COMMISSIONE ANTIMAFIA 🟥 FABIO TRIZZINO, e l’audizione di GIANCARLO CASELLI

 


FABIO TRIZZINO
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“Oggi non posso tacere e ciò che sto per scrivere, credetemi, lo faccio con massimo rispetto per il dottor Caselli.
Costui, per sminuire il valore delle sentenze Borsellino ter quater e quinquies che hanno avvalorato, con argomenti e valutazioni rigorosissime, la pista mafia appalti come possibile movente dell’accelerazione della strage di Via D’Amelio ha così commentato: “Tot Capita tot sententiae” come dire OGNI TESTA È TRIBUNALE secondo il detto popolare.
A ciò si aggiunge che egli stesso ammette di averle lette molto schematicamente.
Il tutto è avvenuto nel corso della sua audizione in Commissione parlamentare antimafia.
Per carità è una opinione ma provenendo da un soggetto autorevole come lui potrebbe avere l’effetto di implicitamente delegittimare la magistratura
giudicante di quei processi fino alla Cassazione.
Il che mi addolora profondamente.”
18 novembre 2025

 

AUDIZIONE 18 novembre2025

GIANCARLO CASELLI in Commissione Parlamentare Antimafia – video e trascrizione delle due sedute

 

Caselli: “Mafia e appalti? No, la morte di Borsellino fu accelerata dopo il suo intervento a Casa Professa”

L’audizione dell’ex procuratore capo di Palermo davanti alla Commissione nazionale Antimafia: “Di Scarantino non so niente – ha detto -. Quando i colleghi di Palermo lo ascoltarono, in particolare il collega Sabella, capirono subito che era un bluff”

 

Paolo Borsellino, le sentenze, le stragi, gli appalti, il falso pentito Scarantino. È stata una lunga audizione quella dell’ex procuratore capo di Palermo Giancarlo Caselli, oggi davanti alla Commissione nazionale antimafia.  
“A volte – ha detto Caselli alla Commissione guidata da Chiara Colosimo – sembrano riemergere vecchie pulsioni ostili, contro la Procura da me diretta, colpendo alcuni magistrati simbolo, in prima linea nelle indagini sulle strategie stragiste dei corleonesi. Sono qui anche per contrastare dialetticamente l’eventuale profilassi di iniziative leggibili in tal senso”.
L’ex magistrato ha parlato a lungo del periodo in cui era a capo della Dda di Palermo, dal gennaio del 1993.

“Il nido di vipere era una frase di Borsellino”

“L’espressione ‘nido di vipere’ ricorre nella mia seconda relazione come frase di Paolo Borsellino ad Alessandra Camassa e al collega (Massimo Russo, ndr) quando scoppiò in un pianto dicendo ‘nido di vipere’, quindi quella era una frase di Borsellino. È facile da decifrare. I rapporti dell’allora Procuratore Giammanco, prima con Falcone e poi con Borsellino erano tutt’altro che normali. Erano punitivi nei confronti di Falcone, costretto ad emigrare a Roma al Ministero. E’ un dato di fatto.
Giammanco faceva fare ore di anticamera a Falcone davanti al suo ufficio in un corridoio frequentato da tutti perché tutti vedessero che non meritava di essere ricevuto. E alla fine se na va, vuole continuare l’antimafia al Ministero facendo il monitoraggio delle sentenze e preparando l’antimafia moderna con le Dda.
A seguito della sua prima audizione sono arrivati diversi video in cui si metteva in risalto come lei avesse parlato in più occasioni del ‘nido di vipere’, invece nell’audizione lei ha detto che ‘semmai ci fu un nido di vipere, se ne era dispersa la traccia. Per evitare che qualcuno metta in discussione ciò che ha detto, le chiedo nella procura di Palermo del ’91 e del ’92, in cui avevano lavorato Falcone e Borsellino c’era o no un nido di vipere?”.

“Scarantino? Quando lo ascoltò, Sabella capì subito che era un bluff”

“Di Scarantino non so niente. Quando i colleghi di Palermo lo ascoltarono, in particolare il collega Sabella (Alfonso ndr), capirono subito che era un bluff. Quello che riguarda Scarantino riguarda la Procura di Caltanissetta, non Palermo. So che fu accusato di calunnia. E che fu ascoltato da Sabella che lo ritenne totalmente inaffidabile. E questo avvenne”.

“L’intervento di Paolo Borsellino a Casa Professa era una ‘bomba’”

“Di queste sentenze ho sentito parlare, ho letto sintesi delle sentenze dei processi per la strage di via D’Amelio “non so come ci possa essere il convincimento su ‘mafia e appalti’ che io non condivido per niente.
Potrei cavarmela con una battuta: ‘Tutto può capitare nelle sentenze’. Io sono convinto che la chiave di lettura della accelerazione della morte di Borsellino fu il suo intervento a Casa Professa. È strano che il rapporto ‘mafia appalti’ non figuri nei documenti repertati da questa Commissione dopo la morte di Paolo Borsellino. E’ ragionevole escludere il collegamento di mafia-appalti all’input di Riina a Brusca perché sospendessero l’attentato contro Mannino per passare urgentemente a quello contro Borsellino”, aggiunge. “Quale evento abbia determinato questo input? – ha chiesto – Non è dato saperlo con certezza, ma vi sono elementi precisi che portano a ipotizzare che abbia avuto a che fare con l’intervento di Borsellino a Casa Professa. Unico evento di rilievo nuovo inaspettato che si conosca”.
“L’intervento di Paolo Borsellino a Casa Professa era una ‘bomba’ per i mafiosi che ascoltavano, una bomba pronta a scoppiare. Ecco l’ordine di Giovanni Brusca, quello di non uccidere Calogero Mannino ma Borsellino. A me sembra molto evidente”, ha poi aggiunto Giancarlo Caselli, rispondendo a una domanda della presidente Chiara Colosimo.
Ma cosa disse Borsellino a Casa professa, il 25 giugno del 1992? “In questo momento inoltre, oltre che magistrato, io sono testimone – disse Borsellino – Sono testimone perché, avendo vissuto a lungo la mia esperienza di lavoro accanto a Giovanni Falcone, avendo raccolto, non voglio dire più di ogni altro, perché non voglio imbarcarmi in questa gara che purtroppo vedo fare in questi giorni per ristabilire chi era più amico di Giovanni Falcone, ma avendo raccolto comunque più o meno di altri, come amico di Giovanni Falcone, tante sue confidenze, prima di parlare in pubblico anche delle opinioni, anche delle convinzioni che io mi sono fatte raccogliendo tali confidenze, questi elementi che io porto dentro di me, debbo per prima cosa assemblarli e riferirli all’autorità giudiziaria, che è l’unica in grado di valutare quanto queste cose che io so possono essere utili alla ricostruzione dell’evento che ha posto fine alla vita di Giovanni Falcone, e che soprattutto, nell’immediatezza di questa tragedia, ha fatto pensare a me, e non soltanto a me, che era finita una parte della mia e della nostra vita”.

“Il giudice non parlò mai alla moglie Agnese del dossier mafia e appalti”

“Agnese Borsellino – ha rivelato Caselli – non ha mai parlato del rapporto ‘Mafia e appalti’, eppure Paolo Borsellino le confidava anche i segreti più delicati e scabrosi, come il fatto di aver appreso che il generale Subranni era ‘punciutu’. All’evidenza il silenzio su ‘Mafia e appalti’ non è circostanza di poco conto. Anzi. Diego Cavaliero, molto amico di Paolo Borsellino, lo incontrò in un convegno di MI a Giovinazzo e ancora il 12 luglio ’92 a Salerno per il battesimo del figlio”. “Cavaliero dice che Borsellino appare diverso dal solito – dice Caselli – aveva fretta di trovare la chiave sulla strage di Capaci. Avrebbe voluto una giornata di 48 ore. E non si parla di mafia e appalti”.

fonte Adnkronos 18.11.2025


Strage di via D’Amelio, Gian Carlo Caselli su Scarantino: «Fu giudicato inaffidabile, un bluff»

 

Lo ha detto l’ex procuratore di Palermo in audizione in Commissione parlamentare Antimafia

18 Novembre 202. «Di Scarantino non so niente. Se non che la procura di Palermo non l’ha mai usato. Quando i colleghi andarono a sentirlo, in particolare Alfonso Sabella, subito avvertirono che fosse un bluff e quindi Palermo non l’ha mai usato. Quello che riguarda Scarantino riguarda soltanto Caltanissetta, non Palermo». Lo ha detto l’ex procuratore di Palermo, Gian Carlo Caselli, in audizione in Commissione parlamentare Antimafia nell’ambito del filone di inchiesta sulla strage di via D’Amelio in merito al falso pentito Vincenzo Scarantino
 «Io so che fu ascoltato da Sabella perché sembrava un pentito e ne giudicò la totale inaffidabilità e conseguentemente ci disse non ne parliamo neanche, questo noi non lo sentiamo», ha affermato ancora Caselli.


18.11.2025📌 DAMIANO ALIPRANDI de IL DUBBIO …in commissione antimafia, l’ex procuratore Caselli, alla domanda se avesse saputo di Scarantino, risponde: “Non so niente. Quando i colleghi di Palermo lo ascoltarono, in particolare il collega Sabella, capirono subito che era un bluff”. Non è vero! Basterebbe fare una semplicissima ricerca all’ansa storica. Oppure ricostruire la cronologia dei fatti e quali magistrati di Palermo sentirono Scarantino assieme ai colleghi di Caltanissetta. E questo è solo una delle tante cose dette e che non corrispondono ai fatti nudi e crudi. DAMIANO ALIPRANDI de IL DUBBIO

 

19.11.2025 📌DAMIANO ALIPRANDI  Sempre tornando all’audizione di ieri in commissione antimafia, l’ex procuratore Caselli si permette di smentire la pista “mafia-appalti” come concausa dell’assassinio di Borsellino, pur ammettendo di non conoscerla a fondo (come vedremo più avanti).
Quando la presidente Colosimo gli fa notare che le sentenze sulla strage di Via D’Amelio (in realtà anche quelle su Capaci) prendono in considerazione tale pista, tanto da cristallizzarla nelle motivazioni, Caselli risponde: “In realtà ne ho solo sentito parlare, letto qualche sintesi”.
A questo punto mi chiedo: che senso ha averlo audito? Non ha senso nemmeno porgli domande, visto che ha ammesso di non conoscere in maniera approfondita le motivazioni delle sentenze. Così come, e lo si capisce, conosce superficialmente e in maniera confusa i fatti relativi agli ultimi 57 giorni di vita del giudice Borsellino.
Ma questo è il grande rispetto che Caselli dimostra verso i giudici, soprattutto verso quelli che smentiscono le ricostruzioni fantasiose da lui stesso esposte nell’audizione di ieri? Non ha ritenuto nemmeno di leggere il loro lavoro, per capire e poi sì, legittimamente criticare. Alla faccia della tanto decantata cultura della giurisdizione, che dovrebbe prevedere anche un’alta professionalità e riconoscimento dei reciproci ruoli.

 

18.11.2025 📌 VINCENZO CERUSO: Il dottor Caselli mi onora prestando attenzione al mio ultimo saggio e, anche se non condivido le sue osservazioni odierne, non dimentico i suoi molti meriti, in particolare l’essersi scherato con Falcone, in quella lontana e famigerata mancata nomina da parte del Csm.
Nella speranza di un futuro incontro, mi limito ad una precisazione.
Per quanto riguarda l’operato di alcuni dei colleghi di Falcone e Borsellino nel 1992 (il dottor Caselli arriva a Palermo nel 1993), ho una visione critica rispetto alla sua, ma non si è formata in base alle mie trascurabili opinioni personali. Confesso di avere scelto una strada banale, cioè ho fatto mie le valutazioni di altre persone più autorevoli di me.
Di seguito ne cito solo alcune.
Antonino Caponnetto, settembre 92, riferendosi a Borsellino: “esprimeva valutazioni analoghe a quelle di Falcone sullo staff dirigenziale della Procura”.
Rita Bartoli Costa, deputata comunista e moglie del procuratore Gaetano Costa, viene citata ancora da Caponnetto subito dopo l’estate del 92: “ha parlato spesso di tre grandi aree: i magistrati che si dedicano con passione alle grandi inchieste antimafia; quelli che non emergeranno mai dal limbo dell’inefficienza, che hanno sempre una ragione in più per rinunciare a indagare, una grande e influente zona grigia; e infine quelli che stanno dall’altra parte”.
Agnese Borsellino, al primo processo sulla strage di via d’Amelio: “mio marito era delegittimato”.
Paolo Borsellino, luglio 92, a proposito dell’ipotesi di trasferirsi nella capitale per dirigere la nuova superprocura: “Che cosa posso coordinare da Roma se nessuno fa più indagini in Sicilia?”.
Ognuno, se vuole, si faccia la propria opinione.

 

 

 

31.7.2025 GIANCARLO CASELLI in Commissione Parlamentare Antimafia: «Le stragi di Capaci e di via d’Amelio sono una vendetta postuma di Cosa nostra contro Falcone e Borsellino


GIANCARLO CASELLI e il NIDO DI VIPERE ALLA PROCURA DI PALERMO

 

VIDEO

 

📌1 agosto 2022 🟥 Intervista ➡️ “Quando sono arrivato a Palermo (15 gennaio 1993) la Procura era ancora un cumulo di macerie, un nido di vipere. Tensioni furibonde, divisioni profonde tra chi aveva osteggiato Falcone e Borsellino e chi li aveva sostenuti…”
 
📌19 settembre 2014 🟥 Intervista➡️”…al momento del mio insediamento trovai una situazione disastrosa, ancora segnata dai corvi e veleni della stagione di ostilità e umiliazione che avevano dovuto subire in vita Falcone e Borsellino”
 
📌31 luglio 2025 🟥 Commissione Antimafia ➡️ “Nessuno ha remato contro di me, ma abbiamo tutti lavorato come un blocco coeso raccogliendo il testimone di Falcone, Borsellino, Scaglione, Costa, Chinnici e Terranova cercando di ispirarsi al loro esempio” e “se mai ci fu un nido di vipere se n’è dispersa la traccia”.
“Nessuno pretende che i pm di Palermo vengano pensati come salvatori della patria, ma di sicuro hanno diritto a un rispetto autentico. Mettere in funzione macchine che spargono dubbi non è certo compito di una commissione parlamentare”.
 
 

 

 

La figuraccia delle toghe su Scarantino Da Di Matteo a Caselli: ecco i magistrati che credettero al falso pentito 

Vincenzo Scarantino “mente dal 1994, è un mentitore di professione”. A ribadirlo – se mai ce ne fosse ancora bisogno – sono i giudici del tribunale di Caltanissetta nelle motivazioni della sentenza, emessa lo scorso luglio, sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. Le dichiarazioni di Scarantino avevano portato alla condanna all’ergastolo (poi annullata) di sette persone innocenti che non avevano avuto alcun ruolo nella strage del 19 luglio 1992, in cui morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. “A distanza di quasi trent’anni, ha deliberatamente deciso di continuare a offrire ricostruzioni arbitrarie, ondivaghe e false”, aggiungono i giudici di Caltanissetta, come a dire che Scarantino ha svolto il ruolo di pataccaro fino alla fine.   Il problema non è tanto rappresentato da Scarantino, ma dalla miriade di magistrati che nel corso degli anni ha creduto alle fandonie di un piccolo picciotto semianalfabeta del rione Guadagna, vale a dire: il capo della procura di Caltanissetta, Giovanni Tinebra (morto nel 2017), insieme ai pm Ilda Boccassini e Carmelo Petralia, che autorizzarono i poliziotti del gruppo di Arnaldo La Barbera allo svolgimento dei colloqui investigativi con Scarantino; Gian Carlo Caselli, all’epoca procuratore capo di Palermo, che nel 1995, quando la moglie di Scarantino accusò La Barbera di avere fatto torturare il marito per farlo parlare intervenne in difesa del superpoliziotto, parlando di “una campagna di delegittimazione contro i collaboratori di giustizia”; i pm Nino Di Matteo e Annamaria Palma, che ritennero attendibili le rivelazioni di Scarantino persino quando quest’ultimo nel 1998 decise di ritrattare denunciando le pressioni dei poliziotti; tutti i giudici che dal primo grado alla Cassazione hanno avallato le tesi dei pm basate sulle false rivelazioni di Scarantino. Proprio una grande figura per la magistratura italiana. 07 apr 2023 IL FOGLIO

 

 

🟥 MAFIA e APPALTI e l’eliminazione del dottor Borsellino

 

 

Processo BORSELLINO QUATER: la Cassazione conferma le condanne