Depistaggio Borsellino, il pentito Onorato: “La Barbera era vicino a Cosa nostra, uccise un rapinatore e dovevamo farlo fuori”

 

ONORATO: LA BARBERA era protetto da RIINA

 

 

FRANCESCO ONORATO, al soldo del boss Riccobono

La deposizione al processo d’appello di Caltanissetta. Il collaboratore di giustizia sull’ex dirigente della Squadra mobile di Palermo, aggiunge che Riina e i Madonia lo “tenevano tra le mani”. E su Scarantino: “I boss ridevano perché accusava uomini d’onore che non c’entravano nulla”

 

“C’era un rapporto di vicinanza tra il dottor Arnaldo La Barbera e alcuni esponenti di Cosa nostra”. E’ l’accusa del collaboratore di giustizia Francesco Onorato, che sta deponendo, in collegamento da un sito riservato,  al processo d’appello sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio. Arnaldo La Barbera, morto nel 2002, era l’ex dirigente della Squadra mobile di Palermo, a capo della squadra investigativa “Falcone e Borsellino” dopo le stragi del ’92. “La prima volta che ho sentito il nome di La Barbera – aggiunge il collaboratore – fu dopo una rapina a Palermo, nei primi anni ’90, quando aveva sparato a un rapinatore della zona Acquasanta uccidendolo. Siccome nelle regole di Cosa nostra quelli che potevano sparare erano solo loro, Salvatore Biondino, con cui avevo buoni rapporti, mi aveva comunicato che bisognava uccidere Arnaldo La Barbera”.

Così, dopo l’omicidio dell’europarlamentare Salvo Lima, avvenuto nel marzo del 1992, il “picciotto” di Cosa nostra “Salvatore Biondino portò una lista di persone che dovevano essere uccise, e nell’occasione mi disse che si doveva progettare di uccidere anche Arnaldo La Barbera.
Io mi recai a studiare l’abitudine e i movimenti di La Barbera all’hotel Perla del Golfo a Cinisi.
Lì studiavo le abitudini di La Barbera. Mentre ero alla Perla del Golfo e con Giovanni Ferrante studiavamo come farlo saltare in aria. Fu ucciso Borsellino e quel giorno io ero alla Perla del Golfo”, ha detto ancora il pentito di mafia Francesco Onorato proseguendo la sua deposizione.
“L’indomani della strage Borsellino a La Barbera gli rinforzano la scorta che non se ne andava più – ha proseguito  -.
Mentre ero alla Perla del Golfo mi chiamò mio cugino, che era vicedirettore alla Perla del Golfo, e mi avvisò che c’erano andati i carabinieri e gli avevano comunicato che lì dormiva un mafioso, cioè Onorato. Poi andai latitante e l’omicidio di La Barbera non si fece più”.
Secondo Onorato, ancora, Totò Riina e i Madonia “tenevano tra le mani La Barbera”. Parlando dell’incarico che avrebbe avuto da Salvatore Biondino di uccidere l’ex capo della Mobile Arnaldo La Barbera, ha spiegato che aveva “molto sangue freddo” e che “inquadravo bene le attività criminose da fare”.
Onorato ha aggiunto, ribadendo quanto sostenuto in passato, che c’erano dei boss mafiosi che quando “seppero della collaborazione di Vincenzo Scarantino” con i magistrati “ridevano”, “perché accusava uomini d’onore che non c’entravano niente con la strage di via D’Amelio”.
E ancora: “Io conoscevo Vincenzo Scarantino, poverino, era uno spacciatore di strada che non c’entrava niente con la strage di via D’Amelio, conoscevo anche il fratello di Scotto, anche lui non c’entrava nulla. Conoscevo tutti a Palermo, si vedeva che era una cosa che non c’entrava niente. Anche perché parlando con Pino Galatolo lui mi diede la conferma che stavano cercando di deviare le indagini”.
La Procura generale di Caltanissetta nel corso dell’udienza ha chiesto l’acquisizione dei verbali delle deposizioni di cinque poliziotti rese tra il 2006 e lo scorso novembre.
Tra i verbali spicca quello della funzionaria Gabriella Tommasello che fu sentita il 3 aprile 2006, quando disse di avere visto la borsa dell’ex dirigente della Squadra Mobile Arnaldo La Barbera nella stanza del dirigente.
Chiesta anche l’acquisizione dei verbali di altri 4 poliziotti: Andrea Grassi, reso il 17 maggio 2006, Armando Infantino il 12 marzo 2019, lo stesso Infantino nuovamente il 18 marzo 2019, poi il 26 marzo 2019 era stato sentito Giuseppe Lo Presti e il 20 maggio 2019 Nicolò Manzella.
Il 21 novembre scorso è stato risentito Infantino, ma anche Lo Presti e Manzella. La Procura generale ha chiesto quindi di sentire i poliziotti.
La Corte d’appello si è riservata. Sempre oggi il pm Maurizio Bonaccorso, applicato alla Procura generale, ha chiesto anche l’acquisizione di un “album fotografico sottoposto a il 9 agosto 1990 a Vincenzo Agostino, il padre del poliziotto Nino Agostino ucciso il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini con la moglie Ida Castelluccio.
E’ saltata invece la deposizione del collaboratore di giustizia Vito Galatolo, che era stata richiesta nelle scorse udienze dalla Procura generale. Nella scorsa udienza la Corte d’Appello ha riavviato l’istruttoria dibattimentale.
Alla sbarra ci sono tre poliziotti, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di concorso in calunnia, aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra, per aver spinto l’ex collaboratore Vincenzo Scarantino a dichiarare il falso sulla strage, autoaccusandosi e indicando come colpevoli altre 7 persone.
In primo grado la caduta dell’aggravante mafiosa aveva fatto scattare la prescrizione per Bo e Mattei mentre Ribaudo era stato assolto perché il fatto non costituisce reato.  
Nel ricorso d’Appello contro la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale nel luglio di un anno fa, la Procura nissena ha prospettato come necessaria una nuova valutazione delle prove orali “che – hanno scritto i magistrati che hanno impugnato la sentenza – sarebbero state svalutate o non adeguatamente considerate dai giudici di primo grado”. Nella prossima udienza sarà sentito l’ex poliziotto, e oggi avvocato, Gioacchino Genchi.


“Le stragi di mafia le ha volute solo Cosa nostra o altri apparati? Non lo so. Non ricordo se ci sono stati altri discorsi. So che le stragi erano dovute alle conseguenze del maxiprocesso”. A dirlo è il pentito Francesco Onorato al processo d’appello sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio.

 

Fonte: Adnkronos 9.1.2024

 

 

VIA D’AMELIO – DEPISTAGGIO DELLE INDAGINI – processo d’appello in corso

 

 

 

 

ARNALDO LA BARBERA e i misteri di Via D’Amelio

 

 

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