RELAZIONE – Anno giudiziario, Ondei: «Milano modello virtuoso, ma si rischiano tempi più lunghi per le carenze di personale»

 

 

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Altrimenti, avverte Ondei, «c’è il serio pericolo che l’anno prossimo possa iniziare a presentare dati negativi anche il virtuoso distretto di Milano», che pure oggi nel civile vanta un decreto ingiuntivo in 45 giorni e un tempo medio di definizione dei fascicoli addirittura di 276 giorni contro la media nazionale di 578 giorni, e che anche nel penale (sebbene più in difficoltà) vede comunque tutti i nove tribunali del distretto (eccetto Varese) ampiamente sotto i 497 giorni di media nazionale. Lo si lamenta ormai da tempo, «ma solo in questi ultimi due anni il Ministero come la nottola di Minerva si è alzato in volo solo al crepuscolo quando ormai il “gelo demografico” ha attanagliato la magistratura». E qui Ondei, siccome per frenare l’emorragia di magistrati «serviranno almeno tre anni», arriva a proporre lo choc dell’«unica soluzione nel frattempo concreta e di qualità: reclutare eccezionalmente e temporaneamente magistrati, avvocati, notai e professori universitari in quiescenza che possano trattare le cause meno complesse e scrivere le sentenze da subito». 

Ma gli assistenti del nuovo Ufficio del Processo, introdotti dalla riforma Cartabia, non avrebbero dovuto far fare miracoli ai giudici in vista degli obiettivi del Pnrr? È troppo poco tempo per valutarne l’impatto sulla diminuzione dell’arretrato misurata dai primi dati ministeriali, ma intanto «su 698 destinati al distretto milanese ne sono state assegnati effettivamente 490»; poi «la struttura è temporanea e il suo smantellamento o cospicuo ridimensionamento potrebbe costare caro al sistema giustizia»; e comunque, «se non si vuole “appaltare” la gestione della giustizia a persone che non hanno superato il concorso per diventare magistrati, non è possibile aspettarsi un aumento della produttività dei giudici superiore al 15/20%, limite oltre il quale il controllo del giudice sull’attività dell’addetto non può più garantire un livello sufficiente di qualità e farebbe assomigliare l’ufficio per il processo al cigno di Leda: bellissimo in apparenza, ma chi c’è dentro è tutto da scoprire». Un po’ come per le messianiche attese riposte nella digitalizzazione, che Ondei avverte vada «governata e non subìta, nel senso che deve essere sempre plasmata sulle esigenze della giurisdizione e mai deve avvenire il contrario».