PAOLO BORSELLINO – 25 giugno 1992

Mentre viene eletto a Roma Scalfaro come Presidente della Repubblica, a Palermo la
folla, arrabbiata e disperata, sotto una pioggia battente invade via Roma e la piazza di
San Domenico, sede dell’omonima chiesa barocca dove si celebrano i funerali: è la
chiesa che celebra gli uomini illustri, importanti per la storia della Sicilia. Borsellino
passa a prendere la madre di Francesca Morvillo per portarla al funerale. Per lui
Francesca era una di famiglia, è naturale comportarsi con sua madre quasi come un
figlio. I politici non entrano dall’ingresso principale della Chiesa per evitare i fischi e le
urla. I colleghi degli agenti di scorta rifiutano di entrare in chiesa: è un gesto di
contestazione nei confronti di chi dovrebbe proteggerli, per non mescolarsi “alle solite
facce di ministri e governanti”, “ai responsabili di quello che è accaduto”, dicono i
poliziotti della Squadra Mobile di Palermo. Borsellino ha un tale senso di rispetto delle
istituzioni che rimane turbato dalla protesta dei poliziotti. Le cinque bare, poste davanti
all’altare, sono avvolte dal tricolore: su quelle di Falcone e della moglie sono piegate le
loro toghe, su quelle degli agenti ci sono i cappelli della polizia. Borsellino fa parte del
picchetto d’onore che si pone davanti ai feretri e resta lì per tutta la cerimonia. Insieme a
Caponnetto, è davanti alla bara di Falcone, pallido e sconvolto. Quando la giovane
vedova dell’agente Schifani, Rosaria, pronuncia un discorso di perdono e allo stesso
tempo di accusa tra le lacrime, Paolo la abbraccia e le promette che farà giustizia a suo
marito e a tutte le vittime della strage. Finita la messa, Borsellino esce dalla chiesa e
cerca sotto il temporale la sua auto blindata per riaccompagnare a casa la madre di
Francesca. Intanto i politici escono dalla sacrestia e il corteo funebre è accompagnato da
due ali di folla immense. La rabbia degli agenti esplode: “Siamo carne da macello”.

Dopo il funerale Borsellino ospita a casa Caponnetto, poi la sera lo accompagna
all’aeroporto. Il loro saluto è carico di emozione: “Nino, sei sicuro che ci rivediamo?”,
“O a Firenze o qui, ci rivediamo senz’altro”.175
Tutti adesso sono consapevoli del pericolo che corre Borsellino. Sotto la casa di via
Cilea torna la ronda dei carabinieri e la zona di rimozione delle auto, come durante il
maxiprocesso. La famiglia gioisce di ogni rientro a casa del magistrato. Lui ammette la
paura per la morte ma la affronta con coraggio: “Temo la fine perché la vedo come una
cosa misteriosa, non so quello che succederà nell’aldilà. Ma l’importante è che sia il
coraggio a prendere il sopravvento”. La sua più grande sofferenza deriva dal distacco
dai suoi cari: “Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire
sereno”.176 La prefettura studia i movimenti del magistrato e i suoi appuntamenti fissi:
Palazzo di Giustizia, la chiesa di Santa Luisa di Marillac e la casa della madre in via
D’Amelio. Gli agenti di scorta sollecitano una zona di rimozione sia davanti alla chiesa
che in via D’Amelio, ma la ottengono solo per la chiesa.177
Borsellino vorrebbe prendere parte alle indagini sulla strage di Capaci e chiede
addirittura di essere trasferito a Caltanissetta, sede preposta all’indagine in questione,
ma riceve un rifiuto perché coinvolto emotivamente nella faccenda. In un’intervista
dichiara:
“Confesso che non ho avuto molto tempo per riflettere come avrei voluto su
Capaci. Ciò che è accaduto mi ha toccato personalmente. Ho conosciuto
Giovanni che aveva i pantaloni corti. Siamo entrati insieme in magistratura.
Per tutta la vita, o quasi, abbiamo lavorato gomito a gomito. Conoscevo sua
moglie, Francesca, che era una ragazzina. Ho imparato a fare il magistrato
nell’ufficio del padre e ricordo che, dopo il lavoro, l’andavamo a prendere a
scuola. […] Purtroppo la procura di Palermo non è titolare delle indagini. Dico

 

174 Citazione in Follain, I 57 giorni che hanno sconvolto l’Italia, pp. 122, 123; Lucentini, Paolo
Borsellino, p. 243; Giorgio Bongiovanni, Lorenzo Baldo, Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino, pp. 30,31.
175 Lucentini, Paolo Borsellino, pp. 243, 244; Follain, I 57 giorni che hanno sconvolto l’Italia, pp. 122-