Il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, che si autoaccusò di aver rubato la Fiat 126 che il 19 luglio 1992 venne usata per compiere la strage di via d’Amelio in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta, non avrebbe dovuto usufruire del piano provvisorio di protezione.
Ad affermarlo il magistrato Nino Di Matteo, che in data 22 aprile del 2009 manifestò la sua contrarietà alla richiesta, sia perché avrebbe attribuito alle sue dichiarazioni un’attendibilità che ancora non avevano, sia perché le sue dichiarazioni, sebbene non ancora completamente riscontrate, avrebbero rimesso in discussione le ricostruzioni e le responsabilità consacrate dalle sentenze ormai divenute irrevocabili. Ovvero le condanne ingiustamente emesse a seguito delle dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino.
Nel dubbio, quindi, secondo Di Matteo, Spatuzza non doveva usufruire del piano provvisorio di protezione, perchè ciò poteva portare l’opinione pubblica a ritenere che la ricostruzione dei fatti e le responsabilità degli stessi, accertate con sentenze irrevocabili, potessero essere state affidate a falsi pentiti protetti dallo Stato.
La verità emerse soltanto in seguito al pentimento di Gaspare Spatuzza, che sconfessò Scarantino, dando così luogo alla revisione del processo a carico di undici persone ingiustamente condannate.
Eppure, secondo il magistrato, che nel Borsellino II seguì la fase dibattimentale chiedendo e ottenendo la condanna di persone innocenti, non bisognava rimettere in discussione le dichiarazioni di un falso pentito perché ciò avrebbe gettato discredito sulle Istituzioni dello Stato.
La vicenda emerge dalla richiesta di archiviazione da parte della Procura di Messina che dopo due anni ha chiesto di archiviare l’inchiesta a carico degli ex pm Anna Maria Palma e Carmelo Petralia, accusati di calunnia aggravata, secondo una prima ipotesi, in merito alle indagini svolte sulla strage di via d’Amelio e sulla gestione dei collaboratori di giustizia, in particolare proprio di Vincenzo Scarantino, successivamente smentito da Gaspare Spatuzza.
Con un post sulla sua pagina Facebook, l’avvocatessa Rosalba Di Gregorio ha stigmatizzato le dichiarazioni di Di Matteo riportate a pagina 85 della richiesta di archiviazione, precisando che alla stessa presenterà opposizione.
“Questo passaggio in nota a pag 85 lo evidenzio… non si doveva dare il piano di protezione a Spatuzza, secondo Di Matteo – scrive la Di Gregorio – per non far pensare alla gente che il processo su via D’Amelio fosse fondato su falsi pentiti !!! Esilarante … o forse drammatico…”
Certamente drammatico, se si pensa a cosa sarebbe potuto accadere. Drammatico, se pensiamo che in carcere marcivano, e avrebbero continuato a marcire, persone che con la strage di via d’Amelio non c’entravano nulla. Drammatico, visto che alla luce di tali affermazioni, la credibilità delle Istituzioni dello Stato, viene messa in discussione proprio da chi con le sue parole anteponeva la stessa alla Giustizia. Quella Giustizia che imporrebbe di non lasciar marcire in galera degli innocenti e lasciare in libertà i colpevoli.
Quanti altri casi di falsi pentiti come Scarantino hanno dato luogo a possibili considerazioni quali quelle del magistrato Di Matteo? Una domanda che riteniamo sia legittimo porsi…. Gian J. Morici LA VALLE DEI TEMPLI 11.6.2020
13.6.2023 La gravità di quello che si evince già da queste affermazioni, va anche oltre, se aggiungiamo che Di Matteo disse pure che la collaborazione di Spatuzza non era di particolare rilevanza visto che non consentiva di arrestare nessuno né di sequestrare alcun bene, ne di processare qualcuno. Questo ci dà un’idea sbagliata della Giustizia, che diventa la ricerca di processi eclatanti con arresti ecc e non la ricerca della verità. Poi, se gli arrestati sono estranei ai fatti e condannati ingiustamente… preferisco non commentare…
Gian J. Morici