Restano quattro “primule rosse” ricercate dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro

Ancora liberi Giovanni Mottisi, killer di Riina, il camorrista Renato Cinquegranella, Attilio Cubeddu nella lista di «most wanted»

 

Dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro – «U siccu», il super boss della Cupola – restano in cinque. Pericolosi e probabilmente con i connotati completamente cambiati. Sono i latitanti più pericolosi «scomparsi nel nulla» nonostante siano i più ricercati d’Italia. A braccarli da anni, polizia, carabinieri, antimafia, anticrimine, informatori, finanza, cani anti droga. Sui loro passi, a volte, persino gli agenti di pool internazionali. Ma nulla… Di questo mafioso mafiosi, due camorristi e due criminali comuni, non c’è traccia. Volatilizzati da anni. Chi sono? Ce lo racconta il Viminale che ha reso pubblico il report, della direzione centrale della Polizia criminale, «Latitanti di massima pericolosità». Si tratta di Giovanni Motisi, Renato Cinquegranella, Raffaele Imperiale e Attilio Cubeddu. Primule rosse inserite nella lista dei «most wanted».

«U pacchiuni», Il killer di Riina

Altro imprendibile (finora) è Giovanni Motisi, detto «u pacchiuni», «il grasso», 59 anni, palermitano doc, ricercato dal ’98 per omicidio, dal 2001 per associazione di tipo mafioso e dal 2002 per strage. Ha l’ergastolo da scontare, il killer di fiducia di Toto’ Riina, secondo un collaboratore di giustizia era presente anche quando si parlò per la prima volta di ammazzare il generale Dalla Chiesa. Nel ’99, durante la perquisizione della sua villa di Palermo, spunta una fitta corrispondenza tra lui e la moglie Caterina, bigliettini recapitati da ‘postini’ fidati assieme a vestiti e regali. Ed è dello stesso anno l’ultima «apparizione» sicura in Sicilia di «u pacchiuni», alla festa di compleanno della figlia: nelle foto ritrovate diversi anni dopo risaltano le pareti coperte con lenzuola bianche per non far riconoscere il posto. Da allora, più niente o quasi tanto da alimentare il sospetto – ricorrente nelle grandi latitanze – che Motisi possa essere morto. Un’altra ipotesi è che abbia cercato, e trovato, riparo in Francia.

Il cattivo dell’Anonima sequestri

Attilio Cubeddu, nome storico dell’Anonima sequestri sarda, nasce ad Arzana, in provincia di Nuoro, nel 1947 e dopo diversi reati commessi da giovanissimo si scopre una vocazione per i rapimenti: partecipa tra gli altri a quelli Rangoni Machiavelli, Bauer e Peruzzi, fino all’arresto del 1984 a Riccione. La condanna a 30 anni sembra l’inizio della fine, ma lui si comporta da detenuto modello e riesce ad ottenere diversi permessi premio: da uno di questi, nel gennaio del 1997 per vedere moglie e figlie, «dimentica» di rientrare. È da allora che si materializza solo nei giorni del sequestro Soffiantini, di cui è implacabile carceriere («il più cattivo di tutti», secondo l’imprenditore bresciano) e che polizia e carabinieri cercano inutilmente ovunque: in Corsica, in Spagna, in Germania, in Sud America e, naturalmente, in Sardegna, dove secondo alcuni avrebbe trascorso gran parte della sua latitanza, protetto da un network di fiancheggiatori. Negli anni si è fatta strada l’ipotesi che in realtà sia morto, ucciso da un complice per una storia di soldi. Nel dubbio, anche per lui la caccia resta aperta.

Il camorrista della Nuova famiglia

Boss della camorra, classe 1949, di Renato Cinquegranella si sono perse le tracce dal 2002. Ricercato per associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione ed altro, originariamente legato alla Nuova Famiglia, storica rivale della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, di lui resta solo una vecchia foto sgranata in bianco e nero, calvizie incipiente, occhiali, baffi neri e sguardo fisso nell’obiettivo. Un volto come tanti, eppure il suo nome compare nelle cronache giudiziarie di due dei delitti che più hanno scosso Napoli: l’omicidio di Giacomo Frattini, alias «Bambulella», soldato della Nco, torturato, ucciso e fatto a pezzi nel gennaio dell’82; e il massacro del capo della Mobile Antonio Ammaturo e del suo autista, Pasquale Paola, «firmato» nel luglio dello stesso anno dalle Brigate Rosse. L’episodio confermò l’esistenza di un «patto scellerato» tra le Br e i capi-zona della camorra del centro di Napoli. Dal dicembre 2018 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, finora senza esito.

Il broker della droga

Raffaele Imperiale, 46 anni, originario di Castellammare di Stabia, noto anche come «Rafael Empire», è ricercato per traffico internazionale di stupefacenti dal 2016 ed è considerato uno dei più grandi broker mondiali della droga. Amante del lusso, cinque anni fa all’interno di una sua vecchia casa, in una intercapedine, vennero recuperati due van Gogh rubati in Olanda. Vittima da ragazzo di un tentativo di rapimento al quale riesce misteriosamente a sfuggire, eredita dal fratello maggiore un coffee shop ad Amsterdam e da qui inizia la sua carriera criminale, tessendo pazientemente contatti e alleanze con i narcos sudamericani e con il clan Amato-Pagano – destinato a diventare famoso come clan degli Scissionisti – che gli consentono di diventare uno dei maggiori fornitori di cocaina delle piazze di spaccio partenopee.