CODICE DEGLI APPALTI – rischi e opportunità.

 

ATTENTI A DEROGHE E SCORCIATOIE 


DUE DOMANDE ANCORA SENZA RISPOSTA


APPALTI A RISCHIO ANAC SOLLECITA MODIFICHE


Subappalto a cascata: quali sono le criticità dopo l’eliminazione del divieto


Il  codice appalti approvato dal Consiglio dei ministri 

Tra gli aspetti positivi del Codice degli appalti, il presidente dell’ANTICORRUZIONE  Busia sottolinea il rafforzamento della “vigilanza collaborativa, uno dei più efficaci strumenti di prevenzione che consente ad Anac di intervenire con tempestività e garanzia della legalità nelle procedure di aggiudicazione, senza nessuna perdita di tempo. Le Pubbliche amministrazioni che vi aderiscono sottopongono in via preventiva gli atti di gara all’Autorità, che in tempi brevissimi – dai 5 agli 8 giorni – fornisce osservazioni e consigli, favorendo la deflazione del contenzioso”.
“Un altro elemento positivo è il ruolo accresciuto di Anac di ausilio e sostegno alle stazioni appaltanti con la creazione di bandi tipo, documenti tipo, atti già pronti, che le amministrazioni possano usare. Si tratta di una forma di collaborazione e di promozione di “buone pratiche”, nello spirito di risoluzione dei problemi. Così l’azione dell’Autorità viene rafforzata per favorire la ripresa, affiancando le amministrazioni sul versante dei contratti, per renderli strumenti efficaci di realizzazione dei tanti progetti messi in campo, garantendo apertura, concorrenza e capacità di selezionare le imprese più idonee, dinamiche e innovative, al servizio dell’interesse pubblico. Attraverso i contratti-tipo, per esempio, e le nostre piattaforme informatiche, verrà monitorato il rispetto dei contratti collettivi di lavoro, evitando l’adozione dei cosiddetti ‘contratti pirata’, a garanzia dei lavoratori”.
Il Consiglio dei ministri del 29 marzo 2023, su proposta del presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini, ha approvato con modifiche, in esame definitivo, il decreto legislativo recante il Codice dei contratti pubblici, in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78. Nell’ambito dell’attuazione del Pnrr, la riforma del codice degli appalti rappresenta una delle scadenze di rilevanza europea del primo trimestre 2023, ossia una scadenza vincolante per la ricezione dei fondi da parte dell’Europa.  29.3.2023


Nuovo CODICE degli APPLATI – in Gazzetta Ufficiale


CODICE APPALTI – Dossier Camera dei Deputati

 


PRESIDENZA CONSIGLIO MINISTRI – Conferenza unificata

 


 

 


Autorità nazionale anticorruzione (Anac)
il presidente Giuseppe Busia

Semplificazione e rapidità sono valori importanti, ma non possono andare a discapito di principi altrettanto importanti come trasparenza, controllabilità e libera concorrenza“.
“Si dà mano libera, si dice non consultate il mercato, scegliete l’impresa che volete”,“
“Soglie troppo elevate per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate rendono meno contendibili e meno controllabiligli appalti di minori dimensioni, che sono – va notato – quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici”.
Il presidente dell’Anac aveva già detto criticato il testo scritto dal Consiglio di Stato e in parte modificato dal governo Meloni. Come anche l’Ance. “È come permettere di guidare in città senza patente dove c’è il limite dei 50 km“, aveva avvertito a valle dell’iter parlamentare riguardo alle possibilità per le stazioni appaltanti non qualificate di affidare lavori fino a 500mila euro, anche questo intervento puntualmente confermato nel nuovo testo. 
La burocrazia “negativa” che “frena la dobbiamo eliminare, siamo tutti d’accordo”, ma “non possiamo eliminare la burocrazia che fa controlli per far bene, che fa controlli per rispettare i diritti, che fa controlli perché i soldi vanno spesi bene, per garantire tutti coloro che lavorano nei cantieri” e perché “si usino materiali corretti . “Si spendono meglio i soldi, non si violano i diritti, le opere durano di più e si rispetta la concorrenza”, ha aggiunto parlando di questi aspetti come “valori”che “dobbiamo preservare se il Paese vuole crescere”
“La crescita sana l’abbiamo così”.


L’Anac stronca il nuovo codice appalti, Busia: “Trasparenza non vada in secondo piano”

E’ quanto dichiara il presidente dell’Autorità dopo l’approvazione del testo da parte del Consiglio dei ministri. La principale ombra, spiega Busia, è che “sotto i 150.000 euro va benissimo il cugino o anche chi mi ha votato e questo è un problema, soprattutto nei piccoli centri”. Giudizio positivo invece sulla spinta alla digitalizzazione
L’Autorità nazionale anticorruzione stronca il nuovo codice degli appalti 2023. La principale ombra segnalata dall’Autorità è che “sotto i 150mila euro si dà mano libera, si dice non consultate il mercato, scegliete l’impresa che volete, il che vuol dire che si prenderà l’impresa più vicina, quella che conosco, non quella che si comporta meglio”. Questo è il giudizio espresso dal presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, in merito al testo sul Codice degli appalti approvato ieri in Cdm. “Sotto i 150mila euro va benissimo il cugino o anche chi mi ha votato e questo è un problema, soprattutto nei piccoli centri”, ha spiegato a Zapping su Radio Uno. (TUTTE E NOTIZIE)

Le dichiarazioni

In una nota, Busia ha specificato:Bene l’impulso alla digitalizzazione degli appalti del nuovo Codice. Attenzione, però, a spostare l’attenzione solo sul ‘fare in fretta’, che non può mai perdere di vista il ‘fare bene’. Semplificazione e rapidità sono valori importanti, ma non possono andare a discapito di principi altrettanto importanti come trasparenza, controllabilità e libera concorrenza, che nel nuovo Codice non hanno trovato tutta l’attenzione necessaria, specie in una fase del Paese in cui stanno affluendo ingenti risorse europee”. Busia sottolinea anche gli aspetti positivi del nuovo Codice: “Con la gestione interamente digitale degli appalti, prevista dal Codice e impegno di Anac da tempo, sarà garantita l’estensione del digitale a tutto il ciclo di vita del contratto, a partire dalla programmazione, alla richiesta del codice identificativo di gara, fino all’esecuzione e conclusione del contratto, e all’ultima fattura. Questo porta a piena maturazione quanto Anac ha già fatto con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici: tutte le informazioni e le attività riguardanti l’appalto dovranno passare attraverso piattaforme telematiche interoperabili e confluiscono sul portale dell’Autorità, con l’acquisizione diretta dei dati”. Restano però i dubbi, “per la riduzione della trasparenza e della pubblicità delle procedure, principi posti a garanzia di una migliore partecipazione delle imprese, e a tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti”. E ancora: “Soglie troppo elevate -per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate rendono meno contendibili e meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono – va notato – quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici”.
Tra gli aspetti positivi del Codice, Busia sottolinea invece il rafforzamento della “vigilanza collaborativa, uno dei più efficaci strumenti di prevenzione che consente ad Anac di intervenire con tempestività e garanzia della legalità nelle procedure di aggiudicazione, senza nessuna perdita di tempo.  Le Pubbliche amministrazioni che vi aderiscono sottopongono in via preventiva gli atti di gara all’Autorità, che in tempi brevissimi – dai cinque agli otto giorni – fornisce osservazioni e consigli, favorendo la deflazione del contenzioso”.

Non mancano altre note positive. Spiega ancora Busia: “Un altro elemento positivo è il ruolo accresciuto di Anac di ausilio e sostegno alle stazioni appaltanti con la creazione di bandi tipo, documenti tipo, atti già pronti, che le amministrazioni possano usare. Si tratta di una forma di collaborazione e di promozione di buone pratiche, nello spirito di risoluzione dei problemi. Così l’azione dell’Autorità viene rafforzata per favorire la ripresa, affiancando le amministrazioni sul versante dei contratti, per renderli strumenti efficaci di realizzazione dei tanti progetti messi in campo, garantendo apertura, concorrenza e capacità di selezionare le imprese più idonee, dinamiche e innovative, al servizio dell’interesse pubblico. Attraverso i contratti-tipo, per esempio, e le nostre piattaforme informatiche, verrà monitorato il rispetto dei contratti collettivi di lavoro, evitando l’adozione dei cosiddetti ‘contratti pirata’, a garanzia dei lavoratori”.
29 mar 2023 – TG SKY24


Pnrr e rischio criminalità, scatta il Piano Nazionale Anticorruzione di Anac

Le dichiarazioni del ministro Zangrillo

Il Ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo, si è detto molto soddisfatto del lavoro svolto da Anac. “Il ruolo di Anace i piani di prevenzione nella lotta alla corruzione sono fondamentali, anche in vista della piena realizzazione del Pnrr. Il Piano anti-corruzione 2022, insieme alle misure previste dal nostro ordinamento, come i piani triennali di prevenzione, saranno gli strumenti che noi dovremo necessariamente utilizzare per cercare di arrivare al traguardo del 2026 sul Piano nazionale di ripresa e resilienza “.
“In Italia – ha continuato il ministro – abbiamo migliorato di dieci posizioni il nostro ranking, ma rimane comunque una diffusa percezione che il fenomeno corruttivo sia ancora estremamente elevato. Lo certifica l’Eurobarometro 2022 che mostra come l’89% degli intervistati ritiene che la corruzione in Italia sia ancora diffusa rispetto a una media europea del 68 per cento. Il 32 per cento delle persone intervistate ritiene che il fenomeno corruttivo abbia degli effetti su loro stessi rispetto alla media Ue del 24 per cento”. “Nel quinquennio 2017-2021 – ha continuato il ministro – gli illeciti accertati contro la spesa pubblica valgono 34 miliardi di euro per un totale di 115 mila soggetti che sono stati denunciati. Quindi i costi diretti e indiretti della corruzione sono costi altissimi per la collettività non solo dal punto di vista economico ma anche sociale perché minano in modo drammatico la percezione dei cittadini e degli investitori, allargano il divario di fiducia e credibilità che i cittadini hanno verso lo Stato e le istituzioni e questo produce un grande ostacolo per lo sviluppo del Paese. Penso ai tribunali al collasso, alla perdita di investimenti stranieri, all’ambiente vituperato, alla realizzazione di opere pubbliche che diventano percorsi infiniti. Una indagine di Bankitalia fatta subito prima della pandemia, mette in evidenza che la durata media in Italia per realizzare un’opera del valore fino a 300 mila euro è di quattro anni e 10 mesi, quasi cinque anni, e passa dai cinque agli undici anni per le opere dal valore superiore ai 5 milioni di euro. E il dato rilevante è che il 40 per cento” per la realizzazione delle opere pubbliche “è dedicato ai passaggi burocratici. Allora se io penso alle sfide che abbiamo di fronte e la sfida più importante per lo sviluppo del nostro Paese si chiama Pnrr, certamente allora dobbiamo porci il problema di non rimanere ostaggio di questa incertezza burocratica, di queste complicazioni e complessità che derivano dai fenomeni corruttivi”.

Il Piano Nazionale Anticorruzione

Il Piano Nazionale Anticorruzione approvato da Anac, valido per il triennio 2023-2025, è finalizzato a rafforzare l’integrità pubblica e la programmazione di efficaci presidi di prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni, puntando però nello stesso tempo a semplificare e velocizzazione le procedure amministrative.
Tra le novità previste, va segnalato un rafforzamento dell’antiriciclaggio, impegnando i responsabili della prevenzione della corruzione a comunicare ogni tipo di segnalazione sospetta in cui potessero incorrere all’interno della pubblica amministrazione, e delle stazioni appaltanti. E’ stato evidenziato nel Piano, infatti, il legame tra battaglia antiriciclaggio e lotta anticorruzione.
Altro aspetto significativo del nuovo Piano è la necessità di identificare il titolare effettivo delle società che concorrono ad appalti pubblici. Quindi, le stazioni appaltanti sono chiamate a controllare “chi sta dietro” a partecipazioni sospette in appalti e forniture pubbliche. “Da tempo Anac ha chiesto al Parlamento di introdurre l’obbligo della dichiarazione del titolare effettivo delle società che partecipano alle gare per gli appalti”, dichiara il Presidente dell’Anticorruzione Giuseppe Busia.“Va espressamente indicato l’utilizzo della Banca dati Anac come strumento per raccogliere e tenere aggiornato, a carico degli operatori economici, il dato sui titolari effettivi. In tal modo le Pubbliche amministrazioni possano conoscere chi effettivamente sta dietro le scatole cinesi che spesso coprono il vero titolare della società che vince l’appalto, evitando così corruzione e riciclaggio”. Per quanto riguarda la disciplina del pantouflage, le cosiddette “porte scorrevoli” per cui il titolare di un incarico pubblico passa senza soluzione di continuità al privato in favore del quale ha emanato provvedimenti, Anac ha deciso di predisporre delle apposite Linee Guida sulle quali si sta già lavorando, che aiutino le pubbliche amministrazioni ad applicare con più fermezza e definizione il divieto stabilito dalla legge. Un’importante novità del nuovo Piano è quella riguardante i Comuni più piccoli. Le amministrazioni con meno di 50 dipendenti non sono tenute a predisporre il piano anticorruzione ogni anno, ma ogni tre anni. Per tali Comuni vengono ridotti anche gli oneri di monitoraggio sull’attuazione delle misure del piano, concentrandosi solo dove il rischio è maggiore.
Per quanto riguarda la trasparenza dei contratti pubblici, Anac ha rivisto le modalità di pubblicazione. Non dovranno più avvenire sui siti delle amministrazioni in ordine temporale di emanazione degli atti, ma ordinando le pubblicazioni per appalto, in modo che l’utente e il cittadino possano conoscere l’evolversi di un contratto pubblico, con allegati tutti gli atti di riferimento.  ANAC 14.12.2022


Nuovo codice appalti: cosa prevede e perché non piace

Pioggia di critiche da Antimafia e Anticorruzione per il nuovo codice appalti approvato in Cdm e che dovrà passare dalle mani del Parlamento

L’iniziativa più importante da 55 giorni a questa parte, ovvero da quando il Governo guidato da Giorgia Meloni ha giurato. È stato considerato così dal ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini il nuovo codice degli appalti, la misura che punta a velocizzare le procedure d’appalto. Ma nonostante la soddisfazione dell’esecutivo per l’approvazione in Consiglio dei ministri del provvedimento, che ora dovrà passare nelle mani del Parlamento, c’è chi non si accoda all’entusiasmo puntando anzi il dito contro la decisione presa dalle forze politiche. Tra le novità più contestate del testo da sindacati e opposizioni, c’è quella dei cosiddetti “subappalti a cascata” previsti attraverso la previsione di criteri di valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante, da esercitarsi caso per caso (qui avevamo parlato del piano del Governo Meloni sul codice degli appalti).

Le critiche dell’Antimafia

Tra i primi a sollevare le sopracciglia ci sono le associazioni antimafia che, secondo quanto riferito dalla Fillea Cgil è considerata quasi una “nefandezza con la quale assisteremo ad una frammentazione dei cicli produttivi, al massimo incentivo possibile al nanismo aziendale, alla nascita di imprese senza dipendenti”. Secondo l’associazione, infatti, aumenteranno zone grigie, infortuni, sfruttamento e rischi di infiltrazione criminale.

A fargli eco anche Libera, che tramite La Stampa ha sottolineato che nella voglia di fare presto i ministro hanno sentito una “cattiva consigliera” che rischierebbe di “alimentare gli appetiti di organizzazioni criminali, corrotti e corruttori”. Nello specifico, secondo l’associazione, si allargherebbero le maglie e si allenterebbe i controlli, anche depotenziando le funzioni dell’Autorità Anticorruzione, col provvedimento considerato “una beffa di Natale”.

Dito puntato dall’Anticorruzione

A puntare il dito c’è anche l’Anac, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, che ha pesantemente criticato la misura.
Infatti, secondo quanto emerge, il testo metterebbe da parte la figura dell’Autorità sia nel penso che nel controllo sui conflitti di interesse. L’esempio fatto è quello del Rup, il responsabile unico del procedimento, ma anche per quanto riguarda le verifiche alle Soa, gli organismi che attestano il possesso, da parte delle imprese, dei requisiti economici e organizzativi per partecipare alle gare.

Un’altra misura criticata è quella della soppressione dell’elenco delle società in house gestite dall’Anac, che rende molto complicato capire se i servizi offerti da queste società potrebbero essere erogati in maniera più efficiente con gare aperte sul mercato.

Insomma una serie di punti che nessuno gradisce dai piani alti (qui invece vi abbiamo parlato delle novità legate al Superbonus).
Tra i principi cardine alla base del nuovo codice degli appalti il Governo elenca in sintesi quello del “risultato: massima tempestività e miglior rapporto tra qualità e prezzo”, legalità, concorrenza e trasparenza, oltre al “principio della fiducia” nella pubblica amministrazione e negli operatori economici.

Come vi abbiamo già spiegato, però, il vero motore di riforma del sistema degli appalti è la digitalizzazione attraverso il ricorso a strumenti quali una banca dati nazionale dei contratti pubblici, un fascicolo virtuale dell’operatore economico, piattaforme di approvvigionamento digitale, procedure automatizzate del ciclo di vita dei contratti pubblici e digitalizzazione integrale per l’accesso civico. 18 Dicembre 2022  QUI FINANZA


Codice Appalti, l’Anticorruzione conferma le critiche: “Se si sceglie discrezionalmente l’impresa c’è maggiore rischio di corruzione”

“Rimangono le critiche sul codice degli appalti, anche se sono a disposizione”. Dopo la rovente polemica dei giorni scorsi, Giuseppe Busia utilizza toni molto più moderati. Dopo che venerdì il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione aveva aspramente criticato il codice di cui Matteo Salvini rivendica la paternità, la Lega ne aveva chiesto le dimissioni. Busia allora aveva ammormidito i toni e pure dal Carroccio era arrivata una frenata. Anche perché l’uomo scelto nel 2020 da Giuseppe Conte per sostituire Raffaele Cantone ha un incarico di sei anni. “Se continuano a chiedere le mie dimissioni? Rimango fino al 2026 perchè ho fatto il mio dovere. C’è piena coerenza. L’ho fatto per collaborare con il governo e con il Paese perchè è mio dovere”, ha detto il numero uno dell’Anticorruzione a Mezz’ora in più, condotto da Lucia Annunziata.

Secondo Busia il nuovo Codice “è complessivamente un buon codice, alcunee parti le abbiamo scritte noi, è complessivamente un buon codice”. Ha però confermato le critiche nei confronti della possibilità di affidare forniture dirette da parte dei Comuni per tutti i servizi fino a un valore di 140mila euro. “Quello che abbiamo criticato sono le soglie, che non sono una banalità. Fino a 140mila euro io posso prendere la prima impresa che mi capita davanti e affidargli un servizio. Insomma non ho necessità di confrontare due preventivi. Chiedere un preventivo in più è una buona regola. E’ una regola che ognuno di noi fa, anche per cifre nettamente inferiori. Non si può solo correre, bisogna spendere bene”.
Le critiche riguardano le soglie, ovvero a cosa si applica il codice. Poiché usciamo da un’emergenza l’obiettivo è mettere insieme il fare in fretta e bene.
In questo codice non c’è necessità di confrontare due preventivi e questo non è una buona regola.
Se posso scegliere discrezionalmente l’impresa tecnicamente c’è un maggiore rischio di corruzione, lo sostengono anche i costruttori. E si penalizzano le piccole imprese”.

Poi il numero uno dell’Anac ha ricordato che “le cose che ho detto nei giorni scorsi sono esattamente le stesse che dissi nell’audizione parlamentare del luglio 2021, quando ancora non si parlava del nuovo codice degli appalti”. D’altra parte, Busia ci ha tenuto a sottolineare quale è il compito dell’Anac: “Noi suggeriamo quello che è nelle nostre competenze. La legge ce lo impone. Verificare gli appalti, affiancare sindaci, regioni e governo a fare bene gli appalti è il nostro lavoro. Facciamo risparmiare soldi e tempo sugli appalti. Lavoriamo in modo imparziale e indipendente: finito il nostro mandato, che ci viene conferito da due terzi del parlamento, non siamo rieleggibili e torniamo al nostro precedente lavoro”


 

Codice appalti, Meloni: «Finalità è fare opere bene e in tempi accettabili»

 

VIDEO

31 marzo 2023 “La modifica del Codice degli appalti “ha una finalità banale, ossia fare le opere bene e in tempi accettabili, combattendo le ruberie ma senza bloccare all’infinito quello che va fatto”.

ALESSANDRA DOLCI: “FARE IMPRESA CON LE ‘NDRINE NON È MAI UN AFFARE”


Il codice degli appalti e la salvaguardia degli interessi erariali. legislazione antimafia e codice penale



Appalti: l’allarme dell’Anac
, ‘quelli minori a mio cugino o a chi mi ha votato’

La burocrazia è anche buona, eliminarla toglie diritti La principale ‘luce’ del nuovo Codice degli appalti è la digitalizzazione, “che obbliga a trasparenza e partecipazione”, ma la principale ‘ombra’ è che “invece sotto i 150mila euro si dà mano libera, si dice non consultate il mercato, scegliete l’impresa che volete, il che vuol dire che si prenderà l’impresa più vicina, quella che conosco, non quella che si comporta meglio”. E’ il giudizio del presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, sul testo del Codice degli appalti approvato ieri in Cdm. “Sotto i 150mila euro va benissimo il cugino o anche chi mi ha votato e questo è un problema, soprattutto nei piccoli centri”, ha spiegato a Zapping su Radio Uno. Intervenendo al convegno per i 75 anni di Confapi, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini replica spiegando che il nuovo Codice degli Appalti, “si fonda sulla fiducia nei confronti delle imprese, dei professionisti, dei sindaci”. “Qualcuno attacca – aggiunge Salvini -, mi spiace, vedo che il responsabile dell’Anac dice che se gli appalti vanno più veloci è un favore sostanzialmente ai malintenzionati, io penso che sia vero l’esatto contrario, più lungo è l’iter dell’appalto, più facile che il corrotto incontri il corruttore”. Secondo Busia, inoltre, si è tutti d’accordo che “la burocrazia negativa, che frena” va eliminata. “Ma non possiamo eliminare – aggiunge – la burocrazia che fa controlli per far bene, che fa controlli per rispettare i diritti, che fa controlli perché i soldi vanno spesi bene, per garantire tutti coloro che lavorano nei cantieri e perché si usino materiali corretti. Si spendono meglio i soldi, non si violano i diritti, le opere durano di più e si rispetta la concorrenza”. “Sono tutti valori che dobbiamo preservare se il Paese vuole crescere. La crescita sana l’abbiamo così”.  “Sul Codice degli appalti faremo le barricate in Aula”, promette intanto Michele Gubitosa, deputato e vicepresidente del M5s, ad Agorà Rai Tre.
Fedriga attacca il ‘partito del no’ “Tutte le procedure che vanno a semplificare e ottimizzare gli interventi a livello nazionale sono da vedere positivamente”, riflette da parte sua il governatore del Friuli-Venezia Giulia e presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, che si dice sorpreso che ci siano ‘partiti del no’ a prescindere: “Penso sia ciò che ha rallentato il Paese in questi decenni, dove si è avuta la paura di fare delle scelte ed è comodo forse non farle perché non si alzano polveroni, ma questo significa un Paese fermo, non competitivo, che non offre nuove opportunità di lavoro e nuove opportunità di impresa”. 
E secondo il vicepremier e ministro delle infrastrutture Matteo Salvini, ‘se la Cgil annuncia lo sciopero vuol dire che è fatto bene’. E a parere del ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, il Codice degli appalti non è un salto indietro nel tempo, “semmai è un modo per essere in tempo, per realizzare tutto quello che ci proponiamo e utilizzare al meglio le risorse del Pnrr, dobbiamo consentire al Paese di fare le cose che servono nel tempo giusto”.
L‘Ance e Confcooperative
Parla di “grandi passi avanti” sul Codice appalti la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, che in attesa del testo definitivo registra con favore le modifiche su illecito professionale e revisione prezzi “anche se va ancora affinato – spiega – il meccanismo di revisione per renderlo veramente automatico ed efficace”. “Restano però – precisa Brancaccio – perplessità sulla concorrenza, in particolare nei settori speciali che di fatto potrebbero sottrarre al mercato il 36% del volume dei lavori pubblici”.
Qualche preoccupazione “per la liberalizzazione degli appalti sottosoglia fino a 5,3 milioni di euro” viene invece espressa da Confcooperative Lavoro e Servizi, secondo cui “le stazioni appaltanti potranno decidere di attivare procedure negoziate o affidamenti diretti, e allo stesso modo per gli appalti fino a 500 mila euro, le piccole stazioni appaltanti potranno procedere direttamente senza passare per le stazioni appaltanti qualificate. Questo significherà, in concreto, che con le nuove norme il 98% dei lavori pubblici sarà senza gara e altrettanto si verificherà per gli appalti dei servizi e forniture”. ANSA

 


I DATI DELL’ANAC: 18,9 MILIARDI DI OPERE RISCHIANO DI ESSERE ASSEGNATE SENZA GARA

GLI AFFIDAMENTI SOTTOSOGLIA

Il nuovo codice prevede la cosiddetta liberalizzazione sottosoglia. Ciò significa che gli appalti fino a 5,3 milioni potranno essere affidati direttamente, “le stazioni appaltanti potranno decidere di attivare procedure negoziate o affidamenti diretti, rispettando il principio della rotazione”, spiega il Ministero. Fino a 150mila euro si può procedere con affidamento diretto, poi fino a 1 milione la procedura negoziata senza bando invitando 5 imprese, numero che sale a 10 per i lavori sotto la soglia Ue di 5,38 milioni. La gara vera e propria, quindi, resta una possibilità residuale per l’ultima fascia di lavori, quelli più ricchi.
A fornire i dati all’analisi del quotidiano economico è l’Anticorruzione. “Nella sua ultima relazione annuale l’Anac ha calcolato che nel 2021 le stazioni appaltanti italiane hanno promosso 62.812 procedure per l’assegnazione di lavori pubblici, per un controvalore di 43,4 miliardi di euro – scrive il Sole 24 ore -. Di queste ben 61.731 procedure (che l’Anac rileva come richiesta perfezionata di Cig, Codice identificativo di gara), pari appunto al 98,27% per un valore di 18,9 miliardi, sono relative a gare di importo inferiore a 5 milioni. Dunque, al di sotto della soglia Ue di 5,38 milioni, che è la fascia di importo entro la quale il nuovo codice appalti impone l’affidamento diretto (fino a 150mila euro) e la procedura negoziata senza bando (con 5 o 10 inviti a seconda che le opere da eseguire valgano di meno o di più di un milione)”. Inoltre, la formulazione del decreto approvato dal CdM ammorbidisce il vincolo di procedere senza gara almeno per le opere di importo superiore al milione.


3.2.2023 Nuovo Codice degli Appalti, ecco le modifiche che Anac richiede al Parlamento

L’Autorità Anticorruzione ha elaborato un testo di osservazioni allo schema di Nuovo Codice degli Appalti attualmente all’esame delle commissioni parlamentari. Per Anac, la riforma del Codice dei contratti pubblici rappresenta un fondamentale pilastro nel complesso disegno riformatore previsto dal Pnrr, su cui si basa il corretto funzionamento di un settore cruciale e strategico per lo sviluppo del Paese. L’Autorità esprime, pertanto, il convinto apprezzamento per il lavoro finora svolto da tutti gli organi istituzionali preposti, a partire dalla Commissione speciale nominata dal Consiglio di Stato, con cui Anac ha proficuamente collaborato, condividendo l’elaborazione di molte parti dell’odierno testo. Ma, proprio in ragione dell’importanza strategica del decreto legislativo e della complessità delle questioni in esso disciplinate, si ritiene opportuno indicare gli ulteriori margini di miglioramento che si possono conseguire attraverso alcune puntuali proposte di modifica. È evidente, infatti, che la formulazione di una legge, anche se riordinata e semplificata in un unico testo codicistico, è un elemento necessario ma non sufficiente per una riforma di successo.Fk
occorrerà, infatti, accompagnare questo fondamentale processo di riforma, sia con riferimento ai tempi della sua implementazione, sia, soprattutto, garantendone la più efficace attuazione amministrativa. Sotto il primo profilo, al fine di evitare rallentamenti nell’attività contrattuale in corso per l’attuazione degli investimenti previsti dal Pnrr, si potrà valutare – previo necessario accordo con la Commissione europea – un possibile differimento dei termini di applicazione di alcune disposizioni. Sotto il secondo profilo, Anac evidenzia l’esigenza che, con separati provvedimenti, si provveda a fornire a tutti i soggetti pubblici coinvolti nell’attuazione della riforma, le necessarie risorse.
A titolo di esempio, si cita il fondamentale tema della qualificazione delle stazioni appaltanti: a prescindere dalle scelte che si faranno per delimitare l’ambito di applicazione dell’istituto, sarebbe auspicabile che venissero costituite, in tutto il territorio italiano, a livello regionale, provinciale o dei comuni capoluogo, degli specifici di centri di competenze, prevedendo l’assunzione di giovani tecnici ed altri esperti, in grado di affiancare e supportare soprattutto i piccoli comuni nello svolgimento delle attività connesse all’applicazione del codice. Le risorse investite per tali assunzioni sarebbero immediatamente ripagate dai notevoli risparmi che gli stessi sarebbero in grado di produrre e dalla maggiore rapidità di esecuzione delle opere e di acquisizione dei beni e servizi. Sempre a titolo di esempio, si potrebbero valorizzare quei centri di competenza già istituiti a livello regionale, per compiti ormai superati grazie alla digitalizzazione dei processi, attribuendo agli stessi il compito di valorizzare l’esperienza acquisita, offrendo servizi di consulenza e accompagnamento alle piccole e medie imprese, per favorirne la partecipazione alle gare pubbliche e, di conseguenza, la loro crescita e migliore strutturazione, oltre che aumentando il grado di concorrenza complessiva del sistema.
Inoltre, proprio con riferimento alla disciplina dei contratti pubblici, si deve evidenziare che, al fine di garantirne una reale efficacia, occorre rafforzare l’impianto complessivo, guardando contestualmente alle istanze di semplificazione, da un lato, e al sistema di vigilanza e monitoraggio dall’altro. Se si condivide, infatti, il perseguimento della semplificazione delle procedure – ottenuta aumentando la discrezionalità delle amministrazioni, rimuovendo ove possibile le pratiche di gold plating e attuando una concreta e completa digitalizzazione delle procedure ed interoperabilità delle piattaforme – occorre sempre coniugare semplificazione con trasparenza e monitoraggio, cogliendo la sfida del Pnrr come strumento per cambiare la pubblica amministrazione e per creare la cultura della buona amministrazione.  L’Autorità, quindi, si è fatta promotrice della semplificazione procedurale prevista dal nuovo testo, in coerenza con gli obiettivi espressi nel Pnrr, soprattutto attraverso la trasformazione digitale dell’intero ciclo di vita dei contratti, di cui Anac è attore principale in concerto con tutti gli altri stakeholder, le amministrazioni e gli enti aggiudicatori, gli operatori economici.
Condividiamo sulla necessità di fare in fretta. La velocità, però, deve andare di pari passo con la legalità, la trasparenza e le pari opportunità nell’ambito di un mercato concorrenziale sgombro da privilegi e zone d’ombra: l’esperienza nel settore dimostra, invece, che il rafforzamento delle attività di prevenzione della corruzione e di consolidamento dei presidi di vigilanza e monitoraggio contribuisce a creare regole chiare e certe che concorrono alla crescita e allo sviluppo del Paese.


18.1.2023 Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, la posizione di Anac

“Sul nuovo Codice degli Appalti si gioca tantissimo del futuro dell’Italia. Si tratta di una riforma pilastro, ma non basta che sia fatta: va fatta bene. Pur dando un giudizio positivo sul testo approvato dal governo, specie per quanto attiene alla digitalizzazione dei contratti, riteniamo ci siano diversi punti da migliorare. E se, per organizzare meglio le stazioni appaltanti e creare competenze adeguate, serve più tempo rispetto alla scadenza del 31 marzo 2023, allora facciamo slittare l’entrata in vigore di alcune disposizioni, ovviamente raccordandoci con la Commissione europea.
Anac ha lavorato bene con il Consiglio di Stato e si è fatta promotrice di diverse semplificazioni, normative ed amministrative. Non condividiamo però alcuni punti del testo presentato alle Camere e speriamo che si possa intervenire prima dell’approvazione definitiva. Cito tre punti: l’eliminazione di controlli preventivi per evitare un uso indiscriminato dell’in-house; l’innalzamento a 500.000 euro della soglia per la qualificazione delle stazioni appaltanti; l’allentamento delle garanzie sul conflitto d’interessi; l’uso generalizzato dell’appalto integrato
Astrattamente l’appalto integrato è una bella cosa: si affida progetto e costruzione, con tutti i rischi a carico dell’impresa e con certezza di tempi e costi. Di fatto l’esperienza ci dice che le cose non vanno mai così. Dopo l’affidamento, la stazione appaltante si vede presentare un progetto esecutivo che non corrisponde alle sue aspettative. Se si adatta, non fa l’interesse pubblico. Se responsabilmente chiede modifiche, comincia una spesso lunga trattativa con l’impresa, che porta via tempo e conduce inevitabilmente all’aumento dei costi ancor prima di iniziare i lavori. E nel corso dei lavori vengono comunque fuori varianti e contenzioni, allungando i tempi di consegna dell’opera.
Ovviamente non c’è da parte di Anac una opposizione ideologica o preconcetta, solo la valutazione dell’esperienza. Usiamolo allora quando davvero serve, per progetti molto complessi, dove l’impresa deve dare un contributo di innovazione. Altrimenti finiamo solo per penalizzare le piccole imprese e sacrificare la progettazione, cioè la fase in cui concretamente si individua cosa davvero serve all’amministrazione e ai cittadini.
Purtroppo la soppressione del registro dell’in-house gestito da Anac nel nuovo Codice, è sbagliata. Avere una verifica preventiva per controllare se il soggetto che acquisisce al di fuori dal mercato una commessa pubblica ha i requisiti per non fare concorrenza sleale alle imprese è essenziale. Grazie al registro si verifica se davvero vengono rispettati i requisiti richiesti dalla giurisprudenza comunitaria e due terzi delle domande che ci pervengono non sono in regola. Se si elimina questo filtro, partiranno affidamenti illegittimi. Ha senso questo? Favorisce una migliore gestione e fornitura di servizi? Aiuta a fornire servizi a prezzi più competitivi? Favorisce la libera concorrenza e la scelta dei fornitori migliori? Io credo di no e spero che il Parlamento intervenga anche su questo
Se non si reintroduce l’albo degli in-house, aumenterà il contenzioso. Il controllo preventivo di Anac è un aiuto fondamentale agli stessi enti per fare scelte giuste e operare bene. Altrimenti il rischio è che si fermi tutto dopo, con un’impennata di contenziosi e blocco operativo successivo. Senza considerare che in molti casi manterremmo sacche di inefficienza sottratte allo stimolo del mercato, e quindi al miglioramento del servizio a vantaggio dei cittadini.
Aver alzato a 500.000 euro la soglia per la qualificazione delle stazioni appaltanti è come sostenere che, poiché in città si va più lenti, per guidare non serve la patente. Cioè consentire di fare appalti fino a mezzo milione di euro anche a chi non è in grado di gestirli, perché non qualificato. E attenzione: si tratta di quasi il 90% del totale degli affidamenti, che sono normalmente di piccolo importo. Rischiamo così che tali appalti, proprio per l’incapacità delle stazioni appaltanti durino molto di più e che i soldi vengano buttati.
Torniamo allora almeno alla soglia di a 150.000 euro. Per gli appalti più rilevanti bisogna essere qualificati.
Oggi in Italia esiste uno numero spropositato di stazioni appaltanti, che non ci possiamo permettere. I più piccoli avranno tutta la convenienza a rivolgersi a chi sa fare le gare, creando una rete di centrali di committenza diffuse sul territorio, al servizio dei piccoli comuni.
Se un comune non ha personale qualificato per fare appalti, i lavori e gli acquisti si fanno male, si spende molto di più del necessario e si perde più tempo. Quando le amministrazioni sono troppo deboli, finiscono per soccombere nella contrattazione con i grandi gruppi privati. 
Nessuno vuole bloccare i comuni. Troviamo il modo di accompagnare la transizione con ragionevolezza, ma andiamo nella direzione di avere stazioni appaltanti qualificate, magari attraverso l’assunzione di giovani ingegneri bravi e motivati.
Purtroppo le disposizioni sul conflitto di interessi finiscono per mettere in secondo piano un elemento essenziale dell’amministrazione: l’imparzialità.
Il testo presentato in Parlamento fa sì che sia difficile che emergano i conflitti di interessi, introducendo una sorta di inversione dell’onere della prova, per dimostrare che il soggetto è in conflitto d’interessi. Noi crediamo che questo non sia conforme alle direttive europee, che hano un’altra definizione di conflitti d’interessi, Paradossalmente, proprio in un settore delicato quale quello dei contratti, si introducono regole ancora più blande di quelle previste in generale per i procedimenti amministrativi dalla legge 241.
Su questo auspichiamo che si mantenga la normativa vigente. Anche se non c’è la bustarella, si danneggia l’interesse pubblico a scegliere l’impresa più capace, favorendo magari quella amica, più vicina al dirigente o all’assessore di turno. Evitare che questo accada non è interesse soltanto dell’impresa che perde la gara, ma della stessa amministrazione e di tutti i cittadini. Delle stesse imprese più capaci e dinamiche, che devono investire in innovazione, non nelle relazioni con il decisore pubblico di turno.
Anac è per semplificare, e affidare in maniera veloce. Ma attenzione: ragioniamo se davvero sia opportuno prevedere che sempre e in ogni caso si possano acquistare direttamente, senza pubblicità preventiva e senza neanche fare un minimo di analisi di mercato, beni e servizi fino a 140.000 euro. I piccoli artigiani si sentiranno garantiti da tale scelta discrezionale, che in molti enti di piccole dimensioni riguarda la maggioranza dei contratti? E i cittadini potranno fidarsi che questo porti al servizio migliore, più efficiente ed efficace? Purtroppo in molti casi si finirà per privilegiare i soliti, i più vicini al dirigente o all’amministratore locale, non le imprese migliori, quelle con i prezzi più bassi, quelle che lavorano meglio. A volte, semplicemente perché non li si conosce. Grazie alla digitalizzazione è invece possibile fare in fretta comparazioni e controlli, utilizzando meglio le risorse pubbliche”.

 



 


ANCE – agenzie_29_3_23


 

Codice appalti, Salvini risponde ad Anac: “Controlli ci saranno, non facciamo favori a corruzione”

 

Rispondendo ai microfoni di Fanpage.it a margine di un evento, Matteo Salvini, commenta il nuovo Codice degli appalti e le accuse che sono state rivolte da Anac. “Ci saranno tutti i controlli dovuti”, dice.

Sono estremamente soddisfatto del Codice approvato in Consiglio dei ministri, che sbloccherà tanti cantieri e si fida degli imprenditori, dei sindaci, dei professionisti, degli ingegneri, degli architetti, dei geometri…“: lo dice Matteo Salvini ai microfoni di Fanpage.it, parlando del nuovo Codice degli appaltiappena approvato dal governo a margine di un evento organizzato da Federcasa. Subito dopo il via libera, però, sono arrivate le critiche: secondo l’Anticorruzione, infatti, le nuove norme aprono a favoritismi e clientele. “Ci saranno tutti i controlli dovuti, Anac dovrebbe sapere che 5mila Comuni italiani hanno meno di 5mila abitanti, quindi non hanno uno stuolo di tecnici…“, commenta il leader delle Lega con Fanpage.it, facendo riferimento in particolare alla possibilità dei piccoli Comuni di poter gestire direttamente appalti fino a mezzo milione di euro. Per poi sottolineare che comunque anche i piccoli Comuni, volendo, possono affidarsi a stazioni appaltanti più grandi. E aggiunge: “Possono tranquillamente farlo, però a me interessa che i cantieri partano“.

Dal palco di Federcasa Salvini inoltre afferma:Chi si lamenta che sia un favore a corrotti e corruttori si sbaglia. Non diffidiamo per partito preso delle imprese e dei sindaci. Un semplice avviso di garanzia in un paese civile non è una sentenza di condanna. Quindi escludere qualcuno per un avviso di garanzia o un rinvio a giudizio mi sembra improprio per una democrazia compiuta. Abbiamo chiesto che ci sia almeno una prima condanna da parte di un tribunale. Escludere un professionista per un avviso che è a sua tutela mi sembrava davvero sovietico“. Il leader leghista inoltre spiega di essere al lavoro sulle ultime rifiniture del decreto, che entrerà in vigore dal 1° luglio. L’impronta culturale è fondata sulla fiducia verso le imprese e le amministrazioni locali, togliamo un po’ di burocrazia e un po’ di tempi per l’ottenimento dei pareri dagli enti pubblici. Chi lamenta che sia un favore ai corruttori sbaglia, è vero il contrario, più è veloce l’iter dell’appalto più è facile evitare la corruzione. Perché ci sono meno occasioni per il corrotto di incontrare il corruttore“, aggiunge Salvini.
Salvini spiega poi come nel codice ci siano dei passaggi a favore delle imprese italiane“. E precisa: I materiali devono arrivare da Paesi che rispettano l’ambiente e i lavoratori. Tradotto: io impresa non posso riempirmi di cemento o di acciaio che arriva dalla Cina o dalla Turchia“.

29 Marzo 2023


Appalti: Ferrante (FI), “Approvazione nuovo codice successo per Forza Italia e governo”
“Anche questa settimana si chiude con importanti successi per il Governo e per Forza Italia. E’stato approvato il decreto legislativo recante il nuovo codice dei contratti pubblici cui il MIT, in sinergia con il Consiglio di Stato ed accogliendo le proposte ragionevoli e di buon senso avanzate a livello parlamentare, ha lavorato intensamente negli ultimi mesi sotto la regia del Ministro Salvini. Si tratta di un vero e proprio manuale, sollecitato dall’Europa e da troppo tempo atteso dalle nostre imprese e dagli enti locali. I pilastri del nuovo codice sono la deregolamentazione, la semplificazione e la velocizzazione. In particolare si va verso la piena digitalizzazione degli appalti con la creazione di una banca dati e di un sistema interconnesso tra soggetti e stazioni appaltanti, viene previsto il passaggio da tre a soli due livelli di progettazione (il progetto di fattibilità tecnico-economica ed il progetto esecutivo), viene semplificato lo strumento dell’appalto integrato che consente l’affidamento della progettazione e dell’esecuzione dei lavori allo stesso operatore economico. Solo per citare alcune delle più rilevanti novità introdotte. E’ stato dunque portato avanti un enorme lavoro di aggiornamento inun’ottica di snellimento di procedure, sburocratizzazione, efficienza e semplificazione. Con il nuovo codice avremo tempi certi per la realizzazione delle opere e dunque un maggiore stimolo per le imprese ad aprire cantieri e ad investire nel nostro Paese, favorendo così occupazione e crescita. Il Governo del fare, ancora una volta, dimostra di mantenere le promesse e di lavorare per una Italia libera da lacci e lacciuoli e dunque piu’ competitiva ed attrattiva.” Lo afferma in una nota il deputato di Forza Italia, Tullio Ferrante, sottosegretario di Stato alle Infrastrutture e ai Trasporti.
​​​​Ufficio Stampa Gruppo Forza Italia -(AGENPARL) –  01 aprile 2023


Il Codice degli Appalti sarà “garantista”

«Abbiamo ottenuto che il nuovo Codice degli Appalti sia il più possibile garantista: un cambiamento culturale, storico che dà fiducia alle imprese». Così Erica Mazzetti, deputata di Forza Italia e titolare per il partito dei principali dossier del settore edilizia, ha commentato i pareri espressi dalla commissione Ambiente della Camera sul nuovo Codice degli Appalti. In particolare, i deputati hanno chiesto al governo, che dovrà prevedere all’emanazione del dlgs, di «perimetrare le fattispecie» di esclusione di un operatore economico e prevedere che scatti almeno a partire da una sentenza di primo grado. Il senso della richiesta all’esecutivo è semplice. «Un avviso di garanzia – spiega Mazzetti – non può bloccare un’impresa e se è condannata una persona fisica, non deve rimetterci tutta la società» e i suoi lavoratori. Un altro aspetto sul quale si è focalizzata Forza Italia è stata la revisione dei prezzi legata all’impennata dell’inflazione che ha riguardato non solo l’energia ma soprattutto i materiali da costruzione. La commissione Ambiente ha chiesto di fissare la soglia oltre la quale scatta la revisione dei prezzi al 2% per cento dell’importo complessivo del contratto nonché di fissare al 90% per cento la misura della variazione dei prezzi che viene riconosciuta all’impresa. «Per noi è fondamentale che le imprese non lavorino in perdita: il 90% sarebbe la soglia ottimale per l’adeguamento», sottolinea la deputata rimarcando l’importanza di «un controllo ogni 6 mesi sulla base degli indici Istat» sulla base di quanto già previsto dal decreto Aiuti. Analoga attenzione su questo tema è stata posta sul tema dei servizi e delle forniture. «Abbiamo chiesto che queste voci vengano distinte di modo che anche queste aziende abbiano il giusto ristoro», rileva Mazzetti puntualizzando che «non si può trattare un ponte da 2 milioni di euro come un buono pasto» del valore di una decina di euro. Il problema principale, al momento, è di natura politica e riguarda l’entrata in vigore del nuovo Codice. Il decreto legislativo andrà emanato il 31 marzo e dal primo luglio dovrà entrare in vigore perché riforma abilitante inserita nel Pnrr e da cui dipende l’erogazione delle prossime tranche. Ma, precisa Mazzetti, «si tratta di un codice digitale: non è facile adeguare le piattaforme ed entrare nel nuovo meccanismo della progettazione». Il ministro degli Affari Ue Fitto sta trattando con Bruxelles un mini-rinvio al primo gennaio 2024 per evitare che il settore dei pubblici vada in tilt come con la riforma del 2016. 1.3.2023


Riforma Codice dei contratti, Architetti: non si assicura la qualità delle opere

Secondo il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori la versione definitiva del nuovo Codice dei contratti non assicura la qualità delle opere

Il nuovo Codice dei contratti non è in grado di consentire il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr. Sottovalutando il concorso di progettazione e compiendo, in questo modo, un passo indietro rispetto alla normativa precedente, si preclude la possibilità di realizzare opere pubbliche di qualità. Le criticità, sollevate dal mondo delle professioni tecniche, riguardo a pianificazione, programmazione e progettazione ci allontanano dal raggiungimento degli obiettivi posti dall’Europa. Rispetto, poi, al suo impianto generale stride la mancata coerenza tra i principi espressi nella prima parte del Codice – sicuramente condivisibili – ed i contenuti degli articoli successivi”.

Riforma Codice dei contratti: il commento del CNAPPC

Queste le parole di Francesco Miceli, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC), dopo l’approvazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministrin. 26 del 28 marzo 2023 della riforma del Codice dei contratti pubblici.
Duro il commento relativo all’utilizzo indiscriminato dell’appalto integrato. Il riferimento è all’art. 44 del nuovo Codice dei contratti che liberalizza l’utilizzo dell’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori che viene inibito unicamente per gli appalti di opere di manutenzione ordinaria. In tutti gli altri casi, la stazione appaltante potrà stabilire che il contratto abbia per oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica approvato.
Ricordiamo che sul punto, tra gli emendamenti che erano stati presentati dalla Rete delle Professioni Tecniche (all’interno della quale c’è il CNAPPC) era stata chiesta una modifica in modo da definire i casi in cui è possibile il ricorso all’appalto integrato, introducendo una soglia di importo opere come minima per il ricorso a tale strumento. I professionisti avevano, quindi, ribadito un concetto che ripetono da anni: “non è possibile procedere con l’appalto integrato per opere di manutenzione indipendentemente dal loro valore“.
Forte elemento di criticità – afferma Miceli – è rappresentato dalla possibilità di un utilizzo estensivo dell’appalto integrato, il cui ricorso andrebbe indicato esclusivamente per progetti in cui sia prevalente l’aspetto tecnologico dove, sul fronte dell’innovazione, il contributo dell’impresa può essere utile, altrimenti, sacrificando la progettazione, si sacrifica la qualità dell’opera. Eppure bastava far riferimento alle passate esperienze per verificare come l’appalto integrato abbia prodotto, nella gran parte dei casi, enormi contenziosi tra imprese e stazioni appaltanti, opere incompiute e risultati del tutto deludenti”.
È chiaro – conclude il Presidente degli Architetti PPC – che questo nuovo Codice risente del mancato recepimento di proposte avanzate dai professionisti che quotidianamente operano sul campo. Ascoltarli avrebbe sicuramente suggerito, tra l’altro, che i risultati non si misurano solo sulla quantità, ma sulla qualità delle Opere pubbliche: purtroppo, non sarà così”.


Cdm, nuovo codice appalti. Libera:” Un decreto che rischia di alimentare gli appetiti di organizzazioni criminali, corrotti e corruttori”

“Il decreto varato oggi dal CdM in merito alla cosiddetta semplificazione del codice degli appalti rischia di alimentare gli appetiti di organizzazioni criminali, corrotti e corruttori, allarga le maglie ed allenta i controlli, anche depotenziando  le funzioni dell’Autorità Anticorruzione. Una beffa natalizia che apre la strada ad una liberalizzazione criminogena delle gare d’appalto. Invece di realizzare l’auspicata semplificazione delle norme sugli appalti si “normalizza” la gestione emergenziale sull’altare di un’accelerazione forzosa delle procedure, analoga a quella utilizzata dalla “cricca della protezione civile”, immolando i principi di concorrenza, responsabilità, controllo. Tutto questo in un contesto amministrativo come quello italiano, in cui da sempre le consorterie mafiose e corruttive hanno trovato terreno particolarmente fertile negli appalti assegnati per via straordinaria. Tra i punti più vulnerabili, la generalizzazione dell’appalto “integrato”, che sovrappone la progettazione e l’esecuzione dell’opera in capo al medesimo soggetto privato e induce così una pericolosa commistione di ruoli e una concentrazione di poteri nelle mani sbagliate, svilendo il ruolo pubblico di programmazione e supervisione; la proroga delle deroghe al Codice fino al 2026; l’innalzamento delle soglie per affidamenti diretti senza gara, più esposti a condizionamenti opachi e pressioni corruttive, da 100.000€ a 500.000€; il dimezzamento della garanzia da versare da parte dei vincitori della gara (dal 2% si passa all’1%), che indebolisce il potere negoziale degli enti pubblici; il depotenziamento del ruolo di ANAC nel controllo dei conflitti di interesse dei funzionari e nelle verifiche sulla qualificazione delle imprese. Torna inoltre in auge l’aggiudicazione sulla base del criterio del prezzo più basso, un meccanismo perverso che tende a deresponsabilizzare le stazioni appaltanti, incentivando le imprese a recuperare gli “sconti” effettuati attraverso varianti d’opera, accordi collusivi, scarsa qualità di materiali e prestazioni, oppure risparmiando sulla sicurezza dei lavoratori. La logica dell’emergenza alla quale è sempre pericoloso riferirsi, soprattutto in un paese come l’Italia che vede forti interessi criminali negli appalti pubblici, diventa il diktat attraverso il quale affrontare i lavori previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La gestione del PNRR può e deve essere un’occasione di rilancio per l’Italia, attraverso la realizzazione di opere anche infrastrutturali necessarie alla modernizzazione del Paese, rilancio e modernizzazione all’insegna della trasparenza e della buona gestione dei fondi europei: per questa ragione gli strumenti legislativi non devono essere indeboliti, ma rafforzati attraverso la messa a disposizione di competenze volte al controllo, a partire dal ruolo centrale degli enti locali” In una nota Libera esprime forte preoccupazione sul Decreto Semplificazioni sul codice degli appalti approvato in Consiglio
Pensare di velocizzare le procedure abrogando il codice appalti è una strategia miope e rischiosa, che apre la strada ad una liberalizzazione delle gare d’appalto potenzialmente criminogena”
“Le notizie relative alla proposta di abrogazione del codice degli appalti suscitano grande preoccupazione. E’ forte il rischio di lanciare un segnale sbagliato, indebolendo proprio in questa fase cruciale di rilancio degli investimenti pubblici la lotta all’illegalità e la prevenzione delle prevedibili infiltrazioni di consorterie mafiose e corruttive. Le disposizioni del codice degli appalti, pur nella loro complessità, rappresentano un presidio a tutela di correttezza, concorrenza ed efficienza nella gestione delle risorse e per una buona realizzazione delle opere pubbliche. Più che abrogarlo, riteniamo fondamentale intervenire per rafforzare i controlli preventivi, applicare norme già esistenti che permettono uno snellimento mirato delle procedure, rafforzare i sistemi di prevenzione e di controllo della qualità delle realizzazioni, realizzare un sistema di trasparenza integrale e di indicatori di rischio, grazie al ruolo dell’Anac e delle banche dati già esistenti. Pensare di velocizzare le procedure abrogando il codice appalti è una strategia miope e rischiosa, che apre la strada ad una liberalizzazione delle gare d’appalto potenzialmente criminogena, un vero e proprio “liberi tutti” per corrotti e corruttori.”In una notaLibera commenta la richiesta di abrogazione del codice degli appalti


Cgil, il nuovo codice degli appalti è un vero salto indietro

‘Si rischia di aprire ampi varchi a mafia e corruzione’

(ANSA) – ROMA, 30 MAR  2023 Dopo lo sblocca cantieri, il governo con il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini torna a stravolgere il Codice dei contratti pubblici. Il nuovo testo è un vero e proprio salto all’indietro, una controriforma che elimina gli aspetti qualificanti nelle procedure di appalto ispirate ai principi della trasparenza, della non discrezionalità, della correttezza e della libera concorrenza tra le imprese”. “Lo afferma il segretario confederale della Cgil, Giuseppe Massafra, sostenendo che così “si rischia di aprire ampi varchi a mafia e corruzione”. (ANSA).    


Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini critica duramente il nuovo codice degli appalti appovato dal governo. “Forse quelli del governo non hanno mai lavorato, ma andare in un cantiere e far passare la logica del subappalto e del sotto appalto vuol dire che si fa una logica al massimo ribasso, vuol dire che si mettono in discussione i contratti, i diritti delle persone, vuol dire che non sei in grado di garantire la sicurezza e questo non vuol dire accelerare i cantieri, questo vuol dire mettere a repentaglio la vita delle persone che lavorano e vuol dire fare una concorrenza sleale tra le imprese”, ha detto a margine della mobilitazione nazionale dell’edilizia rispondendo a chi contesta ai sindacati di essere il ‘partito del no’ perchè, secondo il governo, il codice degli appalti sbloccherebbe i cantieri e creerebbe più lavoro. “Quando si fanno queste cose noi saremo sempre contro perchè questa è proprio una bugia”, ha aggiunto.


FILCA CISL  Codice Appalti: “Passo avanti importante per il settore, ma sono necessari correttivi e affinamenti”

“Il Codice Appalti, approvato ieri dal Governo, è uno dei target raggiunti dal nostro Paese rispetto alle scadenze del PNRR. Il nuovo codice, che dal prossimo 1° aprile sostituirà il D.Lgs. 50/2016, è uno strumento pienamente operativo e non necessiterà, a differenza del precedente, di una serie di atti di normazione secondaria che spesso sono rimasti inattuati o hanno ricevuto continue modifiche, rallentando di fatto gli interventi. Un quadro normativo di riferimento chiaro e preciso contribuisce a rendere il sistema certo e stabile; tali aspetti sono di fondamentale importanza nel settore della contrattualistica pubblica, poiché gli appalti rappresentano oltre l’11% del Pil italiano”. Lo ha dichiarato Enzo Pelle, segretario generale della Filca-Cisl nazionale.
“Tuttavia – aggiunge – c’è da riflettere sulla piena efficacia del testo e sulla sua effettiva portata innovativa, in quanto, come richiesto da tutti gli attori del sistema, una riforma così importante forse avrebbe avuto la necessità di un periodo di ‘rodaggio’ più lungo rispetto a quanto previsto. Riteniamo inoltre che per la reale riforma del sistema dei contratti pubblici occorra una adeguata formazione per gli operatori, una selettiva riqualificazione delle stazioni appaltanti, l’effettiva attuazione della digitalizzazione e una piena interoperabilità delle banche dati pubbliche. Sicuramente la previsione obbligatoria dell’applicazione del contratto nazionale maggiormente rappresentativo a tutta la filiera, compreso il subappalto, è un aspetto di attenzione fondamentale al mondo del lavoro, da valutare in modo positivo.
Attraverso la responsabilità in solido si rafforzano gli strumenti per il mantenimento degli standard retributivi e contributivi e la sicurezza per i lavoratori. Principi che trovano conferma nella previsione obbligatoria del Durc di congruità. Sul subappalto a cascata, previsto dalla normativa comunitaria e oggetto di diverse procedure di infrazione, ricordiamo che è limitato alla non prevalenza dell’opera; forse – aggiunge il segretario generale della Filca – si sarebbe potuto osare di più, limitandolo al 1° livello e avviando un dialogo con l’Ue. In questa direzione pensiamo che a partire dalle norme regolamentari e dagli eventuali correttivi sarebbe opportuno estendere le regole del subappalto anche alle subforniture e alla subcontrattazione, dove sovente riscontriamo irregolarità e violazioni contrattuali.
Bene la digitalizzazione e la trasparenza, che sono la giusta strada per la semplificazione. La tracciabilità digitale dell’intero ciclo dell’appalto, inoltre, può rappresentare un utile strumento di controllo e prevenzione della corruzione nel settore degli appalti pubblici.. Riteniamo utili alcuni correttivi e affinamenti – conclude Pelle – per rendere questo strumento ancora più equo ed efficace, a garanzia della qualità del lavoro e delle risorse pubbliche in un’ottica di sostenibilità non solo ambientale ma anche e soprattutto economico-sociale”. 29.3.2023

CISL  Sbarra: “Positivo dare al paese un quadro di riferimento stabile e certo, restano però da migliorare alcuni aspetti del Codice”

 
“Positivo è dare al paese un quadro di riferimento stabile e certo per tutta la filiera”. Cosi il segretario generale Luigi Sbarra al TG 5. “Apprezziamo anche la volontà di velocizzare la messa a terra delle opere sbloccando investimenti e risorse che altrimenti rischiamo di perdere. Fondamentale che il nuovo testo vincoli gli appalti all’applicazione dei contratti leader. Restano però da migliorare alcuni aspetti a cominciare dal superamento dell’utilizzo eccessivo degli affidamenti diretti e dei negoziati senza bando. Bisogna rafforzare le condizionalità sociali per elevare qualità del lavoro, sicurezza nei cantieri, diritti dei lavoratori, buona qualità della spesa e la lotta alla corruzione. Il governo sposti in avanti l’entrata in vigore del decreto rafforzandone l’impianto sociale e dando una spinta partecipata alla ripresa”. TG5 30.3.2023

Nuovo codice appalti, Cgil e Uil in piazza: “Si rischia di favorire la criminali

«Il nuovo codice degli appalti ci fa tornare indietro di 50 anni, liberalizzando il subappalto che oggi è vietato per più di un livello di subappalto». Lo ha detto il segretario generale di Fillea Cgil, Alessandro Genovesi, alla manifestazione degli edili contro il nuovo codice degli appalti di Palermo. Manifestazione organizzata da Fillea Cgil e Feneal UILche si svolge anche a Roma, Torino, Napoli,  e Cagliari. La liberalizzazione del subappalto “vuol dire prendere un lavoro a 10, lo subappalto a un altro a nove che lo può subappaltare a un altro a 8 e così teoricamente all’infinito, com’ è nellè edilizia privata», ha spiegato Genovesi. «Peccato che a ogni livello di subappalto, l’ imprenditore che non è una dama di carità, deve risparmiare e nell’edilizia si risparmia o sui macchinari, o sul salario oppure su salute e sicurezza», ha sottolineato il leader sindacale. «Il 90% degli infortuni mortali nei cantieri avviene nell’edilizia privata per cui invece di portare le buone regole del codice degli appalti pubblici nell’edilizia privata, noi portiamo il far west dell’edilizia privata negli appalti pubblici», ha spiegato ancora Genovesi. «Torniamo ai cantieri degli anni 70», ha concluso.“L’allarme di Fillea Cgil e FenealUIl per il nuovo codice degli appalti è concreto e fondato, così come le preoccupazioni del presidente dell’Anac. Non tenerne conto è da irresponsabili, attaccare chi si oppone come fa Salvini è solo vuota tracotanza e un volere dare al Paese un segnale negativo con un provvedimento che produrrà arretramenti sul fronte della legalità, dei diritti dei lavoratori, della qualità delle opere”, dice il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino.
Aggiunge Giovanni Pistorio, segretario generale della Fillea Cgil Sicilia: “Si rischia di consegnare all’illegalità e alle mafie l’intera filiera delle costruzioni a partire dalle forniture e dai servizi. Di condannare molte aree del Paese a vedere fiorire corruzione e malaffare. Ne pagherebbero le conseguenze i lavoratori, la prima a saltare sarebbe la sicurezza, già precaria nel settore e nella nostra regione, ne pagherebbero le conseguenze tutti i cittadini”
Ancora Mannino e Pistorio: “Lo snellimento delle procedure è un obiettivo importante ma solo la trasparenza del percorso può garantire opere di qualità, dignità del lavoro, legalità obiettivi fondamentali pere la crescita civile, sociale, per lo sviluppo del Paese. Noi riteniamo che il contesto in cui i fatti avvengono vada tenuto in considerazione e che certe pratiche perniciose ma piuttosto radicate come la corruzione, il favoritismo, il voto di scambio, le infiltrazioni mafiose vadano scongiurate, se no non si va da nessuna parte”. 1.4.2023  GDS


Nuovo codice appalti, costruttori e sindacati: “Rischio corruzione”

Per i sindacati si apre un nuovo “Far West”. Per i costruttori: «Si poteva fare di più». Divide il nuovo codice degli appalti ma su una cosa mette d’accordo tutti, costruttori e sindacati: il pericolo corruzione. Gare escluse di fatto per la stragrande maggioranza degli appalti pubblici, con affidamenti diretti fino a soglie elevate, la promessa di tagliare i tempi delle opere tra sei mesi e un anno. E poi la liberalizzazione: per appalti fino a 5,3 milioni ci potranno essere affidamenti diretti. Insomma, le nuove norme lasciano l’amaro in bocca un po’ a tutti. L’impatto sul Pnrr è assicurato, al Sud (e a Napoli, in particolare), si incrociano le dita per i prossimi obiettivi da raggiungere con il nuovo codice. Più che critico il parere di Luigi Della Gatta, presidente Ance Campania. «In un territorio nel quale la mancata trasparenza negli affidamenti è già molto elevata – spiega – le procedure negoziate senza bando sono state innalzate a 5,5 milioni di euro. Questopotrebbe determinare un vulnus ancora più grave nella nostra regione». Della Gatta mette l’accento sulle stazioni appaltanti che al Sud sono molto indietro e parla di troppa discrezionalità: «Si potrebbero determinare rischi seri di trasparenza, si porge così il fianco alla corruzione. C’è un intento politico in questa scelta, perché tende a eludere la concorrenza sul territorio nazionale tra le imprese, favorendo, soprattutto al Nord, le imprese del territorio». Punta il dito contro un principio fondamentale del nuovo codice, la riqualificazione delle stazioni appaltanti, anche Angelo Lancellotti, presidente Ance Napoli: «Mai cominciata, chissà quanto tempo ci vorrà per metterla a sistema, così si rischia di mettere in crisi le fondamenta del codice».
E sulla trasparenza e sulla concorrenza negli appalti: «Con le nuove norme si escluderanno dei settori, in barba ai principi di concorrenza». Una nota positiva però c’è. «Il codice affronta il problema della revisione dei prezzi, in modo non ideologico. Poi c’è il problema dei “ristorni” in tempi brevi. Occorreva maggiore coraggio nel prevedere meccanismi automatici e più veloci». Vincenzo Maio, segretario generale Fillea Cgil Campania va giù duro: «Si scrive “nuovo codice degli appalti” si legge “Far West” o “legge della giungla” che dir si voglia. Si assesta un colpo mortale al settore dell’edilizia. Su 34 settori merceologici delle attività produttive il settore edile, con le sue attività, ne investe ben 31. Altro che snellimento e appalti più veloci, si torna indietro di 50 anni e si cancellano tutte le procedure su sicurezza, legalità e lotta alle infiltrazioni mafiose ».
Fillea Cgil e Feneal Uil scenderanno in piazza in 5 città italiane, tra cui Napoli (a piazza San Giovanni XIII, a Pianura). Rincara la dose Nicola Ricci segretario generale Cgil Napoli e Campania: «Non saranno più rispettati i contratti nazionali, si favorirà ildumping nel settore edile. Grave è l’affidamento diretto di lavori sotto i 150 mila euro. Pericoloso il via libera ai subappalti a cascata. Calerà l’attenzione sulla sicurezza e aumenteranno i rischi di infortuni e decessi sul lavoro ».
Per Giovanni Sgambati, segretario generale Uil Campania e Napoli «è un ritorno indietro di 40 anni che compromette la sicurezza sul lavoro e fenomeni di illegalità». «Bene ogni riforma che interviene per semplificare e snellire le procedure – conclude Doriana Buonavita, segretaria generale Cisl Campania – Procedure, però, che devono tenere conto delle regole per l’affidamento diretto, l’appalto integrato e i subappalti che non possono prescindere dalla trasparenza e legalità». Edoardo Cosenza, assessore alle infrastrutture del Comune di Napoli e consigliere Nazionale Cni (Consiglio nazionale ingegneri) commenta: «Meno burocrazia può portare a ridurre i tempi di realizzazione ma è importante mantenere alta la qualità della progettazione».  31 Marzo 2023 LA REPUBBLICA 


Nuovo codice degli appalti, che cosa prevede, perché fa discutere

Il nuovo codice degli appalti semplifica le procedure, ma preoccupa per l’ampia estensione della possibilità di assegnare appalti pubblici senza gara. Ecco quali sono i nodi

A titolare testualmente «Codice Appalti, liberalizzazione dei contratti pubblici quasi totale» e ad ammettere la deregolamentazione pressoché piena non è infatti, nelle prime ore dalla pubblicazione del testo, una cassandra con il dente avvelenato, pregiudizialmente contraria alla velocizzazione dei lavori pubblici, e neppure qualche procuratore che, si dice maliziosamente dalle parti del Governo, «vede mafia dappertutto» ma edilportale, uno dei principali portali di informazione tecnica rivolto al mondo dell’edilizia. 

OLTRE IL 98% DEGLI APPALTI PUBBLICI ASSEGNABILI SENZA GARA

Sotto i riflettori ci sono soprattutto le “soglie” minime al di sotto delle quali si procede in modo semplificato. Decidere, come si è fatto, che si possono assegnare appalti in via diretta per lavori fino a 150.000 euro e per servizi fino a 140.000 e con procedura negoziata senza bando (una gara ristretta a poche imprese) fino a 5,3 milioni di euro, significa assegnare oltre 98% degli appalti pubblici in Italia senza gara di appalto. Non solo, per gli importi fino a 500.000 euro non sarà più necessario il supporto di Stazioni appaltanti qualificate. In più viene rilegalizzato l’appalto integrato, in cui l’impresa che si aggiudica l’appalto si occupa non solo della progettazione ma anche dell’esecuzione, una procedura che il codice del 2016 vietava, ma che era già in parte rientrata in gioco grazie ad alcune deroghe durante le urgenze del Covid. E torna senza limiti ora anche il ricorso al subappalto. L’esclusione automatica dalle procedure di assegnazione, invece, rimane in piedi per chi abbia riportato condanne definitive, di primo grado o misure cautelari per reati che la prevedono (corruzione per esempio), ma non per chi per gli stessi abbia patteggiato ove possibile una pena, questo a causa di un mancato coordinamento con la riforma Cartabia che su questo punto ha creato buco.Alcuni aspetti del nuovo Codice Appalti avevano fatto discutere già in fase di approvazione, inducendo per esempio Libera a porre in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno, il problema di alcuni rischi e a chiedere correttivi in vista del testo definitivo che non sono intervenuti. Si poneva tra le altre cose il problema della «moltiplicazione di stazioni appaltanti poco qualificate e non in grado di comprare sul mercato a condizioni vantaggiose per la pubblica amministrazione. (…) un elemento di debolezza che si paga in termini di velocità delle procedure ed efficienza nella spesa del denaro pubblico. Inoltre, stazioni appaltanti poco qualificate e numerose sono meno controllabili, più fragili e potenzialmente più a rischio di fenomeni corruttivi e di infiltrazione mafiosa». A proposito del ricorso massiccio all’affidamento diretto, scriveva Libera, «rischia di porre in capo a dirigenti e responsabili delle stazioni appaltanti la scelta di come verificare la congruità sul mercato, favorendo peraltro relazioni con mondi criminali, mafiosi e con contesti e operatori locali in un’Italia degli 8 mila comuni di cui la maggior parte sotto i 5 mila abitanti. Occorre intervenire per favorire comparazione e ricerche di mercato, rotazioni e strumenti che evitino di ridurre imparzialità e trasparenza nella gestione di risorse pubbliche».  Ad avviso di Libera e degli operatori che ne hanno controfirmato l’appello, ci sono rischi anche nell’allargare l’appalto integrato, che già in passato – come ricordava Raffaele Cantone quand’era presidente Anac – aveva dato prove di effetti negativi sui costi e sulla qualità delle opere e dei servizi. Secondo Libera: «Senza alcuna delimitazione» si può finire per «consegnare la progettazione e realizzazione di opere a imprese, riducendo il ruolo della stazione appaltante a ente pagatore, con rischi di incremento di costi e possibili infiltrazioni mafiose».

E quanto all’esigenza «condivisibile» di semplificare i documenti di gara e l’istruttoria, la stessa: «Non può generare una condizione tale per cui si perde di fatto il controllo delle attività in subappalto, con riflessi pericolosi per quanto attiene potenziali infiltrazioni mafiose». Su questo aspetto però le mani erano legate dalle norme europee, anche se notoriamente è quello dei subappalti, specie se al massimo ribasso, uno dei notori fattori di rischio di infiltrazione mafiosa.

ANAC: “SEMPLIFICAZIONE NON A SCAPITO DI TRASPARENZA”

Il problema, hanno spiegato in questi giorni esperti come il presidente dell’Anac Giuseppe Busia, è soprattutto l’aver elevato le soglie di assegnazione senza gara anche per appalti non da poco, per esempio al di sopra del milione di euro: «Semplificazione e rapidità sono valori importanti», spiegava Busia nei giorni scorsi, «ma non possono andare a discapito di principi altrettanto importanti come trasparenza, controllabilità e libera concorrenza, che nel nuovo Codice non hanno trovato tutta l’attenzione necessaria, specie in una fase del Paese in cui stanno affluendo ingenti risorse europee».  FAMIGLIA CRISTIANA 31/03/2023 


CONFINDUSTRIA: Codice Appalti, Bonomi “Grossi rischi, non incide su problemi”

“Rinunciamo ai progetti inutili e ci concentriamo su ciò che si può realizzare e che serve”, ha detto il presidente di Confindustria “Ci sono dei grossi rischi. Da un lato molti enti possono decidere di assegnare i con- tratti solo alle grandi imprese per non esporsi a contestazioni, ma così si finisce per penalizzare le piccole e medie.
Dall`altro si aprono le porte alle decisioni discrezionali dei partiti e di chi premia gli amici degli amici. Un codice fatto così non incide sui problemi di produttività e trasparenza”. E’ il commento, i del presidente di Confindustria Carlo Bonomi al nuovi codice degli appalti, in un’intervsta al Corriere della Sera. Sul Pnrr “siamo a un bivio” afferma Bonomi. “O andiamo avanti rendicontando qualsiasi cosa e buttando via i soldi; oppure rinunciamo ai progetti inutili e ci concentriamo su ciò che si può realizzare e che serve. Si può immaginare un sistema tipo Industria 5.0, basato su crediti d`imposta, nel quale la stazione appaltante finale è l`industria privata. Quella che investe. Sarebbe una politica industriale con la persona al centro, dal green, al digitale, al lavoro, alla formazione. È il modello applicato da Joe Biden con l`Inflation Reduction Act”. QdS 31.3.2023


Nuovo codice dei contratti: il Coordinamento Ordini degli Architetti del Sud boccia le scelte del governo Il nuovo codice dei contratti varato dal Governo rappresenta un netto passo indietro per i professionisti.

A sostenerlo è Raffaele Cecoro, Coordinatore Interregionale degli Ordini degli Architetti PPC del Meridione (OAPPC-SUD), all’indomani dell’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, del nuovo Codice degli Appalti, così come rivisto e integrato alla luce delle osservazioni delle commissioni parlamentari, dei diversi ordini professionali italiani e della conferenza degli ordini degli architetti.

A mio avviso, il nuovo Codice dei contratti non permetterà di consentire il raggiungimento degli obiettivi del PNRR, sono stati totalmente cassati i concorsi di progettazione facendo così compiere, in questo modo, un passo indietro rispetto al Codice in vigore precedente.
Ci troviamo di fronte ad una forte regressione rispetto a alle conquiste che il sistema ordinistico pensava di aver consolidato rispetto ai concorsi di progettazione. Si sperava che l’istituzione del fondo per i concorsi di progettazione e il concorso per le 212 scuole, fosse il segnale di una volontà consolidata destinata a mettere al centro del processo di trasformazione del paese la qualità del progetto; il nuovo testo, invece, liquida la questione concorsi in un unico articolo di solo 4 commi.
Inoltre la soppressione del livello di progettazione definitivo, con conseguente ampliamento della fase di fattibilità in termini di elaborati ed approfondimento progettuale obbligherà i professionisti che risponderanno ai, pochi, futuri concorsi di progettazione ad investimenti che in pochi saranno disposti a fare.
In questo modo ci si priva della possibilità di poter scegliere, tra tanti, il miglior progetto per quel luogo, per quella comunità. Ci si priva della possibilità di far crescere chi merita, della ricerca progettuale che si fa nei concorsi, si smette di credere in una società moderna e aperta che dà pari opportunità”, continua il presidente dell’Ordine degli Architetti PPC di Caserta.
“Con queste modifiche, è stata preclusa la possibilità futura di realizzare opere pubbliche di qualità, qualità che penso sia l’elemento trainante per assurgere ad opere pubbliche e privati che possano essere riconoscibili ed iconiche della nostra nazione.
Altra criticità è rappresentata dalla possibilità di un utilizzo estensivo dell’appalto integrato, il cui ricorso andrebbe indicato unicamente per progetti in cui l’aspetto tecnologico sia prevalente. Il ricorso all’appalto integrato dovrebbe aversi unicamente dove il contributo dell’impresa può essere utile dal punto di vista dell’innovazione, al contrario si va unicamente a svilire la qualità dell’opera.
Sarebbe bastato prendere in considerazione alcuni episodi del passato in cui il ricorso all’appalto integrato ha portato ad enormi conteziosi tra imprese e stazioni appaltanti, opere incompiute e risultati del tutto deludenti per capire che questa metodologia di approccio nella maggior parte dei casi non è percorribile”, fa notare Cecoro.
“Altra cosa assurda è l’assenza di qualsivoglia riferimento alle modalità di calcolo dei corrispettivi relativi alla progettazione (Decreto Parametri ed Equo compenso) e la reintroduzione della possibilità da parte delle pubbliche amministrazioni di accettare prestazioni gratuite, elemento che svilisce e mortifica l’operato dei professionisti del settore tecnico.
Questo nuovo Codice risente del mancato recepimento delle proposte, o almeno di gran parte di esse, avanzate dai professionisti italiani che operano quotidianamente sul campo e che, quindi, conoscono le problematiche reali degli appalti. 
Recepire il grido di allarme proveniente dalle professioni tecniche, quando è stata pubblicata la bozza, avrebbe sicuramente portato alla considerazione che i risultati non si misurano solo sulla quantità e la celerità, ma soprattutto sulla qualità delle Opere pubbliche.
Le speranze che si possa in qualche nodo migliorare il testo, accogliendo gli emendamenti nel frattempo presentati, sono ridotte al lumicino. Sia chiaro, questa non dev’essere la battaglia dei soli architetti, ma di tutti i cittadini che sono i maggiori fruitori delle opere pubbliche”, conclude il Coordinatore Interregionale degli Ordini degli Architetti PPC del Meridione (OAPPC-SUD), Cecoro. (Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews

 


Codice Appalti, liberalizzazione dei contratti pubblici quasi totale

Procedure negoziate e affidamenti diretti per i lavori fino a 5,3 milioni, ok a appalto integrato e subappalto a cascata

Affidamenti diretti fino a 150mila euro e procedura negoziata fino a 5,3 milioni di euro, appalto integrato sempre consentito, subappalto a cascata, riduzione da 3 a 2 livelli di progettazione, tutela del “Made in Italy”, dissenso costruttivo, princìpi di fiducia e risultato per l’attività delle Pubbliche Amministrazioni. Sono alcune tra le novità del testo che entranno in vigore il 1° aprile 2023, per rispettare le scadenze del PNRR, e saranno efficaci dal 1° luglio 2023.

Il nuovo Codice Appalti liberalizza gli appalti sotto la soglia comunitaria, che per i lavori corrisponde a 5,3 milioni di euro. Solo al di sopra di questa soglia sarà obbligatorio bandire le gare d’appalto, mentre al di sotto le Stazioni Appaltanti potranno scegliere tra procedure negoziate e affidamenti diretti in base all’importo del lavoro o del servizio da affidare, nel rispetto del principio della rotazione.
 L’affidamento diretto sarà consentito per i lavori di importo inferiore a 150mila euro e per i servizi, compresi quelli di ingegneria, architettura e progettazione, di importo inferiore a 140mila euro.
Oltre questi importi, e fino alle soglie europee, sarà consentita la procedura negoziata senza bando.
Negli appalti di importo fino a 500 mila euro, le piccole Stazioni Appaltanti potranno procedere direttamente, senza il supporto di Stazioni Appaltanti qualificate.

Il Codice Appalti legalizza l’appalto integrato e il subappalto senza limiti Nel nuovo Codice Appalti torna l’appalto integrato che era stato invece vietato dal Codice del 2016, per essere progressivamente reintrodotto sotto forma di deroga motivata da esigenze di velocità. D’ora in poi, quindi, sarà sempre possibile l’affidamento congiunto della progettazione esecutiva e della realizzazione dei lavori sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica. Per adeguarsi ai continui richiami dell’Unione Europea, non ci saranno più limiti al subappalto.

Progettazione, nel nuovo Codice Appalti si passa a 2 livelli Nel nuovo Codice Appalti i livelli di progettazione scendono da 3 (progetto di fattibilità tecnico-economica, progetto definitivo e progetto esecutivo) a 2 (progetto di fattibilità tecnico-economica e progetto esecutivo). È possibile l’affidamento delle gare sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica.

 Tutela del Made in Italy, nuovo criterio premiale del Codice Appalti Il Codice Appalti ha come obiettivo anche la salvaguardia del “Made in Italy”. Ai prodotti provenienti dall’Italia o dai Paesi membri dell’Unione Europea, in fase di valutazione dell’offerta, sarà riconosciuto un punteggio premiale. Nel Codice Appalti è previsto inoltre che le Stazioni Appaltanti possano indicare i criteri di approvvigionamento dei materiali per rispondere a standard di qualità più elevati.

Nel nuovo Codice Appalti il RUP diventa responsabile del progetto Il RUP, che nel Codice del 2016 sta per responsabile Unico del Procedimento, nel nuovo Codice Appalti diventa Responsabile Unico del Progetto. Il Codice Appalti prevede che, per motivi organizzativi, il RUP possa essere coadiuvato da responsabili di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione, esecuzione e affidamento. In ogni caso, al RUP restano le funzioni di coordinamento, supervisione e indirizzo. Il RUP deve assicurare il completamento dell’intervento nei termini prestabiliti.

 Il Codice Appalti introduce il dissenso costruttivo Per velocizzare le procedure, ed evitare il blocco dei lavori nel caso in cui siano coinvolti più soggetti chiamati ad esprimere il proprio parere, il dissenso in conferenza di servizi deve essere motivato e corredato da una proposta alternativa. Per non incidere sul cronoprogramma dell’opera, la valutazione di interesse archeologico dovrà avvenire contestualmente all’approvazione del progetto.

 Codice Appalti, esclusione solo per condanna definitiva In materia di illecito professionale e cause di esclusione dalle gare, il nuovo Codice prevede che l’illecito professionale possa essere fatto valere solo a seguito di condanna definitiva, condanna di primo grado o misure cautelari.

 Princìpi di fiducia e risultato nel nuovo Codice Appalti Il principio del risultato è al primo posto nel nuovo Codice Appalti. Nel rispetto della trasparenza e della concorrenza, le Stazioni Appaltanti devono garantire l’affidamento del contratto e l’esecuzione nel minor tempo possibile. Nel nome del principio del risultato, le Stazioni Appaltanti possono usare il loro potere discrezionale. Parallelamente, il Codice Appalti sancisce il principio della fiducia, che valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici. Il principio vuole superare il timore della firma, in base al quale i funzionari, temendo responsabilità e ripercussioni, di fatto bloccano le procedure. Per risolvere il problema, il Codice Appalti prevede che per determinare se c’è colpa grave, bisogna considerare solo la violazione di norme di diritto e regole di prudenza, perizia e diligenza, ma non il mancato riferimento a indirizzi giurisprudenziali o pareri delle autorità competenti.

 Revisione dei prezzi, clausola obbligatoria Nei contratti ci sarà una clausola di revisione dei prezzi obbligatoria, che scatterà automaticamente per variazioni dei costi maggiori del 5% dell’importo complessivo. La compensazione coprirà l’80% della variazione. Le variazioni saranno valutate con riferimento agli indici sintetici Istat.

 Qualificazione delle Stazioni Appaltanti Il nuovo Codice Appalti prevede che le stazioni Appaltanti possano gestire gare di importo commisurato ai propri livelli di competenza.

 Codice Appalti, digitalizzazione dal 1° gennaio 2024 Alcune misure diventeranno operative successivamente, per concedere un periodo di adeguamento agli operatori. È il caso delle norme sulla digitalizzazione, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2024. Il nuovo Codice Appalti prevede una banca dati con le informazioni sulle imprese, definita come una carta di identità digitale, sempre consultabile. Secondo il Ministero delle Infrastrutture, in queso modo non sarà “necessario per chi partecipa alle gare presentare di volta in volta plichi di documentazione, con notevoli risparmi di costi e soprattutto di carta”. 

Codice Appalti, gare in BIM dal 1° gennaio 2025 Il nuovo Codice Appalti conferma gli obblighi per l’utilizzo del BIM già previsti dal DM 560/2017 e dal DM 312/2021. Il testo stabilisce che dal 1° gennaio 2025 per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione, e per gli interventi sulle costruzioni esistenti, di importo a base di gara superiore a 1 milione di euro, dovranno essere utilizzati metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni. Saranno esclusi dall’obbligo gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Il Codice definisce anche le regole per la formazione del personale delle Stazioni Appaltanti. L’utilizzo del BIM incrementa anche l’incentivo del 2% riconosciuto per la progettazione ai dipendenti pubblici. Il tetto dell’incentivo, che normalmente non può superare il trattamento economico complessivo annuo lordo, può essere incrementato del 15%.   – EDILPORTALE


Perché le modifiche al nuovo codice degli appalti favoriscono mafie e corruzione.

Perché le modifiche al nuovo codice degli appalti favoriscono mafie e corruzione.

di Lucia De Sanctis

Intervista a Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.


Professor Musacchio, sembra che le modifiche al Codice degli appalti piacciano davvero a pochi, lei cosa ne pensa?
Premetto subito che non ho alcun pregiudizio di natura politica in quello che sto per dire. Non mi piacquero le modifiche fatte a suo tempo dal Governo Conte, non mi piacciono oggi le modifiche apportate dal Governo Meloni. Non sono neanche solo nella mia affermazione. Condividono il mio pensiero, i principali sindacati italiani, Confindustria, gli artigiani, l’Anac (Autorità anticorruzione) e molti studiosi della materia. L’argomento dunque merita il dovuto approfondimento.

Secondo il Ministro Salvini queste modifiche saranno utili per velocizzare il mercato degli appalti pubblici e agevolare la ripresa economica, è realmente così?  Credo che nessuno possa prevedere gli effetti di un fatto che dovrà ancora verificarsi. Nessuno sa se le nuove modifiche potranno sortire gli effetti sperati dal Ministro Salvini oppure no. Sappiamo però che velocizzare e sburocratizzare il mercato pubblico che attende circa 250 miliardi di euro del Pnrr, con le modifiche attuali, significa accettare il rischio di consentire una discrezionalità senza limiti, dove il potere del funzionario responsabile del procedimento sarà quasi assoluto nell’aggiudicazione della gara.  La discrezionalità della pubblica amministrazione deve essere sempre bilanciata dalla trasparenza e dall’efficienza. È vero che essa rappresenta un momento imprescindibile dell’attività della pubblica amministrazione, tuttavia, quando questa sovrasta nettamente le altre due, i rischi di corruzione e d’infiltrazioni mafiose sono, di fatto, molto alti.

Il presidente dell’Anac è stato attaccato per aver fatto intendere che nei Sindaci si annidi il virus della corruzione, nel merito, lei cosa pensa?  Che la corruzione si annidi anche nella pubblica amministrazione italiana è un dato di fatto difficilmente confutabile. I Sindaci sono parte di essa così come i pubblici funzionari. Questo, ovviamente, non significa che tutti i Sindaci e tutti i funzionari siano corrotti. Si tratta, come già evidenziato, dell’eccesso di discrezionalità, che istituzionalizza una sorta di “emergenza stabilizzata” rendendola così regola generale per la gestione dei contratti della pubblica amministrazione. Questo accade nel Paese europeo dove c’è il più alto livello di corruzione per cui, a mio avviso, è sicuramente un vulnus non indifferente. 

Qual è secondo lei la parte più critica di queste modifiche legislative? Sicuramente quella che tra i 150 e i 500mila euro di valore, secondo il tipo di gara, abbia determinato la soglia sotto alla quale il funzionario potrà affidare la stessa in conformità a una sua personale (e non rendicontatile!) discrezionalità. Basti pensare che fino a poco fa, la soglia era di 40mila euro e anche in quel frangente avevo individuato una discrasia legata a un alto rischio di alterazione delle gare, proprio per l’utilizzo abnorme dell’affidamento diretto, anche mediante il frazionamento fraudolento degli appalti finalizzato a farli restare con tale modalità sotto-soglia. Con queste norme si correrà il rischio di spacchettare grandi appalti pubblici in “contratti tipo” da assegnare discrezionalmente a chi si voglia. In tal modo si evitano il bando pubblico, la trasparenza nella scelta, la concorrenza tra i partecipanti all’asta, il controllo all’interno di una procedura aperta. Come non è difficile costatare i rischi di corruzione e d’infiltrazioni mafiose in simili situazioni sono molto alti e saranno addirittura “regolarizzati” con una legge ad hoc.

Cosa non la convince in particolare? Le procedure negoziate senza bando e senza concorrenza sotto-soglia. I subappalti liberi. La revisione dei prezzi. La delega in bianco con l’eccessiva discrezionalità data ai pubblici funzionari. Sono tutti elementi che non solo non mi convincono, ma che ritengo siano il grimaldello ideale per le infiltrazioni mafiose e la corruzione. 

Secondo lei quindi c’è un vulnus alla libera concorrenza? Secondo me sì. Se si nega la libera concorrenza, di fatto, si consente il privilegio, la raccomandazione, la corruzione e le infiltrazioni mafiose quale criterio di selezione di quegli imprenditori che dovrebbero soddisfare i bisogni della collettività e quindi il bene comune. Come giustamente ha rilevato il presidente dell’Anac, i contratti pubblici potranno essere liberamente affidati al parente del funzionario, o a chi ha votato (e fatto votare) il candidato “giusto” nelle ultime elezioni locali. Non c’è bisogno di un mago per predire che in specifici ambienti prevarranno logiche illegali o apparentemente legali. Nella pubblica amministrazione c’è l’onesto, ma purtroppo c’è anche il corrotto. Tutto questo ci porterà alla fine a realizzare l’opera pubblica nei tempi e con le caratteristiche richieste?

Quali possono essere dunque i rischi di questa mancata concorrenza? Il danno maggiore sarà quello di pagare prezzi altissimi per ottenere beni e servizi scadenti.

In conclusione, queste modifiche agevoleranno mafie e corruzione? Secondo me sì. Operando in questo modo, a mio parere, s’incoraggiano condotte corruttive, infiltrazioni mafiose, sperperi di denaro pubblico e abusi di potere. Avremo purtroppo tante gare “a partecipazione mafiosa”. Molte saranno addirittura apparentemente legali, ma in realtà nasconderanno il virus mafioso.  FAI INFORMAZIONE FAI 1.4.2023

 

Nuovo CODICE APPALTI – Cafiero De Raho: “Il governo spiana la strada alle mafie: l’illegalità è legge”

 


Appalti pubblici: la riforma del codice dei contratti

 

Di seguito alcune tra le principali innovazioni introdotte.

Digitalizzazione

Il vero e proprio “motore” per modernizzare tutto il sistema dei contratti pubblici e l’intero ciclo di vita dell’appalto è la digitalizzazione. Il decreto definisce un “ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale” i cui pilastri si individuano nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici, nel fascicolo virtualedell’operatore economico, appena reso operativo dall’Autorità nazionale anti corruzione (ANAC), nelle piattaforme di approvvigionamento digitale, nell’utilizzo di procedure automatizzate nel ciclo di vita dei contratti pubblici.

Inoltre, il decreto:
– realizza una digitalizzazione integrale in materia di accesso agli atti, in linea con lo svolgimento in modalità digitale delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici;

– riconosce espressamente a tutti i cittadini la possibilità di richiedere la documentazione di gara, nei limiti consentiti dall’ordinamento vigente, attraverso l’istituto dell’accesso civico generalizzato.

Programmazione di infrastrutture prioritarie

  • Il decreto prevede in fase di programmazione di infrastrutture prioritarie:
  • l’inserimento dell’elenco delle opere prioritarie direttamente nel Documento di economia e finanza (DEF), a valle di un confronto tra Regioni e Governo;
  • la riduzione dei termini per la progettazione;
  • l’istituzione da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici di un comitato speciale appositamente dedicato all’esame di tali progetti;
  • un meccanismo di superamento del dissenso qualificato nella conferenza di servizi mediante l’approvazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
    la valutazione in parallelo dell’interesse archeologico.

Appalto integrato

Il contratto potrà avere come oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica approvato. Sono esclusi gli appalti per opere di manutenzione ordinaria.

Procedure sotto la soglia europea

Con il decreto sono adottate stabilmente le soglie previste per l’affidamento diretto e per le procedure negoziate nel cosiddetto decreto “semplificazioni COVID-19” (decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76). Sono previste eccezioni, con applicazione delle procedure ordinarie previste per il sopra-soglia, per l’affidamento dei contratti che presentino interesse transfrontaliero certo. Viene inoltre stabilito il principio di rotazione secondo cui, in caso di procedura negoziata, è vietato procedere direttamente all’assegnazione di un appalto nei confronti del contraente uscente. In tutti gli affidamenti di contratti sotto-soglia sono esclusi i termini dilatori, sia di natura procedimentale che processuale.

General contractor

Il decreto reintroduce la figura del “general contractor”. Con questi contratti, l’operatore economico “è tenuto a perseguire un risultato amministrativomediante le prestazioni professionali e specialistiche previste, in cambio di un corrispettivo determinato in relazione al risultato ottenuto e alla attività normalmente necessaria per ottenerlo”. È da sottolineare che l’attività anche di matrice pubblicistica da parte del contraente generale (per esempio quella di espropriazione delle aree) consente di riconoscere nell’istituto una delle principali manifestazioni applicative della collaborazione tra la pubblica amministrazione e gli operatori privati nello svolgimento di attività d’interesse generale.

Partenariato pubblico-privato

La semplificazione del quadro normativo rende più agevole la partecipazione degli investitori istituzionali alle gare per l’affidamento di progetti di partenariato pubblico-privato (PPP). Sono previste ulteriori garanzie a favore dei finanziatori dei contratti e si conferma il diritto di prelazione per il promotore.

Settori speciali

Prevista una maggiore flessibilità e una più marcata peculiarità per i cosiddetti “settori speciali”, in coerenza con la natura essenziale dei servizi pubblici gestiti dagli enti aggiudicatori (acqua, energia, trasporti, ecc.). Viene introdotto un elenco di “poteri di autorganizzazione” riconosciuti alle imprese pubbliche e ai privati titolari di diritti speciali o esclusivi.
Le stazioni appaltanti potranno determinare le dimensioni dell’oggetto dell’appalto e dei lotti in cui eventualmente suddividerlo, senza obbligo di motivazione aggravata.

Subappalto

Viene introdotto il cosiddetto subappalto a cascata, adeguandolo alla normativa e alla giurisprudenza europea attraverso la previsione di criteri di valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante, da esercitarsi caso per caso.

Concessioni

Per i concessionari scelti senza gara, è stabilito l’obbligo di appaltare a terziuna parte compresa tra il 50 e il 60 per cento dei lavori, dei servizi e delle forniture. L’obbligo non vale per i settori speciali (ferrovie, aeroporti, gas, luce).

Revisione dei prezzi

È confermato l’obbligo di inserimento delle clausole di revisione prezzi al verificarsi di una variazione del costo superiore alla soglia del 5 per cento, con il riconoscimento in favore dell’impresa dell’80 per cento del maggior costo.

Esecuzione

Sul versante dell’esecuzione, è prevista la facoltà per l’appaltatore di richiedere, prima della conclusione del contratto, la sostituzione della cauzione o della garanzia fideiussoria con ritenute di garanzia sugli stati di avanzamento.
In caso di liquidazione giudiziale dell’operatore economico dopo l’aggiudicazione, non ci sarà automaticamente la decadenza ma il contratto potrà essere stipulato col curatore autorizzato all’esercizio dell’impresa, previa autorizzazione del giudice delegato.

Governance, contenzioso e giurisdizione

Allo scopo di fugare la cosiddetta “paura della firma”, è stabilito che, ai fini della responsabilità amministrativa, non costituisce “colpa grave” la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti.
Il decreto provvede a riordinare le competenze dell’ANAC, in attuazione del criterio contenuto nella legge delega, con un rafforzamento delle funzioni di vigilanza e sanzionatorie.
Il giudice può riconoscere anche delle azioni risarcitorie e di quelle di rivalsa proposte dalla stazione appaltante nei confronti dell’operatore economico che, con un comportamento illecito, ha concorso a determinare un esito della gara illegittimo. Si applica l’arbitrato anche alle controversie relative ai “contratti” in cui siano coinvolti tali operatori.

Entrata in vigore

Il Codice sarà applicato a tutti i nuovi procedimenti a partire dal 1° aprile 2023. Dal 1° luglio 2023 è prevista l’abrogazione del Codice precedente (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) e l’applicazione delle nuove norme anche a tutti i procedimenti già in corso.


Il nuovo codice appalti. Meloni: “Volano per la crescita”

“Questo nuovo codice dovrà tagliare sprechi e la burocrazia, viene incontro alle esigenze delle imprese e degli enti locali, permetterà di aprire cantieri in tempi più veloci e creerà più lavoro”, ha detto il Ministro Salvini in conferenza stampa

Più dell’80% degli appalti, se questo codice fosse in vigore, sarebbe più rapido, veloce, efficace e innovativo”, ha aggiunto il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Salvini ha spiegato che la soglia sotto la quale i Comuni possono procedere per l’appalto in maniera diretta dunque è aumentata.

“Ringrazio il Consiglio di Stato” che “ha recepito” le nostre proposte, “rivendico la necessità della separazione dei poteri: in una cabina di regia si fanno scelte politiche”, l’autorità anti-corruzione “non fa parte” dell’organismo politico, ha poi aggiunto Salvini.
“Dobbiamo prevedere in Cdm un superamento del dissenso qualificato perché non voglio vivere in un Paese dove il singolo contenzioso a livello locale della singola micro associazione blocca opere pubbliche da centinaia di milioni di euro. Al Mit sono affidati 40 miliardi per il Pnrr, se andiamo avanti di Tar in Tar altro che 2026 per finire i cantieri, arriveremo al 2036.La politica ha il dovere di ascoltare e poi decidere il destino di una ferrovia, strada, autostrada o un ponte”, ha sottolineato Salvini. 
“Un cantiere sbloccato corrisponde a circa 17.000 posti di lavoro. È una giornata importante per le imprese, i comuni e per i lavoratori”, ha poi precisato Salvini. 
Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovanoha riferito che il lavoro sul Codice Appalti si è svolto “in assoluta concordanza di intenti” tra Consiglio di Stato e governo nella stesura del codice appalti, e poi ha aggiunto “tutti questi conflitti non li vedo” ma “saremo lieti di leggere” i rilevi dell’Anac “una volta che ci invieranno le loro considerazioni”.
Mantovano ha poi aggiunto che l’Anac “ha un ruolo all’interno del codice appalti coerente con la sua funzione, erano previste delle prerogative che poi sono state eliminate nel testo varato dal Cdm. Questa non è l’ultima parola”, durante l’iter parlamentare “tutti quelli che hanno titolo di formulare proposte migliorative” potranno farlo. 
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non ha potuto prendere parte alla conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri perché sta partecipando dalle 15 nella cattedrale di Civitavecchia al funerale dell’amica Nicoletta Golisano, una delle donne uccise domenica scorsa da Claudio Campiti durante una riunione condominiale a Roma, nella zona della borgata Fidene.


Cosa c’è nel nuovo Codice degli Appalti e perché non piace all’Antimafia e all’Anticorruzione

«Più breve è l’iter burocratico e rapido l’appalto, più difficile è per il corrotto incontrare il corruttore». Così si è espresso il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini sul nuovo codice appalti approvato ieri dal consiglio dei Ministri e che ora attende il passaggio in Parlamento. Si tratta di una misura con la quale il governo punta a velocizzare le procedure di appalto. Ed è evidente nel primo dei dieci punti-guida del testo: «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza». Si legge poi di un principio di fiducia, di accesso al mercato, di buona fede, e di tutela dell’affidamento, di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale anche nei confronti del Terzo settore, di auto-organizzazione amministrativa.

I piccoli comuni potranno affidare direttamente i lavori fino a 500 mila euro anche senza la qualifica di stazione appaltante. C’è poi una sostanziale liberalizzazione dell’appalto integrato, ovvero quegli appalti in viene affidata a un solo soggetto sia la progettazione che l’esecuzione di un’opera. Tranne per i lavori di manutenzione ordinaria. Un’altra modifica, spiega Il Sole24Ore, è la cancellazione del Piano generale trasporti e logistica, che viene sostituito da una lista di opere prioritarie. Criticata soprattutto per l’assenza di coordinamento tra le varie opere. Si aggiungono poi una maggiore digitalizzazione – invocata dall’Anac – delle procedure, e più flessibilità per i settori speciali, come acqua, energia, e trasporti. Torna nel codice appalti anche un meccanismo di revisione dei prezzi. Questa scatterà quando la variazione (sia verso l’alto che verso il basso) dei costi dell’opera supererà il 5% del prezzo totale dell’opera, e si applicherà sull’80% della variazione.

Le critiche dell’antimafia

Il nuovo codice ha fatto sollevare le sopracciglia alle associazioni antimafia. «La voglia di fare presto e di semplificare al massimo può essere una cattivissima consigliera» – ha dichiarato l’associazione Antimafia “Libera“, ripresa da La Stampa.
«Rischia di alimentare gli appetiti di organizzazioni criminali, corrotti e corruttori, allarga le maglie ed allenta i controlli, anche depotenziando le funzioni dell’Autorità Anticorruzione. Una beffa natalizia», sentenzia. Le fa eco Fillea Cgil, che definisce il codice «una nefandezza» con la quale «assisteremo ad una frammentazione dei cicli produttivi, al massimo incentivo possibile al nanismo aziendale, alla nascita di imprese senza dipendenti» Fillea Cgil fa notare anche che «aumenteranno zone grigie, infortuni, sfruttamento e rischi di infiltrazione criminale». Senza esplicitare il riferimento al nuovo codice, il superprocuratore antimafia Giovanni Melillo ha ricordato che «serve una incessante serie di passi in avanti sul terreno della ricostruzione della autorevolezza ed insieme della trasparenza e della controllabilità delle complessive funzioni dello Stato».

…e quelle dell’Anticorruzione

Anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) è critica della misura. Soprattutto perché con il testo attuale si vede scippata di buona parte del proprio peso nel controllo sui conflitti di interesse. Ad esempio nel Rup, il responsabile unico del procedimento. Discorso simile anche per quanto riguarda le verifiche alle Soa, gli organismi che attestano il possesso, da parte delle imprese, dei requisiti economici e organizzativi per partecipare alle gare, spiega la Repubblica. C’è poi la soppressione dell’elenco delle società in house gestite dall’Anac. Che rende molto complicato capire se i servizi offerti da queste società potrebbero essere erogati in maniera più efficiente con gare aperte sul mercato.

 


Nuovo codice degli appalti, perché fa discutere

 

31/03/2023  Il nuovo codice degli appalti semplifica le procedure, ma preoccupa per l’ampia estensione della possibilità di assegnare appalti pubblici senza gara. Ecco quali sono i nodi

Da un lato l’esigenza di andare spediti nelle opere, di semplificare la burocrazia, di snellire le procedure, dall’altro la necessità di assicurare la trasparenza nell’assegnazione e la correttezza della libera concorrenza, in momento in cui, come ha spiegato nei giorni scorsi a Famiglia Cristiana Alessandra Dolci coordinatrice della Direzione distrettuale Antimafia di Milano, la criminalità organizzata sta accentuando la propria vocazione imprenditrice proponendosi come concorrente sleale nell’economia legale.
Il nuovo codice degli appalti, approvato definitivamente il 28 marzo, sarà in vigore dal 1° aprile, con una finestra di adeguamento che porta all’effettività il prossimo luglio,e, a giudicare dalle critiche di chi lo osserva in queste ore, fa discutere perché sembra pendere a favore della speditezza, col rischio di perdere per strada  garanzia e controlli per la strada.

A titolare testualmente «Codice Appalti, liberalizzazione dei contratti pubblici quasi totale» e ad ammettere la deregolamentazione pressoché piena non è infatti, nelle prime ore dalla pubblicazione del testo, una cassandra con il dente avvelenato, pregiudizialmente contraria alla velocizzazione dei lavori pubblici, e neppure qualche procuratore che, si dice maliziosamente dalle parti del Governo, «vede mafia dappertutto» ma edilportale, uno dei principali portali di informazione tecnica rivolto al mondo dell’edilizia.

OLTRE IL 98% DEGLI APPALTI PUBBLICI ASSEGNABILI SENZA GARA

Sotto i riflettori ci sono soprattutto le “soglie” minime al di sotto delle quali si procede in modo semplificato. Decidere, come si è fatto, che si possono assegnare appalti in via diretta per lavori fino a 150.000 euro e per servizi fino a 140.000 e con procedura negoziata senza bando (una gara ristretta a poche imprese) fino a 5,3 milioni di euro, significa assegnare oltre 98% degli appalti pubblici in Italia senza gara di appalto. Non solo, per gli importi fino a 500.000 euro non sarà più necessario il supporto di Stazioni appaltanti qualificate. In più viene rilegalizzato l’appalto integrato, in cui l’impresa che si aggiudica l’appalto si occupa non solo della progettazione ma anche dell’esecuzione, una procedura che il codice del 2016 vietava, ma che era già in parte rientrata in gioco grazie ad alcune deroghe durante le urgenze del Covid. E torna senza limiti ora anche il ricorso al subappalto.
L’esclusione automatica dalle procedure di assegnazione, invece, rimane in piedi per chi abbia riportato condanne definitive, di primo grado o misure cautelari per reati che la prevedono (corruzione per esempio), ma non per chi per gli stessi abbia patteggiato ove possibile una pena, questo a causa di un mancato coordinamento con la riforma Cartabia che su questo punto ha creato buco.

Alcuni aspetti del nuovo Codice Appalti avevano fatto discutere già in fase di approvazione, inducendo per esempio Libera a porre in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno, il problema di alcuni rischi e a chiedere correttivi in vista del testo definitivo che non sono intervenuti. Si poneva tra le altre cose il problema della «moltiplicazione di stazioni appaltanti poco qualificate e non in grado di comprare sul mercato a condizioni vantaggiose per la pubblica amministrazione. (…) un elemento di debolezza che si paga in termini di velocità delle procedure ed efficienza nella spesa del denaro pubblico. Inoltre, stazioni appaltanti poco qualificate e numerose sono meno controllabili, più fragili e potenzialmente più a rischio di fenomeni corruttivi e di infiltrazione mafiosa».
A proposito del ricorso massiccio all’affidamento diretto, scriveva Libera, «rischia di porre in capo a dirigenti e responsabili delle stazioni appaltanti la scelta di come verificare la congruità sul mercato, favorendo peraltro relazioni con mondi criminali, mafiosi e con contesti e operatori locali in un’Italia degli 8 mila comuni di cui la maggior parte sotto i 5 mila abitanti. Occorre intervenire per favorire comparazione e ricerche di mercato, rotazioni e strumenti che evitino di ridurre imparzialità e trasparenza nella gestione di risorse pubbliche».
Ad avviso di Libera e degli operatori che ne hanno controfirmato l’appello, ci sono rischi anche nell’allargare l’appalto integrato, che già in passato – come ricordava Raffaele Cantone quand’era presidente Anac – aveva dato prove di effetti negativi sui costi e sulla qualità delle opere e dei servizi. Secondo Libera: «Senza alcuna delimitazione» si può finire per «consegnare la progettazione e realizzazione di opere a imprese, riducendo il ruolo della stazione appaltante a ente pagatore, con rischi di incremento di costi e possibili infiltrazioni mafiose».
E quanto all’esigenza «condivisibile» di semplificare i documenti di gara e l’istruttoria, la stessa: «Non può generare una condizione tale per cui si perde di fatto il controllo delle attività in subappalto, con riflessi pericolosi per quanto attiene potenziali infiltrazioni mafiose». Su questo aspetto però le mani erano legate dalle norme europee, anche se notoriamente è quello dei subappalti, specie se al massimo ribasso, uno dei notori fattori di rischio di infiltrazione mafiosa.

ANAC: “SEMPLIFICAZIONE NON A SCAPITO DI TRASPARENZA”

Il problema, hanno spiegato in questi giorni esperti come il presidente dell’Anac Giuseppe Busia, è soprattutto l’aver elevato le soglie di assegnazione senza gara anche per appalti non da poco, per esempio al di sopra del milione di euro: «Semplificazione e rapidità sono valori importanti», spiegava Busia nei giorni scorsi, «ma non possono andare a discapito di principi altrettanto importanti come trasparenza, controllabilità e libera concorrenza, che nel nuovo Codice non hanno trovato tutta l’attenzione necessaria, specie in una fase del Paese in cui stanno affluendo ingenti risorse europee».


Codice degli appalti l’ira di Orlando (Pd): “Meglio l’esercizio provvisorio che far entrare la mafia“

 

Gli esponenti del Pd contro il codice degli appalti voluto dal governo Meloni che taglia i limiti al subappalto, strumento che limitava le infiltrazioni mafiose

 

Dopo pos, tetto al contante e tentativo di avvantaggiare no-vax e evasori un nuovo codice degli appalti che abbassa la lotta alla corruzione e introduce norme che potrebbero favorire le mafie, come la liberalizzazione dei subappalti.
“Dobbiamo combattere con grandissima forza la cancellazione del limite della possibilità di ricorrere al subappalto. Meglio l’esercizio provvisorio che far entrare la mafia nei nostri appalti“. Lo scrive Andrea Orlando, deputato del Pd ed ex ministro del lavoro.

«Liberalizzazione selvaggia dei subappalti a cascata. No al salario minimo. Ritorno dei voucher. Stop al reddito di cittadinanza per tutti gli occupabili, anche se non trovano lavori decenti. Indietro tutta: è questo il modello di sviluppo del governo Meloni». Lo scrive su twitter il senatore Antonio Misiani, responsabile Economia del Pd.

Ecco cosa è la destra. Liberalizzazione selvaggia dei subappalti. No al salario minimo. Lavoratori pagati con i voucher. Stop al reddito di cittadinanza per gli adulti in età lavorativa. Favori agli evasori, condoni a chi ha violato le leggi, tagli alla spesa reale della sanità. Non è l’Italia del merito: è l’Italia delle ingiustizie e dei privilegiati». Lo scrive su Twitter il deputato democratico Nicola Zingaretti

GLOBALIST

 

Codice degli appalti: pubblicata la versione definitiva del Consiglio di Stato

Codice degli appalti: rispettate le previsioni, il testo definitivo del consiglio di stato è stato reso disponibile prima delle vacanze.

 

 

I documenti:

Le linee direttrici del nuovo Codice degli Appalti

I 4 pilastri su cui si fonda il nuovo Codice degli appalti, che sarà esaminato dal Consiglio dei ministri venerdì 16 dicemrbe, sono:

  • semplificazione e accelerazione delle procedure;
  • digitalizzazione di tutti i passaggi burocratici;
  • tutela dei lavoratori e delle imprese.

L’obiettivo finale del testo, che ricordiamo è ancora soggetto a possibili modifiche, è “favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica) in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze“.

Il lavoro del Consiglio di Stato e il nuovo Codice autosecutivo

Nella relazione si evidenzia che lo scorso 20 ottobre, nel pieno rispetto del termine che il Governo aveva assegnato, è stato consegnato uno “Schema preliminare di codice dei contratti”.
Dopo l’insediamento del nuovo Governo, sulla base di una nuova interlocuzione avvenuta con nota del 14 novembre del Presidente del Consiglio dei Ministri, la Commissione ha continuato a lavorare, in composizione più ristretta, con l’apporto soprattutto dei coordinatori, per affinare gli ultimi miglioramenti tecnici, curare il drafting, sciogliere alcune questioni giuridiche di particolare impatto, redigere un’accurata relazione illustrativa per ogni singolo articolo(che intende fornire anche le linee guida per l’applicazione delle nuove norme) e predisporre gli allegati che garantiranno l’autoesecutività del nuovo codice (cioè l’applicazione immediata da parte delle Stazioni appaltanti).

Lo “Schema definitivo di codice” che si sottopone al Governo ha un numero di articoli analogo a quelli del codice vigente, ma ne riduce di molto i commi, riduce di quasi un terzo le parole e i caratteri utilizzati e, con i suoi allegati, abbatte in modo rilevante il numero di norme e linee guida di attuazione.
Si è cercato – quindi . di scrivere un codice “che racconti la storia” delle procedure di gara, accompagnando amministrazioni e operatori economici, passo dopo passo, dalla fase iniziale della programmazione e progettazione sino all’aggiudicazione e all’esecuzione del contratto.

Le novità del testo ritoccato dal Consiglio di Stato

Rispetto alla bozza circolata ad ottobre, sono state confermate in linea di massima le novità già apportate su livelli di progettazione (due), BIM, Responsabile unico di progetto (RUP), appalto integrato ed equo compenso, ma ci sono tre documenti integrativi, ovverosia la relazione introduttiva, il testo a fronte con il d.lgs. 50/2016 attualmente in vigore e 35 nuovi allegati.
La relazione illustrativa, peraltro, è una sorta di ‘guida’ ai singoli articoli del Codice e per l’applicazione degli stessi: di fatto, si tratta di uno strumento attuativo perché spiega come si applicano le norme.
Tornando al ‘vecchio’ Codice del 2016, vengono cancellati 47 annessi alle direttive UE, 25 allegati al d.lgs. 50/2016 e 15 regolamenti che ad oggi sono vigenti.
Nel testo sono presenti novità su criteri ambientali minimi (CAM), clausole sociali e scorporo del costo del lavoro al minimo ribasso.
Per aiutare tutte le PA nella fase transitoria, inoltre, sarà attivato un apposito hel-desk dedicato (Palazzo Chigi) che risponderà ai dubbi degli operatori, fornendo al contempo FAQ e casi pratici.
Per quel che riguarda la revisione dei prezzi (art.60), nel nuovo testo c’è un riferimento diretto agli indici sintetici della variazione dei prezzi a cura dell’ISTAT.
Particolarmente rilevante è inoltre l’innalzamento, da 150 mila a 500 mila euro, della soglia sotto la quale i comuni possono affidare lavori anche senza la qualificazione della stazione appaltante.


 

 

 

LA PROVINCIA 2.4.2023



LA PROVINCIA 30.3.2023

 

 

 

Il Rapporto “Mafia&Appalti” e l’eliminazione del dottor Paolo Borsellino