
Mafia: in un libro la sfida del generale De Gregorio a Cosa Nostra
Il racconto in prima linea nella lotta alla mafia, ben prima degli omicidi Falcone e Borsellino, la cattura dei latitanti, il maxiprocesso a Cosa Nostra, i legami tra criminalità e politica. Ne ha parlato a Firenze il generale dei Carabinieri Giuseppe De Gregorio, ora in congedo, ma negli anni ’80 comandante del Gruppo Palermo II che assicurò alla giustizia personaggi di spicco come Michele Greco il capo della «Cupola», Francesco Intile, Bernardo Brusca.
L’occasione è stata la presentazione del suo libro «Mafia. Due anni di sfida a Cosa nostra» (Mauro Pagliai Editore, pp. 240) che si è svolta presso il Consiglio Regionale della Toscana, con un dibattito cui hanno partecipato il consigliere regionale Paolo Bambagioni, Giovanni Pallanti già vice sindaco di Firenze, i giornalisti Pierandrea Vanni e Antonio Lovascio, l’Ispettore per la Toscana dell’Associazione Nazionale Carabinieri colonnello Salvatore Scafuri. Il generale De Gregorio è molto conosciuto anche a Firenze, dove durante la sua carriera ha comandato il Gruppo (l’attuale Comando Provinciale) in Borgognissanti e la Scuola Marescialli e Brigadieri.
Nel suo libro l’autore ripercorre la sua esperienza a Palermo a stretto contatto con il giudice Giovanni Falcone, con documenti, fotografie e testimonianze esclusive, come le conversazioni con i protagonisti – in positivo e in negativo – dell’epoca.
Tra queste basta citare: «Spett.le Sig. Giudice; in riferimento alla mia telefonata del 3.2.1986 delle ore 11,40 circa (telefonata effettuata da Cefalù a nome Raia) le dissi che volevo personalmente parlare con Lei e mi ha chiesto di venirla a trovare in ufficio, ma vede molta gente mi conosce e non vorrei fare la fine che hanno fatto tanta gente disposta a collaborare con la Giustizia…». La lettera firmata «Raia» ma riconducibile a Benedetto Galati è indirizzata a Giovanni Falcone.
Mai pubblicata prima d’ora, segna l’inizio dello stretto rapporto del «confidente» con la magistratura che porterà il 20 febbraio 1986 all’arresto del boss Michele Greco detto «il papa», a capo di quella Cupola, sotto la quale ci sono i mandamenti, a loro volta formati da «famiglie» di affiliati a Cosa Nostra. D’accordo col giudice Falcone, fu lo stesso De Gregorio a incontrare Benedetto Galati e a intrattenere i rapporti con lui fino all’arresto di Greco.
I limiti della lotta alla mafia? De Gregorio non ha dubbi. «Lo Stato – ha ricordato ieri a Firenze – non è mai riuscito a fare una politica organica contro la mafia, ma solo interventi dettati dall’emergenza e dall’emozione». «Se davvero si vuole vincere la mafia – ha concluso – ci vuole il contributo davvero di tutti e non solo quello delle forze dell’ordine, che più di altri ne sono rimaste vittime».
Molti i capitoli del libro, tutti come una cronaca in diretta: la notte dei sopralluoghi, la cattura del Boss Vitale, la falsa identità di Michele Greco, gli incontri con il giudice Paolo Borsellino, il cardinale Pappalardo, la cattura di Bernardo Brusca e di altri capimafia, briefing con il giudice Giovanni Falcone, la cattura del capo della “Cupola” Michele Greco, l’uccisione del confidente, le meschinità, speranza di rinascita.
Il ricavato del libro, spettante all’Autore, è interamente devoluto all’Onaomac (Opera Nazionale Assistenza Orfani Militari Arma Carabinieri).
16.4.2015 FIRENZE POST
«Due anni di sfida a Cosa Nostra» non è solo la ricostruzione puntigliosa quanto drammatica di un investigatore che, operando dal 1985 al 1987 al fianco di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Antonino Caponnetto, è riuscito a catturare 53 latitanti, tra cui uomini di spicco della Cupola come Michele e Salvatore Greco, Francesco Intile, Bernardo Brusca, padre di Giovanni,
https://www.toscanaoggi.it/giuseppe-de-gregorio-il-carabiniere-che-sfido-cosa-nostra/
L’allora tenente colonnello De Gregorio riuscì a catturare il capo dei capi della mafia, Michele Greco, e una lunga serie di pericolosissimi latitanti. I guai, per il valoroso ufficiale dei carabinieri che ruppe la tregua tra Stato e mafia, cominciarono dopo l’arresto di Michele Greco, e si può ben dire che diventò il bersaglio di un malevolo fuoco amico proveniente da alcuni settori dell’Arma dei carabinieri e della Magistratura palermitana.
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