Le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale
«La mafia ormai è presente nelle maggiori città italiane dove ha realizzato grossi investimenti edilizi, o commerciali e magari industriali. Vede, a me interessa conoscere questa “accumulazione primitiva” del capitale mafioso, questa fase di riciclaggio del denaro sporco, queste lire rubate, estorte che architetti o grafici di chiara fama hanno trasformato in case moderne o alberghi e ristoranti à la page. Ma mi interessa ancora di più la rete mafiosa di controllo, che grazie a quelle case, a quelle imprese, a quei commerci magari passati a mani insospettabili, corrette, sta nei punti chiave, assicura i rifugi, procura le vie di riciclaggio, controlla il potere.. Il segreto bancario. La questione vera non è lì. Se ne parla da due anni e ormai i mafiosi hanno preso le loro precauzioni. E poi che segreto di Pulcinella è? Le banche sanno benissimo da anni chi sono i loro clienti mafiosi. La lotta alla Mafia non si fa nelle banche o a Bagheria o volta per volta, ma in modo globale»
Proprio da questo pensiero prese avvio la c.d. “caccia alla mafia” ad opera di una delle figure di spicco delle istituzioni italiane che, grazie alla sua saggezza, alla sua intellettualità e al suo intuito, divenne un punto di riferimento per tutti i cittadini. Il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, colui che, nonostante tutto, si è battuto contro un sistema che sapeva benissimo non lo supportasse, è un uomo che ha messo a disposizione il suo istinto, la sua opera ed il suo giudizio nei confronti del prossimo, anche a costo della propria vita. Una carriera senza confini, seppur piena di ostacoli da affrontare, al pari di Giovanni Falcone o di Paolo Borsellino.
Quando si parla di ostacoli si fa riferimento al fenomeno della criminalità organizzata. Gli anni passano ma il pericolo è ancora attuale. Invero, oggigiorno, le organizzazioni criminali stanno sviluppando, come è noto, una incredibile propensione a perseguire la realizzazione di profitti. Questi si concretizzano in un capitalismo criminale ed in una ricchezza costituita, per lo più, da quotazioni finanziarie in borsa e da partecipazioni societarie di ogni genere.
Questa evoluzione, rispetto ad un passato fatto di ricchezza esclusivamente materiale, ha visto l’estensione delle organizzazioni criminali attraverso un’escalation che è andata dallo sfruttamento dei contadini, alla corruzione generalizzata, alle estorsioni, ai traffici di droga, allo sfruttamento della prostituzione e, infine, agli affari di alta finanza. Di conseguenza, gli esponenti di queste associazioni, hanno mutato il loro modo di porsi e di apparire nella società.
Tale cambiamento li ha proiettati in realtà nuove, addirittura internazionali, ben distanti dal loro contesto socioculturale, spingendoli a farsi affiancare da professionisti, i cc.dd. colletti bianchi, esperti nei settori della politica e della economia, capaci di introdursi, in una commistione tra economia legale e criminale, nei contesti del potere e dell’alta finanza, grazie ai quali si possa reinvestire l’enorme mole di capitali guadagnati illecitamente. Senza il loro apporto professionale, le organizzazioni criminali non potrebbero facilmente reinvestire i proventi degli affari illeciti nell’economia legale.
Esistono, quindi, numerose imprese legali che, celatamente, lavorano come proiezione delle più potenti e pericolose organizzazioni criminali di stampo mafioso. Tali imprese rappresentano un fenomeno degenerativo di origine economica, frutto dell’arricchimento illecito che, con il tempo, è diventato motivo di impoverimento economico e di decadimento civile ed etico della società, suscitando il pericolo del dirottamento degli investimenti esteri altrove, con una consequenziale alterazione dell’economia del Paese.
Le imprese legali subiscono direttamente questo fenomeno, purtroppo vittime pur essendosi allineate ai principi dell’etica sociale d’impresa e della correttezza verso i consumatori, i dipendenti e i risparmiatori. Esse vengono danneggiate subendo una forte concorrenza, oltre al rischio di essere accomunate superficialmente alle imprese mafiose.
L’attività economica criminale sul mercato legale è resa pervadente soprattutto dalla fitta rete di relazioni con i poteri dell’economia, della politica e della società, nonché dalla vicinanza con commercialisti e altri liberi professionisti, venduti proprio alle organizzazioni criminali. Tali figure, gravitanti intorno alle associazioni di stampo mafioso, costituiscono la risorsa più importante che esse posseggono. L’impresa mafiosa trova le motivazioni del crimine non solo nell’arricchimento materiale ma anche nella stessa volontà di infrangere le leggi, nella sete di potere e nella volontà di porsi al di sopra di tutti, violando la moralità e le regole della collettività. Tale fenomeno criminale rappresenta un’emergenza sempre più forte a causa della sua pericolosità sociale ed economica.
Ancora oggi, appare difficile dire cosa sia realmente la mafia più di quanto non lo fosse in passato ma, grazie anche al contributo, alle iniziative e al nuovo metodo di indagine del Gen. Carlo Alberto dalla Chiesa, che risaliva l’albero genealogico di ogni famiglia per comprenderne la provenienza, le attività illecite e le attività di riciclaggio, e agli insegnamenti di Giovanni Falcone che ricordava l’importanza di dover “seguire i soldi”, al tempo d’oggi, è stata fatta un pò più di chiarezza su quello che è la vera mafia. Si tratta di una struttura disciplinata da regole rigide, non scritte, ma che si tramandano oralmente e che prende le forme di una vera e propria istituzione, ormai infiltrata nel tessuto sociale, economico e politico. Per contrastare questo tipo di criminalità, ormai transnazionale, risulta così fondamentale lo sviluppo di indagini patrimoniali basate su un’analisi approfondita dei flussi finanziari e delle movimentazioni di denaro.
In questo scenario, può dirsi che la globalizzazione ha facilitato lo spostamento di beni e di persone, sottraendoli alle normative italiane. Risulta necessario, quindi, garantire la tracciabilità dei capitali trasferiti all’estero, impedendone il movimento qualora questa trasparenza non fosse garantita. Gli imprenditori, i lavoratori, i professionisti ed i cittadini che sono al servizio della legalità devono far rifiorire quel concetto di moralità diffusa di cui sì ha bisogno nel contesto sociale, politico ed economico, contrastando la corruzione dilagante che mina la tenuta di tutto il sistema economico. La criminalità organizzata non è nemica solo delle Istituzioni poiché essa mette in pericolo lo stesso sviluppo del Paese, impedendo il rispetto della democrazia e del diritto; la sensibilità civile della generalità dei consociati deve, quindi, farsi promotrice di questa lotta, il cui esito positivo è nelle mani di tutti noi, seguendo le orme e le intuizioni di chi ha dato anche la propria vita per la giustizia e per la tutela di tutti. Lorenzo Midili – 06/02/2023 ANTIRICICLAGGIO COMPLICE
Il campione di imprese infiltrate
In base alle evidenze fornite dal ROS – Carabinieri, tra le aziende ricomprese nel campione impiegato nell’analisi sono state individuate quattro modalità principali di infiltrazione, a seconda dello scopo e delle modalità con cui ciascuna impresa è gestita dalla CO:
1) Investimento: l’impresa viene utilizzata come canale per investire proventi illeciti attraverso attività legali; dopo l’investimento iniziale, l’impresa non viene finanziata con fondi illeciti e compete “legalmente” nel proprio mercato locale;
2) Competizione: l’impresa è utilizzata per ottenere il controllo del mercato di interesse, ricorrendo anche a metodi mafiosi per danneggiare i concorrenti o per imporre i propri prodotti ai clienti;
3) Cartiera: l’impresa è una “scatola vuota” utilizzata per riciclare proventi illeciti attraverso fatture false;
4) Impresa catturata: l’impresa nasce “sana” e viene progressivamente infiltrata dalla mafia.
Il campione iniziale comprende circa 500 aziende, da cui sono state selezionate 237 società, quelle
per cui risultano disponibili sufficienti dati di bilancio per poter condurre l’analisi; sono state escluse dall’analisi anche le cartiere e le imprese catturate, scarsamente rappresentate nel campione. La Tavola 1 e la Figura 1 mostrano la ripartizione delle imprese nel nostro campione finale in base all’organizzazione mafiosa di appartenenza, rispettivamente per tipo di infiltrazione e distribuzione regionale2.
In Italia la mafia vale 40 miliardi. Ecco come riconoscerla e perché fa aumentare il Pil – Il rapporto Cgia
In Italia solo il Gestore dei Servizi Energetici di Enel e Eni fattura più del giro d’affari della mafia. Questo è il quadro che emerge dall’ufficio studi della Cgia di Mestre che stima in 40 miliardi di euro – ovvero il 2% del Pil italiano, 10 volte tanto il patrimonio stimato di Matteo Messina Denaro – il volume d’affari annuo di «Mafia Spa». Non si tratta di dati definitivi, ma certamente «sottostimati» assicurano dalla Confederazione Generale degli Artigiani, dato che è particolarmente complicato quantificare i proventi che la mafia ottiene dalle infiltrazioni in attività economiche legali. Il rapporto evidenzia come la malavita sia più presente «nei territori dove l’economia locale è fortemente condizionata dalla spesa pubblica». Spesso questa condizione si associa a una propensione alla corruzione da parte di chi lavora nell’apparato statale, il che facilita l’attività della criminalità organizzata.
Le aree di maggior incidenza
La Cgia evidenzia alcuni reati spia, la cui incidenza è maggiore nelle aree a forte infiltrazione mafiosa. Se il numero di denunce per «estorsione, usura, contraffazione, la lavoro nero, gestione illecita del ciclo dei rifiuti e scommesse clandestine» è particolarmente alto, è molto probabile che l’attività della mafia sia radicata nel territorio in oggetto. La Cgia ribadisce come a vedere la maggior presenza della mafia siano il Mezzogiorno e le aree più ricche del Settentrione e del Centro. Tra le province del Centro e del Nord con un’alta infiltrazione della criminalità organizzata vengono citate Roma, Latina, Genova, Imperia e Ravenna. Meno forte ma comunque preoccupante la presenza per Torino, Novara, Varese, Milano, Bologna, Ferrara, Firenze, Livorno, Ancona e Macerata. Meno a rischio, invece, le province del Triveneto, anche se sono in lieve controtendenza Venezia, Padova, Trento e, in particolar modo, Trieste. Basso rischio anche per Umbria e Valle d’Aosta, mentre completamente «immuni» sarebbero le province di Matera, Chieti, Campobasso e le realtà sarde di Olbia-Tempio, Sassari e Oristano.
Come il Pil italiano è “aumentato” grazie alla mafia
La Confederazione, poi, denuncia una discrepanza tra intenti dello Stato e legislazione. Che viene definita «imbarazzante. Dal 2014, l’Unione Europea, con apposito provvedimento legislativo consenta a tutti i paesi membri di conteggiare nel Pil alcune attività economiche illegali. Come la prostituzione, il traffico di stupefacenti e il contrabbando di sigarette», si legge nel documento della Cgia. Grazie a questa norma, continua il rapporto citando dati del 2020, all’Italia è stato possibile incrementare il proprio Pil 17,4 miliardi di euro in un colpo solo. Un aumento vicino all’1%. «Da un lato lo Stato combatte e contrasta le mafie» – continua la Confederazione -. «Dall’altro riconosce a queste organizzazioni criminali un ruolo attivo di portatori di benessere economico. In buona sostanza è come se sul piano statistico ammettessimo che anche una parte dell’economia illegale riconducibile a Mafia Spa è «buona e accettabile». Oltre a questi, evidenzia il rapporto, nel Pil italiano vengono conteggiati anche 79,7 sono occultati «dalla sottodichiarazione». Mentre 62,4 miliardi spariscono a causa del lavoro irregolare e altri 15,2 miliardi sono altro nero come mance e affitti. Il rapporto definisce evidente che «una parte importante di questo stock (157 miliardi) sia riconducibile alle organizzazioni criminali di stampo mafioso». Antonio Di Noto 21 gennaio 2021 OPEN
Il riciclaggio tra economia e finanza
Come le nuove organizzazioni mafiose riciclano i loro profitti illeciti
L’ultima relazione dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia segnala un rilevante aumento di operazioni finanziarie sospette. La maggior parte di esse è nel nord dell’Italia, ma il fenomeno ha ormai assunto una valenza internazionale. Abbiamo approfondito il tema con il criminologo Vincenzo Musacchio.
Professore, ci spiega in breve cos’è il riciclaggio?
Il riciclaggio è una condotta illegale per “ripulire” il denaro sporco attraverso attività legali. Chi ricicla deve evitare di essere scoperto così mimetizza il denaro sporco come se fosse un profitto ottenuto legalmente. I mafiosi non possono detenere grandi somme di denaro senza spiegarne l’origine altrimenti rischiano la confisca dei beni. Ciò significa che devono trovare qualsiasi stratagemma per eludere i controlli da parte delle forze dell’ordine e della magistratura: il riciclaggio è uno degli strumenti adeguato a questo scopo.
In questo settore si parla anche di autoriciclaggio, di cosa si tratta?
Lo commette chi ricicla ed è al tempo stesso l’autore del delitto dal quale proviene il denaro o il bene illecito (es. il mafioso che con i soldi delle estorsioni acquista un immobile). Si punisce chi occulta i beni provenienti da azioni criminali che lui stesso ha commesso. Lo scopo del reato resta quello di dissimulare e ripulire i proventi o i beni ottenuti illegalmente.
È di questi giorni l’ultima relazione dell’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia sulle operazioni bancarie sospette, che dati ci consegna?
Nel secondo semestre 2021 l’UIF ha ricevuto 69.401 segnalazioni di operazioni sospette. Un aumento del 15% rispetto al secondo semestre del 2020. In tutto il 2021 le segnalazioni di operazioni sospette sono state 139.524 con un aumento del 23% rispetto al 2020. L’organo di controllo della Banca d’Italia ha adottato dieci provvedimenti di sospensione di operazioni sospette, per un valore di quasi quattro milioni di euro. In aumento anche le transazioni sospette nell’ambito della collaborazione tra autorità giudiziarie italiane e straniere. Questi dati ci confermano, se ce ne fosse bisogno, che il riciclaggio di denaro è un problema diffuso nel settore bancario e finanziario ed è molto difficile da stanare poiché sta assumendo sempre più dimensione transnazionale. Occorrono nuove tecnologie antiriciclaggio e sanzioni più severe.
Il riciclaggio, quindi, non è soltanto un problema italiano?
Il riciclaggio di denaro è un problema mondiale e colpisce circa tre trilioni di euro ogni anno, oscillando dal 2% al 7% del PIL globale. Nella classifica stilata nel Rapporto “Global Money Laundering Risks 2021” si può osservare come a livello mondiale Haiti sia lo Stato con il più alto rischio di circolazione di riciclaggio di denaro e finanziamento al terrorismo con un indice di 8,49, mentre, il Paese più affidabile è Andorra con un indice di 2,73. Sono più di cento gli istituti bancari internazionali con flussi di denaro sospetti, per oltre duemila miliardi di dollari, in centosettanta Paesi nel mondo. Dati molto preoccupanti che confermano la transnazionalità di questo crimine.
Quali sono i metodi più usati dalle mafie per riciclare?
Le mafie più moderne per ripulire i loro soldi sporchi usano istituzioni bancarie e finanziarie e tutte quelle attività ad alto reddito, facendo sembrare che il denaro provenga da attività legali. Molte organizzazioni criminali utilizzano società di comodo. È il modo con cui, ad esempio, i trafficanti di droga possono detenere denaro in conti bancari senza destare sospetti. Le attività più comuni coinvolte nel riciclaggio di denaro sono sempre quelle che muovono grandi quantità di denaro, come catene di alberghi e ristoranti, complessi turistici, discoteche, enti di beneficenza. L’arte o i preziosi sono altri settori dove c’è riciclaggio. Le nuove mafie riciclano anche nel settore immobiliare, nei casinò, nelle banche, nel commercio, negli investimenti finanziari, attraverso attività in contanti e persino nel mondo virtuale (Internet).
Come funziona il riciclaggio nel settore immobiliare?
Gli affari del settore immobiliare muovono ingenti somme di denaro e si servono sistemi finanziari legittimi come banche e società di mutui. I mafiosi acquistano spesso un immobile utilizzando denaro contante proveniente da attività illegali e poi lo vendono rapidamente, depositando il ricavato su un conto bancario pulito. Usano spesso una testa di legno per acquistare la proprietà o si servono di società di comodo per compiere l’acquisto. Una volta che hanno venduto l’immobile, risalire all’origine dei fondi di acquisto diventa più difficile e il gioco è fatto.
Corrisponde al vero che si ricicla anche nei casinò?
I casinò hanno una pessima reputazione come luoghi per riciclare fondi illegali. Reputazione giustificata se si pensa che gestiscano grandi quantità di contante. Le mafie possono facilmente ripulire il denaro sporco mentre giocano. Pagano le fiches del casinò con i loro proventi illegali, giocano un po’ e poi incassano. Il risultato è che entrano con soldi sporchi ed escono con denaro pulito mascherato da vincite.
Com’è coinvolto il settore bancario nelle attività di riciclaggio?
Molte indagini della magistratura italiana (per tutte vedasi l’Operazione “Thomas” in Calabria) ci hanno mostrato come le mafie siano in grado di possedere un proprio istituto bancario o finanziario che utilizzano per ripulire i fondi illegali anche su larga scala. Se un riciclatore di denaro possiede una banca, una società di mutui o una di compravendita di azioni, può trasferire il denaro attraverso la propria organizzazione a un altro istituto finanziario abbastanza facilmente. Questi trasferimenti spesso avvengono sotto forma di cambi di valuta molto difficili da rilevare da parte delle altre istituzioni finanziarie coinvolte e dalle agenzie di regolamentazione e controllo.
Si ricicla anche nel settore del commercio?
Assolutamente sì. Si dissimulano i proventi di reato spostando i profitti mediante transazioni commerciali. Questo può includere: sovra e sotto fatturazione di beni e servizi, emissioni di fattura multipla, spedizioni in eccesso e in difetto o beni e servizi e prestazioni erroneamente descritte. Le aziende possono portare a termine queste operazioni alterando i prezzi e le quantità d’importazioni ed esportazioni e far sembrare i profitti più grandi di quanto in realtà non sia. In buona sostanza siamo di fronte ad una pratica illegale che prevede il coinvolgimento di chi emette la falsa fattura e di chi la riceve.
La diversificazione dei proventi illeciti può essere considerata una tecnica di riciclaggio?
Sicuramente è un modo di allontanare il denaro dalle sue origini illegali sottoponendolo a numerose transazioni e in varie forme. I contanti ad esempio possono diventare oro, preziosi, quadri, immobili, bitcoin e così via. Questa differenziazione può portare il denaro illecito a fare il giro del mondo. La transnazionalità delle operazioni rende ancora più difficile l’applicazione delle normative antiriciclaggio, poiché sono coinvolte più giurisdizioni e leggi diverse.
L’utilizzo di imprese “fantoccio” può essere un mezzo per riciclare?
Rivendite di auto, lavanderie a gettoni, autolavaggi, discoteche, pizzerie sono le preferite dai riciclatori di denaro perché fanno cassa contante. Queste società, di fatto mafiose, ma, di diritto legali, sono l’ideale per riciclare fondi illegali. Non sarà facile dimostrare quanti soldi passano effettivamente in simili aziende ogni giorno.
Ci spiega cosa è lo “smurfing” e come lo si utilizza per riciclare il denaro sporco?
La pratica dello smurfing prevede che da un soggetto siano eseguite una serie di operazioni di versamento e di cambio con una certa regolarità, che mostrano legami tra di loro e che sono riconducibili all’intenzione di mantenersi sotto la soglia fissata per far scattare la segnalazione e il controllo previsto dalle leggi sul riciclaggio di denaro. Una specie di destrutturazione dei capitali illecitamente conseguiti. In pratica divido grandi quantità di denaro in porzioni più piccole e le deposito in molti conti diversi, rendendo quasi impossibile rilevare i fondi illegali. Posso destinare il denaro anche in paradisi fiscali all’estero se non voglio che rientri come profitto all’interno dell’organizzazione criminale.
Che ruolo hanno le cripto valute e l’e-commerce nelle attività di riciclaggio?
Il riciclaggio online è senza dubbio un ottimo settore per ripulire i capitali illeciti mafiosi. A differenza di quanto si sia portati a credere, le nuove mafie fanno sempre più ricorso a pagamenti effettuati con cripto valute quali i bitcoin e più recentemente i “monero” che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario. Il commercio elettronico invece può essere utilizzato per nascondere la provenienza illecita dei capitali utilizzati per le transazioni. Sono due settori che offrono molte garanzie di anonimato e pochi rischi di essere scoperti. Saranno il futuro mercato dove graviteranno tanti soldi delle mafie.
Quali possono essere secondo lei le misure, preventive e repressive, da adottare contro il riciclaggio di denaro sporco?
Direi che il primo passo da fare sia quello di considerare il riciclaggio di denaro un delitto gravissimo poiché vede uniti in un rapporto simbiotico mafie e colletti bianchi. Occorrerebbe trovare soluzioni per impedire ai criminali di utilizzare le istituzioni bancarie e finanziarie per riciclare i loro fondi illegali. Incidere sull’eliminazione del segreto bancario e sui cd. paradisi fiscali. Rafforzare al massimo il sistema della segnalazione di operazioni sospette. Bisogna potenziare gli organi utilizzati per rintracciare i fondi illegali e la possibilità di confiscare i proventi delle organizzazioni criminali. È indispensabile ostacolare il riciclaggio internazionale, attraverso la formazione degli operatori e l’ideazione di strumenti legislativi e tecnologici sempre più efficaci ed efficienti, da parte dell’intera comunità internazionale. In tal senso l’armonizzazione delle legislazioni e la cooperazione tra gli Stati giocheranno un ruolo decisivo. Per quanto riguarda l’aspetto sanzionatorio, occorre inasprire sia le pene detentive sia quelle pecuniarie. Negli Stati Uniti, ad esempio, le multe per la violazione delle normative antiriciclaggio sono pesantissime. Se si è presi a riciclare denaro, i colpevoli possono arrivare a pagare una multa di 500 mila dollari o il doppio della quantità di denaro riciclato. Chi ricicla denaro sporco, per le mafie o i terroristi, finisce in galera con pene che possono arrivare fino a trentacinque anni di reclusione.
Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.
Mafia: quanti miliardi “fattura” ogni anno e in quali settori
La criminalità organizzata ha un giro d’affari per almeno 40 miliardi di euro, con attività illegali concentrate in alcune zone d’Italia
L’economia criminale riconducibile alla mafia, dunque gestita da organizzazioni criminale, conta un volume d’affari annuo stimato in ben 40 miliardi di euro. Pari al 2% del nostro Pil. Un giro d’affari inferiore solo al fatturato di Gse, Eni ed Enel. Il dato, tra l’altro, è sottostimato, visto che non è possibile calcolare i proventi che arrivano dall’infiltrazione delle mafie nell’economia legale. Questi numeri sono emersi da uno studio condotto dalla Cgia Mestre.
L’associazione denuncia il provvedimento legislativo dell’Unione Europea, definito “imbarazzante”, che dal 2014 permette ai Paesi membri di conteggiare nel Pil anche attività illegali come la prostituzione, il traffico di stupefacenti e il contrabbando di sigarette. Nel 2020, leggendo l’ultimo dato disponibile, abbiamo “gonfiato” la nostra ricchezza nazionale di quasi un punto, ovvero 17,4 miliardi di euro.
Si tratta di una decisione “eticamente inaccettabile“, spiega ancora la Cgia Mestre, visto che da un lato lo Stato combatte le mafie, dall’altro riconosce alle organizzazioni criminali un ruolo attivo nell’economia. Come a dire che il sommerso prodotto dalle attività illegali sia una componente “positiva” e “buona e accettabile” del prodotto interno lordo.
Quali sono le aree geografiche del nostro Paese in cui la mafia è più presente
La presenza più diffusa a livello territoriale delle organizzazioni economiche criminali si registra al Sud, ma ci sono “inquietanti” evidenze della presenza della mafia nelle aree economicamente più avanzate del Centro e del Nord. La letteratura specializzata, spiega la Cgia, evidenzia che dove l’economia locale è fortemente condizionata dalla spesa pubblica, il livello di corruzione della Pubblica Amministrazione è molto elevato. E dunque le organizzazioni criminali hanno più potere.
Ci sono aree geografiche più a rischio, e sono quelle dove sono presenti dei reati spia denunciati alle autorità.
- Estorsione e racket.
- Usura.
- Contraffazione.
- Lavoro nero.
- Gestione illecita del ciclo dei rifiuti.
- Scommesse clandestine.
- Gioco d’azzardo.
Secondo la Banca d’Italia buona parte del Sud, ma anche Roma, Latina, Genova, Imperia e Ravenna sono le aree più a rischio per la penetrazione territoriale della “Mafia Spa”. Meno colpite, ma comunque con forti criticità, sono anche le province di Torino, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Varese, Milano, Lodi, Brescia, Savona, La Spezia, Bologna, Ferrara, Rimini, Pistoia, Prato, Firenze, Livorno, Arezzo, Viterbo, Ancona e Macerata.
Sarebbero meno interessate dal fenomeno le province del Triveneto, seppur con segnali in controtendenza a Venezia, Padova, Trento e Trieste. Valle D’Aosta e Umbria presentano un livello di rischio molto basso. Gli unici territori completamente immuni dalle mafie sarebbero invece le province di Matera, di Chieti, di Campobasso, di Olbia-Tempio, di Sassari e di Oristano.
Non solo 40 miliardi di euro prodotti dalle mafie: a quanto ammonta il sommerso
Oltre ai 17,4 miliardi di euro prodotti dalle sole attività illegali, come il traffico di droga, il contrabbando di sigarette e la prostituzione, nel nostro Pil nazionale ci sarebbero altri 157 miliardi di euro così divisi.
- Evasione fiscale (79,7 miliardi di euro).
- Lavoro irregolare (62,4 miliardi di euro).
- Altre voci, come le mance e gli affitti in nero (15,2 miliardi di euro).
L’economia sommersa arriva dunque a 174,4 miliardi di euro complessivi, interamente conteggiati nel nostro prodotto interno lordo nazionale. Anche una parte importante delle ultime voci è riconducibile alle organizzazioni criminali di stampo mafioso. A dimostrazione che i 40 miliardi di euro dell’analisi dalla Cgia Mestre sono una stima al ribasso.
Qua vi abbiamo parlato di quanto valgono le infiltrazioni mafiose nel settore agroalimentare. Il Ministero dell’Interno, all’arrivo dei fondi del Pnrr, ha lanciato l’allarme sui tentacoli della mafia nel settore della sanità pubblica, come spiegato qua. E come se non bastasse i titoli della mafia sono quotati in borsa. Qua la nostra analisi.
“Mafia bond’: titoli della ‘Ndrangheta venduti sui mercati internazionali
I titoli “criminali” non sono delle obbligazioni direttamente legate ad attività criminali, ma il frutto di cartolarizzazioni.
I bond della ‘ndrangheta venduti agli investitori internazionali. E’ quanto rivela il Financial Times, che ha avuto accesso a documenti finanziari e legali riservati. In un’occasione, scrive il quotidiano finanziario della City, i titoli, garantiti in parte da aziende di facciata accusate di essere legate alla ‘ndrangheta, sono stati acquistati anche dalla Banca Generali, in una transazione nella quale i servizi di consulenza vennero forniti dal gruppo EY.
Da anni, già ai tempi di Giovanni Falcone, sentiamo parlare di una mafia (in questo caso la ‘Ndrangheta calabrese) che cambia, si evolve, opera meno sul territorio in senso stretto per entrare nei gangli dell’economia e della finanza. Dalla coppola al colletto bianco.
Secondo il Financial Times, ammontano a circa 1 miliardo di euro le obbligazioni vendute agli investitori internazionali tra il 2015 e il 2019. Alcune delle obbligazioni erano legate ad asset che in seguito si sono rivelati riconducibili ad aziende legate alla ‘ndrangheta.
Editorialmente ribattezzati “Mafia Bond”, in realtà i titoli in questione non sono delle obbligazioni direttamente legate ad attività criminali, ma il frutto di un noto processo finanziario chiamato cartolarizzazione. Tutto nasce dai ritardi nei pagamenti da parte delle Asl, specie al Sud d’Italia. Le aziende sanitarie private che vantano crediti verso la PA, per sbloccare liquidità si affidano a banche e società che trasformano quei crediti in titoli commerciali, obbligazioni collocate sui mercati.
Dal lato del compratore, però, la ‘securitization’ non permette di vedere chi ci sia dietro al collaterale; e in ogni caso l’acquirente di quei bond compra di fatto un credito verso la PA, ossia lo Stato Italiano.
Di certo, mentre in Europa si discute di MES, Recovery Fund e destinazione dei soldi che verranno dati all’Italia, l’argomento Mafia bond non ci aiuta a recuperare credibilità.
NB: Banca Generali ha fatto sapere che si trattava di una cartolarizzazione da un miliardo di euro, basata sul factoring, ossia fatture scontate da aziende pagate dalla pubblica amministrazione che vendono alle banche le loro fatture a prezzo ridotto per avere subito i soldi, di cui una “note” da 400 mila euro era stata emessa da un’azienda che successivamente è stata indagata per ‘ndrangheta.
Fonti della Banca – si legge su La Stampa – sottolineano che nessun cliente ha subito alcuna perdita e che l’istituto non aveva possibilità di sapere quali «notes» singole ci fossero nel pacchetto. Tra gli altri investitori, scrive il quotidiano londinese, fondi pensione ed hedge fund, attirati dai rendimenti in un momento storico di tassi al minimo. 8 Luglio 2020 QUI FINANZA
Mafia, tra crimine e finanza
La cattura del latitante e presunto capo di Cosa nostra Matteo Messina Denaro ha riportato al centro dell’attenzione il tema della criminalità organizzata e delle influenze che la mafia ha in alcuni ambiti della società. Dietro la figura di un boss mafioso c’è, infatti, un’intera organizzazione che genera ingenti somme illecite di denaro che “pulisce” e investe in attività che possono anche essere legali. Secondo il report di Banca d’Italia “Questioni di Economia e Finanza-la criminalità in Italia: un’analisi economica”, i proventi legati alle attività illegali in Italia nel 2021 superavano il 2 per cento del Pil, per un ammontare maggiore a 40 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti i ricavi ottenuti tramite l’infiltrazione nell’economia legale. Per avere un termine di paragone, lo stesso anno i due colossi bancari Intesa Sanpaolo e Unicredit(rispettivamente, quarta e quinta azienda italiana per ricavi) hanno fatturato intorno ai 20 miliardi di euro ciascuno. Naturalmente, gli effetti della criminalità organizzata nell’economia sono troppo vasti per essere riassunti in qualche numero: si pensi, ad esempio, allo svantaggio competitivo delle aziende pulite che operano in un mercato in cui sono presenti concorrenti che possono attingere a liquidità che proviene da fonti illecite. Secondo alcune stime, tra sequestri e confische lo Stato avrebbe già messo mano su beni per un valore totale intorno ai quattro miliardi di euro che venivano gestiti da mafiosi o persone che si considerano ricollegabili a loro. Un “tesoro” composto da supermercati, attività turistiche, immobili, opere d’arte e impianti eolici ma che è solamente la punta dell’iceberg di una ricchezza ben maggiore. I beni che appartenevano alla criminalità organizzata rappresentano una ricchezza potenziale per lo Stato, che per diventare reale deve essere utilizzata; quindi, i beni vanno messi a disposizione di privati o conferiti a enti locali. Dall’ultima relazione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata(Anbsc) del 2021 emerge come un bene sequestrato su tre (6.486 su 19.225) fosse ancora in attesa di destinazione. La normativa che indica le modalità per riutilizzare il patrimonio confiscato è complessa e serve a evitare che un bene sottratto a un’organizzazione criminale finisca nuovamente sotto il suo controllo. Rimettere in circolo ricchezze costruite illegalmente a favore dell’economia legittima è una sfida da cui non si può prescindere per la lotta alla mafia e sarebbe anche un grande aiuto alla ripresa economica dell’Italia. I soldi provenienti da attività criminali vengono successivamente reinvestiti anche in attività legali e questo rende le finanze delle associazioni mafiose collegate a variabili di mercato, in particolare per quanto riguarda l’accesso al credito. Uno studio di Banca d’Italia ha riportato come la presenza della mafia nell’economia sia aumentata significativamente nel periodo della crisi del 2008, a seguito della stretta creditizia, grazie a finanziamenti e acquisizioni di aziende da parte di associazioni mafiose che così hanno fatto crescere ulteriormente loro patrimonio. Una situazione analoga si è verificata durante la pandemia da Covid-19. La presenza percepita della mafia nell’imprenditoria è aumentata maggiormente nei settori più colpiti dalla crisi pandemica, quindi più bisognosi di liquidità immediata. Lo stesso studio di Bankitalia registra un aumento percepito di manovre finanziarie sospette (come acquisizioni e fusioni) rispetto ai reati violenti. In questi casi l’obiettivo della mafia è duplice: al ricavo economico si aggiunge una maggiore facilità ad incontrare il consenso della società civile, fornendo finanziamenti in periodi di crisi a chi non può ottenerli tramite i canali convenzionali. Bisogna, quindi, considerare non soltanto l’impatto della mafia sull’economia, ma anche le conseguenze che i cicli economici possono avere sulle attività criminali, per prevenirne l’espansione finanziaria. E per quanto riguarda le ricchezze già prodotte, l’obiettivo non deve limitarsi al loro sequestro ma è altrettanto importante riuscire a utilizzare i beni sequestrati per sostenere l’economia legale. L’OPINIONE DELLA LIBERTÀ
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