Quando Adriana Musella parlava di antimafia, mafia e affari

Gerbera Gialla: sequestrati i beni amministrati dalla Musella

I reati ipotizzati malversazione e appropriazione indebita. Fondi finalizzati per la divulgazione della cultura antimafia sarebbero stati utilizzati per finalità estranee a quelle associative. Sigilli a beni per 75mila euro

Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso, in via d’urgenza, dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria nei confronti di Adriana Musella, Presidente della Associazione Coordinamento Nazionale Antimafia “Riferimenti” Gerbera Gialla, indagata per i reati di malversazione ai danni di numerosi enti pubblici (Consiglio regionale della Calabria, Provincia di Reggio Calabria, Comune di Reggio Calabria, Provincia di Vibo Valentia, Comune di Verona, Comune di Santa Maria Capua a Vetere, Provincia di Salerno, Provincia di Verona, M.I.U.R., Consiglio Ordine degli Ingegneri di Salerno, Camera di Commercio di Reggio Calabria, Comune di Bollate, Comune di Gioia Tauro) e di appropriazione indebita ai danni della stessa associazione da lei presieduta.

Nel corso degli anni, a partire dal 2002, in qualità di Presidente dell’Associazione Coordinamento Nazionale Antimafia “Riferimenti” Gerbera Gialla, la Musella ha ricevuto e gestito diversi finanziamenti, anche pubblici, per un importo complessivo di circa 450.000 euro, il cui impiego sarebbe dovuto essere vincolato alla divulgazione della cultura antimafia.

Le indagini

Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno invece evidenziato che parte di quei fondi ottenuti nel corso del quinquennio 2010-2015, quantificabili in circa 55.000euro, sono stati utilizzati per finalità ritenute estranee a quelle associative. Inoltre, l’esame approfondito dei conti bancari dell’Associazione, ha evidenziato come parte dei fondi disponibili, quantificabili in circa  20.000 euro, destinati al predetto ente privato, siano stati utilizzati dalla Musella come uno strumento di liquidità “personale” aggiuntivo, cui la stessa faceva ricorso.

Sulla base di tali accertamenti, la Procura della Repubblica di Reggio Calabria ha disposto il sequestro preventivo di beni nella disponibilità della Musella per un valore complessivo di circa 75mila euro.

Era il 26 settembre del 2015 quando la presidente di “Riferimenti”, negli studi di LaC, parlava di “antimafia degli affari”. Oggi a finire nei guai giudiziari proprio lei e la sua associazione

19.9.2017

 

Antimafia, mafia ed affari. Su questi temi la presidente dell’associazione antimafia “Riferimenti” Adriana Musella, ospite negli studi LaC della trasmissione “30 minuti”, dialogava con Pietro Comito poco più di due anni fa, il 26 settembre 2015. Parole quanto mai distanti da quelle contenute nel provvedimento del gip che la vede oggi indagata dalla Procura di Reggio Calabria. I reati contestati appropriazione indebita e malversazione.

In particolare si legge nella convalida di sequestro “nella sua qualità di presidente dell’Associazione Riferimenti – Coordinamento nazionale antimafia” avendo ottenuto […] sovvenzioni o finanziamenti per un totale di euro 522.668,75 negli anni dal 2010 al 2016 volti a coprire le spese per manifestazioni, premi, spettacoli, iniziative e progetti miranti a promuovere la cultura della legalità e in particolare della lotta alle mafie, li destinava ad altre diverse finalità rispetto a quelle per le quali erano state concesseE proprio dalle carte del Gip quello che emerge è uno spaccato poco edificante: ristoranti, soggiorni e viaggi, corse in taxi, biglietti aerei e del treno, acquisto strumenti musicali, abbigliamento, addirittura libri di cucina e dieta. Poche luci in una rendicontazione piena di ombre e aspetti pochi chiari.

Eppure proprio Adriana Musella, ospite negli studi di LaC, parlava di spese non documentate da parte di altre associazioni antimafia. «Gli affari esistono nell’antimafia, così come esistono nelle associazioni, nelle cooperative. Ci sono alcuni soggetti che vengono stipendiati che non hanno vissuto cosa sia la mafia. Hanno solo imparato bene una lezione. A volte si crea l’antimafia degli affari. Ci sono anche contributi degli enti pubblici che vengono dati molte volte senza una rendicontazione precisa». E ancora parlava dell’associazione fondata da Rosy Canale travolta anche lei in un’inchiesta giudiziaria: «Quella non era un’associazione antimafia – tuonava – Quando parliamo di antimafia parliamo di una cosa serie. Sia la mafia che l’antimafia hanno a che fare con un evento che si chiama morte, sangue. Non possiamo permetterci né di scherzare né di truffare».

Due anni dopo nei guai giudiziari sono però finiti proprio lei e la sua associazione.

 

9.10.2017 Lacnews24