DEPISTAGGIO VIA D’AMELIO: anche il Ministero della Giustizia si costituirà parte civile

 

Il Ministero della Giustizia si costituirà parte civile al processo contro i presunti depistatori delle indagini sulla strage di via D’Amelio. Già il 13 settembre scorso è stata richiesta autorizzazione all’Avvocatura dello Stato di Caltanissetta, tramite la Presidenza del Consiglio – Ufficio del contenzioso, alla costituzione come parte civile nel processo.
Agli imputati, tutti appartenenti alla Polizia di Stato, sono stati contestati fatti attinenti al concorso in calunnia, che appaiono particolarmente gravi e che – viene sottolineato – se accertati, sarebbero fonte di notevolissimi danni patrimoniali e non patrimoniali all&rsquoamministrazione della giustizia. In particolare si contesta loro di aver dato vita a processi definiti con condanne, passate in giudicato e poi revocate, a carico delle persone cui le dichiarazioni non veritiere si riferivano. ANSA 20.9.2018 – 19.30

 

 

STRAGE DI VIA D’AMELIO 

Processo ai poliziotti accusati di depistaggio.  Fiammetta Borsellino a Caltanisetta

Presso il tribunale di Caltanisetta, lunedì 20 Settembre è stata avviata la procedura l’udienza preliminare riguardante  i tre poliziotti rinviati a giudizio per depistaggio nelle indagini su Via D’Amelio. Presenti  il giornalista Salvo Palazzolo, recentemente denunciato, indagato e perquisito e  Fiammetta Borsellino, che da tempo chiede a gran voce che sia fatta piena luce su mandanti, esecutori e condotta delle Forze dell’Ordine e della magistratura inquirente incaricati dell’inchiesta. 

RINVIATA AL  28 SETTEMBRE, l’udienza preliminare nei confronti di tre poliziotti accusati del depistaggio delle indagini sulla strage di via d’Amelio. Davanti al Gup sono comparsi il funzionario Mario Bo e i poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di calunnia in concorso. Per i tre, la procura nissena, ha contestato l’aggravante secondo la quale, con la loro condotta avrebbero favorito Cosa nostra. 

Davanti al Gup sono comparsi il funzionario Mario Bo e i poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di calunnia in concorso. Per i tre, la procura nissena, ha contestato l’aggravante secondo la quale, con la loro condotta avrebbero favorito Cosa nostra. All’esterno del tribunale un sit-in di cronisti con i cartelli #iostoconsalvopalazzolo, indagato per rivelazione di segreto dalla procura di Catania e sottoposto a perquisizione domiciliare con il sequestro di pc, telefono e hard disk, per avere scritto a marzo la notizia della chiusura delle indagini sui tre poliziotti. Il Gup di Caltanissetta, Graziella Luparello, ha accolto la richiesta di costituzione parte civile avanzata – tramite i loro legali – dai figli di Paolo Borsellino, Manfredi, Lucia e Fiammetta, dei figli di Adele (sorella del giudice) e di altri cinque presunti boss, accusati ingiustamente di aver preso parte alla strage di via d’Amelio.“Provo solo tanta tristezza – e’ stato l’amaro sfogo di Fiammetta Borsellino – nel vedere uomini dello Stato sfiorati dal solo sospetto di aver depistato le indagini sulla strage di via d’Amelio. Lo Stato in questa udienza non si e’ costituito parte civile. Questo mi amareggia molto. Sicuramente questa assenza non e’ un segnale che si puo’ leggere positivamente. Sarebbe interessante chiedere al presidente del Consiglio, ai vertici dello Stato, il perche’ di questa assenza”. Anche l’avvocato Giuseppe Dacqui’, difensore di Natale Gambino, costituitosi parte civile, ha stigmatizzato nel suo intervento “la mancata costituzione di parte civile dello Stato atteso che il reato di calunnia tutela il buon andamento dell’amministrazione della giustizia dove proprio lo Stato risulta essere la prima persona offesa.

Dopo ben 26 anni, quattro processi, tre appelli e tre sentenze di Cassazione non è stata restituita completa e convincente verità e giustizia alle vittime e ai loro familiari.  L’ultima sentenza, al contrario, ha clamorosamente certificato che l’inquinamento delle indagini su Via D’Amelio è avvenuto attraverso “Uno dei più grandi depistaggi della storia italiana”. L’udienza programmata per il 20 settembre rappresenta quindi solo un primo passo di un percorso destinato a durare ancora per lungo tempo. Parallelamente, sono stati finalmente avviati anche i lavori della Commissione Speciale Antimafia della Regione Sicilia e della Commissione preposta del Consiglio Superiore della Magistratura Entrambe istituite su richiesta di Fiammetta Borsellino nel tentativo di ottenere nuovi e decisivi “pezzi di verità”.

FIAMMETTA AVVICINA DUE IMPUTATI. LA FIGLIA MAGISTRATO APPROFITTA DI PAUSA UDIENZA CALTANISSETTA  In una pausa dell’udienza preliminare a Caltanissetta per il depistaggio nelle indagini sulla strage di via D’Amelio, Fiammetta Borsellino si è avvicinata a due dei tre imputati accusati dalla Procura di concorso in calunnia Fabrizio Mattei, ex ispettore di polizia ora in pensione, e Mario Bo, ex funzionario o oggi dirigente della polizia a Gorizia. Tra Fiammetta e i due c’è stato un dialogo. La figlia del magistrato, assieme ai fratelli Manfredi e Lucia, è parte civile, così come Salvatore, fratello di Paolo Borsellino, e i figli di Adele, l’altra sorella del magistrato. (ANSA) 20.9.2018

“Ai due poliziotti ho chiesto di dare un contributo di onestà considerata l’evidenza delle loro posizioni e che sono stati sicuramente dei protagonisti fondamentali di questa amara vicenda”. Lo dice Fiammetta Borsellino al termine dell’udienza preliminare a Caltanissetta nel processo in cui sono accusati di calunnia tre poliziotti, nell’ambito delle indagini sulla strage di via D’Amelio. Durante una pausa, Fiammetta ha avvicinato due dei tre poliziotti, scambiando qualche parola con loro. “In questa storia ognuno di noi c’è dentro fino al collo – aggiunge la figlia di Paolo Borsellino – e quindi l’auspicio è poter dare un contributo di onestà per spiegare veramente cosa cosa è successo, quale era il clima, da chi probabilmente hanno ricevuto gli ordini”. LIVE SICILIA 20.9.2018

 

VIA D’AMELIO, I FIGLI DI BORSELLINO PARTE CIVILE CONTRO I TRE POLIZIOTTI ACCUSATI DEL DEPISTAGGIO L’atto d’accusa di Fiammetta: “Lo Stato non c’è, non si è costituito contro gli imputati”. Al via l’udienza preliminare al tribunale di Caltanissetta

Fiammetta Borsellino, la figlia di Paolo e Agnese, arriva di buon mattino al tribunale di Caltanissetta. Nell’aula intitolata a “Gilda Loforti” – una giudice coraggiosa stroncata da un brutto male – non c’è ancora nessuno. Fiammetta si siede su una panca e aspetta paziente. Da 26 anni, lei e i suoi fratelli Manfredi e Lucia aspettano pazienti di sapere chi ha tenuto lontana la verità sulla morte del loro papà, Paolo Borsellino, il procuratore aggiunto di Palermo che voleva scoprire gli assassini del suo amico Giovanni Falcone. Ma fermarono anche lui, 57 giorni dopo. E poi venne costruita una montagna di menzogne attorno alla strage del 19 luglio 1992, attraverso il falso pentito Vincenzo Scarantino, un balordo di borgata fatto passare per novello Buscetta. Ora, per la prima volta, tre uomini dello Stato sono chiamati in causa dalla procura di Caltanissetta per quel “colossale depistaggio”, come l’ha definito la sentenza dell’ultimo processo per la strage Borsellino: il funzionario Mario Bo’, gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo sono accusati di concorso in calunnia. I figli di Paolo Borsellino chiedono di costituirsi parte civile contro di loro. “Seguiremo ogni sviluppo processuale della vicenda  – dice Fiammetta Borsellino – saremo impegnati in prima persona per dare un contributo all’accertamento della verità. Ma siamo qui anche per solidarizzare con chi, come la procura di Caltanissetta e non altri, sta cercando con ostinata pervicacia di venire a capo di questa matassa, che purtroppo rimane gravemente compromessa proprio a causa del depistaggio”. Fa una pausa, Fiammetta. E dice: “Oggi, in questa aula lo Stato non c’è. Né la presidenza del Consiglio, né il ministero dell’Interno o della Giustizia hanno chiesto di costituirsi parte civile contro chi ha tradito le istituzioni. E questo mi amareggia molto”. Chiedono di costituirsi parte civile anche Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo, e i figli di Adele, la sorella del magistrato. Il giudice li ammette nel processo. Chiedono tutti verità sul depistaggio. La chiede anche il presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava, che questa mattina è arrivato pure lui al palazzo di giustizia di Caltanissetta: “Con la commissione sto conducendo un’indagine sul depistaggio istituzionale, è importante essere qui: 26 anni dopo, finalmente, il primo atto giudiziario su una vicenda scandalosa”. Il depistaggio fu organizzato sul campo dall’allora capo del gruppo investigativo sulle stragi, Arnaldo La Barbera, lui fu il principale suggeritore di Scarantino.Ma cosa lo spingeva? Su indicazione di chi agì? E’ morto nel 2002. Dalle indagini è emerso che La Barbera era anche un collaboratore dei servizi segreti. Per quale missione da compiere? Qualcuno sa e non parla. Gli imputati sono in aula.  Cosa sanno Ribaudo e Bo’ dei misteri di Arnaldo La Barbera? Domande su domande che adesso scandiscono l’udienza preliminare che si apre oggi al tribunale di Caltanissetta, davanti al gip Graziella Luparello. Il sostituto procuratore Stefano Luciani e il procuratore aggiunto Gabriele Paci chiedono che i tre poliziotti vengano rinviati a giudizio. Contro Bo’, Mattei e Ribaudo si sono costituiti parte civile anche i mafiosi accusati ingiustamente per la strage di via D’Amelio: Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto e Natale Gambino, assistiti dagli avvocati Rosalba Di Gregorio, Pino Scozzola e Giuseppe D’Acquì. Hanno anche citato in giudizio, come “responsabili civili”, la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell’Interno. A loro chiedono un maxi risarcimento, 50 milioni di euro. Spiega l’avvocato Di Gregorio: “L’udienza preliminare è un primo importante passaggio, ma come dice la sentenza del Borsellino quater, dietro Scarantino non ci fu un mero errore giudiziario, bisogna piuttosto scoprire le ragioni del depistaggio”. La Repubblica 20.9.2018 SALVO PALAZZOLO

FIGLIA BORSELLINO, SOLIDALE CON PROCURA Figlia magistrato, difficile verità ma barlumi luce sì ( “Sono qui in segno di solidarietà nei confronti di una Procura che si sta impegnando con tenacia a sciogliere un nodo enorme sulla mancata verità che riguarda la strage di via D’Amelio, un nodo compromesso quasi definitivamente dalle attività depistatorie”. Così Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato Paolo, presente in Tribunale a Caltanissetta all’udienza preliminare con tre poliziotti accusati di avere imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino. “Questa Procura a distanza di molti anni con enormi difficoltà sta cercando di fare luce su cose fatte da pm precedenti, perché questi poliziotti non hanno agito da soli, ma sotto la direzione, il controllo e la supervisione di magistrati e di pubblici ministeri”. “Ho fiducia – ha aggiunto – raggiungere una verità è difficile, ma sono convinta del percorso che può portare anche a fare barlumi di luce. E’ importante il segnale che si continui a lottare per esercitare un diritto sancito all’articolo 2 della Costituzione, il diritto alla verità”.ANSA – CALTANISSETTA, 20 SET –

FAVA A CALTANISSETTA PER AVVIO PROCESSO SU DEPISTAGGIO Sono qui per un atto di dovuta testimonianza. Sul depistaggio per la strage di via D’Amelio, che oggi conosce dopo 26 anni la prima pagina giudiziaria. La Commissione antimafia ha aperto una propria indagine e daremo il nostro contributo per contribuire a restituire verità sui fatti, sui silenzi, sulle responsabilità che abbiamo collezionato per oltre un quarto di secolo”. Lo ha dichiarato Claudio Fava, Presidente della Commissione regionale antimafia a Caltanissetta, dove stamani si è aperta l’udienza preliminare nei confronti di tre poliziotti accusati del depistaggio delle inchieste sulla strage del 19 luglio del 1992. Il presidente Fava ha anche partecipato al sit-in che si è tenuto fuori dal tribunale in solidarietà al giornalista Salvo Palazzolo cui, nei giorni scorsi, sono stati sequestrati telefoni, pc e altro materiale a causa di alcuni articoli scritti proprio sul depistaggio relativo alla strage di via D’Amelio.

FIAMMETTA BORSELLINO PARLA CON GLI IMPUTATI: “SIATE ONESTI” Alla sbarra tre poliziotti, il funzionario Mario Bo’ e gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di avere imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino. La figlia del giudice: “Si spieghi cosa cosa è successo, quale era il clima, da chi probabilmente hanno ricevuto gli ordini”

DEPISTAGGIO VIA D’AMELIO. IL COMUNE DI PALERMO SARÀ PARTE CIVILE Il sindaco Leoluca Orlando ha dato mandato all’avvocatura comunale di procedere alla costituzione di Parte Civile nel processo che a Caltanissetta vede imputati alcuni agenti e funzionari di Polizia per il presunto depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio del luglio del 1992.

IL PUBBLICO MINISTERO CHIEDE AGGRAVANTE PER I POLIZIOTTI ACCUSATI DEL DEPISTAGGIO: “HANNO FAVORITO LA MAFIA”

Strage via d’Amelio, pm chiede aggravante per i poliziotti accusati del depistaggio: “Hanno favorito la mafia”

Nel corso dell’udienza preliminare la procura di Caltanisseta ha chiesto l’applicazione del comma 1 dell’articolo 416 bis per il tre poliziotti accusati di concorso in calunnia per avere creato il falso pentito Vincenzo Scarantino

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 13 domande di Fiammetta Borsellino alle Istituzioni

  

Borsellino Quater – dalla Sentenza … IL DEPISTAGGIO DI STATO

(…) Va quindi sottolineata la particolare pervicacia e continuità dell’attività di determinazione dello Scarantino a rendere false dichiarazioni accusatorie, con la elaborazione di una trama complessa che riuscì a trarre in inganno anche i giudici dei primi due processi sulla strage di Via D’Amelio, così producendo drammatiche conseguenze sulla libertà e sulla vita delle persone incolpate.Poiché l’attività di determinazione così accertata ha consentito di realizzare uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana, è lecito interrogarsi sulle finalità realmente perseguite dai soggetti, inseriti negli apparati dello Stato, che si resero protagonisti di tale disegno criminoso, con specifico riferimento:

– alla copertura della presenza di fonti rimaste occulte, che viene evidenziatadalla trasmissione ai finti collaboratori di giustizia di informazioni estranee alloro patrimonio conoscitivo ed in seguito rivelatesi oggettivamente rispondentialla realtà;

– ai collegamenti con la sottrazione dell’agenda rossa che Paolo Borsellino aveva con sé al momento dell’attentato e che conteneva una serie di appunti difondamentale rilevanza per la ricostruzione dell’attività da lui svolta nell’ultimo periodo della sua vita, dedicato ad una serie di indagini di estrema delicatezza e alla ricerca della verità sulla strage di Capaci;

– alla eventuale finalità di occultamento della responsabilità di altri soggetti per la strage, nel quadro di una convergenza di interessi tra “Cosa Nostra” e altri centri di potere che percepivano come un pericolo l’opera del Magistrato.In proposito, va osservato che un collegamento tra il depistaggio e l’occultamento dell’agenda rossa di Paolo Borsellino è sicuramente desumibile dalla identità di taluno dei protagonisti di entrambe le vicende: si è già sottolineato il ruolo fondamentale assunto, nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia, dal Dott. Arnaldo La Barbera, il quale è stato altresì intensamente coinvolto nella sparizione dell’agenda rossa, come è evidenziato dalla sua reazione – connotata da una inaudita aggressività – nei confronti di Lucia Borsellino, impegnata in una coraggiosa opera di ricerca della verità sulla morte del padre. L’indagine sulle reali finalità del depistaggio non può, poi, prescindere dallaconsiderazione sia delle dichiarazioni di Antonino Giuffrè (il quale ha riferito che, prima di passare all’attuazione della strategia stragista, erano stati effettuati “sondaggi” con “persone importanti” appartenenti al mondo economico e politico, ha precisato che questi “sondaggi” si fondavano sulla “pericolosità” di determinati soggetti non solo per l’organizzazione mafiosa ma anche per i suoi legami con ambienti imprenditoriali e politici interessati a convivere e a “fare affari” con essa, ha ricondotto a tale contesto l’isolamento – anche nell’ambito giudiziario – che portò all’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e ha chiarito che la stessa strategia terroristica di Salvatore Riina traeva la sua forza dalla previsione – rivelatasi poi infondata – che passato il periodo delle stragi si sarebbe ritornati alla “normalità”), sia delle circostanze confidate da Paolo Borsellino alle persone e lui più vicine nel periodo che precedette la strage di Via D’Amelio. Vanno richiamati, al riguardo, gli elementi probatori già analizzati nel capitolo VI. Un particolare rilievo assumono, in questo contesto, la convinzione, espressa da Paolo Borsellinoalla moglie Agnese Piraino proprio il giorno prima della strage di Via D’Amelio, «che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo, (…) ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò potesse accadere», e la drammatica percezione, da parte del Magistrato, dell’esistenza di un «colloquio tra la mafia e parti infedeli dello stato». Occorre, altresì, tenere conto degli approfonditi rilievi formulati nella sentenza n. 23/1999 emessa il 9 dicembre 1999 dalla Corte di Assise di Caltanissetta nel processo n. 29/97 R.G.C.Ass. (c.d. “Borsellino ter”) secondo cui «risulta quanto meno provato che la morte di Paolo BORSELLINO non era stata voluta solo per finalità di vendetta e di cautela preventiva, bensì anche per esercitare – cumulando i suoi effetti con quelli degli altri delitti eccellenti – una forte pressione sulla compagine governativa che aveva attuato una linea politica di contrasto alla mafia più intensa che in passato ed indurre coloro che si fossero mostrati disponibili tra i possibili referenti a farsi avanti per trattare un mutamento di quella linea politica. (…) E proprio per agevolare la creazione di nuovi contatti politici occorreva eliminare chi come BORSELLINOavrebbe scoraggiato qualsiasi tentativo diapproccio con COSA NOSTRA e di arretramento nell’attività di contrasto alla mafia, levandosi a denunciare anche pubblicamente, dall’alto del suo prestigioprofessionale e della nobiltà del suo impegno civico, ogni cedimento dello Stato o di sue componenti politiche». Questa Corte ritiene quindi doveroso, in considerazione di quanto è stato accertato sull’attività di determinazione realizzata nei confronti dello Scarantino, del complesso contesto in cui essa viene a collocarsi, e delle ulteriori condotte delittuose emerse nel corso dell’istruttoria dibattimentale (tra cui proprio quella della sottrazione dell’agenda rossa), di disporre la trasmissione al Pubblico ministero, per le eventuali determinazioni di sua competenza, dei verbali di tutte le udienze dibattimentali, le quali possono contenere elementi rilevanti per la difficile ma fondamentale opera di ricerca della verità nella quale la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta è impegnata

A cura  di Claudio Ramaccini Resp. Ufficio Stampa e Comunicazione Centro Studi Sociali contro le mafie – Progetto San Francesco