26 marzo 2012 DOMENICO GOZZO in Commissione Parlamentare Antimafia

TRASCRIZIONE dell’AUDIZIONE

 

 

 

Do quindi ora la parola al dottor Gozzo, sulla cosiddetta trattativa. GOZZO. Signor Presidente, ringrazio lei e tutti i presenti. GARRAFFA. Presidente, l’intervento e` segretato?
PRESIDENTE. No.
GOZZO. No, e sto anche specificando per quale motivo.
Nella richiesta che abbiamo fatto nel giugno dell’anno scorso al giudice delle indagini preliminari di Caltanissetta era inserito il secondo capitolo, che trattava proprio delle novita` sul movente della strage. Adesso vedremo perche ́ lo abbiamo inserito nel movente della strage, ma essenzialmente esso attiene alla tempistica della strage. E ́ questo che vorrei far capire.
Tutta la vicenda della trattativa non e` stata oggetto soltanto di questa nostra richiesta, ma e` stata oggetto anche di sentenze gia` negli anni Novanta. Gia` negli anni Novanta, infatti, Giovanni Brusca, lo stesso Vito Ciancimino e anche Salvatore Cancemi avevano parlato dell’esistenza di questa trattativa Stato-mafia ed erano state svolte le indagini sia dalla pro- cura di Firenze che dalla procura di Caltanissetta e da quella di Palermo, che si erano concluse anche con delle sentenze di Corte di assise, per quanto riguarda chiaramente Firenze e Caltanissetta, in cui si era affer- mata proprio l’esistenza della stessa trattativa, e cioe` l’esistenza di con- tatti, per meglio dire – diciamolo in maniera piu` atecnica – tra il ROS dei Carabinieri e Vito Ciancimino.
Grazie a tutta una serie di nuove fonti – nella fattispecie, anche dopo la collaborazione di Gaspare Spatuzza, le dichiarazioni rese da una serie lunghissima di testimoni di eccezione – li possiamo definire cos`ı, perche ́ sono tutti soggetti che allora, negli anni 1992-1993, erano posti ai vertici dello Stato italiano – e` stato possibile ricostruire piu` precisamente, in questi ultimi tre anni quindi negli anni in cui abbiamo fatto le nuove indagini, lo svolgimento di questa trattativa e soprattutto rispondere ad una serie di domande che ci si era fatti sulla possibilita` che questa trattativa avesse inciso  in qualche modo nella deliberazione della strage di via D’Amelio.
Praticamente, grazie a queste dichiarazioni, e` rimasto assolutamente accertato che la trattativa e` avvenuta e che a questa hanno partecipato sicura- mente il capitano De Donno, l’allora colonnello Mori e che il colonnello Mori – secondo quanto dichiara lo stesso colonnello Mori – aveva oral- mente informato di questo evento anche il suo superiore gerarchico, il generale  Subranni.
L’indagine – per riuscire a capire quali sono le fonti probatorie di cui ci siamo giovati – oltre a queste nuove fonti di eccezione di cui ho detto, si e` giovata anche di un’indagine molto importante che era stata svolta nel 2002 stiamo quindi parlando di dieci anni fa, poco prima di morire, dal compianto collega Gabriele Chelazzi, che allora era alla Procura nazionaleantimafia, ma che per questa indagine era stato applicato alla procura di Firenze, dove aveva a lungo militato.
Sono stati acquisiti poi molteplici documenti presso l’amministrazione dello Stato; proficua e` stata la collaborazione con la procura di Palermo, ma anche con questa Commissione parlamentare, che ci ha gratificato con molteplici scambi di documenti e di dichiarazioni che sono state essenziali per arrivare a questo corpus di prove imponente, che abbiamo poi offerto alla valutazione del giudice, che ha accolto in toto le nostre conclusioni su questi punti.
Parlando di fonti probatorie, devo parlare chiaramente anche di quella che e` la fonte probatoria principe, almeno dal punto di vista giornalistico, della cosiddetta trattativa e cioe` di Massimo Ciancimino, figlio di Vito, che indubbiamente poteva essere la fonte di prova risolutiva, la piu` importante, quella decisiva in quanto e` sicuramente soggetto che della trattativa sa. Sicuramente Massimo Ciancimino e` il soggetto che viene indicato da- gli stessi Mori e De Donno come il soggetto che mette in comunicazione il padre Vito Ciancimino che nella trattativa era la parte mafiosa con la parte statuale, quindi Mori e De Donno. Indubbiamente erano anche gli stessi soggetti che, poi, in qualche modo, vengono attinti dalle dichiara- zioni, a chiamarlo come testimone. Dunque, era certamente importante sentirlo.

Le aspettative pero` che la collaborazione di Ciancimino aveva fatto nascere sono andate deluse. In primo luogo, per motivi derivanti da sue personali strategie, perche ́, di fatto, ha potuto gestire le sue dichiarazioni centellinandole e dividendole in circa 100 interrogatori, comportandosi nello stesso modo anche con i documenti depositati, con un lungo stillicidio di consegne, senza che alla base di questi continui rinvii vi fossero motivi apprezzabili.
Queste dichiarazioni errate hanno consigliato l’utilizzo della massima prudenza investigativa da parte della procura di Caltanissetta, dato che, con ogni evidenza, sono proprio l’opposto di quello che il legislatore ci ha consigliato con la legge sui collaboratori veri e propri, qualifica che comunque Ciancimino non ha mai – mai – voluto assumere per quelli che per noi sono ben chiari motivi e che, nella nostra me- moria, indichiamo come motivi legati alla volonta` di non consegnare i soldi illegittimamente accumulati dal padre.
E` chiaro, infatti, che un collaboratore la prima cosa che deve fare – lo dice la legge – e` proprio quella di indicare i beni di cui illegittimamente puo` disporre.
A queste dilazioni si e` aggiunta anche un’estrema contraddittorieta` delle dichiarazioni emersa dopo numerose ed incalzanti contestazioni.
Alla procura di Caltanissetta interessava infatti non soltanto la trattativa in se ́, ma anche la figura del signor Carlo/Franco – proprio per quanto ri- guarda quei concorrenti esterni di cui parlava il procuratore – che sarebbe stato il mediatore tra Vito Ciancimino e una parte deviata dallo Stato.
Sulla base – appunto – di queste contestazioni che abbiamo fatto, c’e` stata una progressione da parte di Ciancimino, con accuse rivolte sempre piu` in alto, sempre meno circostanziate, per trasmodare poi in vere e proprie calunnie di sospetta origine, che questa procura ha formalmente contestato allo stesso Ciancimino proprio nel dicembre del 2010, insieme al reato di favoreggiamento nei confronti del cosiddetto signor Franco/Carlo, e che, nell’aprile del 2011, hanno condotto anche la procura di Palermo addirittura all’arresto di Ciancimino per il reato di calunnia documentale, di cui tutti sapete.
Non possiamo non rilevare, comunque, che alcune dichiarazioni rese da Ciancimino sono state provate tramite elementi del tutto autonomi.
Forse l’unico merito che possiamo dare al Ciancimino e` quello di iniziare quelle testimonianze eccellenti di cui ho parlato inizialmente. Penso, ad esempio, alle dichiarazioni dell’onorevole Martelli, dell’avvocato Contri e di altri importanti testi, soggetti pero` rispetto ai quali non si puo` dire che vi sono dei riscontri.
Ci sarebbero riscontri infatti nel caso in cui Ciancimino avesse parlato di Martelli, di Contri o degli altri soggetti che poi hanno reso dichiarazioni. In realta`, questi soggetti da lui non sono mai stati citati, ma le cose che dicono depongono comunque per uno sviluppo della trattativa precedente all’attentato di via D’Amelio, cos`ı come affermato da Ciancimino, e in modalita` simili a quelle che lo stesso Ciancimino ci ha rassegnato.
Ugualmente, dal momento che, come abbiamo detto, negli anni Novanta Giovanni Brusca fu il primo a parlare della cosiddetta trattativa, la procura si trovava ad incidere su quella che era la credibilita` di Giovanni Brusca. Giovanni Brusca, infatti, ha reso allora quelle dichiarazioni e ha continuato a rendere delle dichiarazioni su questo punto, affinandole, nel senso che chiaramente certe volte, certe sue parole venivano sottoposte a vaglio critico e si cercava di provare a capire effettivamente alcune cose che non erano chiare. Ma, oltre a questo, che rientra nella normalita` e fino a questo noi abbiamo creduto a Giovanni Brusca, c’e` stata proprio una novita` che e` susseguita ad un evento traumatico, nel senso che Giovanni Brusca e` stato sottoposto ad indagine della procura di Palermo anche con perquisizioni e provvedimenti custodiali, che riguardavano un’illecita gestione del suo patrimonio (anche in questo caso un patrimonio che non sarebbe stato consegnato alla giustizia nonostante la collaborazione).

Subito dopo l’esecuzione di queste ordinanze, Giovanni Brusca chiedeva di parlare con la procura di Palermo e rendeva una serie di dichiarazioni diverse rispetto a quelle precedenti, che avevano il loro apice, soprattutto per chi aveva raccolto dichiarazioni completamente opposte 17 anni prima, proprio nella figura di Marcello Dell’Utri, che veniva dipinto da Brusca come soggetto in qualche modo partecipante alla trattativa e, addirittura, nel 1992 uno dei terminali politici di quei cambiamenti che Riina voleva caldeggiare dopo o comunque poco prima della strage di Capaci.
Che cosa diciamo noi? Noi diciamo che Brusca ha dato delle giustificazioni relativamente a questa sua dimenticanza quasi ventennale, che non sono state in alcun modo riscontrate. Lui ha detto, cioe`, tra le altre cose, che era stato quasi costretto a rendere queste dichiarazioni in quanto sapeva che vi erano state delle intercettazioni da parte della procura di Palermo perche ́ in qualche modo erano state contestate altre intercettazioni.

Lui dice: sicuramente sara` stata intercettata una mia conversazione in cui parlo di queste cose che riguardano Dell’Utri. Orbene, questa intercetta- zione non e` stata rinvenuta, cos`ı come del resto altre cose di cui parla Giovanni Brusca, e cioe` di eventuali favori che Dell’Utri avrebbe dovuto fargli; anche questi sono rimasti eccessivamente generici e, quindi, ci hanno spinto a dichiarare allo stato non utilizzabili o comunque a non uti- lizzare in questo momento le nuove dichiarazioni di Brusca, ma soltanto quelle precedenti, che ritenevamo e riteniamo assolutamente riscontrate.
Sulla base di tutto questo compendio probatorio piuttosto importante – come ho detto poco fa – abbiamo quindi ritenuto di offrirvi in questa audizione una lettura di quello che c’e` all’interno dell’ordinanza di custo- dia cautelare, della nostra richiesta. Abbiamo cercato di rimettere, anche con un esercizio logico, cronologicamente e logicamente in successione tutti i fatti che riteniamo accertati nell’ambito di questa cosiddetta tratta- tiva.
E` chiaro soprattutto che questa trattativa per quanto riguarda il 1992, ma anche il 1993, ha sicuramente una prima fase e una sua seconda fase.
La prima fase e` quella del giugno-luglio 1992, che quindi arriva quanto meno fino al 19 luglio 1992, e che parte – per quello che e` assolutamente certo per le dichiarazioni rese dagli stessi Mori e De Donno – proprio con i contatti tra Massimo Ciancimino e De Donno, che sembra siano avvenuti su un aereo in un incontro che non si sa se fosse casuale o meno; quindi un tentativo di agganciare Vito Ciancimino.
A Vito Ciancimino e` stata fatta una richiesta dal ROS; la richiesta essenzialmente e` stata suntata dagli appartenenti al ROS in un «non pos- siamo evitare questo muro contro muro», che gia` evidentemente esprime bene il significato di quella che puo` essere una trattativa, con il fine di fermare le stragi. Questo e` stato riportato un po’ da tutti, anche dallo stesso Massimo Ciancimino, ma anche – come vedremo – da molti di que- sti testimoni eccellenti di cui ho parlato poco fa.
In effetti risulta che questa trattativa comincia; risulta che Ciancimino senior, quindi Vito Ciancimino, contatta Riina e Provenzano e fa questo in un primo tempo a mezzo di Cina` Antonino, successivamente, a mezzo di Lipari.
Dobbiamo premettere che l’esistenza di questa trattativa non esclude che vi siano state altre trattative. Tra l’altro, proprio Mori e De Donno, fanno sempre riferimento a queste altre trattative che sarebbero passate sopra le loro teste. Ma in ogni caso e` certo ed e` documentale, perche ́ e` stato ammesso proprio dagli stessi protagonisti, che una trattativa vi fu con un tale Bellini, di cui voi sicuramente saprete, che anche questa venne poi riferita come terminale ultimo a Mori, e che pero` viene collocata in un periodo incerto, sembra precedente, a quello che riguarda la trattativa di cui stiamo parlando adesso.
Detto questo, come inizio – quindi siamo ai primi di giugno del 1992 –, l’8 giugno del 1992 – e` risaputo – l’onorevole Martelli e l’onorevole Scotti fanno approvare in Consiglio dei Ministri il cosiddetto decreto Falcone, che viene cos`ı chiamato comunemente dagli stessi giornali, in quanto contiene alcune delle proposte del magistrato che era stato ucciso dalla mafia. Non si tratta – e questo e` importante perche ́ lo abbiamo evidenziato nella nostra richiesta – di una richiesta che non suscita immediata attenzione soprattutto nel carcerario; al carcerario immediatamente ven- gono colte la portata e la modifica dell’articolo 41-bis. Infatti viene segna- lata, per esempio – e la cito perche ́ e` di grande rilevanza, viste anche le dichiarazioni che Spatuzza ha fatto relativamente all’utilizzo da parte del- l’associazione mafiosa e, su delega dei vertici di cosa nostra, della sigla Falange armata – una telefonata proprio della sigla Falange armata in cui si afferma che il carcere non si doveva toccare. Cioe`, di tutti i provvedimenti inseriti, anche processuali, ed erano tanti, nel cosiddetto decreto Falcone, quello che evidentemente interessava la Falange armata era so- prattutto questo. Si tratta di una telefonata del 9 giugno 1992, il giorno dopo l’approvazione in Consiglio dei Ministri del decreto.

Subito dopo vi sono delle rivolte nelle carceri; il 14 giugno per esempio nel carcere di Sollicciano, poi in altre carceri. Il ministro Martelli ha riferito poi a noi ma anche a una serie molteplice di fonti giornalistiche, di pressioni per allentare la presa alla lotta alla mafia, parlando anche di stanchezza del fronte statale.
Il ROS quindi, proprio per la natura del contatto con Vito Ciancimino – cioe` fermare le stragi per evitare quel muro contro muro di cui abbiamo detto – cerca, perche ́ non si tratta chiaramente della solita fonte di cui si vuol dire, una copertura politica; e cos`ı viene proprio dipinta. De Donno parla cos`ı a meta` giugno con il direttore degli affari penali del Ministero di grazia e giustizia, la dottoressa Liliana Ferraro, perche ́ riferisca al mi- nistro della giustizia Martelli. Arriviamo gia` ad un Ministro, questa almeno era l’intenzione del ROS.
La dottoressa Ferraro invita De Donno a riferire tutto al dottor Borsellino, cui comunque dice che riferira` lei per- che ́ le sembra grave che in ogni caso un contatto di questo livello, come una potenziale fonte informativa, non fosse stata riferita all’autorita` giudi- ziaria: non era stata riferita allora e non verra` mai riferita all’autorita` giudiziaria.
Un altro incontro con la Ferraro si ha poi a fine luglio del 1992 – lo riferisce lo stesso Mori – con Mori, De Donno e Sinico, altro appartenente alle forze di polizia. Ancora, a testimoniare che si trattasse di una tratta- tiva – fermare le stragi ed evitare il muro contro muro –, il 22 luglio 1992 Mori – ce lo rivela la sua agenda – parla con l’avvocato Contri (poi ce lo dice l’avvocato Contri), capo di gabinetto della Presidenza del Consiglio, perche ́ riferisca al Presidente del Consiglio dei contatti con Ciancimino, cosa che tra l’altro l’avvocato Contri ha confermato essere avvenuta.
Lo stesso giorno, con la stessa dizione nell’agenda, il colonnello Mori parla con l’onorevole Folena, dell’allora opposizione. Dopo la nomina a presidente della Commissione parlamentare antimafia, anche l’onorevole Violante viene contattato da Mori – questo risulta anche dalle agende di Mori ma pure dalle dichiarazioni dell’onorevole Violante –, e la finalita` – ce lo dice l’onorevole Violante – e` sempre politica. E – e` inutile dirlo – l’autorita` giudiziaria e` ancora assolutamente ignara – almeno per quelle che sono le dichiarazioni del ROS – di tutta questa vicenda.

Altro fatto che consolida la consapevolezza che fosse una trattativa si evince dalla circostanza assai anomala che il ROS non avvisa dei contatti – come abbiamo detto – l’autorita` giudiziaria. Cio` non per mancanza di interlocutori validi, perche ́ gli stessi Mori e De Donno ci hanno riferito di avere piena fiducia nel dottor Borsellino.
Del resto, gli stessi Mori e De Donno ci dicono che l’incontro del 25 giugno 1992 – che non risulta dalle agende di Borsellino ma da quelle di Mori – si sarebbe avuto presso la caserma Carini di Palermo.
Nel corso di tale incontro – secondo quello che viene riferito da Mori e De Donno – era emerso che il dottor Borsellino avrebbe in qualche modo cercato di incidere sulla riapertura delle indagini su mafia-appalti.
Risulta di tutta evidenza che un’eventuale apertura, quale fonte dichiarativa, o anche semplicemente di contatti con una fonte come Ciancimino – che e` certamente l’essenza di mafia e appalti in Sicilia – sarebbero dovuti essere al centro di questi contatti tra il ROS e Borsellino. Ma, stranamente, ne ́ Mori ne ́ De Donno ci riferiscono di avere detto in quell’occasione al dottor Borsellino di questi fatti. Del resto, lo stesso concetto – come ho detto – Mori lo ribadisce anche all’onorevole Violante ad ottobre, specificando di non aver riferito, anche successivamente al 19 luglio 1992, perche ́ trattavasi di questione politica e quindi l’autorita` giudiziaria non avrebbe dovuto saperne.
Nonostante i silenzi del ROS, pero`, il dottor Borsellino venne a sapere dei contatti con Ciancimino sicuramente, e questa e` la novita` piu` im- portante delle nuove indagini rispetto alle sentenze di Corte d’assise, di cui ho parlato, degli anni Novanta. Glielo disse il 28 giugno 1992, data che ricaviamo proprio dalle agende del dottor Borsellino in cui proprio in quel giorno e` riportato l’incontro con la dottoressa Ferraro. E` un incon- tro che, se non ricordo male, avviene all’aeroporto di Fiumicino, comunque a Roma, quando il dottor Borsellino sta cambiando aereo per andare a Palermo.
Quello che sembra chiaro – e che puo` significare varie cose – dalla risposta che il dottor Borsellino diede alla dottoressa Ferraro, e` che il dot- tor Borsellino avesse gia` saputo di questi contatti, come si evince dalla risposta che le diede e dalle dichiarazioni che ha reso a questo ufficio la moglie del dottor Borsellino, la signora Agnese Piraino Borsellino, che dira` appunto che a meta` giugno suo marito le aveva detto che c’era un contatto tra mafia e parti deviate dello Stato. Quindi Borsellino era ve- nuto a sapere in qualche modo di questi contatti, in qualsiasi modo questi contatti fossero stati a lui dipinti. Tra l’altro – lo vedremo piu` avanti – anche Mutolo ci fornisce un ulteriore elemento in relazione alla cono- scenza del dottor Borsellino.
Sempre in quel periodo si tiene un summit di mafia a casa di Girolamo Guddo, che e` un associato. Riina fa vedere agli altri, fra cui Can- cemi Salvatore – che lo riferisce dopo qualche anno –, un pizzino dicendo che c’e` una trattativa con lo Stato che riguarda pentiti e carcere. Nello stesso periodo Giovanni Brusca riceve un’analoga dichiarazione da Riina, visibilmente soddisfatto. Quindi siamo nel periodo dei contatti, e siamo a fine giugno.

Il 28 giugno abbiamo, dal punto di vista istituzionale, il giuramento del nuovo Governo Amato; quindi cambiano i Ministri: diventa ministro dell’interno l’onorevole Mancino; viene sostituito l’onorevole Scotti che viene nominato in sostituzione – diciamo cos`ı – al Ministero degli esteri, ma che dopo un mese rinunzia.
Tra il 29 giugno e il 4 luglio – comunque sicuramente alla fine di giugno – i dottori Camassa e Russo, colleghi del dottor Borsellino a Marsala, ricevono lo sfogo di Borsellino, che nel suo studio dice loro, piangendo, di essere stato «tradito da un amico». E certamente – lo diciamo un po’ tutti, tutti coloro che lo conoscevano – non era uso di Borsellino piangere.
In quello stesso periodo, a fine giugno, Brusca riceve da Salvatore Biondino la disposizione di non continuare ulteriormente nella preparazione dell’attentato all’onorevole Calogero Mannino, che gli aveva affidato Riina. Tutto cio` – questa e` la spiegazione che gli viene data – perche ́ erano sotto lavoro per cose piu` importanti. Da notare che la notizia di un possibile attentato a Mannino e Borsellino era stata oggetto all’incirca il 19 giugno, se non ricordo male, di una nota proprio del ROS (fonte Mom- mino D’Anna, capomafia di Terrasini), in cui appunto gia` si prefiguravano queste due possibili vittime alternative.
Il 1o luglio, a margine del primo interrogatorio di Mutolo (e` lo stesso interrogatorio che venne interrotto per andare a trovare l’onorevole Man- cino, appena insediato), Borsellino parla di una possibilita` di dissociazione di mafiosi, ritenendola assolutamente da respingere. Noi abbiamo raccolto queste dichiarazioni di Mutolo e, visto che oltretutto intervenivano dopo tanto tempo dalle sue prime dichiarazioni, volevamo verificarle. Abbiamo sentito appartenenti alla DIA di allora, e uno di questi – che non ha piu` nessun contatto con la DIA stessa – ha confermato di avere sentito parlare, probabilmente proprio nel primo degli interrogatori di Mutolo, di dissocia- zione. Quindi, in questo modo ha confermato quello che Mutolo ci aveva detto, il che per noi e` di estrema rilevanza, perche ́ indubbiamente quello della dissociazione e` uno dei temi importanti di quello che era la possibile trattativa e non perche ́ ce lo consegni il papello – diciamo cos`ı – di Massimo Ciancimino, ma perche ́ indubbiamente cio` che alla mafia importava erano queste due cose, cioe` il carcerario e il pentitismo. Quindi il 1o luglio abbiamo questo fatto.
Lo stesso 1o luglio – come ho detto – il dottor Borsellino e il dottor Aliquo` incontrano il ministro Mancino e il capo della polizia Parisi. Nel corso dell’incontro, durato poco tempo, non viene affrontato alcun tema attinente alla cosiddetta trattativa. Il timore di Borsellino, secondo le di- chiarazioni del dottor Aliquo` ma anche dell’allora consulente Arlacchi, era che il nuovo Ministro non volesse proseguire nella linea antimafia del suo predecessore. E` un dato certo che l’incontro ci sia stato. Noi prendiamo da un certo punto di vista posizione su questo incontro dicendo che comunque si e` data eccessiva importanza a un incontro in cui, per quanto riguarda la trattativa, probabilmente non c’e` assolutamente di che parlare perche ́ abbiamo le testimonianze di piu` di una persona (dello stesso Mar- telli, per dire, ma anche di una serie di altri soggetti, lo stesso Scotti, eccetera, eccetera) da cui risulta, con assoluta chiarezza, che la sostituzione di Scotti fu assolutamente estemporanea e che l’onorevole Mancino arrivo` quindi al Ministero molto – diciamo cos`ı – all’ultimo momento. Sembra pertanto veramente difficile – a parte il fatto che il teste presente, il dottor Aliquo`, ha detto che non se ne parlo` assolutamente – che gia` a quel punto il ministro Mancino conoscesse di questi fatti. Era in pratica il giorno del suo insediamento. Il 28 giugno, infatti, era stato il giorno del suo giura- mento e quello dell’insediamento era stato il 1o luglio.

Ci sono poi nuove dichiarazioni, rese – credo – proprio a voi, ma anche alla procura di Palermo, dell’allora ministro Martelli, che ha datato tra il 2 ed il 4 di luglio, quindi in ogni caso successivamente, il fatto di aver avvisato Mancino non di una trattativa, ma del comportamento scorretto dei ROS. Martelli riteneva infatti assolutamente scorretti e fuori dal nuovo ordinamento che veniva fuori dall’istituzione della DIA, il comportamento e l’iniziativa autonoma del ROS. Di questo, dice l’onorevole Martelli, aveva avvisato l’onorevole Mancino e il capo della DIA.
Nello stesso periodo, all’interno del DAP, come dichiarato, non da un quisque de populo, ma dal vice direttore del DAP di allora, il dottor Faz- zioli, gli amministrativi ricevevano l’input di verificare se fosse possibile allocare diversamente gli eventuali dissociati di cosa nostra. Nello stesso periodo Riina discute all’interno di cosa nostra di 41-bis; abbiamo le di- chiarazioni di Cancemi che siamo riusciti a ripescare e anche a riconte- stare al collaboratore Giuffre`; gia` dal 1989 Riina aveva cominciato a par- lare di dissociazione. Quindi questo tema, che sembrava assolutamente fuori posizione nel 1992, in realta` invece viene posizionato dagli stessi as- sociati mafiosi in un periodo addirittura precedente; anzi quello del 1989 potremmo dire anche che e` l’anno in cui si verifica una serie di fatti di cui si e` gia` riferito precedentemente.
Si tratta (41-bis e dissociazione) di due rimedi ai maggiori problemi di cosa nostra. Il problema del carcerario e` un problema nuovo che cosa nostra ha soltanto dopo le indagini dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo. I carcerati non erano mai stati tanti e non erano mai stati cos`ı importanti, tanto da creare all’organizzazione un problema molto importante tra partito delle carceri e partito che invece stava fuori. Poi c’e` l’al- tro problema del pentitismo. La dissociazione con ogni evidenza disarma. E Riina, non aveva voglia di arrendersi, ma di disarmare l’arma piu` im- portante dello Stato nei confronti di una associazione segreta come cosa nostra.
Alla fine di giugno Giuseppe Graviano da` a Gaspare Spatuzza – come vedete siamo sempre nello stesso periodo – l’input di rubare l’auto- vettura e, successivamente, la targa di un’altra autovettura, poi utilizzate per la strage di via D’Amelio. Ci si arriva a ritroso sulla base di una serie ragionamenti.
Il 6 luglio «la Repubblica» da` notizia della riapertura di Pianosa. In questo modo viene bloccato il piano di riapertura che gia` era in fase avanzata.

Il 10 luglio Borsellino incontra nuovamente il capo della Polizia, Rossi, e poi i ROS.
Giuseppe Graviano, come sempre in questo periodo, si reca con Fabio Tranchina, suo autista, a fare due sopralluoghi in via D’Amelio. Graviano chiede a Tranchina, come detto dal collega prima di me, di fornirsi di una abitazione nella zona, cosa che poi non viene effettivamente fatta.
L’11 luglio viene effettuata la prova del telecomando da parte di Biondino.
Come vedete, i fatti sono incalzanti e hanno tutti una loro cronolo- gica e logica successione.
La signora Piraino Borsellino ci ha detto di aver saputo dal marito il 15 luglio, quindi quattro giorni prima della strage, che il generale Subranni, superiore di Mori e De Donno, era «punciutu», cioe`, testualmente, affiliato alla mafia.
Abbiamo cercato di isolare queste dichiarazioni riportate del dottor Borsellino.
Non e` possibile tecnicamente che qualcuno appartenente ai Carabinieri o alle forze di polizia sia «punciutu», ma e` evidente cosa il dottor Borsellino volesse esprimere alla signora Agnese, che non era persona addentro alle vicende di mafia.
Voleva cioe` significare che il generale Subranni era vicino, nelle mani, come dicono i mafiosi. Dopo aver saputo questa cosa tra l’altro Borsellino si era sentito male fisicamente.
Ci ha detto la signora Borsellino che la probabile fonte, ma e` la stessa cosa che pensavamo noi, di questa conoscenza erano i collaboratori Mutolo, Schembri o Messina, che abbiamo sentito, ma che hanno smentito questa ricostruzione, nel senso che nessuno dei tre si e` attribuito, ma sa- rebbe stato difficile diversamente dopo tutto questo tempo, la paternita` di questa dichiarazione.
Siamo quindi a fine luglio, diciamo prima del 19. Riina dice a Brusca che la trattativa si e` improvvisamente interrotta; gli dice testualmente: «c’e` un muro da superare». Non gli parla specificamente di Borsellino, ma secondo la ricostruzione di Brusca questo fatto precede la strage di via D’Amelio di due giorni.
Nello stesso periodo un’altra nota dei Carabinieri – in questo caso la fonte sarebbe probabilmente uno dei Fidanzati – dice che sono in pericolo Borsellino, Ando` e Di Pietro.
Sempre sulla base di dichiarazioni di Fabio Tranchina, il 19 luglio di mattina presto Tranchina stesso accompagna Giuseppe Graviano da Fifetto (Cristoforo) Cannella, di cui avete sentito parlare. Il giorno dopo lo riprende e lui gli dice che tutto e` andato bene. Graviano lo esorta a ricercare l’unita` di tutti gli affiliati, perche ́ ancora hanno molto lavoro da fare, facendo chiaro riferimento ad un complessivo programma stragista ancora da compiere.
E` per questo motivo che noi abbiamo affermato che Borsellino viene ucciso proprio nel luglio 1992 – qui s’inserisce la tempistica della strage – perche ́ percepito come ostacolo e dunque per far riprendere una trattativa che, secondo Riina, aveva trovato non la sua fine, ma comunque delle difficolta`.
La strage viene appositamente anticipata, tanto che Cancemi e` testimone dell’accelerazione e della necessita` per Riina di fare subito l’attentato. A Riina, infatti, viene detto: se non calcoliamo bene il tritolo, eccetera, eccetera, potrebbero esserci delle vittime. E Riina dice: andasse come andasse, dobbiamo farla subito. Cioe`, anche con molte vittime terze, questo non ha importanza.
Anche un altro collaboratore di rilievo, Giovan Battista Ferrante, riferisce dell’approssimazione nell’effettuazione dell’attentato, con utilizzzione di un’eccessiva quantita` di esplosivo, che aveva portato – lo dice a noi nel 2005 – al rischio che qualcuno posizionato dietro al muro che divide via D’Amelio dal giardino attiguo, di cui ha parlato il collega, potesse morire.
Adesso Fabio Tranchina ci ha detto chi era la persona posizionata dietro al muro, senza sapere assolutamente nulla perche ́ queste dichiarazioni di Ferrante non erano mai state rese al di fuori del circuito delle nostre indagini. Fabio Tranchina riferisce che in effetti Giuseppe Graviano era proprio posizionato dietro il muro e che avrebbe azionato da l`ı il telecomando.
Da dire ancora che, per quello che sono le risultanze obiettive, nella via parallela a via D’Amelio vi sono delle tracce di possibili accessi al giardino di cui stiamo parlando. Il video della banca che ha sede nella strada e` pero` vuoto. E` stato acquisito allora, ma non vi sono le immagini che avrebbero potuto esserci.
VELTRONI. L’impianto era guasto? LARI. Mancava il disco da registrare.
GOZZO. E` un po’ strano per una banca, ma e` cos`ı.
Il 19 luglio – questo fa parte anche delle cose su cui, come il procuratore vi ha detto, non smetteremo mai di svolgere indagini – viene prelevata dall’autovettura del dottor Borsellino la sua borsa, al cui interno, secondo molteplici dichiarazioni, era l’agenda rossa regalatagli dai Carabinieri, quella in cui lui effettuava tutte le sue considerazioni.
Il primo a prelevarla e` il capitano Giovanni Arcangioli, che dopo averla portata con passo deciso ai margini del settore transennato, inspiegabilmente la riporta nell’autovettura.
Per riuscire a far capire: riceve la borsa, dire che fa una corsa e` un’esagerazione, comunque va in maniera impettita verso la fine delle transenne, poi ritorna indietro e rimette la borsa nella macchina, che non dico che stava andando a fuoco ma comunque poteva andarci. Infatti dopo poco tempo va effettivamente a fuoco e la borsa viene salvata per miracolo dall’intervento, prima, di un vigile del fuoco e, poi, di un agente di polizia, che la porta alla squadra mobile di Palermo.
Da notare, anche, che lo stesso capitano Arcangioli ha detto di aver aperto la borsa e di averne visto il contenuto. Quindi, le stranezze di tutta questa vicenda continuano ad aumentare.

Ancora, va detta l’ultima stranezza. La borsa bagnata viene portata alla squadra mobile di Palermo, dove rimane quattro mesi, prima di essere nuovamente rinvenuta e repertata dopo quattro mesi.
Questo per dirvi quello che succede cronologicamente. Il 19 luglio, come tutti sappiamo, viene data la prima attuazione al cosiddetto decreto Falcone dell’8 giugno 1992. Il regime di 41-bis viene applicato a circa 500 mafiosi. Vengono riaperte l’Asinara e Pianosa e nella notte i capimafia vengono trasferiti, su decisione firmata direttamente dal ministro Martelli.
Entriamo cos`ı in quella che, secondo noi, e` la seconda fase della trattativa; quella, per intenderci, in cui lo stesso Riina ha detto: piu` che soggetto della trattativa, mi sembra di essere stato oggetto. Sicuramente cio` corrisponde a verita` per quanto riguarda la seconda parte. Dopo la strage – come abbiamo detto – Graviano aveva detto a Spatuzza che si doveva continuare e il 22 luglio Mori aveva incontrato l’avvocato Contri e l’onorevole Folena. A settembre (quindi subito dopo) Riina aveva detto a Brusca che, per far riprendere la trattativa (quindi Riina ancora non e` a conoscenza di cio` che sta accadendo), ci vuole un «colpetto» e prepara l’ucci- sione del dottor Grasso che, poi, per motivi tecnici, non puo` andare in porto.
In realta`, come affermano gli stessi Carabinieri, dopo la strage la trattativa si trasforma: Vito Ciancimino diventa oggetto – e non piu` soggetto – della trattativa. In questo periodo viene contattato anche l’onorevole Violante. Nelle more, il 7 settembre 1992, in Parlamento, l’onorevole Mancino afferma che lo stragismo potrebbe continuare. In un altro intervento, sempre in Parlamento, nel marzo del 1993, egli afferma che potrebbe continuare in continente. Siamo prima della ripresa dello stragismo. Sentito nel 2000 dalla procura di Caltanissetta, egli ha detto che gia` a settembre era a conoscenza della possibile continuazione in continente, a comprova, possibile – e lo diciamo –, dell’esistenza di un canale di con- tatto (potrebbe essere anche semplicemente una fonte) tra Stato e cosa nostra, in cui l’onorevole Mancino era a conoscenza di decisioni strettamente riservate dell’associazione mafiosa. Il generale Delfino – ci dice l’onore- vole Martelli – gli anticipa in estate che, entro Natale, verra` preso Riina. Il 12 dicembre 1992 l’onorevole Mancino afferma, in un convegno a Pa- lermo, che Riina sta per essere catturato, ma soprattutto che cosa nostra e` divisa in due parti, cosa che, allora, non era stata ancora consegnata in alcun atto giudiziario.
Nello stesso periodo Mori rivede piu` volte Violante, la Contri e la Ferraro, chiedendole di «addolcire» la sua posizione sulla possibilita` di estensione dei colloqui investigativi con i detenuti. A dicembre viene con- segnata una mappa a Ciancimino affinche ́ indichi dove si trova Riina. Prima della riconsegna, Ciancimino viene arrestato dalla polizia. Questi sono tutti fatti.
Il 15 gennaio 1993 viene catturato Toto` Riina. Egli stava andando – guarda caso – ad una riunione della commissione che doveva deliberare la ripresa della strategia stragista (cio` ci viene detto dagli altri partecipanti, quelli che si sono pentiti chiaramente). Viene preso anche Salvatore Biondino, che allora non sembrava fosse di grande rilievo e, invece, era reg- gente di San Lorenzo (quindi una parte importante di Palermo). In quel- l’occasione venne utilizzato – lo ammettono anche gli stessi Carabinieri – Di Maggio Baldassare, da poco collaboratore, che riconosce Riina. Di Maggio comincia a collaborare – questo ricordiamolo – qualche giorno prima, l’8 gennaio 1993, anche con il generale Delfino, che e` la persona che aveva anticipato la cattura di Riina. A fine gennaio – il giorno 23 – Ciancimino decide di collaborare e manifesta la volonta` di collaborazione.

Nel frattempo, all’interno di cosa nostra la cattura di Riina non ha portato alla sperata fine della strategia stragista. Infatti, si affermano come capi Brusca e Bagarella, che seguono la linea della continuita` stra- gista e mettono in minoranza Provenzano, che doveva essere in qualche modo il paciere. Quest’ultimo deve confermare il suo appoggio alle stragi, ma riesce a porre la condizione che avvengano in continente, cioe` nella penisola e non in Sicilia (si tratta di una delle possibilita` che erano gia` in considerazione).
Il 12 febbraio 1993 si tiene una riunione del Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica, nel corso della quale il direttore del DAP, Amato, esprime la linea, poi meglio esplicitata nella nota a sua firma del 6 marzo 1993, di abbandono totale dell’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario per ripiegare su altri strumenti penitenziari di lotta alla mafia. A suo dire – questo e` contenuto nella nota a sua firma del 6 marzo 1993 –, perche ́ il Capo della Polizia e il Ministero dell’in- terno (vorrei specificare che non dice Ministro dell’interno, ma Ministero dell’interno) esprimono una linea critica nei confronti del 41-bis e delle conseguenze sulla sicurezza all’interno e all’esterno delle carceri italiane che esso puo` portare.
Nello stesso periodo – si tratta di un’acquisizione recente –, vi e` una lettera dei detenuti al presidente Scalfaro che ho aggiunto proprio perche ́, nell’estrema violenza del contenuto, rende evidente qual era la posizione dei detenuti: «Crediamo lei debba vergognarsi» – stiamo parlando di de- tenuti che si rivolgono ad un Capo di Stato – «di essere Capo dello Stato, che consente ai secondini di Pianosa di avere comportamenti uguali a quelli degli sciacalli e dei teppisti. Trattano i detenuti peggio dei cani ran- dagi, metodi delle peggiori tradizioni fasciste. Sono bestie o killer di Stato?». Si attribuisce in qualche modo la paternita` di tutto questo allo stesso Presidente della Repubblica.
Nello stesso periodo – il 10 febbraio 1993, come avevamo gia` detto – l’onorevole Martelli e` costretto a dimettersi per il deflagrare dello scandalo del «conto Protezione». Prende il suo posto il professor Conso, il cui primo provvedimento – anche questo e` un dato di fatto –, a meno di dieci giorni dall’insediamento, e` la revoca del 41-bis, comma 1, applicato dall’onorevole Martelli alle carceri napoletane di Secondigliano e di Poggioreale, dove si erano verificati omicidi di personale carcerario, chia- ramente all’esterno del carcere. Il provvedimento e` preso di comune ac- cordo con il Capo della Polizia e con il Ministero dell’interno.
A febbraio-marzo del 1993, all’interno di cosa nostra – e` Cancemi a dircelo – Provenzano afferma che i problemi dei detenuti sarebbero stati risolti e che la strategia portata avanti da Riina nel 1992, che Cancemi sapeva – si rivolge proprio a Cancemi dicendo: tu la sai (era, evidentemente, la cosiddetta trattativa) – avrebbe trovato il suo compimento nel 1993. A marzo-maggio del 1993 vengono revocati 121 decreti di sottoposizione al 41-bis (circa il 10 per cento del totale). I provvedimenti portano la firma del dottor Fazzioli. E` da specificare che questi erano dei provvedimenti ai limiti, in cui possibilmente non c’erano le condizioni di legge per l’emis- sione dei provvedimenti stessi.
Iniziano poi, in tragica successione, le stragi del 1993: il 14 aprile via Fauro, il 27 maggio l’attentato di via dei Georgofili. Il direttore del DAP, Amato, viene rimosso con decorrenza 4 giugno 1993. Uno dei suoi colla- boratori – il dottor Calabria – attribuisce proprio alla redazione dell’ap- punto del 6 marzo 1993 il suo allontanamento. Vengono nominati il nuovo direttore, il dottor Capriotti, e il suo vice, il dottor Di Maggio. Il 26 giu- gno 1993 Capriotti firma un appunto che contiene la nuova linea: non re- voca generale del 41-bis (che era la linea proposta dall’ex direttore Amato), ma silente non proroga di 373 provvedimenti di sottoposizione a 41-bis emessi dal vice direttore Fazzioli su delega dell’onorevole Ministro, scadenti a novembre, considerati emessi asseritamente nei confronti dei soggetti «di media pericolosita`». In realta`, alla luce dell’accertamento che abbiamo fatto, cio` riguarda anche tre membri della commissione pro- vinciale di Palermo, altri capifamiglia, sempre di Palermo e provincia, al- tre persone di prima grandezza nella mafia catanese e anche nella ca- morra, tanto che, addirittura, alcuni di questi 41-bis verranno riemessi nel 1994 (quindi subito dopo). Lo stesso appunto prevede un ulteriore ta- glio del 10 per cento anche dei decreti di sottoposizione firmati dal mini- stro Martelli – in questo caso senza indicare i nominativi – mentre il re- stante 90 per cento – questa e` la proposta del dottor Capriotti – andreb- bero prorogati e sono quelli che scadono a luglio del 1993.
In questo caso, secondo le indagini del dottor Chelazzi, abbiamo un intrecciarsi con la strategia stragista di cosa nostra perche ́ la proroga al luglio del 1993 provoca sorpresa nelle carceri. Non lo diciamo noi, non lo dicono i collaboratori, ma lo dice un appunto allegato ad un verbale del Comitato dell’ordine e la sicurezza pubblica dell’agosto del 1993. Le notifiche avvengono tra il 20 e il 27 luglio del 1993.
Il 27 e 28 luglio si verificano gli attentati di Milano e di Roma. E` inutile ricordare, perche ́ lo ha fatto il procuratore, che abbiamo un numero incredibile di sette stragi in poco piu` di anno. Mai, neanche durante la co- siddetta strategia della tensione – pur recentemente evocata dal Procura- tore nazionale antimafia – si era arrivati a tanto. Stragi, come ha ricordato il procuratore, che hanno sventrato autostrade, straziato citta`, ucciso 22 persone e ferite un centinaio, nel perseguimento di quella strategia terro- ristico-mafiosa di cui ha riferito Spatuzza che e` stata ora acclarata dal gip su nostra richiesta.

Il 23 luglio, quindi poco prima, si consegna ai Carabinieri, e viene dislocato presso il ROS di Mori, il componente della commissione provin- ciale di Palermo Toto` Cancemi, reggente del mandamento di Porta Nuova; una cosa allora giudicata inspiegabile.
Lo stesso 27 luglio della strage di Milano invece il colonnello Mori si reca dal dottor Di Maggio, suo amico e vice direttore del DAP, cui parla, secondo la sua agenda, del «problema detenuti mafiosi». Non sono ap- punto indagini a parte, ma sono le parole dello stesso colonnello Mori. In quel momento Mori – da notare – era terminale non solo delle dichia- razioni di Cancemi, ma anche di quelle di Ciancimino, ed aveva dunque notizie aggiornate sui motivi probabili delle stragi continentali.
A novembre del 1993 poi – e questo e` stato detto a voi – il ministro Conso da` attuazione alla strategia di silenzioso svuotamento del carcere duro, che nel giugno era stata suggerita; non vengono prorogate 326 sot- toposizioni a 41-bis, e poi altre 8 nel gennaio 1994. Cio` in adesione a quanto proposto da Capriotti. Anche in questo caso, il motivo della deci- sione e` «fermare lo stragismo», come ha detto il professor Conso.
In totale, nel 1993 vengono revocati e non prorogati 520 decreti di sottoposizione a 41-bis, circa il 50 per cento del totale.
A questo punto abbiamo ritenuto di rispondere per quella che e` la no- stra convinzione alla domanda che si era posto il Presidente di questa Com- missione, affermando che la trattativa, cominciata nel 1992, trova compi- mento e frutto avvelenato nel 1993. In ogni caso, pero`, vi e` differenza ri- spetto a quello che ha a voi proposto il professor Conso, che riteneva di avere in qualche modo favorevolmente interrotto la strategia stragista; pur- troppo non e` cos`ı. Sappiamo infatti che l’associazione mafiosa non si con- sidera totalmente appagata, ritiene che la linea stragista sia purtroppo pro- duttiva, sulla base di questi eventi, e programma un’altra strage, che sa- rebbe dovuta avvenire a gennaio del 1994. Potremmo chiamarla la strage di tutte le stragi. Una strage di giovani Carabinieri, a margine di una partita di calcio a Roma. Tra l’altro, come vi e` stato detto, l’esplosivo che doveva deflagrare viene rinforzato proprio per creare ancora piu` orrore. E` da notare che il 30 gennaio scadevano altri provvedimenti di 41-bis.
Il 27 gennaio del 1994 vengono arrestati a Milano i fratelli Graviano, grazie ad una soffiata. Da questo momento in poi termina la strategia stragista di cosa nostra.

 

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