ANNIVERSARIO 2023 – Le iniziative per non dimenticare
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Alle 10.25 (l’ora della tragedia rimarrà per sempre impressa nelle lancette ferme del grande orologio) l’esplosione squarcia l’ala sinistra della stazione su piazza Medaglie d’Oro: la sala d’aspetto di seconda classe, gli uffici del primo piano, il ristorante. Nel ristorante-bar-self service perdono la vita sei lavoratrici; tra le vittime anche due taxisti in attesa di clienti nel posteggio davanti all’edificio polverizzato dallo scoppio. 85 morti e 200 feriti: la strage più efferata d’Italia cancella storie e persone di ogni età e provenienza.
La prima ipotesi circolata sulle cause, l’incidente provocato dallo scoppio di una caldaia, non regge a lungo, anche perché nel punto dell’esplosione non ce ne sono, e in poche ore lascia il passo alla certezza dello scenario più temuto: l’attentato terroristico con una bomba ad alto potenziale.
Da subito, senza soste e per ore, si mettono all’opera sanitari, vigili del fuoco, forze dell’ordine, Esercito, volontari, alla ricerca di vite da soccorrere e da salvare.
Una catena spontanea che in pochissimo tempo rimette in moto una città che stava ‘chiudendo per ferie’. Saltano le linee telefoniche e i primi cronisti giunti sul posto, per poter raccontare l’inferno di quei momenti, ‘espropriano’ la cabina dei controllori degli autobus sul piazzale, dove il telefono invece funziona.
Cellulari e internet ancora non esistono. Dagli ospedali arriva l’appello a medici e infermieri di tornare in servizio, mentre un autobus Atc della linea 37, la vettura 4030, diventa simbolo di quel terribile giorno, trasformandosi in un improvvisato carro funebre che ha come capolinea la Medicina legale (allora in via Irnerio, a poca distanza) per trasportare le salme. Tante, troppe. Alla guida si mette l’imolese Agide Melloni, allora autista trentunenne: ”Mi chiesero di portare via i cadaveri con il bus. Dal mattino alle tre di notte, con i lenzuoli bianchi appesi ai finestrini. Ma in ogni viaggio c’era qualche soccorritore con me, per sostenermi”. La vittima più piccola è Angela Fresu, appena 3 anni, e poi Luca Mauri, di 6, Sonia Burri, di 7, fino a Maria Idria Avati, ottantenne, e ad Antonio Montanari, 86 anni.
L’area della voragine provocata dalla bomba
In stazione arriva il presidente della Repubblica Sandro Pertini, commosso e angosciato, mentre tutt’intorno una catena umana continua a spostare detriti nella speranza, sempre più tenue, di trovare ancora qualche traccia di vita.
Quella stessa sera piazza Maggiore si riempie per una manifestazione, la prima risposta di mobilitazione politica per chiedere giustizia e verità, mentre a tarda notte all’obitorio, dove le celle frigo sembrano non riuscire a contenere così tanti corpi, un maresciallo dei carabinieri continua a tentare di dare un nome alle salme.
Un’identità affidata a volte solo a brandelli di indumenti o di documenti, a un anello, ai resti di una catenina.
Il giorno dei funerali, il sindaco Renato Zangheri ricorda come lo stesso copione fosse stato già vissuto sei anni prima, il 4 agosto 1974, sull’Italicus a San Benedetto Val di Sambro, con 12 morti e 44 feriti: ”La stessa città, lo stesso nodo ferroviario, gli stessi giorni delle vacanze, forse lo stesso proposito di recitare il crimine anche sul corpo di viaggiatori stranieri, e quindi di dimostrare ad altri popoli e governi la debolezza della nostra democrazia”.
LE VITTIME
85 vittime. Ecco tutti i nomi e i profili di coloro che persero la vita in quella tragica mattina del 2 agosto 1980
ANTONELLA CECI – ANGELA MARINO – LEO LUCA MARINO – DOMENICA MARINO – ERRICA FRIGERIO IN DIOMEDE FRESA – VITO DIOMEDE FRESA – CESARE FRANCESCO DIOMEDE FRESA – ANNA MARIA BOSIO IN MAURI – CARLO MAURI – LUCA MAURI – ECKHARDT MADER – MARGRET ROHRS IN MADER – KAI MADER – SONIA BURRI – PATRIZIA MESSINEO – SILVANA SERRAVALLI IN BARBERA – MANUELA GALLON – NATALIA AGOSTINI IN GALLON – MARINA ANTONELLA TROLESE – ANNA MARIA SALVAGNINI IN TROLESE – ROBERTO DE MARCHI – ELISABETTA MANEA VED. DE MARCHI – ELEONORA GERACI IN VACCARO – VITTORIO VACCARO – VELIA CARLI IN LAURO – SALVATORE LAURO – PAOLO ZECCHI – VIVIANA BUGAMELLI IN ZECCHI – CATHERINE HELEN MITCHELL – JOHN ANDREW KOLPINSKI – ANGELA FRESU – MARIA FRESU – LOREDANA MOLINA IN SACRATI – ANGELICA TARSI – KATIA BERTASI – MIRELLA FORNASARI – EURIDIA BERGIANTI – NILLA NATALI – FRANCA DALL’OLIO – RITA VERDE – FLAVIA CASADEI – GIUSEPPE PATRUNO – ROSSELLA MARCEDDU – DAVIDE CAPRIOLI – VITO ALES – IWAO SEKIGUCHI – BRIGITTE DROUHARD – ROBERTO PROCELLI – MAURO ALGANON – MARIA ANGELA MARANGON – VERDIANA BIVONA – FRANCESCO GOMEZ MARTINEZ – MAURO DI VITTORIO – SERGIO SECCI – ROBERTO GAIOLA – ANGELO PRIORE – ONOFRIO ZAPPALA’ – PIO CARMINE REMOLLINO – GAETANO RODA – ANTONINO DI PAOLA – MIRCO CASTELLARO – NAZZARENO BASSO – VINCENZO PETTENI – SALVATORE SEMINARA – CARLA GOZZI – UMBERTO LUGLI – FAUSTO VENTURI – ARGEO BONORA – FRANCESCO BETTI – MARIO SICA – PIER FRANCESCO LAURENTI – PAOLINO BIANCHI – VINCENZINA SALA IN ZANETTI – BERTA EBNER – VINCENZO LANCONELLI – LINA FERRETTI IN MANNOCCI – ROMEO RUOZI – AMORVENO MARZAGALLI – ANTONIO FRANCESCO LASCALA – ROSINA BARBARO IN MONTANI – IRENE BRETON IN BOUDOUBAN – PIETRO GALASSI – LIDIA OLLA IN CARDILLO – MARIA IDRIA AVATI – ANTONIO MONTANARI
I PROCESSI
E’ una vicenda giudiziaria complicata, lenta e discussa, quella per l’individuazione delle responsabilità dell’orrenda strage di Bologna. Una vicenda che ha conosciuto tentativi di depistaggio e che, viceversa, nella ricerca della verità ha trovato stimoli nell’ “Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980”, costituitasi ad un anno dall’accaduto, il 1° giugno 1981. Vari i gradi di giudizio che si sono succeduti: si comincia nel 1987, poi l’appello nel 1990 che ribalta il verdetto di primo grado assolvendo tutti gli indagati, finché solo il 23 novembre 1995 si giunge ad una sentenza definitiva della Corte di Cassazione.
Alla fine vengono condannati all’ergastolo, quali esecutori dell’attentato, i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro (che si sono sempre dichiarati innocenti, pur avendo apertamente rivendicato vari altri omicidi di quegli anni).
Vengono invece condannati a 10 anni, per il depistaggio delle indagini, l’ex capo della loggia massonica “P2” Licio Gelli, l’ex agente del SISMI Francesco Pazienza e i due alti ufficiali Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, rispettivamente generale e colonnello del servizio segreto militare (SISMI).
Nel 2007 viene poi condannato a 30 anni per l’esecuzione della strage anche Luigi Ciavardini (minorenne all’epoca dei fatti). Restano ancora ignoti i mandanti della strage.
Nel 2017 è stato rinviato a giudizio per concorso nella strage di Bologna, il terrorista dei Nar Gilberto Cavallini. Nell’ambito di questo procedimento è stata richiesta una nuova perizia sui reperti della stazione ancora conservati. In questa perizia è segnalato il ritrovamento di quello che potrebbe essere l’interruttore che ha fatto esplodere la bomba. Nuovi scenari potrebbero aprirsi sulla strage del 2 agosto 1980.
Il 9 gennaio 2020 Cavallini, sulle cui spalle pesano già otto ergastoli, è stato condannato con sentenza di 1° grado, per concorso nella strage.
La famiglia Mauri di Como fra le vittime
A Bologna persero la vita 85 persone. Fra di loro anche tre comaschi, i componenti della famiglia Mauri, residente a Tavernola. La mamma Anna Maria Bosio (28 anni), il papà Carlo Mauri (32 anni) e il figlio Luca Mauri (6 anni).
Un incidente vicino al capoluogo emiliano – con la macchina fuori uso – lì portò a decidere di proseguire il viaggio in treno.
Per questo motivo Anna Maria, Carlo e Luca si trovavano nel luogo della strage. Alla famiglia Mauri nel 2016 è stato intitolato in città il piazzale antistante l’Unione Sportiva di Tavernola, tra le vie Adamello e Brennero. Lì vicino, in via Polano, c’era la loro abitazione.
COMO ricorda BOLOGNA – La Provincia 2.8.2023