1 ottobre 1992 SCARANTINO «Non sono il killer di Borsellino»

 

Il suo avvocato: i giudici sono stati traditi dalla fretta «Non sono il killer di Borsellino» Si difende per ore il giovane accusato di strage. «Si sono inventati tutto».

Così Vincenzo Scarantino, pregiudicato di 27 anni con parentele mafiose, accusato di essere uno dei killer della strage di via D’Amelio, si è difeso ieri per due ore e mezzo.
Interrogato nel carcere di San Cataldo, vicino a Caltanissetta, dov’è rinchiuso da domenica, ha negato di aver avuto la benché minima parte nell’esplosione che il 19 luglio massacrò il giudice Paolo Borsellino e cinque dei sei poliziotti della scorta.
Ha respinto l’accusa di aver commissionato a tre balordi di borgata, due dei quali poi l’hanno chiamato in causa, il furto della «126» imbottita con settanta chili di tritolo e fatto saltare con un congegno radiocomandato.
Ha contrapposto un’irremovibile autodifesa alle contestazione del giudice per le indagini preliminari Sebastiano Bongiorno che l’altro giorno ha convalidato il suo arresto e dei sostituti procuratori Pietro Vaccara, Paolo Giordano e Carmelo Petralia.
Al termine nessuna dichiarazione dei magistrati.
Uno dei due difensori, l’avvocato Paolo Petronio è stato duro con gli inquirenti: ((Abbiamo l’impressione che ci si sia lasciati prendere la mano dall’impulso di assicurare un colpevole alla giustizia ha detto -.
E’ un’ansia comprensibile sul lato umano viste anche le reazioni provocate dalla strage, ma oltre alle parole di due collaboratori della giustizia contro Scarantino non c’è altro.
Lui ha un quoziente di intelligenza molto basso ed è un semianalfabeta che lavora saltuariamente come piastrellista e vende sigarette di contrabbando».
Viene ormai dato per scontato, al di là del segreto istruttorio, che Scarantino sia stato tirato in ballo da Luciano Valenti e Salvatore Candura di 28 e 31 anni, due dei tre che avrebbero rubato la «126» appartenente a Pietrina Valenti (parente di Luciano) il 18 luglio, il giorno pri¬ ma della strage.
E a proposito dei due che con Roberto Valenti, 21 anni, nipote di Luciano, sono accusati di violenza carnale e furto dell’automobile, i giudici hanno escluso che siano «pentiti».
Termine in questo caso «improprio e fuorviante» a parere degli investigatori convinti che i tre «picciotti» ignorassero quale uso sarebbe stato poi fatto dell’utilitaria che avrebbero consegnato a Scarantino.
Ai tre si risalì dopo che una vetrinista di 26 anni, Cinzia, denunciò che il 29 luglio l’avevano stuprata.
Un fratello del presunto killer, Rosario, denunciato tempo fa per cinque omicidi e poi scagionato, alludendo agli accusatori del fratello ieri ha urlato: «Ma chi può credere a quei violentatori, con quale dignità la polizia crede a queste infamità contro Vincenzo. Stanno vestendo il “pupo” e il procuratore di Caltanissetta deve cercare nelle sue tasche i colpevoli senza rovinare la povera gente» LA STAMPA