29 giugno del 1992 BORSELLINO si reca da GIAMMANCO anche per chiarire una cosa importante, che rappresenta anch’essa la materializzazione di quello ostracismo irrazionale, illogico, funzionale alla sua umiliazione e delegittimazione professionale. SEGUE
Cos’era successo? Mentre Paolo Borsellino si trovava a Giovinazzo arriva un fax dalla procura della Repubblica di Firenze del dottor Vigna, con cui si dice: «Gaspare Mutolo ha parlato con me per fatti legati a un traffico di stupefacenti avvenuto nel mio territorio, ora ha deciso di saltare il fosso e di cominciare a parlare».
Unica condizione che ha posto è quella che, visto che inizialmente voleva essere interrottoPag. 39da Falcone, ma Falcone in vita era al Ministero e non poteva più svolgere le funzioni di pubblico ministero, muore Falcone, ovviamente salta il fosso e con chi vuole parlare secondo voi? Con Paolo Borsellino. E ce lo dice Teresa Principato.
Teresa Principato, nel suo verbale della commissione del 1992, dice: «Certo che voleva parlare con Paolo Borsellino. Con chi doveva parlare? Con Giammanco?» Paolo era credibile. I pentiti non ci sono stati in questi anni perché questa procura è gestita da un capo che non è credibile. Paolo è credibile, è ovvio che quello si sceglie il pentito. Non dico io da avvocato che è una prassi sostanzialmente giusta, ha ragione in termini astratti il procuratore Giammanco a dire: «Non deve essere il collaboratore a scegliersi il magistrato». Ma in condizioni normali, perché in condizioni diverse dove tu hai fatto di tutto per rendere la vita impossibile a Paolo Borsellino e in cui hai umiliato precedentemente Giovanni Falcone, la tua non è un’obiezione astrattamente e intellettualmente onesta.
È un modo per impedire all’ex autista di Saro Riccobono, come ci dice Leonardo Guarnotta nel dicembre del 1998 nel processo Borsellino ter, di disvelare i legami con il sistema politico della vecchia mafia perdente. Tu vuoi impedire a Paolo Borsellino di gestire i frutti di una collaborazione di un grosso collaboratore di giustizia. In astratto, in astratto.
La verità è che tu vuoi impedire a Paolo Borsellino di gestire quel collaboratore e ti inventi una formula per cui (questo è un passaggio fondamentale in cui spero di essere io in grado di dare la giusta interpretazione dei fatti così come si sono svolti) l’ostacolo per l’attribuzione della titolarità del fascicolo a Paolo Borsellino della gestione di Gaspare Mutolo viene individuata pretestuosamente senza tema di essere smentito. Viene individuata pretestuosamente da Giammanco nel fatto che il collaboratore parlerà di fatti di competenza del comparto palermitano E lui è invece coordinatore delle indagini su Trapani ed Agrigento.
In una dinamica normale ci può anche stare, ma hanno appena ammazzato Lima, Guazzelli, hanno sventrato un’autostrada per uccidere la prima delle Torri gemelle di questo Paese, e cavillare richiamando questioni amministrative di organizzazione interna all’ufficio ritengo sia un fatto veramente altamente pretestuoso. Quindi Paolo Borsellino in quella giornata del 29, oltre a risolvere il problema, deve contrattare col suo procuratore quale formula organizzativa adottare per ottenere in qualche modo la gestione del fascicolo relativo a Mutolo. Arrivano a una conclusione alquanto bizzarra, cioè la titolarità resta in capo a Vittorio Aliquò, al dottor Guido Lo Forte e al dottor Gioacchino Natoli, i quali – a penna scrive Giammanco – «si coordineranno con il dottor Borsellino».
Il dottor Borsellino, che conosceva anche lui le formule organizzative, dice: «Ma che significa, sono titolare o no? Devo andare a raccogliere l’interrogatorio. Posso io dare deleghe di indagine, non le posso dare, devono riferire a me?» Insomma, era una formula assolutamente nuova e che comunque non aveva alcun significato.
Infatti il dottor Borsellino si reca a interrogare Mutolo il primo giorno, va lì, quello lo vede arrivare e dice: «No, io non parlo con Aliquò». «No, lei deve parlare». Infatti verbalizzano, in modo tale da non offendere giustamente il dottor Aliquò. E dice: «Io sono disposto a parlare anche in presenza del dottor Aliquò». Ma chiaramente tu stai mettendo il collaboratore nelle condizioni di non parlare, se vuoi proprio francamente saperlo, se ti comporti così.
Gli ultimi due interrogatori sono del 16 e del 17, e lì succede una cosa secondo me incredibile. Succede che vanno lì il 16 e il 17 in compagnia del dottor Guido Lo Forte e del dottor Natoli e il dottor Borsellino, ci dice il dottor Lo Forte e ce lo conferma anche il dottor Natoli, dice: «Con loro è come se lei parlasse con me, parli anche di fronte a loro, stia tranquillo, non c’è problema». Quindi fanno l’interrogatorio, però c’è sempre questa benedetta formula organizzativa per cui il dottor Borsellino in realtà è quasi un intruso da dentro. Tant’è che a un certo punto Borsellino il 17 mattina si incavola e dice: «Interrompo l’interrogatorio» e questo emerge dai verbali, questo noi Pag. 45non l’abbiamo mai saputo da nessuna parte. Dice: «Io non voglio fare lo specchio per le allodole per nessuno, qua o entro come titolare del fascicolo o non entro».
Ecco allora che intervengono il dottor Lo Forte e il dottor Natoli: «Ci pensiamo noi, parliamo noi con Giammanco». Fanno la telefonata, questo il 17, e dicono: «Paolo, non c’è problema, avrai la delega».
Con tutto il rispetto per l’amicizia con cui magari il dottor Lo Forte e il dottor Natoli l’hanno fatto, io considero estremamente umiliante che due magistrati più giovani debbano chiedere al capo di intercedere per un procuratore aggiunto dello spessore di Paolo Borsellino.
Questa è una mia considerazione che vi rassegno e prendetela per quella che è.
Allora succede che Paolo Borsellino deve tornare a Palermo nel primo pomeriggio e Natoli e Lo Forte continuano l’interrogatorio. La mattina del 18, cioè un giorno prima della strage, Paolo Borsellino ha finalmente la delega formale, e questo ce lo dicono due testimoni qualificati che sono il dottor Vittorio Teresi e la dottoressa Principato, e poi ce lo dice un elemento oggettivamente importante fattuale. Nella borsa di Paolo Borsellino il 19 luglio, ce lo dice il dottor Vittorio Aliquò nel verbale della commissione, vi era il fascicolo di Mutolo. Quindi Paolo Borsellino andò la mattina a prendersi il fascicolo una volta ottenuta l’assegnazione e lo trovano nella borsa di Paolo Borsellino, così come da verbale di sequestro cui fa riferimento Vittorio Aliquò nella sua audizione in commissione.
Soprattutto, ripeto, valgono le dichiarazioni di Vittorio Teresi rese in commissione e rese davanti alla procura della Repubblica di Caltanissetta e valgono le dichiarazioni della dottoressa Teresa Principato. «Paolo ci disse che finalmente aveva avuto la delega sul fascicolo Mutolo». Questo, e concludo, depotenzia tutte quelle ricostruzioni volte ad attribuire alla telefonata del 19 luglio del 1992 la composizione della querelle legata all’assegnazione formale del fascicolo di Gaspare Mutolo.
(Da audizione avv. Fabio Trizzino settembre 2023)