PROCESSO DEPISTAGGIO news 2019

9.12.2019 . Francesco Paolo Giordano (magistrato) : Tinebre doveva incontrare Borsellino dopo il 20 luglio


5.12.2019 Ritrovate le registrazioni delle telefonate tra Magistrati e Scarantino    Antimafia 2000   – Palermo Today  –   Il Riformista –  Il Fatto Quotidiano  – La Repubblica 


13.12.2019 – Annamaria Palma: “Io accusata ingiustamente dai famigliari di Paolo Borsellino”. Fiammetta Borsellino in aula.


9.12.2019 – Borsellino: su Scarantino Pm divisi Per Saiaeva e Boccassini era inattendibile,non per gli altri. Il dibattito interno alla Procura di Caltanissetta sull’attendibilità del pentito Vincenzo Scarantino è stato al centro delle deposizioni di alcuni magistrati allora in servizio nell’ufficio, nel processo sul depistaggio della Strage di via D’Amelio. Per Roberto Saieva, che da gennaio a ottobre del ’94 fu applicato a Caltanissetta, “quando nel settembre viene interrogato Vincenzo Scarantino, cominciano ad emergere dei momenti di criticità. Per la dottoressa Boccassini e per me era abbastanza palese l’inattendibilità mentre diversa era la posizione di Tinebra, Giordano e Petralia. Le diversità di vedute permanevano e quindi si decise di mettere nero su bianco le nostre impressioni da consegnare ai colleghi. La nota risale al 12 ottobre e fu inviata a Palermo”. Diversa la posizione dell’allora procuratore aggiunto Francesco Paolo Giordano, il quale ha detto che aveva “grande fiducia nei confronti di Arnaldo La Barbera e dei suoi uomini” che gestirono Scarantino, poi rivelatosi un falso pentito. ANSA.  Servizio RAI


1.12.2019 Depositata la lettera di elogio a La Barbera


15.11.2019 – A Messina spuntano i verbali inediti di Scarantino – Sono sei fascicoli. Dentro ci sono parecchi fogli, frasi fino ad oggi “inedite” del “falso pentito” Vincenzo Scarantino, frammenti a puntate…


8.11.2019 – Borsellino, al processo per il depistaggio un poliziotto cambia versione:pm chiede trasmissione atti in procura


8.11.2019 Il depistaggio dopo via d’Amelio: “Scarantino a Pianosa non denunciò maltrattamenti” L’ispettore di polizia Giampiero Guttadauro, che faceva parte del gruppo investigativo “Falcone e Borsellino”, è stato sentito al processo sul presunto depistaggio dopo la strage: “Parlava di donne e sigarette, non mi ha parlato di nessun tipo di attività di reato commesso”

30.10.2019 L’ultimo mistero del falso pentito Scarantino Alla vigilia del processo voleva svelare il depistaggioEcco i brogliacci delle conversazioni con pm e poliziotti, il giallo si infittisce: chi lo convinse a non tirarsi indietro?


18.10.2019 – Deposizione di Giampiero Valenti della Polizia di Stato:”Mi ordinarono di interrompere la registrazione di Vincenzo Scarantino perché il collaboratore doveva parlare con i magistrati”. L’ha detto in aula a Caltanissetta, nel processo sui depistaggi nella strage Borsellino, il poliziotto Giampiero Valenti, interrogato come teste. Il processo vede come imputati i poliziotti Mario Bò, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. L’episodio raccontato da Valenti risale al periodo compreso tra il ’94 e il ’95. Il poliziotto ha spiegato che l’ordine gli arrivo dal suo superiore Di Ganci, “che quando Scarantino smise di parlare coi magistrati, mi disse – ha aggiunto – di riavviare l’apparecchio”. “Il mio compito era quello di gestire la famiglia di Scarantino e le loro esigenze: la spesa, i bambini da portare a scuola; mi è capitato pure di accompagnare o lui o la signora a Imperia per una visita oculistica. Non ricordo esattamente dove si trovasse il telefono nella casa di Scarantino”, ha continuato Valenti parlando del periodo in cui il falso pentito si trovava a San Bartolomeo a Mare. “Quando finì l’attività di intercettazione ci chiesero di firmare dei brogliacci. Riconosco la mia firma – dice dopo aver letto un verbale mostratogli dal pm Gabriele Paci – ma nego di conoscere quella che è l’attività di intercettazione. Sono stato uno stupido io, perché non avevo alcuna esperienza. Non capisco perché questo verbale non lo firmò chi gestiva l’attività e lo hanno fatto firmare all’ultima ruota del carro”. ANSA      Il Fatto Quotidiano.      Antimafia Duemila


31.10.2019 – Falsi pentiti, telefonate e bugie. Borsellino, una palude giudiziaria Definirle anomalie diventa, giorno dopo giorno, riduttivo. Per ciò che va emergendo dai processi sulle stragi di mafia del ’92 sarebbe opportuno parlare di palude giudiziaria. Il prologo era già disarmante. Il pentito Vincenzo Scarantino si è inventato tutto. Sono stati condannati, e dunque scarcerati dopo anni di detenzione, degli innocenti accusati dell’eccidio di via D’Amelio. La verità sulla morte di Paolo Borsellino e dei poliziotti di scorta si è allontanata. Quindi si è scoperto che Scarantino aveva dei contatti telefonici diretti con poliziotti e magistrati. C’è in corso un processo a Caltanissetta. L’ipotesi è che sia stato messo in atto un depistaggio. Qualcuno avrebbe suggerito all’improbabile pentito (si è creduto al fatto che Scarantino, uno scagnozzo di borgata, avesse partecipato alla stagione delle bombe assieme ai vecchi padrini) di inventarsi false accuse per nascondere la verità. Infine, ed è storia recente, sono spuntati i brogliacci delle telefonate di Scarantino mentre era sotto protezione a San Bartolomeo a Mare, in provincia di Imperia, scortato dai poliziotti del “Gruppo Falcone Borsellino”. Tra di loro c’erano i tre imputati per il depistaggio: Mario Bò, ex funzionario della squadra mobile di Palermo, e due sottufficiali, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. C’è, però, un’altra inchiesta, a Messina, per calunnia aggravata che vede indagati due ex magistrati in servizio a Caltanissetta, Annamaria Palma e Carmelo Petralia. Furono tra i pm che interrogarono e gestirono il pentito, credendolo attendibile. I brogliacci delle conversazioni di Scarantino sono stati depositati al processo sul depistaggio. Ed è saltato fuori un vorticoso giro di chiamate. Ad esempio il 22 maggio 1995, alla vigilia della sua prima deposizione al processo per la strage Borsellino, il collaboratore di giustizia contattò la moglie: “A mezzo questura Rosalia parla con il marito il quale la rassicura che va tutto bene – annotavano i poliziotti – e comunque le dice di preparare le valigie che lui ha intenzione di tornare in carcere”. Scarantino voleva fare marcia indietro? Due giorni dopo, davanti ai giudici della corte d’assise di Caltanissetta, raccontò le bugie che sarebbero crollate due decenni dopo. Fu convinto da qualcuno a proseguire nel canovaccio delle false accuse? Nei brogliacci c’è traccia dei tentativi di Scarantino di parlare con Mario Bò. Ad esempio il 2 maggio 1995: “Enzo chiede spiegazioni della domanda che ha scritto in merito alla sua prossima presenza in aula”. Il poliziotto non c’era e Scarantino ci riprovò all’indomani: “Chiede nuovamente spiegazioni sulla domanda che ha firmato inerente alla sua adesione per presentarsi al processo”. “Domanda” al singolare e non “domande” al plurale come si è detto in questi giorni, ipotizzando che si trattasse dei suggerimenti ricevuti dal collaboratore. Non è detto, però, che i suggerimenti non siano arrivati in altre occasioni. Oppure Scarantino parlava, come avvenne l’8 maggio, con un magistrato: “Enzo conversa con la dottoressa Palma in merito al suo trasferimento per mercoledì a Genova, per essere sentito dalla dottoressa Sabatini, chiede se può evitare questo interrogatorio prima di essere sentito al processo. Si risentiranno”. Il processo in corso a Caltanissetta servirà, si spera, a chiarire se davvero ci sia stato un depistaggio. Sin d’ora, però, emergono degli interrogativi. A cominciare dal ritrovamento dei brogliacci e dei nastri con gli audio delle conversazioni. Non c’era traccia del materiale investigativo nei processi fin qui celebrati a Caltanissetta, e cioè nel luogo dove era lecito ritrovarlo. Era finito altrove senza alcuna, apparente e convincente spiegazione. Addirittura i brogliacci erano confluiti in vecchi fascicoli a carico di ignoti. I pm nisseni di sono messi di buona lena per spulciare gli archivi e hanno scovato audio e trascrizioni. Chissà cos’altro troveranno nella palude. Il fatto che Scarantino avesse un telefono a San Bartolomeo a Mare è una circostanza che magistrati e poliziotti hanno detto di non ricordare. Addirittura alcuni lo hanno pure negato in aula al processo Borsellino quater. Strano, visto che sono le stesse persone che hanno ricevuto le chiamate. Non c’è dubbio che sapessero del telefono a disposizione di Scarantino visto che tutti i magistrati che hanno avuto a che fare con il pentito, non solo Petralia e Palma, chiesero prima che l’utenza venisse messa sotto controllo e poi, in più occasioni, che le intercettazioni proseguissero. Eppure o non ricordano o negano. Sono alcuni fra gli stessi pubblici ministeri che hanno creduto a Scarantino, malgrado fossero stati messi in guardia dalle sue patacche. Non erano stati solo gli avvocati degli imputati, liquidati con troppa fretta perché “di parte”, a suggerirgli di diffidare del picciotto della Guadagna. La sentenza del processo Borsellino ter, emessa dalla Corte d’assise di Caltanissetta allora presieduta da Carmelo Zuccaro, oggi procuratore di Catania, era stata lapidaria nel giudizio. Nelle motivazioni, scritte prima della sentenza d’appello del processo bis, si parlava di “dubbia attendibilità”, “parto della fantasia”, “dichiarazioni non genuine perché gravemente sospette di essere state attinte addirittura dalla stampa”. Non erano né in parenti di Scarantino, né i difensori degli imputati a scrivere che “delle dichiarazioni rese da Scarantino non si debba tenere conto per la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle responsabilità in ordine alla strage di via D’Amelio”. Eppure le valutazioni dei giudice della Corte d’assise non scalfirono le convinzioni dei pubblici ministeri del Borsellino bis, talmente convinti della bontà delle prove da proporre appello, seguiti poi dai procuratori generali, contro le assoluzioni di primo grado del processo bis. Insomma, una distrazione di massa. E così Gaetano Murana, ad esempio, da assolto si ritrovò ergastolano. Un ventennio dopo, nel 2011, quella sentenza sarebbe divenuta carta straccia. Quando è venuta fuori la notizia dell’esistenza dei brogliacci in alcuni dei protagonisti di quella stagione sono riaffiorati i ricordi. Giampiero Valenti, un poliziotto che si occupava delle intercettazioni, ha raccontato che gli venne “ordinato” di “staccare la registrazione di Scarantino perché il collaboratore doveva parlare con i magistrati”. Una rivelazione choc. Sospendere un’intercettazione senza l’autorizzazione di un giudice è reato. È dalla Procura di Messina che potrebbero arrivare le risposte ai tanti interrogativi. I numeri progressivi dei brogliacci, infatti, dimostrano che ci sono ore di conversazioni di cui non si conosce il contenuto, ma delle quali ci sono le registrazioni. Qualcuno a Messina le sta ascoltando. LIVE SICILIA


17.10.2019 – Mafia: depistaggio Borsellino, poliziotti imputati non rispondo ai pm di Messina– Il legale, ”risponderanno davanti al Tribunale di Caltanissetta” Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, davanti ai pm di Messina, i tre poliziotti sotto processo per il presunto depistaggio sulla strage di via D’AmelioMario BoFabrizio Mattei e Michele Ribaudo, che prestavano servizio nel pool che indagava sulla strage di via D’Amelio, dovevano essere sentiti oggi pomeriggio nell’ambito dell’inchiesta aperta dal Procuratore di Messina Maurizio De Lucia a carico di due magistrati che facevano parte del pool che coordinò l’inchiesta sull’attentato: Carmelo Petralia ed Annamaria Palma. Ma non hanno risposto ai pm. “I poliziotti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere perché renderanno dichiarazioni davanti al Tribunale di Caltanissetta“, ha detto all’Adnkronos l’avvocato Giuseppe Seminara, che ha accompagnato i tre poliziotti in Procura. I due magistrati Palma e Petralia sono indagati a Messina per calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra. Stessa accusa di cui rispondono a Caltanissetta i tre poliziotti. Annamaria Palma attualmente è avvocato generale a Palermo, mentre Petralia ricopre la carica di procuratore aggiunto a Catania. Nell’ipotesi accusatoria, in concorso con i tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta, avrebbero depistato l’indagine sulla strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino. I pm e i poliziotti, secondo l’accusa, avrebbero imbeccato tre falsi pentiti, costruiti a tavolino tra cui Vincenzo Scarantino, suggerendo loro di accusare falsamente dell’attentato persone ad esso estranee. AdnKronos


28.9.2019 – Strage via D’Amelio, l’ex questore di Bergamo Ricciardi: “Scarantino inaffidabileL’ex numero uno di via Noli sentito come teste al processo sul cosiddetto depistaggio della strage di via D’Amelio, dove morì il giudice Borsellino “Meno ci parlavo con Vincenzo Scarantino e meglio stavo. A me Scarantino, per qualcosa che non so dire e non so spiegare non piaceva: potevo mai andare da lui per promesse di denaro?”. Sono le dichiarazioni dell’ex questore di Bergamo, Vincenzo Ricciardi, venerdì mattina nel corso dell’udienza del processo sul cosiddetto depistaggio della strage di via D’Amelio, dove morì il giudice Borsellino, che si celebra a Caltanissetta, rispondendo come teste alle domande dell’avvocato Giuseppe Scozzola. Sul banco degli imputati Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, gli ex appartenenti del gruppo “Falcone-Borsellino”, che indagò sull’attentato: devono rispondere di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra. “Devo anche dire, al contrario – ha continuato Ricciardi – che Scarantino non mi ha mai parlato di denaro che gli era stato promesso. Penso che c’era un sentimento reciproco.  Non ci piacevamo. Scarantino – ha aggiunto Ricciardi – dava sempre versioni differenti. In un interrogatorio del 12 settembre del ‘94 si rimangia tutto quello che aveva detto nell’interrogatorio di un mese ”. Bergamo News


9.9.2019 –  Borsellino, agente della scorta rivela: “Scarantino temeva di non essere creduto“-“Una volta sola il falso pentito Vincenzo Scarantino mi disse che aveva paura di non essere creduto e io gli risposi se tu stai dicendo la verità non devi avere paura. È stata l’unica volta in cui ho parlato di qualcosa che riguardasse la strage. Non ci sono mai voluto entrare nelle dinamiche delle sue dichiarazioni”. Lo ha affermato Giuseppe Di Gangi, poliziotto del gruppo Falcone Borsellino, rispondendo al Pm Stefano Luciani nel corso dell’udienza del processo sul depistaggio della strage di via D’Amelio ripreso questa mattina a Caltanissetta e che vede sul banco degli imputati il funzionario di Polizia Mario Bò, gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di concorso in calunnia. “Sono devastato da questa situazione. Sono in un uno stato di depressione provocato da questa situazione”. ha affermato Di Gangi ha risposto al pm Luciani aggiungendo di non ricordare molto a causa del malessere provocato da questa situazione. “A volte rimanevamo a casa di Vincenzo Scarantino. – ha detto – Ci occupavamo in generale dei bisogni del nucleo familiare. Quando portavamo Scarantino a fare degli interrogatori ce ne occupavamo insieme al personale della questura di Imperia. Se Scarantino aveva bisogno di qualcosa si rivolgeva al gruppo Falcone Borsellino. Noi eravamo lì per quello e per questo si rivolgeva a noi. Erano le disposizioni che ci erano state date”. “Un giorno dall’ufficio di Palermo mi chiesero di andare alla questura e ritirare un fax, con la copia di un articolo, e sottoporlo a Scarantino dove si diceva che Gaetano Scotto si trovava a Bologna il giorno della strage e comunque in quel periodo”, ha aggiunto Di Gangi. “Il giorno prima della ritrattazione Scarantino aveva detto al personale dell’ufficio di Imperia che voleva parlare con loro urgentemente. Scarantino disse al dottore Bo che voleva tornare in carcere perché non voleva più collaborare. – ha proseguito – Ho assistito alla discussione tra Scarantino e il dottore Bo. Abbiamo dovuto ammanettarlo a casa perché Scarantino si stava avventando contro il funzionario. Davanti alla moglie e ai bambini. Non feci alcuna relazione di servizio”. Giornale di Sicilia 


12.7.2019  – Borsellino, parla un poliziotto:  “Scarantino? Era confusionario” – “Pianosa era sicuramente un carcere duro ma il falso pentito Vincenzo Scarantino non lamentò nulla di specifico o che fosse rimasto impresso nella mia memoria. I suoi discorsi non erano lineari ma non mi diceva nulla di particolare. Non ho mai ritenuto allarmante quello che diceva, nel senso che a quest’ora se avesse detto qualcosa di importante sarebbe rimasto inciso nella mia memoria”. Lo ha detto Giovanni Guerrera, poliziotto, rispondendo come teste alle domande del Pm Gabriele Paci, nel corso dell’udienza nell’ambito del processo sul depistaggio della Strage di via D’Amelio. “L’unica cosa che dicevo a Scarantino – ha aggiunto – era, siccome era confusionario nelle sue dichiarazioni, ‘prendi un block notes e te le appunti così trovi una sequenza logica in quello che dici’. Gli suggerivo di fare una scaletta delle cose che gli erano successe”. Guerrera, come lui stesso ha sottolineato, a Pianosa era stato individuato come ufficiale di collegamento a garanzia della sicurezza di Scarantino. “Sono certo che non mi abbia mai detto che non c’entrava nulla con le stragi. Io ho conosciuto Scarantino nei primi tempi della collaborazione quindi in quel momento i suoi problemi riguardavano più la moglie e i figli che altro”, ha concluso Guerrera rispondendo alle domande degli avvocati Giuseppe Seminara e Giuseppe Panepinto. ANSA


29.5.2019 SCARANTINO ritratta le accuse ai PM

16.5.2019FIAMMETTA BORSELLINO al processo. Depone Vincenzo Scarantino

14.4.2019SCARPINATO: Contrada, Servizi Segreti collaborò alle indagini malgrado fosse vietato

13.4.2019FIAMMETTA BORSELLINODepistaggio: il CSM sul piano disciplinare non ha fatto nulla – i topi si stanno mangiando i faldoni

13.4.2019Furti di verità e depistaggi

1.4.2019Difesa Bo: “Palazzo Chigi desecreti atti su stragi Falcone e Borsellino”

14.3.2019 Il depistaggio di via d’Amelio

22.2.2019 Archiviazione per 4 poliziotti. Resta il processo per calunnia per gli altri 3 colleghi. Il gip di Caltanissetta ha scelto di archiviare l’inchiesta a carico degli agenti che facevano parte del pool che indagò sugli attentati del 1992. Secondo l’accusa avrebbero costruito una finta verità, imbeccando falsi pentiti come Vincenzo Scarantino

22.2.2019  “L’attentato a Borsellino? Un favore”: parla il pentito Francesco Di Carlo – Depistaggio via d’Amelio, il pentito Di Carlo racconta i contatti con i Servizi “Vennero in tre. Uno di questi, lo scoprii anni dopo, era La Barbera” “Alla fine degli anni Ottanta in carcere vengo raggiunto da tre soggetti. Uno di questi si presentò come Giovanni, dicendomi che portava i saluti di Mario, un altro soggetto che già conoscevo come appartenente LEGGI TUTTO


 

21.2.2019  A processo per depistaggio l’ex pentito Andriotta tra conferme e “non ricordo”

18.2.2019 Stragi ’92, Genchi racconta le indagini sulle utenze clonate. Il super consulente sentito al processo contro Messina Denaro


 

7.2.2019  GIOVANNI BRUSCA – L’ex padrino, nel corso del processo sul depistaggio delle indagini della strage di via D’Amelio, del luglio del 1992, ha raccontato il momento della “svolta”. Ovvero il giorno che gli ha cambiato la vita: “Quando ho incontrato Rita Borsellino”

6.2.2019  Maggiani Chelli: ”Falcone, Borsellino, le stragi del ’93. La trattativa Stato-Mafia e’ stata la condanna a morte dei nostri parenti”

  • ANTIMAFIA DUEMILA 6.2.2019

    5.2.2019  – Il teste di Stato-mafia: «Parlo per deduzione…» Il pentito Ciro Vara è stato sentito come teste durante il processo che vede imputati tre poliziotti, accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra

  • VOCE DELLE VOCI 5.2.2019

    4.2.2019 VITO GALATOLO racconta Primo giorno di trasferta a Roma per il collegio del tribunale di Caltanissetta, presieduto SEGUE


    4.2.2019 – “Ho detto subito che Vincenzo Scarantino aveva detto un sacco di bugie e fesserie sulla strage di Via D’Amelio, da siciliano non capivo cosa dicesse. La ragione me l’hanno data dopo 25 anni”. Lo ha detto il collaboratore di giustizia, Santino Di Matteo. “Ieri sera – ha spiegato Di Matteo, il cui figlio Giuseppe venne rapito, ucciso e sciolto nell’acido nel 1996 quando aveva 15 anni. – Ho sentito in tv l’intervista a Fiammetta, la figlia di Paolo Borsellino. Venticinque anni fa io ho avuto un confronto con Scarantino. Quando ha finito di parlare ho detto: ‘Guardate che questo non fa parte di nessuna organizzazione. Questo più che rubare ruote di scorta, radio delle macchine o vendere qualche pacchetto di sigarette di contrabbando, non ha fatto. Questo non sa, ve lo dico io”  VIDEO TG 2000

  • IL DUBBIO 4.2.2019
  • LA PRESSE 4.2.2019
  • ANSA 4.2.2019
  • PALERMO TODAY 4.2.2019
  • CRONACHE DI 4.2.2019
  • AGI 4.2.2019

17.1.2019 L’ex questore Germanà al processo depistaggio Borsellino: “Io un miracolato e lo ripeto”. Sono un vero miracolato e non capisco perché gli altri colleghi siano morti e io no. Io quel 14 settembre del 1992 mi salvai  LEGGI TUTTO