PAOLO BORSELLINO – 2005 cronologia

 

5 maggio 2005 Dal VERBALE di interrogatorio di FERRANTE GIOVAN BATTISTA:Ricordo che avevamo a disposizione cinque coppie di telecomandi.” SEGUE

5 luglio 2005 La Corte di Cassazione annulla la sentenza di appello che nel 2004 aveva condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione l’ex Ministro CALOGERO MANNINO. Il nuovo processo affidato ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Palermo è iniziato il 9 novembre 2007

19 luglio 2005 La famiglia Borsellino diserta le cerimonie ufficiali.  Il messaggio del presidente della Repubblica AZEGLIO CIAMPI: «Oggi possiamo dire che la sfida lanciata dalla criminalità è fallita»A 13 anni dalla morte di Paolo Borsellino e degli agenti di scorta il figlio del magistrato ucciso in via D’Amelio sostiene che «nulla è cambiato» dal giorno della strage. E adesso punta il dito su molti aspetti della società civile che lasciano «chiaramente intendere che questo sacrifìcio di uomini è stato inutile». MANFREDI BORSELLINO è un giovane funzionario di Polizia che all’epoca della morte del padre era uno studente in Giurisprudenza. Adesso nell’anniversario che ricorda anche l’uccisione degli agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cusina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Manfredi Borsellino è duro con le parole nei confronti della società civile. La famiglia Borsellino ha preferito non partecipare a nessuna delle cerimonie istituzionali. E cosi il giovane poliziotto ha affidato ad una lettera le proprie considerazioni.  Un atto d’amore per il padre, con il quale scherzava spesso anche su come sarebbe stata la vita dei propri familiari quando lui non ci sarebbe stato più. Paolo Borsellino questi anni, secondo Manfredi, li vedeva in maniera diversa, con un alto senso delle istituzioni e del rispetto dei valori della legalità.  Il Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, in un messaggio alla famiglia dice: «Possiamo dire oggi che la sfida vile lanciata dalla criminalità mafiosa contro lo stato di diritto è culminata nella morte di suo marito e prima in quella di Giovanni Falcone e di Francesca Morvillo, è miseramente fallita».
«Paolo Borsellinoscrive Manfrediche amava non prendersi sul serio, probabilmente avrebbe preso sul serio a modo suo la vile offesa perpetrata sulla lapide di via D’Amelio, tanto più che vedeva la sua persona come protagonista; era noto in famiglia quanto amasse scherzare con il proprio destino immaginando mia madre rivestire il ruolo di vedova antimafia e noi figli assistiti e riveriti dallo Stato». Ricordando che nei giorni scorsi la lapide situata in via D’Amelio è stata imbrattata di vernice, dice: «Tuttavia un episodio come quello o altri fatti di cronaca recenti non l’avrebbero affatto lasciato indifferente, lo avrebbero portato ad intensificare ancora di più il suo impegno quotidiano per rendere migliore e più vivibile la sua città e si sarebbe interrogato: in che cosa si è sbagliato? Perché certi messaggi non sono pervenuti?.  
Coloro che ricoprono ruoli di vertice nell’ambito delle istituzioni, hanno sempre offerto quell’esempio di trasparenza e rettitudine, soprattutto morale, che era ed è lecito aspettarsi da chi gestisce un potere conferitogli da noi elettori». Il procuratore Piero Grasso lancia un appello a tutti i siciliani ai quali chiede di «alzare la testa» contro la mafia e si rivolge soprattutto ai professionisti e agli uomini di cultura. Oltre a lui, tantissimi coloro che hanno ricordato l’anniversario della strage. Il Presidente del Senato, Marcello Pera, ha inviato a Rita Borsellino, sorella del magistrato ucciso, un messaggio in cui rende omaggio «alla coerenza estrema di un grande servitore dello Stato». Il presidente della Camera, Casini, ricorda «la figura esemplare» di Borsellino e il «sentimento dì gratitudine per la coraggiosa battaglia da lui combattuta per il riscatto della sua terra e di tutto il Paese dall’onta della mafia». II procuratore Grasso con il figlio e la vedova di Borsellino, Manfredi e Agnese LA STAMPA 20.7.2005

20 luglio 2005 L’esempio di Borsellino é stato tradito SEGUE

15 settembre 2005 In libreria racconto rivelazione… Borsellino indagava su Capaci su delega del ministero della Giustizia» Nel dispaccio top secret dell’ambasciatore americano si apprende che l’allora ministro della giustizia CLAUDIO MARTELLI, il 30 maggio 1992, mandò LILIANA FERRARO a Palermo per gestire il passaggio dell’intera indagine sulla strage di Capaci nelle mani di Paolo Borsellino. Il riscontro nell’agenda del giudice SEGUE
 

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