Brusca voci di dissociazione Dopo Salvatore Cucuzza, Giovanni Brusca? Davvero il superkiller di Cosa nostra potrebbe essere il secondo uomo d’onore a scegliere la strada della dissociazione? O, addirittura, del pentimento? Per adesso è soltanto un’ipotesi. Ma avallata da alcuni elementi. Giovanni Brusca, coinvolto nella strage di Capaci e assassino del figlio del pentito Di Matteo, non si è presentato alle ultime udienze del processo ai killer di Falcone. Una scelta che si spiegherebbe con la trattativa che avrebbe intavolato con i magistrati. Colloqui investigativi, li chiamano. In realtà, boss e giudici si sarebbero chiariti posizioni e esigenze. E’ già qualcosa. Bagarella e, soprattutto, Riina non hanno mai accettato neppure di parlarne. Ma che la trattativa sia solo nella fase preliminare e che Brusca non abbia ancora deciso il suo futuro, tantomeno quello di andare a ingrossare le file dei pentiti, lo dimostra un altro particolare: il superkiller non ha ancora cambiato avvocato. Sarà questione di giorni? Ma anche dall’interrogatorio del pentito Salvatore Cancemi – ascoltato per dieci ore martedì a Firenze da Vigna e Caselli – arrivano importanti conferme e qualche novità. Cancemi avrebbe ammesso dirette responsabilità nella strage di Capaci, ma non solo, se ieri, il procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, in un’intervista ai telegiornali Rai, ha detto che «sulle stragi si rafforza l’ipotesi di mandanti esterni a Cosa nostra». E Piero Luigi Vigna, a un dibattito in Puglia, ha aggiunto: «Dalle indagini sulle stragi del ’93, secondo alcuni spunti forniti da diversi collaboratori, è emerso che Totò Riina si sarebbe incontrato con persone più importanti di lui. C’era una strategia che doveva portare Giovanni Brusca a dare anche a dei colpi all’assetto politico dell’epoca (era in carica il governo Ciampi). Ci ha particolarmente colpito la singolarità degli obiettivi che non sono propri di Cosa nostra, come le chiese ed i musei. Questo fattore ci ha stimolato investigare al di fuori di Cosa nostra vi sono stati degli “input” tenendo presente che Cosa nostra è un tassello di un più ampio mosaico criminale dove possono concorrere imprenditoria criminale, politici con la “p” maiuscola, logge massoniche deviate». Per quanto riguarda il livello dei personaggi con cui Riina doveva incontrarsi, Vigna ha aggiunto: «Quando Riina si convincerà, forse ce lo dirà. Sono comunque ottimista non per un pentimento ma in una ‘ ‘: accettazione al ~ dialogo di Riina con la giustizia». Insomma, l’inchiesta, condotta parallelamente dalle tre procure antimafia di Palermo, Caltanisetta e Firenze è a un mom mento decisivo e oggi Caselli, Tinebra e Vigna si riuniranno a Roma per fare il punto sulla situazione mentre si consolida l’ipotesi dell’esistenza dei cosiddetti mandanti occulti delle stragi. Un’ipotesi che lo stesso Tinebra aveva già avanzato in un’intervista con «La Stampa» un mese fa. Alla domanda se la corsa al pentitismo, la ricerca di collaborazioni qualificate e quindi il tentativo di aprire le porte dei piani alti della mafia, non presentasse il rischio di una giustizia condizionata dagli interessi politici, Tinebra aveva detto: «Certo, il pericolo esiste. Se si pente tutta la leadership di Cosa nostra qualche domanda dovremo pur farcela. Ma ripeto, basterebbero ancora poche dissociazioni di qualità perché lo Stato diventi in grado di rifiutare persino un’ipotetica dichiarazione di resa». [r. cri.) LA STAMPA