Nella camera ardente applausi alla vedova Borsellino. Anche questa parte del lugubre copione è stata replicata con una puntualità quasi ossessiva. La camera mortuaria è stata allestita alle 18 nel grande atrio del palazzo di Giustizia che molti dai tempi del contrasto Falcone-Meli e delle lettere del «Corvo» chiamano «Palazzo dei veleni». Fiori, lacrime, invettive, cori con slogan pieni di rabbia e applausi, tanti applausi mentre le bare provenienti dall’Istituto di Medicina Legale dell’Università dove sono state eseguite le autopsie, inutile in questo caso ma indispensabile formalità voluta dalla legge, sono state portate su furgoni mortuari all’ingresso dell’edificio marmoreo. Per prima è stata portata a spalle la cassa con i resti martoriati di Paolo Borsellino.
Se ne sono incaricati alcuni magistrati che nell’ Ufficio istruzione del tribunale avevano lavorato per molto tempo al fianco di Borsellino e Giovanni Falcone e, primo fra loro, Antonino Caponnetto ora in pensione che in mattinata aveva mormorato, provato dall’emozione, «è finito tutto» e che fu il capo dell’Ufficio subito dopo Rocco Chinnici, assassinato con un’altra autobomba nel 1983. «Caponnetto resisti, siamo con te», gli grida la folla, mentre il magistrato è in preda alla commozione.
Accanto a Caponnetto, altri due giudici dell’indimenticabile esperienza del «pool» antimafia di Palermo, Giovanni Ilarda e Gioacchino Natoli.
I volti tirati, labbra serrate, occhi umidi di pianto. E gli agenti di polizia addetti alle scorte, gli stessi che dopo la strage di Capaci il 23 maggio si definirono «I morti», hanno sorretto le bare con i corpi dei cinque loro colleghi, nuove vittime dell’incessante sfida dei boss. Anche fra i poliziotti grande commozione e pianti di rabbia mentre la folla applaudiva le casse in mogano lucido con i re¬ sti mutilati e carbonizzati.
Pochi minuti prima che giungesse il furgone mortuario con la salma di Borsellino, l’edificio è stato raggiunto dalla moglie Agnese con i figli Giovanni di 20 anni e Lucia di 22. La signora, figlia dell’ex primo presiderà del tribunale, era andata moltissime volte nel palazzo di Giustizia dove in qualche modo era di casa. Stavolta però non è riuscita a camminare con il suo consueto passo spedito e per salire la scalinata e guadagnare la porta metallica con i vetri blindati del- l’ingresso ha dovuto essar sorretta da agenti che quasi l’hanno sollevata per renderle più agevole il penoso tragitto. E dentro la signora Borsellino e i congiunti dei cinque poliziotti, appena riconosciuti dalla folla oltre le transenne, sono stati applauditi lungamente mentre sui catafalchi venivano lanciati fiori.
Un gruppo di giovani aderenti alla «Rete» ha esibito striscioni e cartelli, proseguendo una protesta durata sin da domenica sera, strage, accanto casa di Giovanni e Francesca Falcone, in via Notarbartolo, che tutti ormai chiamano «albero Falcone» e che è diventato uno dei sempre più numerosi e questi sì invincibili simboli della lotta alla mafia. Alle sei bare rendono omaggio picchetti di magistrati e poliziotti, mentre la gente di Palermo sfila silenziosamente nel corridoio formato dalle transenne su una stuoia in velluto rosso. [a. r.) Antonino Caponnetto, magistrato in pensione, è stato acclamato dalla folla LA STAMPA 21.luglio 1992