Fabio Trizzino: MAFIA-APPALTI e il GRUPPO FERRUZZI

 

2.10.2023 – AUDIZIONE COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA
dall’intervento dell’avvocato FABIO TRIZZINO

 

…Il rapporto è già passato e, rispetto a alle circostanze che poi ci riferiranno lo stesso Siino e Brusca nel 1997, è già quasi passato prossimo, perché le cose stavano andando molto più velocemente in un’altra direzione e cioè nel protagonismo di Buscemi, di Bini e delle società del gruppo Ferruzzi che erano in cointeressenza con Salvatore Riina. 

Chi glielo dice a Borsellino? Glielo dice Leonardo Messina. Leonardo Messina dice: «La Calcestruzzi S.p.A. è di Riina». 

Qui arriviamo alla famosa archiviazione del giugno del 1992.
Questa, dal mio punto di vista, è una pagina difficile da definire, ne ho accennato l’altra volta. 
Si ha la smagnetizzazione e la distruzione di brogliacci di un’indagine proveniente da Massa Carrara in cui un sostituto procuratore, di nome Augusto Lama, era riuscito, con un’attività di indagine molto seria durata più di un anno, a dimostrare le attività di con cambio, di cointeressenze, di incorporazione e fusione tra società del gruppo Ferruzzi e società direttamente riconducibili a Nino Buscemi.
È uno dei campi di Salvatore Buscemi, quindi è quella stessa mafia di Passo di Rigano che era nel rapporto e che viene liquidata con tre parole tre. 
Brusca ci verrà a dire che il Buscemi godeva all’interno della Procura della Repubblica di un certo appoggio da parte di un certo magistrato. 
Oggettivamente. 
Le conclusioni raggiunte il 13 luglio del 1992 sulla figura del Buscemi francamente sono difficili da interpretare, vista l’enorme massa di documentazione e di informazioni sui Buscemi.
Ricordate Montalto Salvatore? 
Uomo di Salvatore Buscemi e quindi di Nino Buscemi. 
Addirittura i collaboratori di giustizia ci verranno a dire che chi diede la battuta per assassinare Inzerillo Salvatore che era andato dall’amante, fu proprio Nino Buscemi, tanto è vero, e lo dice Guarnotta il 2 dicembre 1998, che neanche con Calderone, l’ultimo grande collaboratore di giustizia, erano riusciti a ricostruire le vicende, che non hanno portato a identificare neanche il movente, perché sull’omicidio di Salvatore Inzerillo chi veramente fa capire tante cose è lo stesso Gaspare Mutolo l’11 novembre del 1992. Il dottor Guarnotta ci dice: «Guardate che noi abbiamo fatto il maxi uno, il maxi due e il maxi ter grazie a Mutolo». 
Ecco perché Borsellino non doveva parlare con Mutolo o gli doveva parlare secondo certe formule.
Mutolo è quello che finalmente spiega innanzitutto il tradimento avvenuto all’interno della famiglia di Inzerillo da parte appunto di Salvatore Buscemi, Bonura, Carollo e Montalto Salvatore ed esprime invece qualche dubbio sul figlio Montalto Giuseppe.
Sul fatto che Nino Buscemi addirittura avesse portato la battuta, c’è un contrasto tra diversi collaboratori nel 1997, ma quel che conta è che noi già nel 1992 abbiamo delle indagini che statuiscono l’esistenza di una grande cointeressenza di interessi tra famiglie chiaro passato e presente mafioso e gruppi di imprese nazionali.
La Serafino Ferruzzi che era una delle più importanti imprese di rilevanza nazionale, per non parlare di quelle altre contenute dentro il rapporto, la Tor di Valle, la Gambogi costruzioni S.p.A., la CISA, la Lodigiani, la Torno.
Vorrei dire oggi a tutti i siciliani che mi stanno ascoltando e che si sono sempre chiesti perché ci misero trent’anni a fare la Palermo-Messina, ecco leggetevi il rapporto mafia-appalti e lo capirete perché ci hanno messo trent’anni a fare la Palermo-Messina. 
Scusate se ogni tanto veramente mi lascio prendere dalla emozione, però penso che quella morte poteva essere evitata. 
Questo è il mio conflitto di interesse, quello emotivo, ecco io ho un conflitto di interesse di tipo emotivo, solo quello, ma cerco di essere freddo e razionale e soprattutto attento lettore degli atti, atti connotantisi per attendibilità e soprattutto consacrati in sentenze definitive in cui quella attendibilità è stata sancita. 
Rinvio alla lettera di trasmissione che io vi allegherò, con la precisa e puntuale descrizione con cui il dottor Augusto Lama riesce a dimostrare, con il nucleo della Guardia di finanza e dei Carabinieri, il livello delle cointeressenze fra le aziende della famiglia di Passo di Rigano e Riina e la Ferruzzi, ma sarà ancora più importante Mutolo nel 1994 quando racconterà di Pizzo Sella – chi è palermitano sa cos’è il Pizzo Sella – e il fatto che la CISA del gruppo Ferruzzi controllava la CISA di Cataldo Farinella, citata nel rapporto mafia-appalti, e queste trasformazioni, incorporazioni e holding di controllo sono tutte indicate nel rapporto. 
La CISA di Cataldo Farinella, ma soprattutto la CISA nazionale è quella che porta avanti i lavori di Pizzo Sella, perché l’ingegner Bondì non è più in grado di gestirli. Pizzo Sella è un territorio che proveniva da Rosa Greco, che era la sorella di Michele Greco, e il cognato Notaro era l’intestatario della società Solaris che gestiva Pizzo Sella.  
La stessa Procurai Palermo riuscirà a dimostrare nel 1997, allorché proporrà delle misure di prevenzione nei confronti del Buscemi, che un notaio lo stesso giorno in cui Ferruzzi interviene, stipula due passaggi da Solaris a Bondì e da Bondì alla Generali Impianti controllata da Ferruzzi e dai Buscemi.  
Per evitare che l’acquisto derivasse immediatamente dalla Solaris di Michele Greco fanno nello stesso giorno un atto notarile di passaggio delle quote da Solaris a Bondì e da Bondì alla Generali Impianti, controllata da Buscemi e dal management della Ferruzzi, cioè Sironi, Visentin, Panzavolta e Bini.
 

Trovate tutto nel provvedimento relativo al procedimento n. 113/97, misure di prevenzione, con cui la Procura di Palermo chiese giustamente la assoggettabilità alle previsioni di cui alla legge sulle misure di prevenzione di una serie di beni della famiglia di Nino Buscemi, in particolare. E lì è spiegato tutto quello che vi ho detto per sommi capi.
Il dato che conta è che già al momento in cui il rapporto è stato depositato, si capiva che, grazie anche alle carte provenienti da Massa Carrara, che vengono trasmesse nell’agosto del 1991, si crea il procedimento all’interno del quale abbiamo la richiesta di archiviazione del primo giugno 1992, accolta il 19 giugno del 1992 dal giudice Grillo, e poi il 25 giugno si ha il provvedimento di distruzione dei brogliacci. 
Ma cosa c’era in quei brogliacci?
Perché vengono distrutti?
Ve lo dissi già l’altra volta: noi nel processo-depistaggio, grazie ai brogliacci trovati nel 1994 per l’attività di intercettazione dal 22 dicembre 1994 al 9 luglio 1995, siamo riusciti a capire che il gruppo Falcone-Borsellino bloccava le chiamate quando Scarantino parlava con i magistrati.
Questo per farvi capire che attraverso quelle trascrizioni – poi grazie a Dio le bobine, non essendo state smagnetizzate funzionavano pure, per cui siamo riusciti anche a trascrivere – ma se il gruppo Falcone-Borsellino avesse smagnetizzato le bobine, avremmo cercato di ricostruire attraverso i brogliacci.  

Qua no, sulle carte di Massa Carrara non c’era dove andare a cercare. Quando io dico che chi ha disposto la distruzione avrebbe dovuto giustificarsi di fronte a Borsellino, è perché Borsellino apprende da Leonardo Messina che la Calcestruzzi era in mano a Riina, e cosa aveva dimostrato Augusto Lama?
Questo aveva dimostrato Augusto Lama! Il quale, per una intervista in cui rivelava queste cointeressenze, su input di Raul Gardini, amico di Martelli, subisce un procedimento disciplinare. Questo lo dichiara Augusto Lama ed è vero, è andata così. 

Andiamo a vedere storicamente chi era Raul Gardini negli anni Ottanta. 

Vi rimando alla lettura del provvedimento sulla mandanti occulti-bis del 2003 in cui la Procura di Caltanissetta dice che a quel punto anche il suicidio di Gardini andava visto in un certo modo.
Panzavolta era il vero ras della Calcestruzzi e l’unico, ex partigiano nella Resistenza, che dava del tu a Ferruzzi, l’unico che poteva considerarsi un primus inter pares nel rapporto con Ferruzzi.
Panzavolta era spregiudicato, Bini ancora di più e quando il dottor Lama nel 1994 interrogherà il tesoriere in Svizzera della Serafino Ferruzzi S.p.A., questi gli dice che attraverso la liquidazione, che viene spiegata da Lama, di alcune società della Ferruzzi che si occupavano dello sfruttamento delle cave delle Alpi Apuane, «attraverso i soldi che abbiamo ricevuto dai mafiosi, fondamentalmente questo, siamo riusciti a liquidare i debiti del gruppo e una parte di quella provvista è finita al conto Gabbietta di Primo Greganti».  
Sono atti pubblici, sono testimonianze.   Come vedete, io faccio nomi e cognomi.  Colui che si è reso protagonista di questa archiviazione e della distruzione dei brogliacci – proprio perché io faccio nomi e cognomi – è il dottor Gioacchino Natoli, che è da considerarsi un amico del giudice Borsellino. Però questo a noi non torna, a me non torna, come avvocato, prima ancora che come cittadino. Non mi torna.
Non si distruggono, non si smagnetizzano bobine, quando si ha a che fare con indagini di mafia, perché la lettera di trasmissione di Lama riguardava un collegamento per mafia. 

Io sto inviando gli atti a Palermo perché, così come mi è stato dichiarato da Buscetta, da Mannoia e da Calderone, qui ci sono profili di partecipazione ad associazione mafiosa di soggetti che stanno qui a Massa Carrara a incunearsi nelle imprese della Ferruzzi.  
Voi mi chiederete perché la mafia a un certo punto individua le imprese della Ferruzzi. C’è uno scambio. 
Salvatore Buscemi ha paura che il suo enorme patrimonio derivante dal traffico delle sostanze stupefacenti venga sequestrato e sottoposto a misure di prevenzione, e quindi ha bisogno della faccia pulita.  
Questo lo dichiarerà Bini, lo dichiarerà Panzavolta, tutti. Era la necessità, appunto in quella logica di potere, di sedersi al «tavolino», visto che il sistema sta crollando, non c’è più bisogno del «politichetto» che controlla l’opinione pubblica, perché ormai l’opinione pubblica si sta sganciando, per fortuna, per diversi motivi, l’ho spiegato l’altra volta.  
Bisogna arrivare al «tavolino» dove si fanno le scelte, nel rapporto evidente che gli imprenditori vanno a Roma a chiedere finanziamenti, ti do questo, ti do quello, facciamo questo, facciamo quello, tutto il «magna magna» a scapito di chi? 
Nostro, del nostro futuro, del nostro futuro che è il nostro presente.
E per questo si ammazza, eccome se si ammazza, se c’è qualcuno che ti vuole fermare! Eccome se si ammazza, quando hai poi qualcuno sul campo che ha un esercito, e che ha le esigenze che aveva Riina in quel momento, sia di fronte alla sua organizzazione sia di fronte al suo potere egemonico di arrivare in alto.  
Questa è l’idea che ci siamo fatti noi. Follow the money, quello è il vero problema della mafia. 
E vedi caso è il momento in cui si creano le condizioni perché quella parte degenerata dello Stato – nessuno lo nega che la strage di Paolo Borsellino e di Falcone non sia una strage di Stato – ma cambiano i paradigmi interpretativi.
È un sistema che teme l’azione dei magistrati e li ammazza. 
Non siamo più negli anni Settanta, quando c’erano i ragazzi che morivano in nome del comunismo, in nome del fascismo.
L’Italia degli anni Novanta è un’Italia diversa, che ha deciso di mettersi sul mercato. 
La sostenibilità del debito pubblico italiano non derivava più da una gestione domestica, noi negli anni Novanta, prima delle stragi di Falcone e Borsellino, abbiamo deciso di mettere il nostro debito pubblico a disposizione dei grandi fondi mondiali.
Il nostro giudizio ormai non dipendeva dalla politica domestica di questo o di quell’altro.
La Banca d’Italia non acquistava più il debito pubblico. 
Le banche di interesse nazionale, le grandi banche, finché hanno potuto, hanno acquistato il debito pubblico, ma a un certo punto, visto che non ce la si faceva più, bisognava – e abbiamo fatto questo – misurare la nostra sostenibilità, come potenza economica, come fanno tutti i Paesi normali, cioè mettendo sul mercato il nostro debito pubblico e investire sul nostro Paese, se siamo credibili. 
Questa era l’Italia in cui si stavano svolgendo le stragi. 
Non c’erano ragazzi che si uccidevano come negli anni Settanta perché c’era l’assalto alla sede del Partito comunista o del Movimento sociale. 
Chiudo questo capitolo perché intanto trovate tutto nelle fonti che vi ho citato, queste sono le fotocopie del documento in cui si ordina la distruzione. 
Vedrete scritto a penna «distruzione dei brogliacci», cioè una cosa personalmente mai vista. Mai vista. 
Mi dispiace ma non l’ho mai vista.
Cosa dice Lama? E con questo chiudo, perché dovremmo iniziare a parlare di mafia-appalti e io sinceramente non sarei in grado in termini di lucidità, visto che avrei bisogno ancora di un paio d’ore.
Qual era il contenuto che si coglieva dalle intercettazioni smagnetizzate e distrutte?
È il dottor Lama che parla: «Si comprendeva piuttosto bene come all’interno delle suddette aziende – cioè le aziende del gruppo Ferruzzi, innervate del capitale mafioso, secondo quel sistema di scambio, cioè la FINSAVI, la La. Ser. s.r.l., la Generali Impianti, tutte aziende che trovate nel rapporto – si comprendeva piuttosto bene come all’interno delle suddette aziende fosse noto, non si è riusciti a stabilire per quali canali informativi, che vi era un’autorità giudiziaria che stava indagando sui collegamenti mafiosi all’interno del gruppo Sam e Imeg – che sono le due aziende – e che, dopo le ricordate pubblicazioni, sarebbe risultato chiaro che dietro tutta l’operazione vi era Buscemi Antonino.
È da ricordare che, probabilmente a seguito di queste voci e delle ricordate pubblicazioni, veniva comunque evidenziata sia dalle operazioni di intercettazione sia da informazioni acquisite nell’ambito della città di Carrara, la volontà di Calcestruzzi Ravenna S.p.A. di cedere le partecipazioni azionarie alla Imeg e alla Sam e di rinunciare quindi alla concessione degli Agri Marmiferi», cioè Gardini si preoccupa di chiudere gli affari con questi mafiosi perché è il Gardini che sta cercando di arrivare lì dove tentò di arrivare, il Gardini della «Milano da bere» per intenderci. 
La cosa strana che non si è capita è che questi sanno da qualcuno che c’è un’indagine giudiziaria in corso. 
Siccome le illecite divulgazioni su questa vicenda sono state tantissime, io vi sottopongo questo interrogativo.


AUGUSTO LAMA: «Indagai sulla mafia ma poi mi ritrovai messo sotto accusa». Mafia-appalti, quel fascicolo archiviato su Gardini