Cosa nostra e terzo livello ? GIOVANNI FALCONE e PAOLO BORSELLINO: non esiste.

 
 

GIOVANNI FALCONE

VIDEO ”Ho negato l’esistenza del terzo livello…”

 


GIOVANNI FALCONE : “Non bisogna tuttavia credere che Cosa Nostra non sappia, in caso di bisogno, fare politica. L’ha fatta alla sua maniera, violenta e spiccia, assassinando gli uomini che le davano fastidio, come Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana, e democristiano, nel 1980; Pio La Torre, deputato comunista, principale autore della legge che porta il suo nome, nel 1982; e Michele Reina, segretario provinciale della Democrazia cristiana nel 1979.
Questi crimini eccellenti, su cui finora non si è riusciti a fare interamente luce, hanno alimentato l’idea del «terzo livello », intendendosi con ciò che al di sopra di Cosa Nostra esisterebbe una rete, ove si anniderebbero i veri responsabili degli omicidi, una sorta di supercomitato, costituito da uomini politici, dà massoni, da banchieri, da alti burocrati dello Stato, da capitani di industria, che impartirebbe ordini alla Cupola.
Questa suggestiva ipotesi che vede una struttura come Cosa Nostra agli ordini di un centro direzionale sottratto al suo controllo è del tutto irreale e rivela una profonda ignoranza dei rapporti tra mafia e politica. L’idea del terzo livello prende le mosse, distorcendone il significato, da una relazione svolta da me e dal collega Giuliano Turone ad un seminario del 1982 a Castelgandolfo. Insieme avevamo redatto un rapporto sulle tecniche di indagine in materia di delitti mafiosi. Avevamo sottolineato che la mafia non è un’organizzazione che commette delitti suo malgrado, ma un sodalizio avente come finalità precipua il delitto; per esigenze sistematiche avevamo distinto i delitti « eventuali », come li avevamo definiti, da altri «essenziali». In altre parole, i reati come contrabbando, estorsioni, sequestri di persona, cioè i delitti per cui si è costituita l’organizzazione mafiosa, li avevamo classificati di « primo livello ».
Al «secondo livello » avevamo classificato i reati che, non costituendo la ragion d’essere di Cosa Nostra, ne sono tuttavia l’indiretta conseguenza: per esempio, l’omicidio di un uomo d’onore che si è macchiato di uno sgarro nei confronti dell’organizzazione. Restavano i reati non classificabili né come essenziali o strutturali (di primo livello), né come eventuali (di secondo livello), ma che venivano perpetrati in un dato momento per garantire la sopravvivenza dell’organizzazione: l’omicidio di un prefetto, di un commissario di polizia, di un magistrato particolarmente impegnato. Ecco quindi il delitto di «terzo livello ».
Attraverso un percorso misterioso, per non so quale rozzezza intellettuale, il nostro terzo livello è diventato il «grande vecchio», il «burattinaio», che, dall’alto della sfera politica, tira le fila della mafia. Non esiste ombra di prova o di indizio che suffraghi l’ipotesi di un vertice segreto che si serve della mafia, trasformata in semplice braccio armato di trame politiche. La realtà è più semplice e più complessa nello stesso tempo. Si fosse trattato di tali personaggi fantomatici, di una Spectre all’italiana, li avremmo già messi fuori combattimento: dopotutto, bastava un James Bond.”
” TECNICHE DI INDAGINE IN MATERIA DI MAFIA”
Estratto da ” Cose di cosa nostra” di Giovanni Falcone e Marcelle Padovani, 1991.
 
 
 

 

PAOLO BORSELLINO

“Tra mafia e politica favori elettorali, ma sopra la cupola non c’è niente”: l’audizione. dell’88 di Borsellino in Commissione Parlamentare Antimafia 

 

“Mi sono formato la convinzione, tra l’altro condivisa dal collega Falcone dopo otto anni di indagini sulla criminalità mafiosa, che il famoso terzo livello di cui tanto si parla – cioè questa specie di centrale di natura politica o affaristica che sarebbe al di sopra dell’organizzazione militare della mafia – sostanzialmente non esiste.
Dovunque abbiamo indagato, al di sopra della cupola mafiosa, non abbiamo mai trovato niente. La terza struttura non esiste, ma gli scambi reciproci sono un fatto.”
In vista delle elezioni: Da tante indagini viene fuori invece contiguità e i reciproci favori in riferimento alle attività delle organizzazioni mafiose a livello elettorale, che permetteva quantomeno di rendere favori elettorali, probabilmente con la speranza di averli resi in altro modo”. 


 

Mafia e politica, Borsellino: “Non esiste il ‘terzo livello’, ma favori reciproci”

“Non c’è momento più inquietante di quando tutto sembra tranquillo e la storia lo dimostra. Del resto è ricorrente nella storia della mafia l’alternarsi di periodi di apparente calma con periodi di particolare virulenza. Nel momento in cui un grande capo viene allo scoperto e viene individuato per l’appunto come boss di una cosca, per ciò stesso perde parte del suo carisma e della sua potenza; si apre così il campo alla successione e vi sono ripercussioni all’interno dell’organizzazione nel suo insieme”. A dirlo è Giovanni Falcone audito davanti alla Commissione parlamentare antimafia con il collega Paolo Borsellino e il capo del pool del Tribunale di Palermo, Antonino Caponnetto, l’8 maggio 1984.
“Per queste ragioni penso di poter dire che la situazione qui è tutt’altro che rosea: soltanto adesso, dopo anni di approfondite indagini, sta cominciando a venir fuori una visione del fenomeno davvero terrificante; più si scava e più aspetti impensabili all’inizio delle indagini vengono fuori. Direi, pertanto, che siamo davvero solo agli inizi del nostro lavoro – continua Falcone – Se è vero che ci sono molti reati che restano impuniti, è altrettanto vero che sono stati raggiunti dei risultati. Ad esempio per l’omicidio Dalla Chiesa ci sono degli imputati, l’istruzione è quasi ultimata e presto gli atti saranno depositati per la requisitori. Anche per gli assassinii finora rimasti impuniti, per quel che compete al nostro ufficio, possiamo dire che tutte le indagini sono sono aperte ma apertissime e che ci stiamo adoperando in tutti i modi”.
Successivamente prende la parola Paolo Borsellino che denuncia tutte le difficoltà vissute a Marsala: “Sarebbero necessarie diverse ore per protestare contro la situazione di Marsala: mi sono trovato immediatamente a dover affrontare una assoluta smobilitazione della procura della Repubblica. Quando sono arrivato erano già stati trasferiti tutti i miei sostituti ed in questo momento ne trattengo, in regime di proroga, soltanto uno. A gennaio, solo uno di questi verrà sostituito. Il Consiglio ritenne che le esigenze del tribunale di Mondovì (non ricordo bene la città) fossero più pressanti di quelle della procura della Repubblica di Marsala “tanto c’è Borsellino; se la sbrighi lui da solo!”. Borsellino è abituato a lavorare, ma non sa fare miracoli”, dichiara Borsellino. “A Marsala non ci sono mafiosi o cosche mafiose in collegamento con Trapani o Palermo: qui c’è Costa Nostra. A Marsala c’è la mafia. A Marsala, ritroviamo anche Bontade Giovanni, Stefano Bontade, Gallina Stefano, tutti i Madonia, famiglia mafiosa di Palermo; tutti si trovano in questo complesso residenziale con il proprio nome e cognome”, fa notare il magistrato.
Infine lo scottante e attuale tema dei presunti rapporti tra mafia e politica: “Ho la convinzione, tra l’altro condivisa dal collega Falcone, dopo otto anni di indagini sulla criminalità mafiosa, che il famoso ‘terzo livello’ di cui tanto si parla – cioè questa specie di centrale di natura politica o affaristica che sarebbe al di sopra dell’organizzazione militare della mafia – sostanzialmente non esiste. Dovunque abbiamo indagato al di sopra della cupola mafiosa non abbiamo mai trovato niente. Da tante indagini viene fuori invece la contiguità e i reciproci favori, e senza andare lontano basta vedere il caso Ciancimino e il caso Salvo”. Nel corso dell’audizione Borsellino tocca anche il tema della massoneria forte nella zona, “a Mazara del Vallo operò per un certo periodo una società dal nome tipicamente massonico, la società ‘Stella d’Oriente’. È poi nota la vicenda trapanese della loggia Scontrino – dice – risulta che aderivano a questa loggia massonica anche diversi pubblici amministratori a livello di funzionari, segretari comunali, eccetera”. GdS 2019


Le audizioni di Borsellino : «Nessun terzo livello mafia-politica»

 

Nelle audizioni desecretate il pm ucciso a via d’Amelio dice: «ho la convinzione, tra l’altro condivisa da Falcone, che questa specie di centrale che sarebbe al di sopra della mafia sostanzialmente non esiste»

 

Le audizioni di Borsellino La narrazione in corso, anche di tipo giudiziario, è quella che cerca di collegare “Cosa nostra” con la misteriosa “entità”, una Spectre che dirige la cupola mafiosa come se fosse composta da burattini.
Una sorta di terzo livello che coordina tutto, perfino la Storia italiana. Qualcosa del genere la ritroviamo scritta anche nella sentenza di primo grado sulla presunta trattativa Stato – Mafia che ha condannato gli ex Ros, Marcello Dell’Utri, Nino Cinà e prescritto il pentito Giovanni Brusca.
Eppure, sia Falcone che Borsellino, concordavano con il fatto che la mafia agiva per conto proprio, pensava al suo di potere e che i suoi rapporti con la politica e il mondo economico, consistevano nel trarre vantaggi.
Infatti, chi non ubbidiva, politico o imprenditore che sia, veniva ucciso. Ma tutto ciò è ben cristallizzato nelle audizioni recentemente desecretate dall’attuale commissione antimafia sotto la presidenza di Nicola Morra.
La commissione Morra Parliamo di quelle relative alla commissione riunita nel novembre 1988. Oltre a Borsellino, c’era anche Giovanni Falcone e il capo del pool del Tribunale di Palermo, Antonino Caponnetto. Proprio Borsellino, quando ha preso la parola, e dopo aver denunciato tutte le difficoltà che ha vissuto nella procura di Marsala, ha affrontato il rapporto tra mafia e politica.
«Ho la convinzione – ha spiegato Borsellino -, tra l’altro condivisa dal collega Falcone, dopo otto anni di indagini sulla criminalità mafiosa, che il famoso  “terzo livello” di cui tanto si parla – cioè questa specie di centrale di natura politica o affaristica che sarebbe al di sopra dell’organizzazione militare della mafia – sostanzialmente non esiste. Dovunque abbiamo indagato al di sopra della cupola mafiosa non abbiamo mai trovato niente».
Borsellino ha sottolineato, che «da tante indagini viene fuori invece la contiguità e i reciproci favori, e senza andare lontano basta vedere il caso Ciancimino e il caso Salvo».
L’analisi di Falcone D’altronde lo stesso Giovanni Falcone, nel corso della sua vita, subendo anche critiche, ha più volte spiegato che per “terzo livello” non intendeva indicare l’esistenza di una dimensione superiore a quella della mafia militare e dei suoi capi, fatta di colletti bianchi in grado di muovere le fila.
Lo ha spiegato anche durante un’audizione al Csm del 15 ottobre del 1991, per difendersi proprio dalle accuse mosse tramite esposti a firma dell’avvocato Giuseppe Zupo, l’allora sindaco di Palermo Leoluca Orlando, dall’avvocato Alfredo Galasso e di Carmine Mancuso.
Durante l’audizione resa pubblica dal CSM qualche anno fa, Giovanni Falcone ci ha tenuto a spiegare che lui non solo ribadisce l’inesistenza del terzo livello, ma ha aggiunto che non parlarne non è assolutamente una fatto benefico a favore della classe politica.
«Magari ci fosse un terzo livello!», ha esclamato Falcone. «Basterebbe una sorta di Spectre, basterebbe James Bond per togliercelo di mezzo!», ha aggiunto. «Ma purtroppo non è così – ha detto amaramente Falcone -, perché abbiamo rapporti molto intesi, molto ramificati e molto complessi».
Il terzo livello Ma allora, Giovanni Falcone, cosa intendeva in realtà per “terzo livello”? Lo ha spiegato benissimo sempre durante quell’audizione e non c’entra assolutamente nulla con l’idea di una mafia eterodiretta.
«Ci sono delitti – ha illustrato Falcone – che sono quei delitti per cui si è costituita l’organizzazione criminosa ( contrabbando di tabacchi, traffico di stupefacenti, etc): questi delitti sono del primo livello – chiamiamoli così – i delitti certi, quelli previsti».
«Poi abbiamo dei delitti eventuali, del secondo li- vello, cioè che non sono nella finalità dell’organizzazione in quanto tale, ma che vengono, volta per volta, consumati per garantire la prosecuzione dell’attività dell’organizzazione ( vedi, per esempio, lo sgarro di un picciotto che provoca la sua uccisione e così via)».
«Infine abbiamo dei delitti che servono per tutelare l’organizzazione nel suo complesso. Ecco, quindi, il delitto di un magistrato, di un uomo politico, etc. Questi delitti, che non sono né del primo livello, previsti, né del secondo livello, eventuali, li possiamo definire del terzo livello» .
Ecco spiegato il concetto. Falcone, come Borsellino, non ha mai immaginato che esistesse una sorta di consiglio di amministrazione sovraordinato rispetto ai clan capace di dettare le condizioni delle azioni criminali, quasi fosse una super Spectre.
Al contrario riteneva già Cosa Nostra una organizzazione perfettamente piramidale con un gruppo dirigente che contava al proprio interno intelligenze e professionalità le più disparate, ben inserite nel circuito politico economico legale assoggettate all’unico vincolo possibile: servire gli scopi dell’onorata società. 19 luglio, 2019 • IL DUBBIO – Damiano Aliprandi