A Palermo una delle più note esponenti dell’antimafia della città, la preside della scuola Giovanni Falcone del quartiere Zen, è stata arrestata dai carabinieri con le accuse di peculato e corruzione.
Palermo, così la preside antimafia dello Zen e il suo vice rubavano tablet e televisori destinati ai bambini a rischio
VIDEO
Daniela Lo Verde, insignita anche del titolo di cavaliere della Repubblica, si sarebbe appropriata, con la complicità del vicepreside Daniele Agosta, anche lui arrestato, di cibo per la mensa dell’istituto scolastico, computer, tablet e iPhone destinati agli alunni e acquistati con i finanziamenti europei.
La Lo Verde e Agosta sono ora ai domiciliari; nell’indagine è coinvolta anche una terza persona, Alessandra Conigliaro (anche lei ai domiciliari), dipendente di un negozio di Palermo che alla preside avrebbe regalato tablet e cellulari in cambio della fornitura alla scuola, in aggiudicazione diretta e in esclusiva, del materiale elettronico.
Preventivi “su misura” da un negozio
Secondo le indagini, la preside avrebbe messo in condizione la dipendente di fare preventivi su misura a discapito di altre aziende sempre per acquisiti realizzati nell’ambito di progetti finanziati dal Pon o da enti pubblici. Tra questi il finanziamento di 675mila euro per la scuola dell’infanzia, il progetto denominato “Stem”, il progetto “Edu Green” da 17.500 euro e il Decreto “Sostegni Bis” per le scuole.
La preside si appropriava anche del cibo destinato agli alunni
Daniela Lo Verde si sarebbe appropriata anche del cibo della mensa scolastica. A giugno i carabinieri che la indagavano hanno intercettato la prima di una serie di conversazioni tra la donna e la figlia che provano che la dirigente si portava a casa gli alimenti destinati agli alunni, comprati con i fondi europei. Mentre lavorava in ufficio in compagnia della figlia, tra una pratica e l’altra la preside impartiva alla ragazza indicazioni sugli alimenti da riporre all’interno di un sacchetto da portare a casa.
Le intercettazioni: “Questo lo portiamo a casa”
“Questo me lo voglio portare a casa, questi me Ii voglio portare a casa… poi mettiamo da parte… poi vediamo cosa c’e qui… Ii esci e Ii metti qui sopra…”, si sente nell’intercettazione che risale al 15 giugno. “Il riso… lo metti Ii davanti alla cassettiera e per la cucina questo… benissimo… ora sistema sopra il frigorifero… questa cosa di origano mettila pure per casa… Quelle mettile in un sacchetto che non si può scendere. Il tonno mettilo qui sotto… poi lo portiamo a casa a Sferracavallo (la villa al mare della preside ndr)”.
I video con le prove
Le intercettazioni sono accompagnate anche da immagini riprese dalle videocamere piazzate dai carabinieri, che mostrano la preside riempire delle buste di alimenti presenti nell’ufficio di presidenza.
“Un nuovo Mac? Ora ce lo portiamo a casa”
Oltre al cibo delle mense scolastiche, la preside Daniela Lo Verde si sarebbe appropriata di computer e tablet acquistati con i fondi europei per la scuola. “Che è un nuovo Mac?”, chiedeva la figlia alla donna. “Sì, ora ce lo portiamo a casa”, ispondeva la madre. “Anche in questo caso, così come già evidenziato in relazione agli iPad – si legge nella misura cautelare -, la genuinità delle conversazioni registrate fugavano ogni ragionevole dubbio sulle reali intenzioni della preside in ordine al nuovo Mac”
La preside dello Zen e la spesa col cibo destinato alla mensa degli alunni: “Mi porto tutto a casa”
Le intercettazioni che incastrano Daniela Lo Verde, la quale meno di un mese fa ha partecipato a un convegno sull’educazione alla legalità. L’ufficio di presidenza trasformato in dispensa e la sottrazione persino di origano e rosmarino. L’auto dell’indagata carica di dolci e rosticceria mai pagati. L’inchiesta nata dalla denuncia degli insegnanti
Meno di un mese fa, il 25 marzo, ha partecipato ad un convegno dal titolo emblematico: “Legalità. Punto primo. Non guardare il mondo con gli occhi del denaro: come educare le giovani generazioni al confronto con le reali esigenze”. Perché lei, preside – fino a poche ore fa – di una scuola di frontiera, quella dedicata altrettanto emblematicamente al giudice Giovanni Falcone, nel cuore dello Zen, avrebbe dovuto saperne qualcosa di educazione alla legalità. Eppure, dalle carte dell’inchiesta che stamattina l’hanno fatta finire agli arresti domiciliari, si scopre che Daniela Lo Verde, nominata pure Cavaliere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella, avrebbe per esempio trasformato quella che avrebbe dovuto essere la mensa per gli alunni in una sua personale dispensa: un “supermercato”, come lo definisce il gip Elisabetta Stampacchia, dove prendere persino barattoli di sughi pronti o di giardiniera, origano e rosmarino, patatine, casse d’acqua e di coca cola.
L’inchiesta nata dalla denuncia degli insegnanti
Non è la prima volta che rappresentanti delle istituzioni cadono dal piedistallo della così detta “antimafia” (basti pensare ai casi dell’ex giudice Silvana Saguto, dell’ex presidente di Confcommercio Roberto Helg o dell’ex presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante) e il quadro che viene fuori dall’inchiesta dei carabinieri, coordinata dai pm della Procura europea Gery Ferrara ed Amelia Luise, è sconfortante e “imbarazzante”, per usare le parole del giudice. Anche perché la preside ad un certo punto avrebbe saputo di essere indagata, ma avrebbe fatto poco per cambiare atteggiamento. Ma, come dice la stessa Lo Verde in un’intercettazione, riferendosi agli abitanti dello Zen, “non si può fare di tutta l’erba un fascio”, tanto è vero che a segnalare le presunte irregolarità nella gestione dei fondi e dei beni destinati all’istituto comprensivo, sono stati proprio altri insegnanti.
La promozione della legalità e l’auto carica di dolci non pagati
“Non può non evidenziarsi – scrive ancora il gip – come la preside abbia costantemente alimentato la propria immagine pubblica di promotrice della legalità nonostante il quotidiano agire illegale”. Un “agire illegale” per risparmiare sulla spesa, per comprare abiti e scarpe, ottenere un computer o un iPhone, per portare via in un solo giorno da una pasticceria – e senza pagare il conto – “12 pezzi di rosticceria, 3 porzioni di primo, 2 piadine farcite, un panino, una torta, 3 vassoi di frutta martorana e 3 pupaccena di zucchero”, come hanno documentato gli investigatori. Questo mentre dirigeva “un ente il cui scopo isituzionale è, fra gli altri, quello dell’educazione alla legalità di giovani che si formano in contesti disagiati e per i quali la scuola è spesso l’unica speranza di un futuro migliore”, stigmatizza il giudice.
I “giocattolini” e l’ufficio di presidenza trasformato in dispensa
Assieme alla dirigente scolastica sono finiti ai domiciliari anche il suo vice, Daniele Agosta, e una dipendente della R-Store, Alessandra Conigliaro, che sarebbe stata costantemente favorita nelle forniture (con affidamento diretto e senza gara) di strumenti tecnologici destinati – spesso solo sulla carta – agli studenti, semplicemente regalando agli altri due indagati dei “giocattolini”, ovvero dei costosi cellulari. Le intercettazioni dimostrerebbero chiaramente che l’ufficio di presidenza della Falcone sarebbe stato trasformato in una dispensa personale. Proprio lì sarebbero state accatastate “una cospicua quantità di provviste”, dicono i pm, dalla quale avrebbe attinto anche una delle figlie della dirigente scolastica.
La “spesa” con i beni destinati agli studenti
Il 15 giugno scorso era proprio Lo Verde a dire: “Questo me lo voglio portare a casa, poi mettiamo da parte” e la figlia chiedeva: “Questo per casa? Due… Il riso?” E lei rispondeva: “Sì, il riso lo metti lì davanti alla cassettiera e per la cucina questo, benissimo, ora sistema sopra il frigorifero, questa cosa di origano mettila pure per casa”, e la figlia: “Questa pure per casa? La giardiniera?”. Lo Verde rispondeva: “Un paio di barattoli per casa e gli altri in cucina… Quelle mettile in un sacchetto, quello non si può scendere”. La figlia chiedeva poi: “Il tonno?” e lei: “Mettilo qui sotto, poi lo portiamo a casa a Sferracavallo”. E c’erano anche le patatine: “Ce ne sono due? Portalo a casa va…” e il rosmarino: “A casa”, ripeteva la preside.
“A casa me le porto…”
Il 24 giugno, ad anno scolastico ormai finito, una ditta aveva consegnato alla Falcone una grossa quantità di alimenti e vettovagliamento destinati in teoria alla mensa, ma “il progetto è finito, quindi la mensa è finita – diceva Lo Verde – io ce le devo avere dentro le cose, non c’è un’alternativa”. Il 27 e il 28 giugno Lo Verde parlava con Agosta, al quale chiedeva una mano per trasportare le cose: “Me le metti le cose in macchina per favore? La pianta e quella cassa… io devo scendere le cose… A casa, dove me le porto?!” e lui. I carabinieri hanno documentato come, arrivata a casa, l’indagata avrebbe chiesto aiuto alla figlia per scaricare la merce: “Amore, io ho diversi sacchetti, che fa, ti secca scendere?”.
Salviettine e disinfettanti anche per la mamma ricoverata
In un’altra intercettazione, del 6 luglio, Lo Verde diceva al suo vice: “C’è in frigo quel condimento te lo mangi? Te lo porti? O me lo porto e lo lascio a Sferrcavallo… Peccato buttarlo…” e Agosta non esitava: “Portatela, portagliela al bambino”. Proprio quel giorno la preside aveva saputo che sua madre avrebbe dovuto essere ricoverata e, quindi, avrebbe pensato anche a lei: “C’erano delle salviettine in qualcuno di questi… non so se mia mamma ce l’ha… Che cos’altro le può servire? Questi sono disinfettanti? Me li porto io… Non ho il tempo di comprare niente… Dammi una mascherina, un pacchetto di mascherine…”. Una volta rimasto solo, anche il vice avrebbe fatto la sua scorta, riempiendo uno zainetto con succhi di frutta, igienizzanti per le mani e mascherine.
I rifornimenti per la festa di Santa Rosalia
Il giorno dopo era Agosta ad usare una frase inequivocabile: “Ti prendi la spesa?” e la preside resplicava: “Certo me la sto portando, io a poco a poco me le vado portando le cose, è inutile che stanno qui”. Gli inquirenti parlano infatti di una “consuetudine” quando si riferiscono a questi episodi. Tanto che, il 13 ed il 15 luglio, in concomitanza con la festa di Santa Rosalia, la preside “sicura che la scuola fosse deserta”, sarebbe andata con la figlia a fare un nuovo rifornimento, portando via una quantità tale di cibo e bibite da dover fare diversi viaggi per riempire il cofano dell’auto. “La scendi pure una bottiglia di acqua frizzante, poi c’è anche una cassettina di chinotto, prendi le cose dal frigo….”, diceva alla figlia, che affermava a sua volta: “Ti devi prendere questo sacchetto che è nostro”.
La vacanza a San Vito e le birre ordinate per gli alunni
Altra “spesa” sarebbe stata fatta il 27 luglio, in vista di una vacanza a San Vito Lo Capo. Lo Verde diceva alla figlia: “Queste cose da mangiare, portale e mettile fuori”. La ragazza replicava ridendo: “Guarda quanti scatoli abbiamo dentro…” e chiedeva: “La prendiamo da qui l’acqua di San Vito? Non c’è nessuno…”. Lo Verde spiegava: “Mi secca, quando se ne vanno tutti… Tanto visto che ci è rimasto un po’ di spazio, c’è qualche altro pacco di patatine…”. E ancora: “Questo sacchetto verde non lo dobbiamo prendere? I gelati li puoi prendere e li metti nel sacchetto… Li vuoi i succhi di frutta?”. La ragazza non solo rispondeva “anche la Corona”, riferendosi alla birra che era stata inserita tra le derrate per rifornire la mensa della scuola – un dato che dimostrerebbe la premeditazione con cui avrebbe agito la preside – ma adocchiava anche un Mac: “Che è, un nuovo Mac? Bello” e la preside non perdeva tempo: “E ora ce lo portiamo a casa…”, suggerendo: “E il telefono perché non lo prendi? Non lo vuoi? Minchia è nuovo, funziona ancora…”.
Poi aggiungeva: “Questo computer me lo prendo io” e la figlia: “Quindi anche il computer vuoi?” e lei: “Ora ce lo portiamo… Ci sono anche questi detersivi da prendere, per i piatti”. La figlia continuava la sua “spesa”: “I budini… qualche pancake me lo voglio portare”, ma la madre replicava: “No, ce ne sono a casa, per ora lasciali qui, a casa manco c’è spazio… I bicchierini di tè li vuoi? Quelli in bottiglia?” e la figlia: “Abbiamo preso le patatine al formaggio?”, ma l’indagata rimarcava: “Non c’era spazio”.
Il progetto sulla cucina e il burro scaduto
Ad un certo punto nella scuola dello Zen era stato attivato un progetto legato alla cucina e l’insegnante di riferimento aveva mandato una lista dei prodotti di cui avrebbe avuto bisogno. Non ci sarebbe stato il tempo di ordinarli e la preside, secondo i pm, avrebbe fatto ancora una volta la spesa nella sua dispensa personale, non esitando a mettere a disposizione degli studenti persino del burro scaduto. “Lei – diceva Lo Verde riferendosi alla docente che curava il progetto sulla cucina – pretende veramente cose impossibili… La pasta, l’acqua se la possono prendere da qua, l’olio ce l’abbiamo? Il sale? Vuoi vedere – chiedeva a una collaboratrice – questo burro se è scaduto?”. Il burro sarebbe stato effettivamente scaduto da 10 giorni, ma la preside avrebbe argomentato: “Si può usare, è stato tutto il tempo in frigo e questa stanza è a meno 20 gradi… Ma poi io lo dico sempre alle mie figlie: ‘Tu devi guardare i tuoi sensi perché ci può essere una cosa che non è scaduta e devi buttare. Non stiamo parlando di anni, giusto? Stiamo parlando di qualche giorno, 20 agosto… 31 agosto significa 10 giorni in un burro che è sempre stato in frigo…”. Alla lista si aggiungeva il “latte, 2 litri, non ha specificato come lo vuole… Scaduto, quindi è a casa mia, me lo bevo io, già abbiamo cancellato la data di scadenza del burro! Ha preso il pennarello nero – raccontava ad Agosta riferendosi alla collaboratrice – e l’ha cancellata… Sì ma scadeva il 20 agosto non 10 anni fa”. Il vice metteva però in guardia la preside “Lei – diceva riferendosi all’insegnante – vi denuncia” e l’indagata: “Secondo me pure… Per fortuna molte cose ce le avevamo, pasta, zucchero”.
Il gip: “La scuola come un supermercato”
Il gip usa parole dure nell’ordinanza e spiega che la figlia di Lo Verde “appariva perfettamente consapevole del fatto che la madre si rifornisse all’interno dell’istituto come in un supermercato”. Esclude poi che i prodotti, consegnati quando ormai la mensa non poteva essere attivata, siano stati portati a casa per evitare che si deteriorassero “atteso che gli alimenti erano conservati nella stanza della preside al fine evidente, ad avviso di chi scrive, di consentirle di prelevarlo lontano da occhi indiscreti; che gli acquisti prevedevano beni del tutto inconferenti rispetto alla mensa della scuola (birre, detersivi) e che la condotta ha riguardato anche beni di lunga conservazione (acqua, barattoli di giardiniera, chinotti, coca cola, gelati ecc.)”.
La “vocazione” all’illecito
Sul conto della preside “antimafia” il gip sostiene poi che “risulta particolarmente significativo della completa adesione a logiche di condotta meramente utilitaristiche, della strumentalizzazione dell’azione amministrativa e della vocazione all’illecito il coinvolgimento delle figlie, che dalla madre e dai suoi comportamenti sono state indotte a pensare all’istituto Falcone – e quindi alla pubblica amministrazione in generale – come ad un pozzo dal quale attingere costantemente qualsivoglia utilità, dagli strumenti tecnologici di ultima generazione ai generi alimentari. Non può non evidenziarsi, poi, come la preside abbia costantemente alimentato la propria immagine pubblica di promotrice della legalità (da ultimo la partecipazione al convegno del 25 marzo scorso: ‘Legalità. Punto Primo. Non guardare il mondo con gli occhi del denaro: come educare le giovani generazioni al confronto con le reali esigenze”) nonotante il quotidiano agire illegale, la costante attenzione ai risvolti economici, i propri reali sentimenti la consapevolezza dell’esistenza di un procedimento penale nei suoi confronti”. PALERMO TODAY 21.4.2023
Arrestata per peculato e corruzione Daniela Lo Verde, preside antimafia della scuola Falcone
Nel giugno 2020 ricevette l’onorificenza da Mattarella come Cavaliere al merito “per l’impegno dimostrato durante la pandemia”. L’inchiesta nata dalla denuncia di una docente. “Sospensione immediata”, annuncia il ministro Valditara
Era considerata una preside antimafia, dirigente scolastica della scuola intitolata al Giudice Falcone, nel quartiere Zen di Palermo, ma ora è stata arrestata dai Carabinieri con le accuse di peculato e corruzione, ed è ai domiciliari. Daniela Lo Verde – che nel 2020 divenne Cavaliere al merito della Repubblica “per l’impegno dimostrato durante la pandemia” – secondo le accuse, supportate da intercettazioni, si sarebbe appropriata, con la complicità del vice preside Daniele Agosta, anche lui arrestato, di cibo per la mensa dell’istituto scolastico, computer, tablet e iphone destinati agli alunni e acquistati con i finanziamenti europei.
In 14 mesi di indagine la Procura europea avrebbe accertato la gestione irregolare di fondi di spesa pubblici dell’Unione, stanziati per diversi progetti scolastici.
Per la donna è stato disposto “il provvedimento di sospensione immediata” da parte del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che sottolinea come “in tempi brevi sarà nominato il reggente”. Il Ministero fa sapere che “saranno inviati degli operatori psicopedagogici, a supporto di tutta la comunità scolastica nell’elaborazione di quanto accaduto oggi”.
Tutto parte dalla denuncia di una docente
L’inchiesta che oggi ha portato all’arresto della dirigente nasce dalla denuncia ai carabinieri di una ex insegnante dell’istituto che ha raccontato agli inquirenti di una “gestione dispotica della cosa pubblica da parte dell’indagata”, scrive nell’ordinanza il giudice che ha disposto i domiciliari per la donna, gestione che era impossibile contrastare salvo correre il rischio di ritorsioni.
L’insegnante ha descritto la dirigente come “avvezza alla violazione delle regole”: da quelle sull’emergenza sanitaria a quelle dei finanziamenti europei. I progetti scolastici, tutti approvati all’unanimità, secondo la donna che si è rivolta ai militari dell’Arma, non venivano attuati in modo diligente e tra le docenti era frequente la prassi di raccogliere ex post, e non durante lo svolgimento delle attività, le firme dei ragazzi coinvolti. Questo perché ai progetti affidati alla scuola Falcone in realtà gli alunni non partecipavano o partecipavano in numero ridotto e dipendendo dal numero degli studenti partecipanti l’ammontare dei fondi ricevuti, si rischiava di perdere il denaro.
La docente ha anche rivelato che spesso le fatture per gli acquisti, ad esempio per la palestra, venivano gonfiate e che solo una parte dei soldi veniva spesa per strumenti didattici, mentre il resto del denaro veniva investito in abbigliamento e scarpe per la dirigenza della scuola. Le dichiarazioni dell’ex maestra, confermate ai Carabinieri da altri insegnanti, hanno fatto partire le intercettazioni.
Nell’agosto del 2022 per l’ennesima volta furono rubati computer dall’aula magna della scuola Falcone di Palermo. Un episodio denunciato sui media dalla stessa preside Lo Verde, oggi arrestata per insieme al vicepreside Agosta. Raccontano le carte dell’inchiesta che i due, non sapendo di essere intercettati, avevano mostrato la loro soddisfazione per come il fatto aveva portato contributi alla scuola, come riporta l’Ansa: “Per un cornuto un cornuto e mezzo – diceva Agosto alla donna – ci stanno arrivando soldi da tutte le parti!”. E la preside rivendicava il merito di aver reso pubblica la notizia “proprio al fine di cavalcare l’onda”, pubblicizzare ancora di più il suo personaggio di preside integerrima in prima linea ed ottenere attestazioni di stima, solidarietà, ma soprattutto soldi e aiuti economici dalle istituzioni”, commenta il Giudice per le indagini preliminari.
“Grazie tu devi dire .. perchè non l’aveva saputo nessuno ….tu lo devi dire che .. che sono io quella speciale!”, diceva a proposito della diffusione della notizia, secondo quanto riportato dall’Ansa. Il sindaco di Palermo, attraverso la Fondazione Sicilia, dopo i fatti aveva infatti assegnato all’istituto un contributo di circa tremila euro per riacquistare le attrezzature rubate.
La preside antimafia dello Zen di Palermo arrestata per corruzione
Nei confronti di Daniela Lo Verde è stata eseguita dai carabinieri la misura cautelare ai domiciliari disposta dal gip. La dirigente in passato aveva ricevuto il titolo di cavaliere della Repubblica
AGI – Peculato e corruzione: è questa l’ipotesi di reato per cui carabinieri hanno eseguito la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti della preside Daniela Lo Verde, dell’istituto compressivo “Giovanni Falcone”, allo Zen di Palermo, cavaliere al merito della Repubblica, del vicepreside e da un professionista privato.
Il provvedimento è stato disposto dal gip di Palermo su richiesta formulata dai procuratori europei delegati Calogero Ferrara e Amelia Luise, dell’European Public Prosecutor’s Office (Eppo) di Palermo. Secondo quanto emerso dalle indagini svolte, tra febbraio 2022 fino a pochi giorni fa dal Nucleo investigativo dei carabinieri, sarebbe stata accertata l’esistenza un unitario centro di interessi illeciti, formato dagli indagati che, in concorso fra loro, si sarebbero resi responsabili dei reati ipotizzati, afferenti alla gestione dei fondi di spesa pubblici, sia nazionali che europei, nell’ambito di vari progetti scolastici.
Le accuse
In particolare, i dirigenti scolastici, in forza del loro ruolo di pubblico ufficiale, “in maniera spregiudicata e per accaparrarsi i cospicui finanziamenti comunitari connessi”, avrebbero attestato falsamente le presenza degli alunni all’interno della scuola anche in orari extracurriculari. Questo per “giustificare l’esistenza di progetti Pon di fatto mai realizzati o realizzati solo in parte, nella considerazione che la mancata partecipazione degli studenti avrebbe inciso in maniera direttamente proporzionale sulla quota parte dei fondi destinati per ciascun Pon alla Dirigenza”.
Gli approfondimenti investigativi avrebbero messo in luce una gestione illecita “anche per procedure di acquisto e fornitura di generi alimentari per il servizio di mensa della scuola”, e materiale informatico come tablet, Pc, e Iphone comprati con fondi europei e destinati agli alunni. Nell’ufficio di presidenza era così custodita una ingente quantità di generi alimentari e di costosi dispositivi informatici destinati agli studenti, che sarebbero stati prelevati dalla preside e dal suo vice Daniele Agosta – anche lui ai domiciliari, come la dipendente della R-Store, ditta che commercializza materiale infromatico, Alessandra Conigliaro – per “proprie ed esclusive necessità”. Le indagini avrebbero permesso di verificare come la dirigenza dell’istituto avrebbe affidato stabilmente, contro le norme, la fornitura di materiale tecnologico a una sola azienda in forza di un accordo corruttivo volto all’affidamento di ulteriori e importanti commesse in cambio di molteplici illecite dazioni di strumenti tecnologici di ultima generazione. “Le condotte poste in essere dai due pubblici ufficiali – affermano gli inquirenti – risultano particolarmente gravi alla luce della loro completa adesione a logiche di condotta meramente utilitaristica, della strumentalizzazione dell’azione amministrativa e dalla vocazione a ritenere la pubblica amministrazione come un pozzo dal quale attingere costantemente qualsivoglia utilità, dagli strumenti tecnologici di ultima generazione ai generi alimentari”.
“La finta immagine di promotrice di legalità”
Ad aggravare il quadro, per come emerge dal provvedimento cautelare, la dirigente “ha costantemente alimentato la propria immagine pubblica di promotrice della legalità nonostante il quotidiano agire illegale e la costante attenzione ai risvolti economici della sua azione amministrativa”. Nel 2020 la dirigente scolastica fu nominata cavaliere del lavoro dal Quirinale per il suo impegno durante la difficile fase del Covid in un quartiere, quello dello Zen, tradizionalmente complesso.
“Danno di 100 mila euro”
“L’esatto danno che riguarda i finanziamenti europei deve ancora essere precisamente determinato, considerando l’enorme mole di rilevante documentazione da esaminare relativa ai progetti e acquisita nel corso delle indagini. Allo stato attuale una stima si aggira attorno a 100 mila euro“. Lo affermano i magistrati dell’Eppo, Calogero Ferrara e Amelia Luisa, a proposito dell’indagine per peculato e corruzione per cui il gip di Palermo ha disposto gli arresti domiciliari per la preside e il vice preside dell’istituto “Falcone” dello Zen di Palermo, rispettivamente Daniela Lo Verde e Daniele Agosta. Il provvedimento riguarda anche un terzo indagato, una donna, Alessandra Conigliaro, dipendente della società informatica R-Store.
Palermo, la procura europea fa arrestare la preside antimafia dello Zen 2 e il suo vice: “Hanno rubato cibo, tablet e televisori destinati ai bambini a rischio”
È la preside simbolo del riscatto dello Zen2, nella scuola intitolata al giudice Giovanni Falcone: Daniela Lo Verde è anche Cavaliere al merito della Repubblica italiana, nominata tre anni fa per il suo impegno durante la pandemia. Adesso, è agli arresti domiciliari con accuse pesanti: peculato e corruzione. Un’indagine dei carabinieri del nucleo Investigativo di Palermo, coordinata dalla procura europea, ha fatto scattare lo stesso provvedimento per il vice preside Daniele Agosta, e per Alessandra Conigliaro, dipendente della società “R-Store” che si occupa della vendita di materiale informatico. L’inchiesta riguarda la gestione dei tanti fondi europei arrivati nella scuola di frontiera, “Arrivano soldi da tutte le parti” dicevano gli indagati: secondo la ricostruzione dei procuratori europei delegati Geri Ferrara e Amelia Luise, la preside e il suo vice avrebbero falsificato le richieste per i progetti Pon. “Attestando falsamente la presenza degli aluni all’interno della scuola anche in orari extracurriculari – scrive un comunicato della procura europea – al fine di giustificare l’esistenza di progetti Pon di fatto mai realizzati o realizzati solo in parte, nella considerazione che la mancata partecipazione degli studenti avrebbe inciso in maniera direttamente proporzionale sulla quota parte dei fondi destinati per ciascun Pon alla dirigenza”.
E’ stata la denuncia di un’insegnante a far partire l’indagine che è stata ribattezzata “La coscienza di Zen-o”, un ironico riferimento al quartiere ghetto di Palermo e al romanzo di Italo Svevo. Intercettazioni e pedinamenti hanno confermato i sospetti:”Gli approfondimenti investigativi hanno messo in luce una gestione dell’istituto volta a curare interessi di natura meramente personale – prosegue la nota della procura europea – anche con riguardo alle procedure di acquisto e fornitura di generi alimentari per il servizio di mensa della scuola”. Una telecamera nascosta nella stanza della preside ha svelato che “una cospicua quantità di generi alimentari nonché costosi dispositivi informatici destinati agli studenti sarebbero stati costantemente prelevati dalla preside e dal suo vice per proprie ed esclusive necessità”. Accuse pesanti.
Palermo, la preside antimafia arrestata. Il tenente colonnello Di Gesare: “Indagini a tutela dei fondi europei”
Ecco l’altra contestazione: “La dirigenza dell’istituto avrebbe affidato stabilmente, contra legem, la fornitura di materiale tecnologico ad una sola azienda in forza di un accordo corruttivo volto all’affidamento di ulteriori e importanti commesse in cambio di molteplici illecite dazioni di strumenti tecnologici di ultima generazione”. E, intanto, la dirigente scolastica continuava ad alimentare la sua immagine pubblica di promotrice della legalità: “Nonostante il quotidiano agire illegale e la costante attenzione ai risvolti economici della sua azione amministrativa – contesta la procura europea – di fatto abbandonando l’esercizio del suo ruolo di controllo e di gestione finalizzato al buon andamento dell’istituto che si rivolge a un’utenza particolarmente fragile”. Un altro simbolo dell’antimafia che cade, per una gestione spregiudicata dei fondi pubblici.
Ristoratori compiacenti, altri no: “Torte e pasta per la preside”
di Riccardo Lo Verso LIVE SICILIA
Ristoratori compiacenti, altri no. Solo sui primi la preside dello Zen, Daniela Lo Verde, e il suo vice, Daniele Agosta, avrebbero potuto fare affidamento per organizzare il raggiro all’ombra della legalità.
La scuola presenta il progetto. L’Unione europea lo finanzia. I ragazzi lo disertano. A questo punto le presenze verrebbero “falsificate” compilando i fogli delle presenze (“le firmi e buona notte al secchio”). Quando arrivano i soldi bisogna spenderli e dimostrare di averlo fatto esibendo la fattura. Solo che la fattura viene chiesta ex post. Non servendo più, ad esempio, la merenda per i ragazzi iscritti al progetto “Emozioni in gioco” la preside chiede una “cortesia” al commerciante.
Il 9 settembre 2022 Lo Verde contatta la titolare della pasticceria Matranga: “Buongiorno… Daniela Lo Verde… scuola Falcone… le volevo dire questo… c’era stato un ordine… fatto a febbraio del ventuno… al quale non abbiamo più dato riscontro… io sarei in condizioni anche di pagarle la fattura e poi quest’ordine ce lo scomputiamo pian pianino… che fa la vengo a trovare… ne parliamo di presenza?”. L’esercente commerciale rifiuta la proposta: “… avevo parlato con mio marito e non eravamo disponibili per questo… annulliamolo perché la situazione è un po’ trubola”. Niente fa fare, il commerciante rifiuta nettamente la proposta. L’ordine viene annullato. Lo Verde fa una nuova determina dirigenziale e si rivolge ad un altro esercente. Il tramite è il suo vice: “… senti… ho bisogno di te come sempre… ho telefonato alla pasticceria Matranga… per l’ordine… e loro non ne vogliono sapere niente… il punto è questo Dani… l’ordine deve avere questa data… non può avere una data diversa… perché è seguito del laboratorio… che è in quella data… facciamo finta che ho fatto l’ordine nel febbraio 21?”. Dunque la scuola retrodaterebbe la data dell’ordine.
Il nome del nuovo bar-pasticceria-gelateria è citato negli atti giudiziari. La posizione del privato è sotto valutazione. Di fatto la merce è stata fornita e fatturata: 10 mila e 50 euro. Solo che nulla aveva a che fare con il progetto contro la povertà educativa “Cresciamo insieme”. Le intercettazioni sono lapidarie. Con i soldi del progetto la preside ha comprato, per sé, per Agosta e altri parenti “frutta martorana” e “pupaccena”. Lo Verde è stata anche vista all’esterno del bar mentre caricava in auto rosticceria, primi piatti, piadine farcite e torte.
Origano, tonno e riso: così la preside Lo Verde si rifaceva la dispensa a con il cibo sottratto alla mensa della scuola
Le intercettazioni con la figlia: «Cos’altro può servire?». E la dirigente faceva ordinare all’istituto anche la birra (per potersela intascare)
«Sì il riso lo metti davanti alla cassettiera …e per la cucina questo …ora sistema sopra il frigorifero. E questa cosa di origano mettila pure per casa nello scatolo». Riso, origano, tonno: la preside della scuola Falcone Daniela Lo Verde, cavaliere della Repubblica, ritenuta educatrice esemplare e oggi arrestata per corruzione e peculato, faceva alla figlia l’elenco degli alimenti destinati alla mensa scolastica da portare a casa.
Lo svelano le intercettazioni disposte dalla Procura Europea che ha chiesto e ottenuto l’arresto della donna e del suo vice Daniele Agosta. Uno spaccato imbarazzante quello che viene fuori dalle registrazioni degli inquirenti che svelano ruberie sistematiche. «Il tonno?», le chiedeva la figlia. «A casa», rispondeva la donna, intendendo che andava tra le cose da portare via, come il rosmarino e le patatine, che però andavano nascoste in un sacchetto perché non si vedessero. «Poi le portiamo a casa a Sferracavallo», diceva la Lo Verde, che aveva una casa al mare nella località vicina a Palermo.
I pedinamenti dei militari dell’Arma raccontano il resto della storia, e cioè che madre e figlia, sacchi alla mano, rifornivano del cibo per i bambini la dispensa della loro casa al mare. Ad una collaboratrice che, a fine giugno, le chiedeva perché venisse consegnato dalla ditta coinvolta nel progetto finanziato dal Pon per le mense tanto cibo a scuola chiusa, la Lo Verde spiegava che il fornitore era cambiato e non si poteva comportare come in passato faceva con una impresa locale con la quale «evidentemente, stando alle sue parole, — dice il gip — aveva un accordo sottobanco che le permetteva di differire le consegna delle forniture indipendentemente dalla data di chiusura dei progetti». «Il progetto è finito quindi la mensa è finita – diceva – Perciò io le cose ce le devo avere dentro».
A svuotare la cucina della scuola Falcone ci pensava anche il vicepreside, filmato mentre si appropriava di succhi di frutta, mascherine FFp2 e liquido igienizzante. «C’è in frigorifero quel condimento della pasta, te lo porti?», gli chiedeva la dirigente che si sforzava di riflettere su cosa prendere per la madre che era ricoverata in ospedale. E concludeva con un altro elenco di cose che, in emergenza Covid, erano state consegnate alla scuola. «C’erano delle salviettine in qualcuno di questi, non so se mia mamma ce l’ha .. Cos’altro le può servire? questi sono disinfettanti? me li porto io o li lascio a Sferracavallo»,pensava a voce alta. Nell’indicare alla figlia i generi alimentari da portare nella casa al mare, a San Vito, la donna stava attenta a evitare di portare cose ingombranti come casse d’acqua temendo di essere scoperta.
«Mi secca nasconderla» diceva alla figlia che insisteva rassicurandola che nessuno le avrebbe viste. «Poi la prendiamo l’acqua – rispondeva la preside – Intanto visto che c’è spazio c’è un altro sacco di patatine». Le indagini rivelano infine che i furti alla mensa non erano occasionali e che la donna si impossessava sistematicamente delle provviste destinate ai ragazzi. Tra le cose da portar via indicava infatti anche la birra Corona. Una spia della premeditazione per gli inquirenti che scrivono: «Appare infatti quanto meno discutibile che, tra le provviste ordinate alla ditta che la mensa scolastica possa essere compreso anche l’acquisto di alcolici». di Lara Sirignano Corriere della Sera 21.4.2023