lavatore Arriviamo al giorno della strage di via D’Amelio: 19 luglio 1992. Nella storia – anzi, nel giallo di via D’Amelio – entra anche Giuseppe Ayala (nella foto a destra). E’il magistrato, collega di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Anche questa è una storia un po’ strana. “Molto strana – aggiunge Salvatore Borsellino -. Anche perché, su questa storia, il signor Ayala ha raccontato non ricordo più se sette o otto versioni. Lui arriva subito dopo la strage. Fa forzare lo sportello dell’automobile dove viaggiava mio fratello. Prende la borsa di mio fratello e, caso strano, non ricorda a chi l’ha consegnata. Intanto vorrei ricordare che quando si arriva in una scena del crimine non si tocca nulla. E questo Ayala, da magistrato, dovrebbe saperlo benissimo. Invece fa forzare lo sportello dell’automobile, prende la borsa di mio fratello e lì cominciano altri misteri”.
Sempre per la cronaca, della sparizione della borsa non si sa più nulla. C’è una foto che ritrae un signore con una borsa tra le mani. Ma, grazie a Dio, la vicenda è stata chiarita in modo molto italiano: tutti innocenti, tutti a casa. E la borsa? Vattelappesca! Alla fine è un ‘dettaglio’, no?
“Mi chiede cosa penso del signor Ayala? E che devo pensare? So che ha accumulato un bel debito di circa trecento milioni di lire. Ecco, in questo momento mi metto a ragionare come avrebbe ragionato mio fratello magistrato: che debbo pensare di un magistrato che gioca a carte e fa debiti? Quanto alle sue dichiarazioni, sono reticenti. Oggi dice: ero sconvolto. Lui sconvolto? Ma… Io gli ho posto dieci domande. Non ha ancora risposto. Sapete cosa va dicendo in giro questo signore? Dice: Salvatore Borsellino ha problemi mentali. Dice che sono molto malato e che sono un Caino. Questa del Caino non l’ho ancora capita. L’ho querelato. Mi risulta che sia già stato rinviato a giudizio”.