Mi chiamo Fiammetta e vi racconto la storia di mio padre Paolo

Incontro al Teatro Comunale  tra Fiammetta Borsellino e gli studenti siracusani. Dai giorni dell’Asinara alla strage di via D’Amelio. E il mistero dell’agenda rossa. “Anche voi ragazzi potete essere narratori di questa storia straordinaria, non cedete ai ricatti e alla menzogna, lottate per la verità e uno Stato di diritto”. E dalla platea qualcuno confessa: “Da grande farò il magistrato”.

Tutti ne parlano, ma fuori dall’aula. Non si comprende come mai Falcone e Borsellino non si ritrovino ancora sui testi scolastici. Fiammetta è consapevole di questo gap e, come zia Rita, non si ferma un attimo, facendo sali e scendi dallo “stivale”. Parlare di suo padre Paolo è tutta la sua vita. Una missione laica. Apre sempre i suoi incontri con le scuole più o meno così: “Ciascuno deve fare il suo ruolo e il proprio dovere, non ultimo, rispettare la libertà altrui”. Una sorta di maieutica instancabile, la sua. Fiammetta trasferisce gli insegnamenti ricevuti da giovinetta da suo padre Paolo, il giudice Borsellino, nel suo racconto ricorda il periodo dell’Asinara, il suo primo motorino a 14 anni, la scorta, la vita vigilata, i 57 giorni durante i quali viene negata la possibilità al papà magistrato la possibilità di indagare a fondo sulla morte dell’amico Giovanni Falcone, il mistero dell’agenda rossa scomparsa nel nulla sino all’ignobile telefonata arrivata a Villagrazia in cui gli veniva finalmente data l’autorizzazione a procedere sino alle 16,58 del 19 luglio del 1992 in via D’Amelio.

Fiammetta Siracusa 1

Ad ascoltare le fasi salienti della storia di Paolo Borsellino un teatro stracolmo di giovani attenti e partecipi all’incontro con 35 domande finali formulate a Fiammetta. Tanta la curiosità di sapere di più: chi erano Paolo Borsellino e Giovanni Falcone? Due uomini, due magistrati che inventarono un modo nuovo di condurre le indagini istruendo il più grosso processo alla mafia nell’apposita aula bunker. Un sacrificio vano, il loro? “Purtroppo, viviamo in una società malata, dove le mafie si insinuano negli ambienti di potere: politica, economia e tribunali – dice Fiammetta, la più piccola di tre fratelli Borsellino – spesso ci sono giudici che intrecciano rapporti con i capicosche; e poi succede che persone che lavorano per lo Stato e la Giustizia non vengano sufficientemente tutelate. Chi sono stati gli artefici di questo lavoro subdolo? Ci sono stati servitori dello Stato che hanno occultato la verità, fatto depistaggio.

Fin quando, un ladruncolo della Guadagna si autoaccusa dell’efferato omicidio, viene imbastita una falsità colossale: una persona, per giunta psicolabile, finisce in galera senza aver commesso il fatto. Dopo anni la rivelazione di Scarantino e la confessione di Spatuzza (“sono i mafiosi a pentirsi, non gli uomini dello Stato”) di essere stato lui l’autore della strage. Ed il processo prende un’altra svolta. Il compromesso, fermiamo gli stragisti! La ricerca della verità è imprescindibile in questo Paese fatto di “regole” altrimenti non ci sarà futuro – esclama ai giovani Fiammetta – se si continua a vivere nella menzogna si ritornerà al complotto con la mafia”.

Gli studenti, curiosi, affollano il palcoscenico, circondano la figlia del giudice, vogliono sapere come andrà a finire questa storia. Un ragazzo si avvicina a Fiammetta, ossequioso. Le fa dono di un collage di foto che ritraggono la zia Rita in visita nel 2015 alla sua scuola, la Falcone-Borsellino. I frame saranno esposti al Centro Studi di via Bernini, a Palermo, una villa confiscata ad un mafioso, quartier generale della legalità. I ragazzi chiedono che fine abbia fatto l’agenda rossa non più ritrovata dopo la morte di Borsellino. “Qualora fosse stata recuperata avrebbe permesso ai famosi ricercatori della verità di scoprire nuovi elementi importanti”.

E un’altra giovane: “Sono nata pure io a Palermo, i miei genitori sono poliziotti, e da grande vorrei seguire le orme di suo padre, diventare un magistrato…Lei cosa mi consiglia?”. “Denunciare, dire io non ci sto!”. “Quali strade percorre per trasformare l’incubo in un sogno?”. “Incontrare i giovani che devono essere custodi di bellezza, cultura, di uno Stato di diritto in cui il lavoro non è un favore”. Salvatore frequenta la terza media. Anche lui, come Fiammetta, ha perso il papà quando era piccolo. Chiede a Fiammetta come ha fatto ad elaborare il lutto. “Il dolore di una figlia è universale, non c’è una perdita maggiore. Quella di mio padre è una morte eclatante, a 52 anni poi lo è ancor di più. Nonostante tutto non ho mai pensato che il mio dolore sia diverso da quello degli altri che hanno perso il padre cosi presto”.

E un’altra domanda angosciante: “Cosa dobbiamo pensare adesso noi giovani dopo quello che abbiamo sentito? Come possiamo aver fiducia nello Stato?”. “Grazie a Dio, non tutti siamo uguali. C’è qualcuno che pensa solo al potere che è distruzione, morte. Io ho fiducia, per fortuna non mancano gli uomini che lavorano per il bene. Credo che la sobrietà e la compostezza manchino ad alcuni colleghi di mio padre, peccato, perchè il loro lavoro sarebbe stato molto più efficace”.

Quante speranze ci sono che la mafia venga debellata?”. “La mafia è come una malattia – risponde calma Fiammetta – si può curare se ognuno fa il proprio dovere. Dobbiamo avere solo pazienza. La mafia non è solo in Sicilia, è ben radicata più al nord dove c’è il vero potere economico”. E ancora: “Come si sente dopo gli arresti dell’erede di Riina?”. “Questi arresti dimostrano che la guardia non si può allentare”.

Chi ha paura muore ogni giorno, chi ha coraggio muore una volta sola”. La celebre frase di Borsellino campeggia nell’androne della scuola. Gli studenti leggono queste parole ogni mattina, le hanno fatte proprie. Dall’Istituto comprensivo Woytila si leva una sola domanda: “Ci sarà un altro giudice Borsellino?”. “Credo molto nel lavoro che stanno svolgendo alcuni giudici che con enormi sforzi stanno cercando di far chiarezza sui fatti anche se molti uomini dello Stato continuano ancora a non collaborare. Ma io ho fiducia”.

Come ci si sente ad essere la figlia del giudice Borsellino? “Mio padre era come i vostri genitori, un faro per la nostra vita. Prendete esempio da loro. Io racconto la storia di mio padre a vaste platee ma tutti possiamo essere narratori, anche voi, di questa storia straordinaria. Mai delegare ad altri ciò che puoi fare tu”. Tra le narratrici anche Rita Borsellino. “Mia zia è stata brava a diffondere i valori di mio padre e della mia famiglia (medici e farmacisti), ha dato un enorme contributo, ha seminato bene ma purtroppo ogni cosa ha un inizio e una fine. Divulgare il pensiero di mio padre è una grande responsabilità, ma non posso farne a meno…è la mia vita!”.

Lo Stato è intervenuto in fretta dopo la morte di Paolo Borsellino?  “Si, ma in una direzione sbagliata; depistaggi e menzogne. Doveva essere fatto di più. E invece, hanno camminato sopra il luogo della strage (che non è stato completamento preservato) su cui è stata fatta passare la mandria di bufali. Se mi sono sentita abbandonata dallo Stato? Si, quando sei vittima del depistaggio si vive il senso di abbandono. Questo accade anche quando si subisce una violenza e non si è tutelati a sufficienza”.

Cosa è la giustizia per Fiammetta Borsellino?

“Orientare il tuo lavoro verso il bene altrui. Cosa farei se fossi all’interno dello Stato? Anche da semplice cittadino puoi contribuire al concetto di Stato sano, basta fare il proprio dovere. Nel vostro caso, studiare, avere un proprio pensiero e non permettere ad altri di farvi cambiare idea”. Uno studente del Federico II di Svevia vuol sapere di più del concetto di “carcerazione/liberazione/riparazione. “E’ il mafioso stesso che deve liberarsi dalla morsa, rivedendo quello che ha commesso. Questa la vera vittoria!”. Tocca ad un ragazzo della Vittorini. Si chiama Impastato. Chiede a Fiammetta se è rimasta soddisfatta delle fiction sulla vita di Paolo Borsellino. “Le fiction non sono le uniche fonti di conoscenza. Anche se abbiamo dato il nostro contributo alla fiction tv con Tirabassi ed il compianto Ennio Fantastichini”. 

Domande esaurite. Sul palco raggiungono Fiammetta il sindaco Francesco Italia, la presidente del Consiglio comunale Moena Scala e l’assessore Fabio Granata. Le donano un libro sulla Città di Siracusa, le rileggono alcune frasi della lettera del fratello Manfredi scritta per il padre morto: ….chiedere un favore, una raccomandazione, vuol dire essere ricattabili, non certamente liberi….”. Fiammetta annuisce. “E’ l’insegnamento di nostro padre che oggi dono a voi, giovani siracusani”. Applausi, i riflettori si spengono, nel foyer gruppi di studenti preferiscono attardarsi per fare un selfie con Fiammetta. E le dicono in coro: “Non ti lasceremo più sola”. (r.t.) WEBMARTE 12.12.2018