udienza del processo sul depistaggio sulla strage Borsellino, quando l’ex pentito di mafia Vincenzo Scarantino ritratta, a sorpresa, le accuse che aveva lanciato in passato ai magistrati che indagavano sulla strage di via D’Amelio.
Alla sbarra tre poliziotti: Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Sono tutti accusati di concorso in calunnia aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra. Scarantino in passato aveva accusato i giudici, che all’epoca prestavano servizio a Caltanissetta, di aver accusato dei mafiosi imputati perché ”sollecitato” dai pm Antonino Di Matteo, Annamaria Palma e Carmelo Petralia ma anche Giovanni Tinebra. Oggi arriva la retromarcia. “I poliziotti mi hanno fatto credere che i magistrati sapevano ogni cosa”, dice.
“Io mi trovavo nel deserto dei tartari – racconta – La Polizia mi aveva convinto che poliziotti del gruppo ‘Falcone e Borsellino’ e i magistrati fossero la stessa cosa ecco perché sono arrivato ad accusare i magistrati. Io ero un ragazzo rovinato dalla giustizia, non ero un collaboratore di giustizia. I magistrati mi contestavano le cose tre o quattro volte, quando non capivo niente, io uscivo e poi trovavo la risposta che dovevo dare ai magistrati. Se io ho coinvolto i magistrati è perché i poliziotti mi hanno fatto credere che fossero un’unica cosa”. “Perché Arnaldo La Barbera (che era a capo del gruppo investigativo) aveva uno strapotere”. La rivelazione arriva durante il controesame dell’avvocato Vincenzo Greco, che rappresenta i figli di Paolo Borsellino, che si sono costituiti parte civile nel corso del processo per il depistaggio. Quando il legale gli chiede se di recente è stato avvicinato da qualcuno “per cambiare idea”, Scarantino risponde: “Oggi sono sereno anche se sono un senzatetto, non lavoro, non ho niente ma sono sereno. Comunque, non mi ha contattato nessuno”. In passato il gip di Catania aveva archiviato l’inchiesta sui magistrati nisseni Antonino Di Matteo, Anna Palma e Carmelo Petralia, che erano stati accusati da un pentito di abuso di ufficio e falso. I tre pm, secondo l’ex ‘picciotto’ Vincenzo Scarantino, avrebbero indotto lo stesso pentito ad accusare falsamente gli imputati dei processi per la strage di via D’Amelio e avrebbero anche tentato di evitare la sua ritrattazione in maniera illecita. L’indagine nei confronti dei magistrati era partita dopo la ritrattazione fatta da Scarantino nel settembre del ’98. Ma anche successivamente Scarantino aveva tirato in ballo Annamaria Palma e Giovanni Tinebra. Oggi, a sorpresa, la retromarcia. RAI NEWS