“Il problema della giustizia sono certi magistrati a piede libero”, l’accusa del procuratore Tarfusser

 


È utile rileggere le audizioni al Csm in cui i magistrati della Procura di Palermo parlarono del dossier mafia appalti

 

Il problema principale della giustizia italiana sono alcuni “magistrati a piede libero”. La ho dichiarato mercoledì scorso il sostituto procuratore generale milanese Cuno Tarfusser, intervenendo per un saluto alla presentazione sotto la Madonnina del libro “Ho difeso la Repubblica.
Come il processo trattativa non ha cambiato la storia d’Italia”, scritto dall’avvocato Basilio Milio, difensore dell’ex comandante del Ros dei carabinieri, il generale Mario Mori.
Tarfusser non ha fatto nomi e quindi si possono fare solo delle supposizioni su cosa intendesse dire.
Per rimanere, ad esempio, al processo trattativa su cui è incentrato tutto il libro di Milio, potrebbe essere di aiuto rileggere le audizioni al Csm del luglio 1992 durante le quali i magistrati della Procura di Palermo parlarono del dossier mafia appalti, l’indagine di cui si interessò Paolo Borsellino nei giorni prima della sua uccisione.
Nel 2019 quei verbali diventarono di pubblico dominio e vennero prodotti da Milio nel processo trattativa, dove Mori è stato poi assolto, e dall’avvocata Simona Giannetti in un processo per diffamazione avviato dagli ex pm Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato, quest’ultimo ora senatore del M5s.
All’indomani della strage di via d’Amelio, che seguì l’uccisione di Giovanni Falcone, all’interno della Procura di Palermo si aprì una gravissima frattura e ben otto magistrati (inclusi Vittorio Teresi, Antonio Ingroia e lo stesso Scarpinato, ndr) chiesero un cambio al vertice e segnali concreti da parte delle Istituzioni a tutela delle toghe. E poche settimane dopo l’allora procuratore Pietro Giammanco venne trasferito dal Csm e al suo posto arrivò Gian Carlo Caselli.
Dalla lettura delle audizioni dei magistrati della Procura di Palermo emergono diversi aspetti di fondamentale importanza.
Tutto ruota intorno a una riunione che il 14 luglio 1992, cinque giorni prima dell’uccisione di Borsellino, Giammanco convocò in Procura per salutare i colleghi alla vigilia delle ferie estive, ma anche per trattare “problematiche di interesse generale” attinenti ad alcune indagini: “mafia e appalti, ricerca latitanti, racket delle estorsioni”.
Il giorno prima Lo Forte e Scarpinato avevano terminato di redigere la richiesta di archiviazione dell’indagine mafia e appalti voluta da Borsellino.
Nella riunione del 14 luglio, alla quale partecipò anche Borsellino, Lo Forte fu chiamato a relazionare sull’indagine, ma dalle testimonianze dei presenti risulta che la parola “archiviazione” non venne mai pronunciata.
Non solo.
Emergono il forte interesse riposto da Borsellino all’indagine, il suo malcontento per le modalità con cui l’indagine era stata gestita, e la sua profonda fiducia nei confronti dell’operato dei carabinieri del Ros che avevano condotto l’inchiesta.
Alla riunione partecipò Luigi Patronaggio, all’epoca da soli due mesi pm a Palermo, che in seguito al Csm riferì: “Prima di questo momento io non avevo cognizione diretta delle divergenze e delle spaccature, incomincio a capire che esistono queste divergenze e queste spaccature proprio da questa riunione di martedì 14 luglio 1992”.
Patronaggio affermò che la riunione gli era sembrata “una sorta di ‘excusatio non petita’” e quindi “si invitano i singoli colleghi a parlare di determinati processi perché sono attenzionati dall’opinione pubblica e la cosa mi stupisce, mi stupisce ancora di più quando il collega, il procuratore Borsellino, chiede addirittura delle spiegazioni, vuole chiarezza, vuole chiarezza su determinati processi, chiede, si informa, e per cui già capisco che qualche cosa non mi convince, non va”.
Il procedimento in questione su cui Borsellino chiese insistentemente chiarezza era proprio quello su mafia e appalti, che vedeva coinvolto Angelo Siino, il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa nostra, e altri. “Paolo Borsellino – aggiunse dunque Patronaggio – chiede spiegazioni su un procedimento riguardante Siino Angelo e altri, e capisco che qualche cosa non va evidentemente, perché mi sembra insolito che si discuta così coralmente delle relazioni dei colleghi assegnatari dei processi, una riunione che doveva avere tutt’altro carattere se non quello di salutarci prima di andare (in ferie, ndr)”.
In quella riunione, emergono il forte interesse riposto da Borsellino all’indagine, il suo malcontento per le modalità con cui era stata gestita. “Borsellino in questa ottica – ribadì Patronaggio – chiese spiegazioni su questo processo contro Siino Angelo perché lui aveva percepito che vi erano delle lamentele da parte dei carabinieri verosimilmente, e chiese delle spiegazioni che non erano tanto di carattere tecnico, cioè se era stata fatta o non era stata fatta una cosa, ma più che altro era il contorno generale del procedimento, chi c’era, chi non c’era, perché poi in buona sostanza la relazione sul processo Siino fu fatta unicamente, esclusivamente per dire che non vi erano nomi di politici rilevanti all’interno del processo o che se vi erano nomi di politici di un certo peso entravano soltanto per un mero accidente”.
Insomma, “Borsellino chiese spiegazione di carattere estremamente generale, chi erano i politici, ma perché….”. Borsellino, infatti, ricordò Patronaggio, “disse espressamente che i carabinieri si aspettavano da questa informativa dei risultati giudiziari di maggiore respiro”, non solo nei confronti di politici ma “anche nei confronti degli imprenditori”, e “su questo punto il collega Lo Forte si dilungò spiegando il delicato meccanismo e la delicata posizione dell’imprenditore in questo contesto”.
Anche Antonella Consiglio, da pochi mesi pm a Palermo, nell’audizione al Csm, confermò che, quando nella riunione del 14 luglio Lo Forte relazionò sull’indagine mafia e appalti, “Paolo Borsellino fu l’unico che aveva qualche argomento in più, che ebbe qualche argomento che interessò i colleghi”.
Indagine di cui, però, la Procura di Palermo chiese l’archiviazione dopo soli tre giorni dall’uccisione di Borsellino, ottenendola il 14 agosto 1992. Paolo Pandolfini — 15 Dicembre 2023 IL RIFORMISTA 


Giustizia, Tarfusser senza freni: “Un problema certi giudici a piede libero”

 

PAROLA DEL SOSTITUTO PG DI MILANO – “Non conosco gli atti, però conosco il Ros”

 

Quale è il problema principale della giustizia italiana? “Che alcuni magistrati sono a piede libero”. Parola di Cuno Tarfusser, sostituto procuratore generale di Milano.
Il magistrato è intervenuto alla presentazione del libro Ho difeso la Repubblica. Come il processo trattativa non ha cambiato la storia d’Italia, scritto da Basilio Milio, avvocato di Mario Mori.
Nel saggio, in pratica, il legale ricostruisce dal suo punto di vista il processo di Palermo.

“Ho deciso di scriverlo dopo aver realizzato che in futuro se qualcuno avesse voluto approcciarsi a queste vicende non avrebbe avuto altro materiale se non i libri del pm Nino Di Matteo e quello di Marco Travaglio”, ha detto Milio al Palazzo delle Stelline di Milano.

Oltre al suo assistito, cioè l’ex generale Mori, c’erano anche l’ex capitano Giuseppe De Donno, il giornalista Filippo Facci, che firma la prefazione , e – collegato da remoto – il professor Giovanni Fiandaca, acerrimo nemico del processo sulla Trattativa.
Tarfusser era tra il pubblico, ma è stato chiamato a fare un saluto.

“Avete parlato di storie di mafia di cui non so nulla, io la Sicilia la conosco solo per esserci andato in ferie”, ha ammesso all’inizio del suo intervento.
Poi ha ricordato di avere un rapporto con Mori che risale al 1992: “Avendo conosciuto il glorioso Ros di allora, non ho bisogno di conoscere gli atti dei processi, perché il generale sa benissimo che io, sin dal primo momento, ho detto che il problema del malfunzionamento della giustizia è che ci sono alcuni magistrati a piede libero.
Questa è la prova che la giustizia non funziona”. Il pubblico ha apprezzato, applaudendo.
Come è noto, nell’aprile scorso, Mori e De Donno sono stati assolti in via definitiva nel processo sulla Trattativa.
“Non ho mai avuto alcun dubbio che sarebbe finita così, anche quando ero giudice della Corte penale internazionale ci sentivamo e ho sempre fatto questi commenti”, ha continuato ancora Tarfusser.
Quindi, in pratica, un sostituto procuratore generale ha dichiarato di non avere bisogno di leggere le carte dei processi per commentarli. E tra i principali problemi della giustizia ha indicato il fatto che alcuni suoi colleghi sono a piede libero.
Ma a chi si riferiva Tarfusser? Forse ai pm di Palermo, cioè la procura che per tre volte ha portato a processo il suo amico Mori? Interpellato dal Fatto, nega: “Ma no, mi riferivo in genere al funzionamento della giustizia che spesso dipende dai magistrati.
La mia era un’iperbole per dire che conosco bene Mori e sapevo benissimo che l’indagine su di lui era una bufala”.
Ma non è inopportuno per un magistrato esprimersi in questo modo? “Sì, certamente è inopportuno – ammette – Era un momento in cui mi è scappata questa cosa, cos’altro devo dirle?”.
Già procuratore di Bolzano, poi nominato alla Corte penale internazionale su proposta del governo Berlusconi, da sostituto pg di Milano ha recentemente chiesto la revisione per Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati per la strage di Erba. Un provvedimento segnalato dalla pg Francesca Nanni alla Procura generale della Cassazione, che ha esercitato l’azione disciplinare nei confronti del magistrato sudtirolese. A Tarfusser viene contestato di non essersi attenuto al documento organizzativo dell’ufficio, che assegna la facoltà di chiedere revisioni alla procuratrice generale.
Quando era giudice a L’Aia, invece, era finito indagato per peculato d’uso a Bolzano per aver accettato un passaggio da un carabiniere con l’auto di servizio: accusa dalla quale è stato completamente scagionato. Nello stesso periodo aveva provocato solo le polemiche dell’Anm la foto di Tarfusser seduto in un noto bar nei pressi del palazzo di giustizia di Bolzano: al suo fianco c’era Luis Durnwalder, ex presidente della Provincia, intento ad afferrare una bottiglia per brindare dopo un’assoluzione in un processo per peculato. In quell’occasione il magistrato aveva spiegato di essere capitato lì per caso.



Milano, il sostituto pg Tarfusser all’evento con il generale Mori: “Il problema della giustizia è che ci sono alcuni magistrati a piede libero”

 

“Io non ho bisogno di conoscere gli atti dei processi, il generale lo sa benissimo. Io sin dal primo momento ho detto che il problema del malfunzionamento della giustizia è il fatto che ci sono alcuni magistrati a piede libero“. Così si è espresso Cuno Tarfusser, sostituto procuratore generale di Milano, intervenuto alla presentazione del libro

 

Ho difeso la Repubblica. Come il processo trattativa non ha cambiato la storia d’Italia (edito da L’Ornitorinco) di Basilio Milio, avvocato di Mario Mori. Oltre all’ex capo del Ros dei carabinieri, martedì 12 dicembre al Palazzo delle Stelline di Milano era presente anche Giuseppe De Donno, già capitano dell’Arma, il giornalista Filippo Facci e il professor Giovanni Fiandaca, collegato da remoto. Tarfusser era tra il pubblico, ma è stato chiamato a fare un saluto. “Mi sento abbastanza inopportuno in questo momento, dopo che avete parlato di storie di mafia di cui non so nulla. Io la Sicilia la conosco solo per esserci andato in ferie quindi non so nulla dei processi“, ha ammesso il magistrato. Poi ha sottolineato di avere rapporti con Mori sin dal 1992: “Avendo conosciuto il glorioso Ros di allora io non ho bisogno di conoscere gli atti dei processi, perché il generale sa benissimo che io sin dal primo momento ho detto che il problema del malfunzionamento della giustizia è che ci sono alcuni magistrati a piede libero. Questa è la prova che la giustizia non funziona”, ha attaccato il sostituto pg di Milano. Parole che hanno provocato l’applauso del pubblico. Come è noto Mori e De Donno sono stati recentemente assolti in via definitiva per il processo sulla cosiddetta Trattativa Stato-mafia, celebrato a Palermo. “Io – ha continuato Tarfusser – non ho mai avuto alcun dubbio che sarebbe finita così, anche quando ero giudice della Corte penale internazionale ci siamo sentiti ogni volta che c’era qualche assoluzione”. Già procuratore di Bolzano e poi giudice della Corte de L’Aja, da sostituto pg di Milano Tarfusser ha recentemente chiesto la revisione per Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati per la strage di Erba.  di Giuseppe Pipitone e Salvatore Frequente| 14 Dicembre 2023

Video da Radio Radicale