🟧 ARCHIVIO – Il racconto di ANTONIO VULLO sopravvissuto alla strage di via D’Amelio.

 


ANTONIO VULLO con MANFREDI BORSELLINO

 

AUDIO – Deposizioni ai processi Via D’Amelio


VIDEO

 

 

20 luglio 1992 Verbale audizione dell’agente di scorta superstite ANTONINO VULLO

 

 

 

Antonio Vullo era nella scorta del giudice Paolo Borsellino ucciso il 19 luglio 1992. Parla delle celebrazioni vissute “come momento istituzionale e non con il cuore” e del suo impegno con le nuove generazioni per tenere vivo il ricordo

 

“Il 19 luglio per me è tutti i giorni, ma lo deve essere per tutti perché il sacrificio di chi ha lavorato per la nostra terra non deve essere dimenticato”. Parla ad AGI dalla sua casa Antonino Vullo, l’unico superstite della strage di via D’Amelio. In questa via di Palermo c’è silenzio, la vita tutti i giorni corre veloce e il 19 luglio, giorno dell’eccidio, la marea di giovani e personalista delle istituzioni la invade per ricordare il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, tutti componenti della Scorta del Quarto Savona 21.
“Il 19 luglio – aggiunge – deve essere vissuto durante gli atti giornalieri di via quotidiana, durante tutte le nostre azioni per un futuro migliore. Solo così lo potremmo avere”. In questi trent’anni migliaia di persone si sono recate alle celebrazioni della commemorazione “ma io – racconta Vullo – in via d’Amelio ci vado da solo anche durante l’anno. Ci vado perché ancora il ricordo di quel giorno rimbomba nella mia mente”.
Trent’anni non sono pochi per ricostruire e dare un nome “alle menti raffinatissime che hanno organizzato tutto questo“. Riprende le parole di Giovanni Falcone, il giudice che venne ucciso 57 giorni prima di Borsellino, perché tanti misteri aleggiano dietro a quella stagione di tritolo, morte e lacrime.
Per l’agente superstite le celebrazioni per le stragi vengono vissute da molti come “un momento istituzionale, ma non con il cuore”. Così si continuano a cercare risposte cercando di mettere insieme tutti i tasselli di un depistaggio.
E pensa alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Caltanissetta qualche giorno addietro a carico di tre poliziotti, uno assolto e due raggiunti da prescrizione. “Non possono essere stati loro gli artefici del depistaggio – sottolinea con nettezza Vullo – forse hanno eseguito degli ordini che sono giunti dall’alto“.
Vullo qualche anno prima della strage di via D’Amelio era stato al reparto mobile con Michele Ribaudo, l’unico che è stato assolto al processo di primo grado celebrato a Caltanissetta.
Preferisce non entrare nel merito della sentenza dei giorni scorsi anche se confessa di essere “stanco e amareggiato” perché dopo trent’anni “c’è tanto occultato tra le istituzioni ma bisogna arrivare a una verità storica sulle due stragi”.
Il riferimento è anche a quella di Capaci in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillio e Antonino Montinaro.
A trent’anni dalla strage Vullo sarà presente alla deposizione delle corone d’alloro ai caduti e poi andrà in quella strada dove la sua vita è cambiata totalmente: “Ancora oggi non mi abbandona l’immagine di quando gli agenti mi hanno bloccato la prima volta, mentre cercavo di raggiungere i miei colleghi, e sotto il mio piede ho trovato quello di Claudio Traina che fino a qualche istante prima era seduto in macchina accanto a me. Poi mi bloccarono una seconda volta. Era tutto nero”.
Quindi il risveglio in ospedale el’inizio di una nuova vita, anche se non è stato semplice”. Quelle immagini tornano sempre in mente, in particolare quando ha dovuto lottare per ottenere i riconoscimenti che gli spettavano “perché essere un sopravvissuto è difficile e siamo scomodi per tutti. Non parlo solo per me, ma anche per i colleghi sopravvissuti per la strage di Capaci. Abbiamo sofferto e soffriamo tutti i giorni. Ci portiamo dentro tantissime ferite e quello che fa più male è averle portate all’interno della famiglia”.
I suoi due figli, il più grande ha compiuto trent’anni sei mesi fa, hanno deciso di prendere strade diverse dal padre. Nessuno dei due indossa la divisa “che io ho portato con orgoglio, era il mio sogno da ragazzino e l’ho fatto fino alla fine“.
E aggiunge: “Lo rifarei assicura perché ho avuto la possibilità di lavorare con il giudice Paolo Borsellino, un magistrato che meritava tantissimo e si poteva fare tantissimo, ma lo Stato di quel momento non ha voluto”.
Quella divisa ormai non c’è più, c’è un dato processuale importante al momento: sono stati condannati diversi esponenti di Cosa nostra, la prescrizione l’hanno ottenuta due poliziotti del gruppo “Falcone-Borsellino”, che nel ’92 erano alle dipendenze di Arnaldo La Barbera, e i misteri continuano a incombere come nuvole nere.
Da trent’anni, con i vari processi pendenti, le vittime rinnovano le loro sofferenze, il loro dolore non perdendo mai le sane aspettative di verità. Nel frattempo si cerca di guardare avanti.
Vullo e Luciano Traina, il fratello di Claudio, che era tra gli agenti che hanno catturato Giovanni Brusca, girano insieme per le scuole raccontando la stagione sanguinaria del ’92. Lo fanno con senso di responsabilità perché la memoria di quegli anni bui della Sicilia non venga cancellata, insieme alla speranza di fare piena luce.  AGI 19 luglio 2022

 


La testimonianza di Antonio Vullo, il poliziotto sopravvissuto

Dalla deposizione del teste Antonio Vullo si desume che il 19 luglio 1992 egli si recò presso l’abitazione estiva di Paolo Borsellino, a Villagrazia di Carini, insieme a Claudio Traina e Vincenzo Li Muli. Sul luogo sopraggiunsero poi gli altri componenti della scorta: Walter Cosina, Agostino Catalano e Emanuela Loi. Intorno alle ore 16 il Dott. Borsellino chiamò i due capipattuglia delle autovetture di scorta – il Traina e il Catalano – per comunicare loro che poco dopo avrebbe dovuto recarsi in Via D’Amelio. Il Dott. Borsellino, su richiesta del Vullo, diede loro le indicazioni occorrenti per raggiungere il suddetto luogo; in questo momento, il Vullo notò che il Magistrato aveva in mano un piccolo oggetto simile a un’agenda, con la copertina di colore scuro.

  • Pochi minuti dopo il corteo di autovetture partì in direzione di Via D’Amelio; esso era composto dall’autovettura di “staffetta”, guidata dal Vullo, con a bordo il Li Muli e il Traina, dall’autovettura condotta dal Dott. Borsellino, e dall’altra autovettura di scorta all’interno della quale vi erano il Catalano, la Loi e il Cosina.
  • Dopo avere percorso l’autostrada dallo svincolo di Carini a quello di Via Belgio, le autovetture imboccarono via dei Nebrodi e via Autonomia Siciliana, sino ad arrivare in Via D’Amelio, dove il Vullo si soffermò perché vi erano numerosi autoveicoli parcheggiati, circostanza che apparve assai singolare al teste, il quale sapeva che in tale luogo abitava la madre del Magistrato (in seguito, il Vullo avrebbe appreso che era effettivamente stata presentata da alcuni colleghi una relazione finalizzata a ottenere una zona rimozione sul posto).
  • Prima che il Vullo e il Traina avessero il tempo di prendere qualsiasi decisione, il Dott. Borsellino li sorpassò e posteggiò la propria autovettura al centro della carreggiata, davanti al cancelletto posto sul marciapiede dello stabile. Il Vullo fece scendere dalla propria autovettura gli altri componenti della scorta e si spostò in corrispondenza della fine di Via D’Amelio, per impedire l’accesso di altre persone.
  • Uscito dall’abitacolo del veicolo, il Vullo vide che il Dott. Borsellino era andato a pressare il campanello del cancelletto ed aveva acceso una sigaretta; accanto a lui vi erano il Catalano e la Loi, mentre il Traina e il Li Muli stavano tornando indietro.
  • Qualche secondo dopo, il Dott. Borsellino e i suddetti componenti della scorta entrarono all’interno del piccolo cortile nel quale vi era il portone dello stabile. Il Vullo vide che il Cosina era fermo davanti all’altra autovettura, e pensò quindi di avvicinare ad essa anche l’autoveicolo da lui condotto, in modo da essere pronti per ripartire. Durante questo spostamento, il teste vide che il Dott. Borsellino e gli altri componenti della scorta erano fermi davanti al portone di ingresso dello stabile, dove il Magistrato stava pigiando sul campanello.
  • Mentre il Vullo stava posizionando l’autovettura al centro della carreggiata, egli venne investito da una corrente di vapore e polvere ad altissima temperatura all’interno dell’abitacolo. Sceso dal veicolo, si rese conto di quanto era accaduto; sul luogo era calata una pesante oscurità, e le condizioni di visibilità erano estremamente limitate. Egli vide subito il corpo di un collega per terra e si pose alla ricerca degli altri, pensando che fossero ancora vivi. Si incamminò quindi in direzione di via Autonomia Siciliana, dove fu raggiunto dai primi soccorsi e poi condotto in ospedale.

L’unico superstite

Una completa ricostruzione della dinamica della strage è stata operata dalla sentenza n. 23/1999 emessa il 9 dicembre 1999 dalla Corte di Assise di Caltanissetta nel processo n. 29/97 R.G.C.Ass. (c.d. “Borsellino ter”), dove si evidenzia che «gli ultimi istanti di vita di Paolo BORSELLINO e degli agenti della scorta si riflettono nelle parole cariche di commozione pronunciate dall’agente Antonio VULLO, unico superstite della strage.

Il teste VULLO, nell’udienza del 22.11.1994, ha riferito di avere preso servizio alle 12.45 e di avere avuto la comunicazione di portarsi a Villagrazia di Carini, ove Paolo BORSELLINO si trovava con la sua famiglia.
Dal villino al mare il magistrato si allontanò per raggiungere l’abitazione della madre, in via D’Amelio, intorno alle 16. Il teste ha precisato di avere saputo quale sarebbe stata la destinazione solo poco prima di partire, precisando che né lui né gli altri colleghi della scorta conoscevano l’ubicazione della via D’Amelio, dove non si erano mai recati con Paolo BORSELLINO. Fu quest’ultimo a spiegare quale percorso avrebbero dovuto fare per arrivarci.
Come di regola avveniva, la destinazione venne comunicata alla sala operativa solo qualche minuto dopo la partenza; egli si trovava a bordo dell’autovettura che apriva il corteo, seguita da quella del magistrato – che stava alla guida ed era solo nell’auto – seguita a sua volta dalla seconda auto di scorta.
A bordo dell’auto con il VULLO – che era alla guida – viaggiavano il caposcorta Claudio TRAINA e Vincenzo LI MULI; nella seconda auto di scorta, guidata da Walter CUSINA, viaggiavano Agostino CATALANO e Emanuela LOI.

In breve tempo, seguendo le indicazioni sul percorso che aveva dato loro Paolo BORSELLINO, arrivarono in via D’Amelio.

  • P.M. PETRALIA: Descriva come avete trovato Via D’Amelio quando siete arrivati.
  • TESTE VULLO: Mah, il primo colpo d’occhio: era pieno di automobili parcheggiate, difatti, dato che era la madre, sia a me sia al capomacchina, che era Claudio Traina, ci ha dato un po’ di pensiero…
  • P.M. PETRALIA: Cosa vi ha dato pensiero?
  • TESTE VULLO: Siccome e’ l’abitazione della madre, che noi sapevamo che quella era l’abitazione della madre, tutte ‘ste auto parcheggiate…
  • P.M. PETRALIA: Vi hanno…?
  • TESTE VULLO: Certo, ci hanno un po’ infastidito.

Dalla sua auto scesero TRAINA e LI MULI, che dovevano fare la “bonifica” al portone dello stabile, mentre egli si posizionò con l’auto in fondo alla via D’Amelio;

BORSELLINO parcheggiò l’auto al centro della strada e scese, accompagnato dal CATALANO e dalla LOI; il TRAINA era già davanti al portone del civico 19 quando venne raggiunto dal magistrato. A quel punto il VULLO uscì anch’egli dall’auto pistola alla mano, guardò in giro, vide che tutto era normale, anche se la sua visuale era un po’ coperta dal fogliame e non vedeva più il magistrato e i colleghi della scorta; vide che CUSINA era anch’egli fermo in piedi vicino alla propria auto e accendeva una sigaretta.
Il teste ha proseguito dicendo che a quel punto egli decise di girare l’auto, mettendola in posizione per ripartire; le altre auto erano ferme così come erano arrivate, con il davanti verso la fine della strada.

Gli istanti subito dopo l’esplosione 

Dall’interno dell’auto vide che Paolo BORSELLINO era ancora davanti al portone, intento a pigiare il campanello; il VULLO ha detto di essersi girato poi a guardare il collega CUSINA, che era ancora fermo vicino alla propria auto.

In quel momento vi fu l’esplosione.

  • TESTE VULLO: L’esplosione… sono stato investito io da una nube abbastanza calda, all’interno dell’abitacolo sono stato sballottato, sono uscito dal veicolo e tutto distrutto, già avevo visto il corpo di un collega, dell’autista CUSINA, che era accanto alla mia macchina, e… mi sono messo a girare così, senza nessuna meta, cercando aiuto o dando aiuto agli altri colleghi…
  • P.M. PETRALIA: Per quanto è rimasto proprio sul teatro dell’esplosione?
  • TESTE VULLO: Ma un paio di minuti, tre – quattro minuti.
  • P.M. PETRALIA: Ha visto nessun estraneo in quei frangenti?
  • TESTE VULLO: No, no.
  • P.M. PETRALIA: Poi cosa ha fatto?
  • TESTE VULLO: Ma prima sono andato verso la fine di Via D’Amelio, così, cercando di… avere qualche aiuto da qualcuno…
  • P.M. PETRALIA: Quando dice “fine di Via D’Amelio” intende dire il lato del giardino od il lato di Via Autonomia Siciliana?
  • TESTE VULLO: Il lato del giardino. Ho visto tutto distrutto, non ho visto nessuno che potesse aiutarci e (sono andato a vedere) dall’altra parte, verso la via Autonomia Siciliana, e là ho visto il primo collega… la prima volante che è arrivata, però non ricordo bene chi fossero.
  • P.M. PETRALIA: E lei è arrivato contemporaneamente all’arrivo della volante oppure è arrivato prima?
  • TESTE VULLO: Ma un… un paio di secondi prima.
  • P.M. PETRALIA: Lungo il percorso, diciamo, tra il luogo dove materialmente era esploso l’ordigno e l’inizio di Via D’Amelio da Via Autonomia Siciliana che cosa ha potuto notare?
  • TESTE VULLO: Solamente alcuni brandelli dei colleghi.
  • P.M. PETRALIA: Lei ha potuto vedere, per quello che ci ha detto un attimo fa, Paolo BORSELLINO che usciva dalla macchina e si avviava verso il portone della casa della madre…
  • TESTE VULLO: Sì, esattamente.
  • P.M. PETRALIA: Ricorda, se lo ricorda, se aveva per caso qualcosa in mano, come una borsa, agende od altri oggetti di una certa dimensione tali da poter colpire la sua attenzione?
  • TESTE VULLO: No, assolutamente.
  • P.M. PETRALIA: Cioè non lo ricorda o non aveva nulla?
  • TESTE VULLO: No, non aveva nulla in mano.
  • P.M. PETRALIA: Aveva le mani libere?
  • TESTE VULLO: Se aveva qualcosa di piccolo, tipo un telefonino, non so, però qualcosa di vistoso non l’aveva. Si sarebbe notato subito».

Sempre nella sentenza emessa il 9 dicembre 1999 dalla Corte di Assise di Caltanissetta si soggiunge che il teste Vullo, nelle dichiarazioni rese nel processo c.d. “Borsellino ter”, all’udienza del 2.7.1998, ha precisato meglio il percorso seguito da Villagrazia di Carini per raggiungere la via D’Amelio: «Fecero ingresso in autostrada dallo svincolo di Carini, viaggiarono a velocità piuttosto sostenuta fino alla circonvallazione, dalla quale uscirono dallo svincolo di via Belgio; svoltarono subito a destra in via dei Nebrodi, proseguendo fino a via delle Alpi e svoltando ancora in viale Lazio, percorsero via Massimo D’Azeglio fino alla via Autonomia Siciliana, svoltando infine in via D’Amelio. Ha precisato poi che lungo l’intero percorso – compreso il tratto cittadino – il traffico era scarso e che, tra l’ingresso in via Belgio e l’arrivo in via D’Amelio, trascorsero all’incirca dieci minuti 07 luglio 2021 • DOMANI


20 Aprile 2017 – Dalla sentenza  del “BORSELLINO QUATER” la testimonianza dell’agente di scorta sopravvissuto ANTONINO VULLO

«Alle ore 16.58 circa del 19 c.m., personale della Volante “21”, nel transitare per questa Piazza Giacchery, udiva una forte deflagrazione provenire dalla parte ovest della città, fatto che subito induceva a pensare che era accaduto qualcosa di grave. Notiziata la Sala Operativa il prefato personale si dirigeva immediatamente verso la zona, e giunto in via Autonomia Siciliana, angolo via D’Amelio, si trovava dinanzi ad uno scenario agghiacciante. Decine di auto distrutte dalle fiamme, altre che continuavano a bruciare, proiettili che a causa del calore esplodevano da soli, gente che urlando chiedeva aiuto, nonché alcuni corpi orrendamente dilaniati dall’esplosione. Nell’occorso un individuo, notata la vettura della Polizia, vi correva incontro, imprecando aiuto ed asserendo di essere uno degli uomini della scorta del Dr. Borsellino e che quest’ultimo, unitamente agli altri cinque componenti la scorta erano deceduti a seguito di una violentissima esplosione». L’agente della Polizia di Stato sopravvissuto all’attentato era Antonio Vullo, il quale, nell’esame reso all’udienza dell’8 aprile 2013, ha descritto in questi termini i momenti che precedettero e seguirono la strage:

P.M. Dott. LUCIANI – Veniamo al 19 luglio del 1992. Lei quel giorno a che ora prende servizio?
TESTE VULLO A. – Ma in Caserma sono arrivato intorno alle 12.30.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì. E quindi?
TESTE VULLO A. – Mi sono incontrato subito dopo con Traina e abbiamo cominciato a prendere il materiale; lui ha preso giubbotti, mitra, e io ho preso l’auto per cui dovevamo fare il servizio. Lui ha preso contatti con l’ufficio servizi per sapere quello che si doveva fare; infatti abbiamo saputo che ci dovevamo recare presso l’abitazione estiva a Villagrazia di Carini.
P.M. Dott. LUCIANI – E quindi?
TESTE VULLO A. – Siamo partiti intorno alle… le 13.00.
P.M. Dott. LUCIANI – E chi c’era? Lei, Traina…
TESTE VULLO A. – Io, Traina e Li Muli.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – Siamo arrivati sul posto intorno alle 13.30.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – Sì, e abbiamo trovato gli altri componenti del… della scorta, che dovevamo darci il cambio.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – Infatti abbiamo fatto il cambio con la scorta H24, loro sono andati via e noi siamo rimasti fermi sul posto.
P.M. Dott. LUCIANI – Poi?
TESTE VULLO A. – Poi, niente, siamo rimasti… parlavamo tra di noi. Io, quando siamo arrivati, ho visto il Giudice assieme alla moglie e al figlio.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – E poi siamo rimasti noi, i componenti della scorta, a parlare fra di noi. Nel frattempo è arrivato anche il cambio della scorta 14.00 – 20.00.
P.M. Dott. LUCIANI – E chi erano i soggetti che poi sono arrivati a dare il cambio?
TESTE VULLO A. – Mi ricordo solamente Lotà, che era nella scorta che doveva andare via per far posto alla scorta che dava il cambio.
P.M. Dott. LUCIANI – E quelli, invece, che sono sopravvenuti?
TESTE VULLO A. – Sopravvenuti c’era Catalano, Cosina e la Loi.
P.M. Dott. LUCIANI – Lei era già stato in questa abitazione di Villagrazia di Carini?
TESTE VULLO A. – No, no.
P.M. Dott. LUCIANI – Era la prima volta, quindi, che andava.
TESTE VULLO A. – Sì.
P.M. Dott. LUCIANI – Fino a quando siete rimasti in questa abitazione?
TESTE VULLO A. – Intorno alle… le 16.00.
P.M. Dott. LUCIANI – E alle 16.00 che cosa succede?
TESTE VULLO A. – Mah, il Giudice ha chiamato due… i due componenti della…
della scorta, diciamo i capipattuglia delle due auto e dicendo che si doveva…
P.M. Dott. LUCIANI – Che…?
TESTE VULLO A. – Il Traina e Catalano.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – Dicendo che da lì a poco si doveva muovere per andare in via D’Amelio e avevamo indicato dove si trovasse la via D’Amelio. Io ero nelle vicinanze; siccome ho visto che erano un po’ indecisi, sia Catalano che Traina, io avevo bene o male capito la zona qual era, mi sono intromesso e difatti poi il Giudice mi ha detto dove… dove si trovava esattamente il posto dove si trovava; mi aveva fatto pure  cenno di un campetto che c’è in via Autonomia Siciliana, che io conoscevo e… e di conseguenza abbiamo preso accordi e ho fatto io l’auto da staffetta.
P.M. Dott. LUCIANI – Ma voi eravate già stati… qualcuno dei componenti della scorta di quel giorno era già stato in via D’Amelio?
TESTE VULLO A. – No.
P.M. Dott. LUCIANI – No.
TESTE VULLO A. – Forse l’unico, che era il più anziano, Catalano, però vedendo che era un po’ titubante nella destinazione, presumo che non ci sia stato neanche lui.
P.M. Dott. LUCIANI – (…) in quel momento in cui (…) il dottore Borsellino vi dà le indicazioni per giungere in via D’Amelio, lei ha avuto modo di notare se il dottor Borsellino avesse un qualche oggetto nella sua disponibilità, un qualcosa nella sua  disponibilità?
TESTE VULLO A. – No, qualcosa di vistoso no, se aveva qualcosa di piccolo può darsi pure che l’abbia avuto.
P.M. Dott. LUCIANI – Qualcosa di piccolo che intendiamo?
TESTE VULLO A. – Un telefono, un telefonino, un’agenda, qualcosa del genere.
P.M. Dott. LUCIANI – Ma ha un ricordo certo o è un ricordo, come dire…?
TESTE VULLO A. – E’ un ricordo, un normale ricordo che ho di quella situazione là.
P.M. Dott. LUCIANI – Dove l’aveva? In mano, in una borsa?
TESTE VULLO A. – No, non ricordo.
P.M. Dott. LUCIANI – Questo non riesce a ricordarlo.
TESTE VULLO A. – Può darsi che in altre… l’avrò detto, fa fede quello che ho detto anche negli anni passati.
P.M. Dott. LUCIANI – Perché in un verbale… lei ricorda di essere stato sentito, in verità, più volte.
TESTE VULLO A. – Sì, sì.
P.M. Dott. LUCIANI – Sia dal nostro ufficio, che dalla DIA di Caltanissetta.
TESTE VULLO A. – Sì. P.M. Dott. LUCIANI – In un verbale del 6 giugno del 2006 lei dice: “In quei frangenti…” In verità non è molto dissimile dalle dichiarazioni che ha fatto oggi. “In quei frangenti ricordo che il Giudice aveva in mano un qualcosa di simile ad un’agenda, la cui copertina era di colore scuro, ma non sono in grado di indicarne la tonalità”.
TESTE VULLO A. – Ah, e sì, e sicuramente allora sarà stato così.
P.M. Dott. LUCIANI – Ok. La conferma, quindi, questa dichiarazione?
TESTE VULLO A. – Sì, sì, sì.
P.M. Dott. LUCIANI – D’accordo. Quindi il dottore Borsellino vi dà indicazioni per muovervi e cosa succede?
TESTE VULLO A. – Sono… saranno passati un paio di minuti e ci siamo incominciati a muovere dalla… dalla residenza estiva.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì. E che tragitto avete fatto, lo ricorda?
TESTE VULLO A. – Ma siamo andati… abbiamo percorso la stradina adiacente l’autostrada, la parallela, non so se si chiama Cristoforo Colombo, il nome… direzione Punta Raisi; poi siamo svoltati sotto il sottopassaggio e ci siamo immessi dall’altro lato della carreggiata e siamo usciti dalla… dall’uscita di Carini, direzione Palermo.
P.M. Dott. LUCIANI – Dell’autostrada?
TESTE VULLO A. – Sì.
P.M. Dott. LUCIANI – E come viaggiavate per andare, diciamo, dalla casa di via  Villagrazia fino al luogo di destinazione?
TESTE VULLO A. – Io ero l’auto di testa.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – Facevo da staffetta.
P.M. Dott. LUCIANI – Assieme a lei c’era?
TESTE VULLO A. – Li Muli e Traina.
P.M. Dott. LUCIANI – Poi?
TESTE VULLO A. – Poi c’era l’auto del Giudice, che la guidava lui.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – E l’altra auto di scorta.
P.M. Dott. LUCIANI – All’interno della quale c’erano?
TESTE VULLO A. – C’era Agostino Catalano, la Loi e Cosina.
P.M. Dott. LUCIANI – E Cosina. Quindi uscite allo svincolo di Carini.
TESTE VULLO A. – Sì, abbiamo percorso l’autostrada e siamo usciti dallo svincolo  di via Belgio.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì. Poi?
TESTE VULLO A. – E poi abbiamo fatto… subito dopo abbiamo preso via Dei Nebrodi e poi un percorso che ci siamo immessi in via Autonomia Siciliana, sino ad arrivare in via D’Amelio. Io mi sono soffermato davanti la via D’Amelio, perché abbiamo visto tante auto parcheggiate e… Cioè il tempo… non abbiamo avuto il tempo di… di prendere una decisione, sia io che Traina, che il Giudice ci ha sorpassato e si è posteggiato al centro della carreggiata.
P.M. Dott. LUCIANI – Allora, una piccola precisazione.
TESTE VULLO A. – Sì.
P.M. Dott. LUCIANI – Nel momento in cui voi vi siete mossi da via Villagrazia, avete comunicato alla Centrale Operativa il vostro spostamento?
TESTE VULLO A. – Non si comunicava subito lo spostamento, solo dopo qualche minuto si dava il codice che il… il corteo era in movimento, senza specificare destinazione.
P.M. Dott. LUCIANI – Quindi…
TESTE VULLO A. – Solamente che si era mosso il corteo e basta, e finiva lì il…
P.M. Dott. LUCIANI – Poi lei dice: “Noi arriviamo a via Autonomia Siciliana, angolo via D’Amelio, sostanzialmente”.
TESTE VULLO A. – Sì.
P.M. Dott. LUCIANI – “E notiamo auto parcheggiate”. Se può riferire alla Corte proprio visivamente quello che vi appare quando arrivate in via D’Amelio, queste auto dove erano parcheggiate e in che maniera.
TESTE VULLO A. – Mah, le auto erano parcheggiate sia sul lato destro e sinistro della… della strada e al centro della stessa c’erano parcheggiate diverse auto.
P.M. Dott. LUCIANI – Lei commentò con qualcuno in quel momento il fatto che c’erano tutte queste auto parcheggiate?
TESTE VULLO A. – No, non abbiamo avuto proprio il tempo materiale di potere… Io, sapendo che era l’abitazione della madre, mi è sembrato strano che c’erano parcheggiate tutte quelle auto.
P.M. Dott. LUCIANI – Successivamente ai fatti, lei ebbe modo poi di commentare o di sapere da qualcuno se la situazione, come dire, logistica di via D’Amelio era stata rappresentata?
TESTE VULLO A. – Ma dopo che è successo il… il fatto sì, ho saputo, tramite  colleghi e anche giornali, che era stata fatta relazione per avere la zona rimozione, tutta una serie di accorgimenti utili alla… alla riuscita del servizio.
P.M. Dott. LUCIANI – E in che epoca questo avvenne? Diciamo prendendo come riferimento…
TESTE VULLO A. – No, dopo…
P.M. Dott. LUCIANI – …la strage di Capaci, prima o dopo?
TESTE VULLO A. – No, no, dopo la strage di via D’Amelio.
P.M. Dott. LUCIANI – Dopo la strage di via D’Am…?
TESTE VULLO A. – Sì, sì, questo io l’ho appreso dopo, questo.
P.M. Dott. LUCIANI – Dopo la strage di via D’Amelio o la strage di Capaci?
TESTE VULLO A. – No, no, la strage di via D’Amelio, che avevano fatto dei colleghi  relazione per quanto riguarda…
P.M. Dott. LUCIANI – No, no, ah, scusi, questo è quando lei apprende la circostanza.  Ma queste relazioni erano state fatte?
TESTE VULLO A. – No, questo non lo so.
P.M. Dott. LUCIANI – L’epoca non lo sa, diciamo.
TESTE VULLO A. – No, non lo so.
P.M. Dott. LUCIANI – Quindi lei dice: “Nel momento in cui arriviamo in via Autonomia Siciliana, rimaniamo un po’ perplessi, sostanzialmente, da quello che vediamo; non facciamo in tempo a…”
TESTE VULLO A. – Sì, mi sono soffermato e… e il Giudice in quel frattempo…
P.M. Dott. LUCIANI – Sì. Quindi il dottore Borsellino vi supera con la sua macchina.
TESTE VULLO A. – Sì.
P.M. Dott. LUCIANI – E quindi che succede?
TESTE VULLO A. – E si è parcheggiato al centro della carreggiata.
P.M. Dott. LUCIANI – E a che…
TESTE VULLO A. – E a questo punto… Come?
P.M. Dott. LUCIANI – A che altezza?
TESTE VULLO A. – Proprio davanti il cancelletto predisposto sul marciapiede dello stabile.
P.M. Dott. LUCIANI – Ma entrando in via D’Amelio, questo cancelletto è posizionato
dove, sulla sinistra o sulla destra?
TESTE VULLO A. – Sulla sinistra.
P.M. Dott. LUCIANI – Sulla sinistra. E voi poi cosa fate?
TESTE VULLO A. – Allora, io a quel punto ho superato di poco il Giudice, ho fatto scendere i componenti della mia auto, che avevano… dovevano fare la bonifica all’interno dello stabile, e mi sono posizionato alla fine della via D’Amelio.
P.M. Dott. LUCIANI – E gli altri componenti, diciamo, quelli della scorta?
TESTE VULLO A. – Io, posizionandomi alla fine della via D’Amelio, sono sceso dall’auto, ho messo l’auto di traverso, appunto per evitare che ci fosse il passaggio di qualche persona; ho visto che non c’era nessuno e… e guardavo la scena degli altri colleghi, e c’era l’autista Cosina dell’altra auto che era fermo davanti alla… alla sua auto; il Giudice, quando era sceso, è andato quasi per andare a pigiare il… il campanello del cancelletto, si è acceso la sigaretta, assieme ad altri due componenti della scorta, che era Catalano e la Loi.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – Nel frattempo sono ritornati indietro sia Traina che Li Muli.
P.M. Dott. LUCIANI – (…) Ma l’accesso all’abitazione di via D’Amelio, proprio  fisicamente, com’è? Cioè c’è un cancello che dà sulla strada.
TESTE VULLO A. – C’è un cancello che dà proprio sulla strada.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – E poi, all’interno, c’era il portone dello stabile.
P.M. Dott. LUCIANI – Dal portone dello stabile all’accesso che dà sulla strada che cosa c’è?
TESTE VULLO A. – Ma ci sarà… c’è un marciapiede, un piccolo cortiletto, due – tremetri, non… non di più, se ricordo…
P.M. Dott. LUCIANI – Quindi quando intende che i suoi colleghi erano andati a fare la bonifica, a cosa facciamo riferimento?
TESTE VULLO A. – Al portone dello stabile, i miei componenti della… della scorta, sì.
P.M. Dott. LUCIANI – I componenti, diciamo, della…
TESTE VULLO A. – Ma a quanto pare era chiuso e non… non sono riusciti a fare questa bonifica.
P.M. Dott. LUCIANI – Lei, invece, si posiziona in via D’Amelio a che altezza?
TESTE VULLO A. – Alla fine proprio della via D’Amelio.
P.M. Dott. LUCIANI – E lei…
TESTE VULLO A. – Dove ci sono degli scivoli sia a de… a destra che a sinistra.
P.M. Dott. LUCIANI – Degli scivoli…
TESTE VULLO A. – Se ricordo bene c’erano degli scivoli dello stabile stesso.
P.M. Dott. LUCIANI – Quindi che consentivano l’accesso allo stabile.
TESTE VULLO A. – Sì, aveva… qualche ufficio sotto, non so cosa…
P.M. Dott. LUCIANI – Lei sa o ha saputo, oltre, diciamo, la fine di quel tratto di via  D’Amelio cosa c’era?
TESTE VULLO A. – C’era un muro.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì. E ha avuto modo di…
TESTE VULLO A. – C’era un muro e un piccolo cancelletto c’era.
P.M. Dott. LUCIANI – Una cancelletto che consentiva l’accesso alla strada?
TESTE VULLO A. – Sicuramente.
P.M. Dott. LUCIANI – Lei in quel momento, quando va a posizionare l’autovettura, lei scende dall’auto?
TESTE VULLO A. – Sì, sono sceso dall’auto.
P.M. Dott. LUCIANI – Materialmente che cosa ha fatto?
TESTE VULLO A. – Niente, io sono stato fermo davanti l’auto appunto per controllare la zona di pertinenza mia e ho visto che non era una zona di transito e mi ero un po’ tranquillizzato, e ho visto il… il Giudice che era sceso dall’auto, i componenti dell’altra scorta e sono rimasti proprio qualche secondo davanti il… il marciapiede dell’ingresso del cancelletto.
P.M. Dott. LUCIANI – Diciamo quello che dà sulla strada, per intenderci.
TESTE VULLO A. – Quello che dà sulla strada.
P.M. Dott. LUCIANI – La domanda è scontata, gliela debbo fare: in quei frangenti ha notato qualcosa di strano?
TESTE VULLO A. – No, no.
P.M. Dott. LUCIANI – Quando lei scende dall’autovettura e si guarda intorno, diciamo.
TESTE VULLO A. – No, no, no.
P.M. Dott. LUCIANI – No. Quindi, poi, cosa avviene?
TESTE VULLO A. – E dopo qualche secondo loro sono entrati all’interno del… dello stabile, del cortiletto che poi dava sul portone dello stabile, e io a quel punto, una volta che non li vedevo più dalla mia visuale dov’ero posizionato io, perché c’eranole… le ringhiere con dei rampicanti e non si riusciva a vedere il portone, ho visto il collega, l’altro collega che stava fumando davanti l’auto e ho pensato di spostare l’auto già pronta per…
P.M. Dott. LUCIANI – Scusi, eh? L’altro collega, lo specifichiamo sempre, cortesemente.
TESTE VULLO A. – Cosina.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – Che era l’autista dell’altra auto.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – E ho… ho pensato di posizionare l’auto già pronta per laripartenza e fare compagnia al collega che era rimasto… a Cosina, che era rimasto là a fumare. Nel frattempo che ho cominciato a spostare l’auto, avrò fatto qualche metro e mi sono accorto che ancora c’era il Giudice e gli altri componenti della scorta fermi davanti il portone di ingresso e il Giudice che stava pigiando ancora il… il campanello del… dello stabile.
P.M. Dott. LUCIANI – Sì.
TESTE VULLO A. – Mi sono girato per posizionarmi l’auto al centro della carreggiata e… ed è successo quello che poi tutti sapete. (…) Sì, io (…) sono stato investito da una nube caldissima all’interno dell’abitacolo, sono stato sballottato sempre all’interno. In quel momento non avevo capito bene cosa era successo, poi,  subito dopo, quando sono sceso dall’auto, mi sono reso conto di quello che era successo.
P.M. Dott. LUCIANI – (…) Una volta sceso dall’auto, lei cosa fa?
TESTE VULLO A. – Ma non sapendo cosa fare, cercavo aiuto, chiedevo aiuto, volevo dare aiuto, non… non sapevo proprio cosa fare. Era tutto buio, non si riusciva a vedere niente. Ho visto subito il corpo di un collega a terra e andavo alla ricerca degli altri, perché pensavo che erano ancora vivi. Prima sono andato verso il muro, poi sono ritornato verso la… la via Autonomia Siciliana. Nel frattempo che ero là, come un automa… mi ha bloccato un collega delle Volanti, che sono arrivate… sono arrivati i primi soccorsi, e là poi mi sono ritrovato fermo sopra un piede di un collega e… e mi sono ritrovato poi in ospedale.
P.M. Dott. LUCIANI – Ho capito. Senta, facendo un piccolo passo indietro: nel momento in cui il dottore Borsellino scende dall’auto, una volta giunti in via D’Amelio, quindi per avviarsi verso il cancello esterno, diciamo, dell’abitazione, lei ha avuto modo di notare se avesse, anche qua, qualcosa in mano, un oggetto, qualcosa?
TESTE VULLO A. – Sempre là, qualcosa di vistoso non… non l’ho visto, perché si sarebbe notato. Se era qualcosa di piccolo non lo saprei dire. Sono sicuro che si è acceso la sigaretta, perché l’ho visto, me lo ricordo benissimo questo.
P.M. Dott. LUCIANI – Senta, nel rielaborare, diciamo, quello che è successo, lei ha, come dire, percepito un qualcosa di strano rispetto alla dinamica? Non so se sono stato chiaro, la domanda, purtroppo, più specifica non la posso fare, altrimenti diventerebbe suggestiva.
TESTE VULLO A. – Diciamo, l’unica cosa di strano, che quando i componenti, il Giudice e i componenti della scorta erano fermi proprio davanti il cancelletto posto sul marciapiede, dove poi si è saputo che c’era l’autobomba, non ho capito il perché non… non sia successo tutto in quel frangente, che io ero fuori dall’auto e sarei rimasto anch’io sicuramente lì. Invece è successo quando loro già erano proprio davanti il portone.
P.M. Dott. LUCIANI – Lei, rispetto al muretto, rispetto, diciamo, al muro, al muro finale della via D’Amelio…
TESTE VULLO A. – Sì.
P.M. Dott. LUCIANI – …all’epoca muro finale della via D’Amelio, e al cancello che lei ha detto essere presente sui luoghi, com’era posizionato rispetto, invece, all’abitazione del dottore Borsellino, dove il dottore Borsellino era in quel momento?
TESTE VULLO A. – Io ero messo trasversalmente, di traverso rispetto la strada e occupavo mezza carreggiata del lato dello stabile del… della madre del Giudice.
P.M. Dott. LUCIANI – E posto di fronte, cioè, diciamo, rispetto ad un soggetto idealmente posizionato dietro il muro, lei ostruiva la visuale del cancello di accesso dell’abitazione del dottore Borsellino?
TESTE VULLO A. – Sicuramente sì.
P.M. Dott. LUCIANI – Sicuramente sì. Senta, e ancora sempre per fare un passo indietro, sempre in quel verbale che le ho letto prima, alla DIA di Caltanissetta, diciamo, le fanno la stessa domanda che le ho fatto io oggi, le chiedono, appunto, se il dottore Borsellino, sceso dall’auto, recava con sé qualcosa e lei risponde questo:
“Non ho un ricordo preciso al riguardo, tuttavia ho un’immagine del dottor Borsellino con un qualcosa che teneva sottobraccio, ma non so assolutamente dire se tale mio ricordo è ricollegabile a quel giorno in via D’Amelio o a qualche altra  circostanza di tempo e di luogo”, e poi ribadisce che, invece, è certo che il dottore Borsellino, diciamo, si accese una sigaretta di fronte al cancello di ingresso.
TESTE VULLO A. – Sì, sì, questo ho detto.
P.M. Dott. LUCIANI – Dico, la conferma questa dichiarazione?
TESTE VULLO A. – Sì, sì.
P.M. Dott. LUCIANI – Senta, anche qua mi rendo conto che è difficile in quei momenti, insomma, fissare la memoria e un ricordo, ma lei, subito dopo l’esplosione, ha avuto modo di vedere come si presentasse la vettura del dottore Borsellino, cioè quello alla  guida della quale era il dottor Borsellino?
TESTE VULLO A. – Ma le auto erano tutte distrutte, però non sono andato a guardare i particolari proprio delle auto, che in quel momento mi interessava vedere i colleghi, trovare i colleghi, non… non immaginavo che potessero essere dappertutto e in quel  modo.
P.M. Dott. LUCIANI – Un’altra cosa: lei ha già dichiarato che quella era la prima volta in cui lei e anche gli altri componenti, mi sembra di capire, della scorta andavate in via D’Amelio.
TESTE VULLO A. – Sì, per noi sì.
P.M. Dott. LUCIANI – Per voi sì. Ecco, perché specifica: “Per noi”?
TESTE VULLO A. – Perché poi ho saputo che altri componenti c’erano stati in via D’Amelio.
P.M. Dott. LUCIANI – E in che epoca?
TESTE VULLO A. – Prima del… di quel giorno.
P.M. Dott. LUCIANI – Eh, le risulta, ha avuto modo di sapere con che frequenza e se c’erano…
TESTE VULLO A. – No, no.
P.M. Dott. LUCIANI – …giorni in particolare della settimana in cui il dottore Borsellino si recava in via D’Amelio?
TESTE VULLO A. – No, no, per quello no, non… non lo so dire questo.
P.M. Dott. LUCIANI – No. La circostanza che lei apprende è che, comunque, il dottore Borsellino si recava in via D’Amelio.
TESTE VULLO A. – Sì.
P.M. Dott. LUCIANI – Ma frequentemente, raramente? Questo…
TESTE VULLO A. – Non lo so dire, questo non lo so dire.
P.M. Dott. LUCIANI – Non lo sa.
TESTE VULLO A. – Però essendo la madre, presumo che ci sia una frequenza molto più…
P.M. Dott. LUCIANI – Senta, nel rapporto che lei ha avuto con il dottore Borsellino in quel, diciamo, mese e mezzo, quasi cinquanta giorni…
TESTE VULLO A. – Sì.
P.M. Dott. LUCIANI – …lei ha avuto modo di constatare se il dottore Borsellino in qualche maniera avesse cambiato umore, atteggiamento?
TESTE VULLO A. – Ma nell’ultimo periodo sì, era cambiato qualcosa, perché prima succedeva sempre che dava la battutina spiritosa o… è capitato anche che abbiamo preso il caffè assieme, con gli altri componenti della scorta. Poi, qualche giorno prima della strage, abbiamo visto qualche cambiamento in lui.
P.M. Dott. LUCIANI – C’è stato, diciamo, un fatto, un dato, un evento in conseguenza  del quale lei ha notato questo cambiamento di umore?
TESTE VULLO A. – No, no, per quello no.
P.M. Dott. LUCIANI – No. Ma qualche giorno prima della strage, parliamo di quanto tempo prima?
TESTE VULLO A. – Mah, una decina di giorni, era una cosa che avevamo parlato anche con… con Traina di questo, perché eravamo sempre noi due che accompagnavamo il Giudice quando si recava a casa, al Tribunale, in ascensore, oppure…
P.M. Dott. LUCIANI – E Traina…
TESTE VULLO A. – Come?
P.M. Dott. LUCIANI – E Traina cosa…? Cioè, diciamo, l’avete commentato e che cosa vi siete detti, diciamo?
TESTE VULLO A. – Cioè abbiamo notato che c’era un certo distacco nell’ultimo periodo.


Borsellino, l’agente sopravvissuto: «Io, vittima dimenticata. Quel giorno sono stato all’inferno»

 

«Quel pomeriggio mi ritrovai in pochi istanti all’inferno. Sono trascorsi 27 anni da quel maledetto giorno ma ancora il dolore e l’angoscia non passano. Sono lì, sempre presenti. E in questo periodo ancora di più. Ancora oggi quell’inferno lo porto sempre addosso». Antonino Vullo parla con la voce strozzata. L’unico agente di scorta di Paolo Borsellino sopravvissuto alla strage di Via D’Amelio non ama ricordare quei momenti. Fa fatica, deglutisce più volte. Poi, lo sguardo si allontana e va indietro nel tempo. «Non c’è giorno, non c’è notte in cui io non pensi a quel caldo pomeriggio, quando mi ritrovai all’inferno», racconta in una intervista concessa all’agenzia Adnkronos alla vigilia del 27esimo anniversario della strage.
Insieme con il giudice Paolo Borsellino morirono anche cinque agenti di scorta: Eddie Cosina, Walter Li Muli, Emanuela Loi, Agostino Catalano e Claudio Traina. Vullo, all’epoca, era in servizio come autista. Quel giorno si salvò solo per un caso fortuito. Nel momento in cui il giudice Borsellino e i cinque colleghi della scorta scendevano dall’auto per andare a citofonare alla madre del giudice in via D’Amelio, Vullo era tornato indietro a parcheggiare meglio la macchina
«Mentre ero girato con il viso per fare retromarcia, ho sentito un’ondata di calore infernale e poi il boato. Sono sceso dall’auto che era già in fiamme. Intorno a me era tutto buio», racconta con un filo di voce. E rivela che mai, «nessuno di noi era stato prima in via d’Amelio». «Io conoscevo la zona e quel giorno aprii il corteo di auto blindate. Quando arrivammo vedemmo subito quelle macchine parcheggiate dove non potevano stare». «L’esplosione non avvenne subito, ma solo dopo che il giudice e gli agenti di scorta erano già all’interno del cortile».
Sono attimi. E Antonino Vullo si sente schiacciare «da una fortissima pressione dentro la macchina». Scende dall’auto, si mette le mani nei capelli, inizia a girovagare. Non sa quanto tempo passa. Ma all’improvviso si rende conto che cammina sui resti di un piede. Il piede mozzato di un collega morto nella strage. Poi il buio. E quel dolore sordo che non è mai passato.  18 luglio 2019 IL MESSAGGERO 



La testimonianza di Antonio Vullo, il poliziotto sopravvissuto
 
Antonio Vullo era arrivato presso l’abitazione estiva di Paolo Borsellino, a Villagrazia di Carini, insieme a Claudio Traina e Vincenzo Li Muli. Poco dopo arrivarono anche gli altri componenti della scorta: Walter Cosina, Agostino Catalano e Emanuela Loi. Intorno alle ore 16 il giudice Borsellino chiamò i due capipattuglia delle autovetture  – Traina e Catalano – per comunicare loro che poco dopo sarebbe andato a trovare la madre in Via D’Amelio
Dalla deposizione del teste Antonio Vullo si desume che il 19 luglio 1992 egli si recò presso l’abitazione estiva di Paolo Borsellino, a Villagrazia di Carini, insieme a Claudio Traina e Vincenzo Li Muli. Sul luogo sopraggiunsero poi gli altri componenti della scorta: Walter Cosina, Agostino Catalano e Emanuela Loi. Intorno alle ore 16 il Dott. Borsellino chiamò i due capipattuglia delle autovetture di scorta – il Traina e il Catalano – per comunicare loro che poco dopo avrebbe dovuto recarsi in Via D’Amelio. Il Dott. Borsellino, su richiesta del Vullo, diede loro le indicazioni occorrenti per raggiungere il suddetto luogo; in questo momento, il Vullo notò che il Magistrato aveva in mano un piccolo oggetto simile a un’agenda, con la copertina di colore scuro.
Pochi minuti dopo il corteo di autovetture partì in direzione di Via D’Amelio; esso era composto dall’autovettura di “staffetta”, guidata dal Vullo, con a bordo il Li Muli e il Traina, dall’autovettura condotta dal Dott. Borsellino, e dall’altra autovettura di scorta all’interno della quale vi erano il Catalano, la Loi e il Cosina.
Dopo avere percorso l’autostrada dallo svincolo di Carini a quello di Via Belgio, le autovetture imboccarono via dei Nebrodi e via Autonomia Siciliana, sino ad arrivare in Via D’Amelio, dove il Vullo si soffermò perché vi erano numerosi autoveicoli parcheggiati, circostanza che apparve assai singolare al teste, il quale sapeva che in tale luogo abitava la madre del Magistrato (in seguito, il Vullo avrebbe appreso che era effettivamente stata presentata da alcuni colleghi una relazione finalizzata a ottenere una zona rimozione sul posto).
Prima che il Vullo e il Traina avessero il tempo di prendere qualsiasi decisione, il Dott. Borsellino li sorpassò e posteggiò la propria autovettura al centro della carreggiata, davanti al cancelletto posto sul marciapiede dello stabile. Il Vullo fece scendere dalla propria autovettura gli altri componenti della scorta e si spostò in corrispondenza della fine di Via D’Amelio, per impedire l’accesso di altre persone.
Uscito dall’abitacolo del veicolo, il Vullo vide che il Dott. Borsellino era andato a pressare il campanello del cancelletto ed aveva acceso una sigaretta; accanto a lui vi erano il Catalano e la Loi, mentre il Traina e il Li Muli stavano tornando indietro.
Qualche secondo dopo, il Dott. Borsellino e i suddetti componenti della scorta entrarono all’interno del piccolo cortile nel quale vi era il portone dello stabile. Il Vullo vide che il Cosina era fermo davanti all’altra autovettura, e pensò quindi di avvicinare ad essa anche l’autoveicolo da lui condotto, in modo da essere pronti per ripartire. Durante questo spostamento, il teste vide che il Dott. Borsellino e gli altri componenti della scorta erano fermi davanti al portone di ingresso dello stabile, dove il Magistrato stava pigiando sul campanello.
Mentre il Vullo stava posizionando l’autovettura al centro della carreggiata, egli venne investito da una corrente di vapore e polvere ad altissima temperatura all’interno dell’abitacolo. Sceso dal veicolo, si rese conto di quanto era accaduto; sul luogo era calata una pesante oscurità, e le condizioni di visibilità erano estremamente limitate. Egli vide subito il corpo di un collega per terra e si pose alla ricerca degli altri, pensando che fossero ancora vivi. Si incamminò quindi in direzione di via Autonomia Siciliana, dove fu raggiunto dai primi soccorsi e poi condotto in ospedale.


Vullo, il sopravvissuto della strage Borsellino: «Quel pezzo di me, rimasto in via D’Amelio»

 

L’intervista all’agente che il 19 luglio 1992, per un caso fortuito, uscì vivo dall’attentato in via D’Amelio, a Palermo. E che in Adesso Tocca a me, docufilm realizzato per i venticinque anni dalla strage e in onda su Raiuno, dà il contributo più emozionante. «Anche se io», dice, «neanche avrei voluto»

«Sono stato coinvolto in questo progetto, ma non avrei voluto: rivivere quei momenti è sempre molto doloroso per me». L’agente Antonio Vullo, oggi in pensione, è l’unico sopravvissuto della strage di Via D’Amelio, venticinque anni fa il 19 luglio. Sei morti – il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta -, ancora senza un colpevole: al processo di revisione, nei giorni scorsi, la corte d’appello di Catania ha assolto tutti gli imputati.

Vullo, all’epoca, era in servizio come autista: il giorno della strage, alle 16, nell’attimo in cui Borsellino e i cinque colleghi della scorta scendevano dall’auto per andare a citofonare alla madre del giudice (prima di saltare in aria con una Fiat 126 imbottita di tritolo), lui è tornato indietro a parcheggiare meglio la macchina. «Mentre ero girato con il viso per fare retromarcia, ho sentito un’ondata di calore infernale e poi il boato. Sono sceso dall’auto che era già in fiamme. Intorno a me era tutto buio», ha raccontato. «Anche se ne avrei fatto a meno», il suo sarà l’intervento più toccante di Adesso Tocca a me, il docufilm con protagonista Cesare Bocci nei panni di Borsellino realizzato in occasione dei venticinque anni dall’attentato e in onda su Raiuno il 19 luglio in prima serata.

«Perché io sì e gli altri no»: quante volte se lo sarà domandato.«Sempre, ma è impossibile dare una risposta. La cosa mi ferisce, ma non ho nessuna colpa: non mi sono né nascosto né tirato indietro o piegato. È successo e lo devo accettare. Molti mi dicono che sono stato fortunato ma non è stata proprio una fortuna vivere questo».

Ha detto di sentirsi più un «miracolato»****.«Ho avuto una sensazione quel giorno. Fisicamente sono uscito dall’auto da solo, ma è stato come se i miei cinque colleghi e il magistrato mi avessero tirato fuori mentre stava prendendo fuoco».

A chi nel 1992 non era neanche nato: chi era, «da vicino», il giudice Paolo Borsellino?«Sono stato aggiunto alla scorta il 31 maggio del ’92, perciò sono stato poco con lui. Quella che ho conosciuto era una persona stupenda e molto umile. Che aveva a cuore anche noi della scorta».

Un ricordo «piccolo» ma particolare?«Una volta ero in ascensore con una collega e il magistrato. Borsellino lesse il cartello “Capienza 4 persone” e domandò: “Quante persone entrano qua?”. “C’è scritto quattro, signor giudice”. “Sbagliato: qui ci capi Enza più quattro persone», rispose. “Capi” in dialetto significa “entra”, lui si divertiva molto a fare questi giochi di parole in siciliano».

A quel tempo sapeva di essere in pericolo.«Era consapevole che dopo Falcone c’era lui. Solo negli ultimi giorni, però, il suo umore è cambiato: aveva saputo che era arrivato il tritolo».

Venticinque anni dopo che cosa rimane all’Italia di Falcone e Borsellino?«Molto, perché il sacrificio che loro e i miei colleghi hanno dato alla nazione è grande. La nazione, però, doveva essere coinvolta e svegliarsi prima del loro martirio».

Lei non ha mai rinunciato a fare il poliziotto.«Sì, ma mi sono ritrovato in ufficio e la mia storia è finita lì. A darmi la forza di andare avanti c’è stato mio figlio, che all’epoca dei fatti aveva solo sei mesi: io so cosa voglia dire crescere senza padre, il mio era emigrato in Francia prima che nascessi e non l’ho mai più rivisto. Non volevo che mio figlio subisse lo stesso destino».

Lei ogni 19 luglio che cosa fa?«Partecipo alla deposizione della corona di fiori e alla messa alla caserma Lungaro. E poi vado in via D’Amelio, dove è rimasto un pezzo della mia vita. Ma per me il 19 luglio non è solo un ricordo, lo rivivo ogni giorno. Anche un semplice allarme di auto o la sirena mi riportano indietro».

E in via D’Amelio torna spesso?«Si, ma preferisco andarci di sera, al buio, quando le luci sono spente e non c’è nessuno. Molti lì si fanno vedere tanto per mettersi in mostra, io no».

Si è mai augurato di essere morto, quel giorno?«È capitato, credo sia normale in questi casi. Noi sopravvissuti veniamo guardati con un occhio diverso, a volte quasi come un peso. Pensi che l’atto ministeriale con cui si certifica la mia condizione di “vittima di mafia e terrorismo” è arrivato solo a marzo di quest’anno, dopo venticinque di iter burocratico».

Lei è amico di altri superstiti di attentati di mafia?«Sono legato ad Angelo Corbo della scorta di Falcone. Lui si trova a Firenze ma ci sentiamo spesso: condividiamo molti dispiaceri rispetto a questa nostra condizione».

Il più grande?«Il risarcimento danni è visto come un favore anziché un atto dovuto rispetto a quello che io e gli altri abbiamo dato. Sa quante volte i funzionari a cui parlavo dei dolori e dei problemi fisici legati all’attentato rispondevano:  “Ma questo chi lo dice che sia dovuto a quello”?. Uno, addirittura: “Lei deve ringraziare che è vivo”».

Nonostante tutto ha scelto di rimanere a Palermo.«Ho sempre amato la mia città, ma qualche volta vorrei scappare».

Per andare dove?«In Australia, un Paese grande e “libero” che mi affascina sin da piccolo. Chissà che prima o poi non ci riesca a partire davvero».

di Raffaella Serin 17 luglio 2017 VANITY FAIR

 

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