26 marzo 2012 STEFANO LUCIANI in Commissione Parlamentare Antimafia

TRASCRIZIONE dell’AUDIZIONE

 

 

Come e` noto, per questo grave fatto delittuoso la procura della Repubblica di Caltanissetta, tra la fine di giugno e i primi di luglio del 2008, ha avviato nuove indagini proprio per effetto della collaborazione con la giustizia di Gaspare Spatuzza, che gia` nel giugno dello stesso anno aveva manifestato – appunto – la volonta` di collaborare con il Procuratore nazionale antimafia in occasione di alcuni colloqui investigativi, spiegando in buona sostanza che la propria decisione era frutto di un pentimento basato su un’autentica conversione religiosa, oltre che dal suo desiderio di riscatto.
Lo Spatuzza – uomo d’onore di cosa nostra, gia` appartenente alla famiglia mafiosa di Brancaccio, nella quale aveva rivestito il ruolo di capo mandamento e condannato all’ergastolo per le stragi del 1993 nonche ́ per altri gravissimi delitti – ha iniziato a rendere dichiarazioni congiuntamente in quel primo interrogatorio al nostro ufficio, alla procura di Firenze e a quella di Caltanissetta il 26 giugno 2008; queste procure hanno poi proseguito gli interrogatori e le indagini in via autonoma, mantenendo comunque un contatto per opportuno collegamento investigativo, curando lo scambio di atti e informazioni in maniera reciproca.
La collaborazione di Gaspare Spatuzza era importante perche ́ egli si accusava di un importante segmento della fase esecutiva della strage di via D’Amelio. In particolare si e` autoaccusato del furto della Fiat 126 nella disponibilitá di Valenti Pietrina, proprietaria dell’auto, che fu utilizzata come autobomba per l’esecuzione della strage, si e` autoaccusato di avere ripristinato il sistema frenante della autovettura avvalendosi di un meccanico, tale Costa Maurizio, gravitante negli ambienti mafiosi di Brancaccio, di aver reperito gli strumenti necessari per l’attivazione a distanza del congegno della carica esplosiva collocata all’interno della predetta Fiat 126 e di aver sottratto le targhe poi apposte all’autovettura onde evitare che la stessa risultasse, ad un eventuale controllo, compendio di furto.

Lo Spatuzza nell’autoaccusarsi ha anche chiamato direttamente in causa, in relazione alle condotte dallo stesso commesse, il suo capofamiglia – e all’epoca capo mandamento di Brancaccio – Giuseppe Graviano, su direttiva del quale avrebbe agito, nonche ́ suoi ex sodali come Vittorio Tutino e Cristofaro Cannella, entrambi uomini d’onore della famiglia di Brancaccio, Nino Mangano, uomo d’onore e capofamiglia di Roccella, e Salvatore Vitale, oltre a «Renzino» Tinnirello e Francesco Tagliavia, questi ultimi due con particolare riguardo alla fase della preparazione dell’ordigno esplosivo il sabato antecedente l’attentato.
Queste sono in sintesi le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, che apparivano prettamente problematiche perche ́ in insanabile contrasto con le verita` processuali gia` cristallizzate nei processi celebrati per la strage di via D’Amelio in ordine agli esecutori materiali dell’attentato, i cosiddetti processi «Borsellino uno» e «Borsellino bis», perche ́ lo Spatuzza, in buona sostanza, si autoaccusava delle stesse condotte che in quel processo erano state invece attribuite ad altri soggetti.
Questi processi erano stati istruiti per effetto delle «collaborazioni» – a questo punto possiamo dire – con la giustizia di Candura Salvatore, che aveva confessato il furto della Fiat 126, assumendo di averne ricevuto incarico da Scarantino Vincenzo e di Andriotta Francesco, che aveva trascorso un periodo di comune detenzione con lo stesso Scarantino nel carcere di Busto Arsizio ed aveva riferito agli inquirenti di confidenze asseritamente ricevute dallo Scarantino sull’esecuzione della strage e, da ultimo, proprio da Scarantino Vincenzo, che si era autoaccusato, chiamando in correita` anche gli asseriti complici, proprio del furto della Fiat 126, del ripristino della sua efficienza, delle attivita` di vigilanza durante il collocamento dell’esplosivo all’interno della vettura e del trasporto della vettura stessa la mattina dell’attentato in prossimita` dei luoghi di sua esecuzione.
E` evidente che a questo punto le attivita` del nostro ufficio si concentravano alla ricerca di conferme alle dichiarazioni di Spatuzza nella consapevolezza che, laddove le stesse fossero state riscontrate, avrebbero avuto un effetto dirompente sui processi gia` celebrati e conclusi con la condanna all’ergastolo o a consistenti pene detentive di soggetti che, vice- versa, sarebbero potuti risultare estranei all’esecuzione dell’attentato e nella consapevolezza pero` anche dell’indubitabile, diverso spessore criminale dello Spatuzza, appartenente al gruppo di fuoco di Brancaccio, gia` condannato per il suo protagonismo nelle stragi del 1993, spessore crimi- nale certamente diverso rispetto a quello di Scarantino Vincenzo, piccolo delinquente di borgata la cui collaborazione con la giustizia, peraltro, era gia` stata segnata da diversi ripensamenti e numerose incertezze.
Questo soltanto per dire quelli che sono stati i riscontri piu` importanti che poi hanno persuaso il nostro ufficio della bonta` delle dichiarazioni di Spatuzza, dovendo in questa sede segnalare che numerosissimi sono stati gli elementi di riscontro a tutto il percorso dichiarativo dello Spatuzza.
Quali sono stati questi riscontri effettuati – appunto – sulla base del portato dichiarativo del collaboratore? Ebbene, innanzi tutto, in data 1o dicembre 2008 questo ufficio faceva un sopralluogo nello spazio condominiale dell’edificio sito in via Sirillo, ove risultava essere stata rubata la Fiat 126 di Valenti Pietrina, che era stata utilizzata come contenitore del- l’esplosivo collocato in via D’Amelio. Ebbene, l’esito di questa attivita` of- friva una prima importante conferma alle dichiarazioni di Spatuzza che, diversamente dal Candura – cioe` colui che sulla base dei processi celebrati risultava essere l’autore del furto –, indicava con esattezza il luogo dove si trovava posteggiata la Fiat 126 in maniera assolutamente coincidente, direi quasi al millimetro, con quello che gia` la proprietaria dell’autovettura, Valenti Pietrina, aveva mostrato al pubblico Ministero nel corso di un sopralluogo compiuto pochi minuti prima.
E` evidente la valenza di questo atto investigativo perche ́ vi sara` particolarmente chiaro che era un atto che non era mai stato espletato prima di quel momento, quindi era un atto assolutamente genuino; gli investigatori dell’epoca non avevano mai condotto Candura Salvatore sul luogo del furto per fargli indicare dove era stata posta la Fiat 126. Si trattava quindi di un atto assolutamente inedito e soprattutto non inquinato da precedenti attivita` dello stesso tipo.

Nel novembre 2008 poi si acquisiva un’ulteriore importantissima conferma alle dichiarazioni di Spatuzza perche ́ il nostro ufficio procedeva all’escussione di Trombetta Agostino, che e` un collaboratore di giustizia, soggetto gia` appartenente al gruppo mafioso di Brancaccio, legato da vincoli fiduciari a Gaspare Spatuzza. Nel momento in cui lo Spatuzza era latitante era il Trombetta che si occupava delle necessita` dello Spatuzza. Il Trombetta era anche socio occulto in un’officina meccanica gestita da Costa Maurizio, che e` il soggetto che Gaspare Spatuzza indica come colui cui si era rivolto per ripristinare il sistema frenante della Fiat 126. Ebbene, il Trombetta, riferendo confidenze ricevute dal suo ex socio, quindi da Maurizio Costa, offriva altra importante conferma alle dichiarazioni di Spatuzza perche ́ confermava che effettivamente il Costa aveva eseguito riparazioni su una Fiat 126 in epoca compatibile con la strage di via D’Amelio, quindi nell’estate del 1992, in epoca antecedente l’esecuzione dell’attentato.
Altro importantissimo riscontro da segnalare sono gli esiti di consu- lenze tecniche che la procura di Caltanissetta disponeva su alcuni reperti della Fiat 126 utilizzata per la consumazione della strage. Questo perche ́ Gaspare Spatuzza, come ho accennato, aveva espressamente indicato di avere sostituito le ganasce della Fiat 126, perche ́ il sistema frenante non funzionava e chiaramente l’autovettura doveva essere trasportata sul luogo della strage e non ci si poteva permettere che non funzionassero i freni; quindi Spatuzza aveva sostituito le ganasce della Fiat 126 dandone inca- rico a Costa Maurizio.
Con non poche difficolta`, si riuscivano a reperire i resti della Fiat 126 in un autoparco in dotazione alla Polizia di Stato – il parco di Farfa Sa- bina se non ricordo male –, dove tra l’altro ci sono tutte le carcasse delle autovetture utilizzate per le stragi e per le prove delle stragi. Siamo stati assistiti da un po’ di fortuna perche ́ sono state trovate effettivamente le ganasce della parte anteriore e della parte posteriore dell’autovettura. Ve la faccio breve. Conferito incarico di consulenza tecnica, i consulenti ri- scontravano che era stato effettuato un intervento sul sistema frenante della Fiat 126, e che soprattutto le ganasce, cos`ı come reperite, presentavano un grado di usura compatibile con un uso estremamente limitato dopo la riparazione effettuata. Questo e` compatibile con le dichiarazioni di Spatuzza, perche ́ la Fiat 126, dopo la sostituzione delle ganasce, viene trasportata dal quartiere Brancaccio al garage di via Villasevaglios, in zona fiera di Palermo, che si trova a cinque minuti di distanza da via Ma- riano D’Amelio. Quindi e` assolutamente un riscontro formidabile che po- teva dare quel risultato solo nei confronti di dichiarazioni di persone che effettivamente avevano partecipato e avevano effettuato attivita` quali quelle descritte dallo Spatuzza.
Non da ultimo, poi pregnanti conferme, sicuramente, alle dichiarazioni di Spatuzza sono derivate dalle ritrattazioni, sia pure dopo non pochi momenti di incertezza, di tutti quei soggetti che, come dicevo, nei processi in precedenza celebrati si erano autoaccusati delle stesse condotte delle quali si autoaccusava Spatuzza, cioe` Candura Salvatore, Andriotta France- sco e Scarantino Vincenzo.
LARI. Anche Calogero Pulci.
LUCIANI. Anche Calogero Pulci, volevo accennarlo dopo perche ́ poi una soprattutto delle posizioni che uno dei soggetti chiamati in correita` da Scarantino Vincenzo nella strage, tale Tanino Murana, veniva assolto in primo grado, ma poi condannato in grado d’appello perche ́ medio tempore collaborava con la giustizia Calogero Pulci, che era l’autista e soggetto di fiducia del boss di Caltanissetta Giuseppe Piddu Madonia. Le dichiarazioni di Pulci, rese in grado d’appello al processo «Borsellino bis», costituirono il riscontro fondamentale per consentire la condanna all’ergastolo di Tanino Murana.
Questo ufficio – anticipo quello che diro` di qui a poco – ha chiesto ed ottenuto dal gip di Caltanissetta l’emissione di ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti del Pulci per il reato di calunnia aggravata, perche ́ chiaramente la versione del Pulci, soprattutto dopo le ritrattazioni di Scarantino e di quelle di altri, e dopo le dichiarazioni di Spatuzza, non aveva piu` ragione di esistere.
Di recente, il Pulci ha ritrattato anche lui la versione offerta nei processi sulla strage di via D’Amelio, sostenendo che si era persuaso della colpevolezza del Murana e che quindi aveva voluto aiutare gli investigatori – bell’aiuto, verrebbe da dire – rendendo dichiarazioni mendaci sul conto di Murana, cos`ı provocandone la condanna all’ergastolo.

Oltre a questi elementi che ho sinteticamente evidenziato, sono tantissimi altri gli elementi di conferma alle dichiarazioni di Spatuzza, che derivano soprattutto da elementi sia dichiarativi che aliunde acquisiti, gia` presenti nei processi per la strage di via D’Amelio, quindi «Borsellino bis»e soprattutto «Borsellino ter»; faccio riferimento ad elementi non inquinati dalle false collaborazioni di Andriotta, Scarantino e Candura.
Oltre a questo complessivo quadro, quindi, quello derivante dalle investigazioni da noi svolte e quelle gia` presenti agli atti, medio tempore successivamente alla collaborazione di Spatuzza interveniva un’altra importantissima collaborazione con la giustizia, quella di Fabio Tranchina, che all’epoca dei fatti – quindi nel momento in cui avvengono le stragi del 1992 e gia` dalla fine del 1991 – era autista e uomo di fiducia di Giuseppe Graviano; era colui che si occupava delle necessita` che Giuseppe Graviano incontrava durante la latitanza.
Il Tranchina e` stato raggiunto da un provvedimento di fermo emesso dalla procura di Caltanissetta, poi confermato con emissione di ordinanza di custodia cautelare da parte del gip di Caltanissetta del 2 maggio 2011; offriva altre importantissime conferme all’impianto generale che emergeva dalle dichiarazioni di Spatuzza.
Tranchina, infatti, confermava assolutamente come Giuseppe Graviano avesse sovrinteso personalmente alle fasi propedeutiche e all’esecuzione dell’attentato, sia compiendo due sopralluoghi in via D’Amelio, sia chiedendo allo stesso Tranchina di reperire un appartamento ubicato in via Mariano D’Amelio da impiegare all’evi- denza come punto d’appoggio per compiere l’attentato la domenica in cui e` avvenuto.

Oltre a confermare – dicevo – l’impianto che emerge dalle dichiarazioni di Spatuzza, vi e` un profilo estremamente interessante – che poi riprendero` di qui a poco – che emerge dalle dichiarazioni di Tranchina: cioe` che verosimilmente ad attivare l’impulso che fece poi detonare l’esplosivo collocato nella Fiat 126 fu Giuseppe Graviano, il quale verosimilmente si trovava appostato nel giardino ubicato alla fine di via Mariano D’Amelio, a poca distanza dal portone di accesso condominiale all’abitazione della sorella del dottor Borsellino. Questo perche ́ – dice il Tranchina – quando Giuseppe Graviano, a ridosso dell’attentato, gli domando` se avesse adem- piuto all’incarico di reperirgli l’appartamento in via d’Amelio, Tranchina, che tutto aveva fatto meno che attivarsi, in virtu` delle modalita` impossibili con le quali il Graviano gli aveva detto di procurarsi l’appartamento, ri- spose negativamente e, a quel punto, Graviano rispose, senza colpo ferire: «a questo punto» – ve la dico in italiano perche ́ in siciliano sarebbe tre- mendo per me – «mi accomodo nel giardino».
Quindi, queste sono le conferme da un punto di vista generale delle dichiarazioni dello Spatuzza. Le nuove indagini hanno consentito due im- portantissimi risultati: da un lato hanno fugato il campo da alcuni interrogativi che erano rimasti irrisolti sulla base delle precedenti indagini, e dall’altro hanno spazzato via la ricostruzione sorta per effetto delle collaborazioni inquinate di Candura, Scarantino e Andriotta.

Quanto al primo aspetto, relativo ad alcuni interrogativi rimasti senza risposta, le indagini condotte hanno consentito di sgombrare il campo da alcune tesi circolate in ordine all’attentato di via D’Amelio, in alcuni casi piu` alimentate da romanzate verita` affidate al circuito mediatico che non da concreti elementi di prova alla loro base.
Come dicevo, le dichiarazioni di Tranchina individuano il soggetto che ha premuto il telecomando con verosimile certezza in via D’Amelio, e questo era un aspetto che non era stato chiarito dalle indagini precedenti.

Inoltre, dall’altro lato, la frase «mi accomodo nel giardino» consente di escludere con altrettanta ragionevole certezza che il commando degli attentatori fosse ubicato al castello Utveggio.
Questa era una tesi che era sorta per effetto di alcune dichiarazioni effettuate nel processo «Borsellino bis» dal consulente dottor Genchi, ma sotto questo punto di vista le inda- gini consentono di escludere che quanto meno dal castello Utveggio sia partito l’impulso per attivare la carica esplosiva in via D’Amelio; cos`ı come le indagini fatte dal nostro ufficio hanno permesso di accertare come nell’immediatezza venne inspiegabilmente trascurata altra pista investigativa, che pure nei primi accertamenti era stata esplorata, relativa al palazzo in costruzione nei pressi di via D’Amelio da parte dei fratelli Graziano, che erano imprenditori legati a doppio filo con la criminalita` organizzata di stampo mafioso. Questa pista, che appariva concreta all’epoca, venne poi inspiegabilmente abbandonata.

Le dichiarazioni di Spatuzza che coinvolgono e consentono di chiudere il cerchio in ordine ad un soggetto, che e` Salvatore Vitale, altro mafioso della famiglia di Roccella, come coinvolto nella strage di via D’Amelio, consentono di sgombrare il campo anche da un’altra tesi che era stata molto dibattuta in sede processuale, sia nell’ambito del «Borsellino uno» che del «Borsellino bis».
Bisogna premettere che Salvatore Vitale abitava al piano terra di via Mariano D’Amelio, dunque nello stesso stabile della mamma, quindi dell’abitazione della sorella del dottor Borsellino.
Questo dato, unito ad altre dichiarazioni gia` presenti agli atti nei processi per la strage di via D’Amelio, consente di escludere con ragionevole certezza che vi sia stata una intercettazione abusiva della linea attestata nella via Mariano D’Amelio, tesi sulla base della quale si era cercato di spiegare in che maniera gli attentatori avessero saputo dell’arrivo del dottor Borsellino in via Mariano d’Amelio. Altra conclusione importante cui si e` potuti giungere per effetto delle investigazioni svolte …

LUMIA. Puo` chiarire meglio questo aspetto dell’appartamento?

LUCIANI. Sostanzialmente, le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza delineano innanzi tutto una cronologia degli eventi che e` assolutamente incompatibile con una intercettazione abusiva dell’abitazione della mamma del dottor Borsellino, perche ́ e` ormai ragionevolmente provato, sulla base delle dichiarazioni di Spatuzza, come anche di altri collaboratori, che gia` dai primi giorni della settimana antecedente la strage – parlo del marted`ı – , gli attentatori avevano deciso di eseguire l’attentato la domenica.
Quindi se hanno gia` deciso di eseguire l’attentato la domenica non si capisce che senso abbia una intercettazione abusiva di una linea telefonica che do- vrebbe invece servire a verificare il momento piu` opportuno e piu` propizio, e quindi a non decidere nulla a priori.

LUMIA. Come sapevano che la domenica sarebbe andato l`ı?
LUCIANI. Se va a vedere gli appunti dell’agenda grigia del dottor Borsellino si vede che egli andava quasi sempre, se non sempre, a trovare la mamma la domenica. Se guarda gli appunti, da dopo la strage di Capaci fino a via D’Amelio, il dottor Borsellino era andato a trovare la mamma sempre la domenica mattina, tanto e` vero che gli attentatori si predispon- gono ai servizi di osservazione dalle prime ore di domenica 19 luglio e li interrompono solo all’ora di pranzo, quando hanno la certezza che non si muovera`, ma poi li proseguono nella speranza che il dottor Borsellino giungesse nell’appartamento comunque nel giorno della domenica.
Questi sono comportamenti che sono assolutamente inconciliabili con una intercettazione abusiva, perche ́ non si sarebbero approntati per la domenica mattina, perche ́ gia` dal sabato sera avrebbero saputo che il giorno dopo, al pomeriggio, il dottor Borsellino sarebbe andato dalla mamma. Quindi non ha senso appostarsi la mattina se gia` si sa che il pomeriggio si va in via d’Amelio.

GARRAFFA. E la macchina davanti alla portineria?

LUCIANI. La macchina era posteggiata. Questo e` un qualcosa che non e` stato ancora perfettamente chiarito, pero` la macchina viene portata nel garage di via Villasevaglios il sabato in orario compreso tra le ore 13 e le ore 15. Sempre il sabato Spatuzza ruba le targhe in orario compreso tra le ore 15 e le ore 18 e le porta da Giuseppe Graviano nel maneggio gestito da Salvatore Vitale a Roccella.
Anche qua, Giuseppe Graviano si raccomanda con Gaspare Spatuzza, la settimana precedente l’attentato, di rubare le targhe il sabato in orario di chiusura degli esercizi commerciali e senza lasciare segni di effrazione. Questo perche ́ il furto si sarebbe dovuto scoprire il luned`ı. Quindi, anche questo e` un dato che conferma che l’attentato era stata programmato per la domenica, altrimenti non ha senso questa ricostruzione dei fatti. Non so se sono stato sufficientemente chiaro.
Dicevo, c’e` un altro elemento che e` emerso dalle indagini compiute, soprattutto attraverso la rivisitazione di tutto il materiale fotografico scattato in via D’Amelio e di tutti i filmati girati in via D’Amelio dal giorno dell’attentato.
Quindi immagini girate sia da organismi ufficiali della polizia, sia da televisioni pubbliche sia da televisioni private hanno consentito, attraverso l’affidamento di una consulenza tecnica alla polizia scientifica, di sgomberare il campo da un altro dubbio che era stato introdotto dalle difese di alcuni indagati nel corso dei processi in precedenza instaurati per la strage di via d’Amelio, cioe` che il blocco motore della Fiat 126 non fosse presente in via D’Amelio il giorno dell’attentato (la domenica), ma si e` sostenuto che il blocco motore spunta soltanto il giorno dopo, lunedì`ı 21 luglio; il che voleva dire che il blocco motore era stato portato appositamente in via D’Amelio da qualcuno per depistare le indagini e far risalire a Candura, a Scarantino, e quant’altro.
La consulenza affidata alla polizia scientifica certifica che il blocco motore e` gia` presente in via D’Amelio subito dopo l’esecuzione dell’attentato nel momento in cui le forze di polizia vanno e compiono il sopralluogo. Quindi e` evidente che questo accertamento si doveva compiere perche ́ avrebbe inciso anche su Spatuzza, perche ́ se Spatuzza dice di aver rubato la Fiat 126 e poi il blocco motore non c’e` la domenica, vuol dire che anche le dichiarazioni di Spatuzza erano false.
Queste sono le cose che si e` consentito di chiarire per effetto delle indagini. Quali sono stati gli sbocchi del procedimento, quindi delle indagini condotte su via D’Amelio? Io direi che sono sbocchi importantissimi, perche ́ le dichiarazioni di Spatuzza hanno consentito effettivamente di ricostruire come sono andate le cose in relazione a un importantissimo segmento esecutivo della strage.

Questo ha comportato, come conseguenza, che il nostro ufficio, nel settembre dello scorso anno, ha trasmesso alla procura generale una memoria contenente tutte le risultanze delle indagini che erano sorte per effetto della collaborazione di Spatuzza.

La procura generale, nell’ottobre 2011, condividendo le conclusioni cui eravamo giunti, ha trasmesso alla corte di appello di Catania istanza di revisione e di sospensione della pena nei confronti, complessivamente, di 11 soggetti coinvolti nei processi celebrati per la strage via D’Amelio e risultati estranei alla stessa.

Il 27 ottobre la corte di appello di Catania sospendeva l’esecuzione della pena nei confronti di Profeta Salvatore, Gambino Natale, La Mattina Giu- seppe, Urso Giuseppe, Vernengo Cosimo, Murana Gaetano e Scotto Gae- tano, tutti condannati alla pena dell’ergastolo, nonche ́ di Scarantino Vincenzo, condannato alla pena di 18 anni di reclusione.

Quindi, da una parte si e` fatta, per cos`ı dire, chiarezza e giustizia nel senso pieno della parola, dall’altro lato, si e` chiesta al giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta l’emissione di ordinanza di custodia cautelare carcere nei confronti di quei soggetti che risultavano protagonisti di quel segmento, che si era capito non essere piu` rispondente al vero.
Questi soggetti sono:

  • Madonia Salvatore Mario, inteso «Salvuccio», in qualita` di mandante, perche ́ facente parte della commissione provinciale di cosa nostra, in qualita` di reggente, in vece del padre detenuto, del manadamento mafioso di Resuttana;
  • Tutino Vittorio, soggetto che, assieme a Gaspare Spatuzza, avrebbe rubato l’autovettura e le targhe;
  • Vitale Salvatore, che e` il soggetto che avrebbe offerto appoggio logistico agli attentatori mettendo a disposizione anche il suo maneggio per la consegna delle targhe e fornendo supporto logistico per l’osservazione degli spostamenti del dottor Borsellino; e – come dicevo poc’anzi su sollecitazione del procuratore –
  • Pulci Calogero, le cui dichiarazioni si sono rivelate false e sono state determinanti per condurre alla pena dell’ergastolo il Gaetano Murana. Il 2 marzo ultimo scorso il gip di Caltanissetta ha accolto le richieste dell’ufficio.

Dicevamo – penso di poter anche fare solo un accenno – un altro ele- mento importantissimo e` che il gip di Caltanissetta ha condiviso l’impostazione di questo ufficio – e` stato detto ampiamente, quindi non credo occorra dilungarsi –, perche ́ avevamo inteso contestare agli indagati per il delitto di strage l’aggravante di aver commesso il fatto con finalita` terrorismo. Questa aggravante ci e` stata riconosciuta da parte del GIP sulla base di una serie di considerazioni.
Il gruppo di Brancaccio fu l’unico tra i tanti impegnati in cosa nostra nell’esecuzione delle stragi ad eseguire tutte le stragi, da quella di Capaci al fallito attentato a Contorno. Avvenne un salto di qualita` nella strategia mafiosa in ordine alle modalita` con cui dar corso all’esecuzione del programma stragista, lo accennava il procuratore prima; si data ai primi di marzo del 1992, allorche ́, Sinacori, che era impegnato a Roma per eseguire l’attentato in danno di Falcone viene richiamato da Riina perche ́ l’attentato non si doveva fare piu` con modalita` tradizionali, ma con «modalita` eclatanti», cito testualmente Giovanni Brusca.
E poi plurimi elementi che derivano da fonti dichiarative inducono a ritenere che cosa nostra, oltre alla mera resa dei conti con i suoi nemici storici, con particolare riguardo alle stragi di Capaci e via D’Amelio, intendesse aprire un canale di comunicazione con ambienti istituzionali al fine di risolvere alcuni problemi che erano divenuti irrisolvibili proprio a seguito della sentenza della Cassazione che aveva confermato le con- danne inflitte nel maxiprocesso.
Si trattava delle questioni che riguardavano il fenomeno dei collaboratori di giustizia, il sequestro dei beni, la revisione del maxiprocesso: in sostanza, le richieste del famigerato papello, cui si aggiunge, dopo la strage di via D’Amelio, quella, impellente, relativa all’applicazione del- l’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario, e – piu` in generale – delle condizioni dei mafiosi detenuti.
LARI. Quanto alla parte conclusiva dell’intervento del collega, ci tengo a precisare che tutti gli interventi che sono stati fatti dai colleghi si possono paragonare praticamente a una massima di una sentenza perche ́ la richiesta di misure cautelari per via D’Amelio e` di circa 1.700 pagine, che il collega ha sintetizzato in 20 minuti di intervento. Evidentemente ci sono elementi che abbiamo sviluppato molto piu` ampiamente, per cui non si puo` che rimandare alla lettura della richiesta di misure.
Il collega conclude facendo riferimento al discorso che ho fatto inizialmente e cioe`: «si fa la guerra per poi fare la pace», o comunque all’esempio della bottiglia incendiaria buttata in un cantiere per poi offrire la protezione, quindi, a questa sorta di funzione multitasking dell’attentato di tipo mafioso-terroristico, che serve anche a poter intavolare una trattativa. E` proprio su questo tema che si inserira` ora il collega Gozzo.
PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Lari.

 

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