41 BIS – Relazione Commissione Parlamentare Antimafia

Doc23-n37-Sez_IV

 


Cosa prevede il 41-bis

L’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario nasce nel 1986, ma nel corso degli anni è stato aggiornato più volte. Nella forma odierna, aggiornata con la legge del 15 luglio 2009 numero 94, l’articolo prevede la sua applicazione contro persone condannate principalmente per reati di tipo mafioso. Ma anche contro delitti di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico, reati di pedopornografia, tratta di esseri umani, violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona e traffico di stupefacenti.
In base alle disposizioni dell’articolo, i detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono “essere ristretti all’interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque in sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell’istituto”. Può essere applicato per quattro anni, ma con proroghe di due anni ciascuna, senza un limite fisso. Infatti, chi è sottoposto al carcere duro può uscirne solo nel caso decida di collaborare con la giustizia.

I detenuti in 41-bis devono essere isolati dagli altri, dormire in una cella singola e non possono accedere agli spazi comuni. L’uscita dalla cella per andare nel cortile, la cosiddetta “ora d’aria”, è limitata a due ore al giorno, rispetto alle quattro degli altri detenuti, e può avvenire in gruppi di non più di quattro persone. Tuttavia, in casi eccezionali che giustifichino trattamenti ancora più restrittivi, la Corte costituzionale una sola ora d’aria in isolamento, come riporta Ansa.
I colloqui sono limitati a uno solo al mese di un’ora e unicamente con i familiari, separati da un vetro divisorio che impedisca il contatto fisico, a meno che il familiare abbia meno di 12 anni. Gli altri detenuti hanno invece diritto a sei ore al mese e possono avere contatti fisici a seconda del tipo di reato per cui stanno scontando la pena. Solamente chi non fa colloqui può effettuare una telefonataal mese di dieci minuti, mentre i detenuti ordinari hanno diritto a una telefonata a settimana. Telefonate e colloqui sono sempre registrate e ripresi da telecamere.
Non ci sono limitazioni in ordine di numero e durata, invece, per i colloqui con l’avvocato difensore e la Corte Costituzionale ha recentemente stabilito l’illegittimità della censura sulla corrispondenza tra i detenuti al 41-bis e i propri avvocati difensori, che era invece prevista dall’articolo fino al 24 gennaio 2022, come riporta il Post. In ogni caso, tutta la posta di questi detenuti è controllata sia in entrata che in uscita.
Infine, sono previste forti limitazioni anche per il denaro che i detenuti possono avere sul proprio conto in carcere, sia per gli oggetti che può avere in cella e che arrivano dall’esterno. Per esempio non possono avere libri e giornali e, fino al 2018, era anche impedito di cucinare cibi in cella, divieto poi fatto cadere dalla Corte Costituzionale il 12 ottobre 2018. Infine, i detenuti in carcere duro sono sorvegliati da un reparto speciale di polizia penitenziaria che non può entrare in contatto con gli altri agenti.Sono Giovanni Motisi, Renato Cinquegranella, Pasquale Bonavota e Attilio Cubeddu. I primi tre esponenti della criminalità organizzata e il quarto parte dell’anonima sequestri sarda

Come nasce il 41-bis

L’istituto del carcere duro nasce nel 1986 con l’approvazione della legge Gozzini, dal nome del relatore Mario Gozzini, senatore della sinistra indipendente eletto con il Partito comunista italiano. La legge, modificando la riforma dell’ordinamento penitenziario del 1975, introduceva con l’articolo 41-bis uno speciale regime di detenzione in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza con cui il ministero della Giustizia “ha facoltà di sospendere nell’istituto interessato o in parte di esso l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare l’ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto”.
Tuttavia, a cavallo delle stragi di mafia del 1992, l’articolo venne modificato per la prima volta dalla legge Martelli-Scotti, dai nomi di Claudio Martelli, allora ministro di Grazia e giustizia, e Vincenzo Scotti, ministro dell’Interno. Così, con l’introduzione del decreto legge 306 del 1992, l’applicazione del il 41-bis veniva estesa anche ai detenuti condannati per vari reati particolarmente violenti, cioè per chi era condannato per reati di mafia, diventando immediatamente uno degli strumenti normativi più utilizzati per il contrasto alla criminalità organizzata.
L’obiettivo del 41-bis diventava così quello di impedire i contatti con l’esternodegli esponenti di vertice delle organizzazioni criminali, per evitare che continuassero a comandare gli altri mafiosi anche dal carcere. Oltre all’isolamento della persona dal resto dell’organizzazione, la misura ha però un altro scopo: rendere la vita all’interno del carcere praticamente impossibile, così da convincere i mafiosi a collaborare con la giustizia. L’unico modo per accedere a misure penitenziarie alternative è infatti quello di collaborare con le autorità e diventare un “pentito”, così da portare all’arresto altri mafiosi e infliggere forti danni alle organizzazioni criminali.
Per riuscire nell’intento, come spiegato dall’associazione Antigoneper i diritti e le garanzie nel sistema penale, le prime applicazioni furono proprio nelle carceri isolane di Pianosa, in Toscana, e dell’Asinara, in Sardegna. In questo modo, i detenuti avevano ancora meno possibilità di comunicare con l’esterno.
Inoltre, con il 41-bis, le autorità cercarono di combattere un’immagine delle carceri, molto diffusa tra gli anni Settanta e Ottanta, come luoghi di “villeggiatura” per i capomafia. Per esempio, il carcere di Palermo era stato soprannominato “Grand Hotel Ucciardone”, per la facilità con cui i mafiosi più importanti riuscivano a ottenere favori e vivere senza problemi, trasformando la loro carcerazione in uno strumento di prestigio e sfregio allo Stato italiano.
La misura è stata poi modificata ulteriormente nel 2002 con la legge numero 279 che mise fine al suo carattere “emergenziale”. Infatti, la legge del 1992 limitava l’istituto del carcere duro a tre anni, per contrastare i mafiosi in guerra contro lo stato. Tuttavia, la sua applicazione è stato prorogato più volte, fino a quando non è stata inserita nell’ordinamento a tempo indeterminato, diventando cardine del sistema penitenziario, e poi adeguata ad alcuni rischi di costituzionalità con la legge del 15 luglio 2009 numero 94.
I beni mobili e immobili che sono stati sequestrati alla sua rete di contatti e teste di legno ammontano a una cifra tra i quattro e i cinque miliardi di euro

Quanti sono e dove sono i detenuti al 41-bis

Come riporta il rapporto di Antigone sul 41-bis, a novembre 2021, le persone al 41 bis erano 749 di cui 13 donne, distribuite in 12 istituti penitenziari della Penisola, con una sola sezione femminile e una casa di lavoro per persone in misura di sicurezza. La maggior parte di loro si trova all’Aquila, dove verrà trasferito anche Matteo Messina Denaro, a Milano-Opera, a Sassari e a Novara. Nel 2019 i detenuti affiliati alla camorra erano 255, alla ‘ndrangheta 201, alla mafia siciliana 213, alla quarta mafia, cioè la criminalità organizzata pugliese, 41, ad altre forme di criminalità siciliane 29, a organizzazioni lucane 3, per altri reati 3 e per terrorismo altre 3.
Tra questi si trova anche Alfredo Cospito, il militante anarchico italiano detenuto nel carcere di Sassari, condannato per un’attentato con due bombe artigianali contro la caserma dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. L’attentato, avvenuto nel 2006, non ha causato né morti né feriti, ma Cospito si trova ancora in 41-bis e ci resterà per almeno altri 4 anni, dato che il tribunale di sorveglianza di Roma ha confermato a dicembre 2022 la reclusione in carcere duro, come riporta La Stampa.