Strage Borsellino, l’agenda rossa e i mandanti esterni – intervento di Salvatore Borsellino
Palermo, 17 Luglio 2023
Convegno di Antimafia Duemila
Applausi calorosi per l’intervento dal palco del convegno di Salvatore Borsellino, stanco e provato ma lucido, fermo nella nitida analisi dei fatti dell’ultimo periodo. Il convegno, che ogni anno si svolge in occasione della memoria della Strage di Via d’Amelio, ha il compito e il merito di evitare la retorica delle commemorazioni, unendosi al lavoro del Movimento delle Agende Rosse che Salvatore ha voluto e fatto germogliare per fare piena luce su ciò che avvenne quel 19 Luglio in Via d’Amelio. Riporto integralmente ciò che Salvatore ha detto in questa sede, perché anche questo piccolo contributo, che posso dare da lontano, rappresenti quel cucchiaino che insieme a quelli di tanti altri, porterà a svuotare il mare dell’indifferenza.
Francesca Bertini
«Buonasera. Non credo di avere vissuto un anniversario peggiore di questo, non credo di aver vissuto in questi 31 anni un periodo peggiore e le ultime esternazioni del Ministro, attualmente in carica, della Giustizia, sono state veramente un colpo gravissimo: questo Ministro mentre a parole dice di onorare Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, vuole distruggere quello che è il patrimonio di leggi che Paolo Borsellino e Giovanni Falcone ci avevano lasciato per dare alla magistratura le armi necessarie per poter combattere la mafia. Questo attacco al reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” è veramente un attacco a quella che è la memoria di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone e se la Meloni scenderà a Palermo, io gliene chiederò conto. Come può fare a conciliare quello che a parole dice di essere il suo impegno, per cui dice di essere entrata in politica, subito dopo l’assassinio di Paolo Borsellino e la morte di Giovanni Falcone, e poi invece dare spazio e non censurare, come dovrebbe, un Ministro che fa queste affermazioni che sono un vero e proprio attacco sia rispetto al patrimonio di leggi che Paolo Borsellino e Giovanni Falcone hanno lasciato, sia alla stessa indipendenza della magistratura. E purtroppo sono riforme che si vanno ad aggiungere a riforme precedenti come la riforma Cartabia.
Io sono un ingegnere, non sono né un magistrato né un politico, però, proprio perché ragiono secondo la logica, dico che quella riforma Cartabia che sancisce il concetto della improcedibilità, che è per me una vera e propria rinuncia dello Stato a essere uno Stato di diritto, è questo e nient’altro che questo: lo Stato manifesta la sua impotenza a condurre a termine un processo nei tempi giusti, nei tempi dovuti e allora stabilisce questa improcedibilità che, ripeto, è una rinuncia a essere uno Stato di diritto perché significa non rendere giustizia a chi è vittima di quel reato e non rendere giustizia neanche a chi è accusato di quel reato che, a quel punto, non sarà più né colpevole né innocente, semplicemente il processo non potrà più essere condotto.
Inoltre si stabilisce un doppio binario per la giustizia: la giustizia verso i poveri cristi che non possono permettersi schiere di avvocati, che non si possono permettere di pagare testimoni per testimoniare il falso, come più volte purtroppo è successo da parte di certi personaggi nel nostro paese e quindi potranno procrastinare all’infinito i processi di cui sono imputati fino ad arrivare alla possibilità di intervenire, per morte sopravvenuta, però con il funerale di Stato che rappresenta una vergogna per questo paese; è una vergogna il funerale di Stato per una persona che era ancora inquisita dalla procura di Firenze per un processo che adesso potrà continuare solo nei confronti del suo sodale, cioè di quel Marcello Dell’Utri, che però vede in fondo al tunnel la salvezza se veramente verrà cambiato questo reato di concorso esterno in associazione mafiosa, cosa che farebbe fermare buona parte dei processi attualmente in corso.
È un periodo veramente difficile perché le ultime sentenze hanno mostrato una magistratura giudicante in fase confusionale, che è riuscita a dare in tre gradi di giudizio, tre sentenze completamente diverse tra di loro.
Una prima sentenza, in cui gli imputati, sia mafiosi che la controparte statale di quella trattativa non presunta ma reale, per cui è stata sacrificata la vita di mio fratello, perché per quello è avvenuta la strage di via D’Amelio; c’è stata l’accelerazione della strage di via D’Amelio per impedire a Paolo di rivelare all’opinione pubblica di quella trattativa che lui sicuramente aveva scoperto.
Vedete oggi i giornali possono scrivere di presunta, fantomatica trattativa, irridere su chi parla di trattativa, ma voi pensate a cosa sarebbe successo nel ’92, quando l’opinione pubblica era indignata per la strage di Capaci, se Paolo avesse rivelato che pezzi dello Stato stavano trattando con gli assassini di Giovanni Falcone? Ci sarebbe stata la guerra civile in Italia!
Questo è il vero motivo accelerante della strage di via D’Amelio insieme con il volere impedire che Paolo andasse a testimoniare a Caltanissetta, dove aveva chiesto di essere, di potere testimoniare davanti ai giudici per quello che aveva scoperto; lui che era il migliore amico di Falcone, lui che era stato l’unico ad avere letto, in vita, il diario nella sua interezza di Giovanni Falcone, aveva chiesto espressamente di poter deporre davanti all’autorità giudiziaria su quello che sapeva e su quello che aveva scoperto su quella strage.
Secondo me, di questo sono convinto, è stata la seconda causa accelerante della strage di D’Amelio, non quel dossier “mafia appalti”, di cui Paolo sicuramente si era occupato, ma che non avrebbe giustificato l’accelerazione di quella strage; soprattutto non avrebbe giustificato la sottrazione di quell’agenda rossa che Paolo aveva come sempre con sé in quei giorni, in quei 57 giorni dall’assassinio di Giovanni Falcone e che è stata sottratta perché uccidere Paolo, senza fare sparire quella agenda rossa, non sarebbe servito a niente, quell’agenda rossa è la scatola nera della strage di via d’Amelio; il fatto che, ancora a trent’anni di distanza, oggi, non ci sia stato un processo specifico per la sparizione dell’agenda rossa, è la dimostrazione di come in questo paese non si voglia né la verità né la giustizia.
L’ultima sentenza di questa magistratura giudicante, ripeto in stato confusionale, per avere dato delle sentenze così diverse tra di loro, dice “assolti per non avere commesso il fatto” non perché il fatto non costituisce reato, ma “per non avere commesso il fatto”: così recita una sentenza della Cassazione che ci riporta ai tempi di Corrado Carnevale, più di trent’anni addietro.
È una sentenza tombale, vengono prescritti anche i reati compiuti dalla controparte mafiosa, viene sancita la definitiva rinuncia dello Stato a fare giustizia e ad accertare la verità.
Il nostro Stato non è, e forse non è mai stato, uno Stato di diritto; siamo stati degli illusi a credere che lo Stato potesse processare se stesso perché il fatto c’è stato! Ci sono state le stragi, c’è stato il furto dell’agenda rossa, ci sono stati i depistaggi ma non ci sono colpevoli, o meglio, i colpevoli ci sono, ma sono dentro alle stesse strutture di questo Stato assassino e depistatore e quindi sono intoccabili.
Non può essere questo lo Stato per cui ha sacrificato la vita mio fratello, e solo per rispetto al suo sacrificio non posso e non devo aggiungere altro perché giustizia è fatta.
Ma è cambiato qualcosa ieri dopo questa sentenza della Cassazione che ha sancito l’assoluzione dello Stato e della mafia, anzi dello Stato-mafia. Dopo questa sentenza si è rafforzata dentro di me quella percezione che forse mai avrei voluto confessare neanche a me stesso e che mi ha portato in questi anni a combattere per una giustizia che dentro di me sapevo che non sarebbe mai arrivata.
Da oggi non mi sentirete più parlare di trattativa, perché non di trattativa si è trattata ma di complicità, di complicità tra la mafia e lo Stato e mi sembra inutile oggi aggiungere l’aggettivo “deviato”.
Mafia e Stato che nel progettare e attuare le stragi, in cui insieme a tante altre vittime innocenti, è stata spezzata anche la vita di mio fratello, hanno agito di concerto, da complici quali sono sempre stati, da Portella della Ginestra in poi e attraverso le tante stragi di Stato che hanno segnato la vita del nostro disgraziato paese fino a quel definitivo “grazie a loro ci hanno messo il paese nelle mani”.
In questi giorni, con questa sentenza della Cassazione, c’è stato il sigillo definitivo a questo patto di sangue: non ci sono colpevoli perché è lo Stato stesso, quello che dovrebbe amministrare la giustizia, ad essere colpevole; lo Stato si autoassolve ed assolve anche i suoi complici.
Se questa è giustizia, allora giustizia è fatta!» 19luglio1992.com 17.7,2023